Artista poliedrico e assai prolifico, il polistrumentista greco Ayloss è soprattutto famoso nell’underground extreme metal per il suo progetto Spectral Lore. Un viaggio tra black metal e ambient fattosi sempre più intenso e veemente di disco in disco, fino all’apoteosi di fastosità dell’album collaborativo assieme a Mare Cognitum, “Wanderers: Astrology of the Nine”, e del seguente “Ετερόφωτος”.
Da sempre autarchico nel plasmare la sua musica, ma aperto a collaborazioni con altri artisti – ne sono testimonianza gli innumerevoli split che l’hanno visto protagonista – Ayloss questa volta si è distinto per un EP dalle tematiche delicate e dal disegno sonoro distante dagli immediati predecessori. L’ultimo “11 Days” è infatti dedicato alle sofferenze subite dai migranti che solcano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore, con esiti molto spesso tragici.
Ayloss non usa tanti giri di parole nel descrivere questa sua opera come un disco di significato politico, ma accanto a questa presa di posizione c’è dell’altro: la volontà di esprimere il suo sentimento per problemi che toccano tante persone e, sul fronte strettamente musicale, la voglia di aprirsi alle conoscenze di altri musicisti, per arricchire e migliorare Spectral Lore. Il musicista ateniese, nei fatti come nelle parole, si conferma personaggio dalle idee forti ed entusiasta, mai banale nei pensieri e diretto nel farceli conoscere.
“11 DAYS” È UN’USCITA CON UN SIGNIFICATO E UNA MISSIONE IMPORTANTI: PARLA DELLA TRAGEDIA DEI MIGRANTI CHE TENTANO DI ARRIVARE IN EUROPA DAL MAR MEDITERRANEO, NAVIGANDO CON NAVI DI FORTUNA, IN CONDIZIONI PRECARIE, TROVANDO MOLTE VOLTE LA MORTE DURANTE QUESTI PERICOLOSI TRAGITTI. PERCHÉ HAI DECISO DI PARLARE DI QUESTO TEMA ATTRAVERSO LA TUA MUSICA? QUALI SONO I TUOI PENSIERI E SENSAZIONI RIGUARDO A QUESTE PERSONE E AI LORO TENTATIVI DI RAGGIUNGERE L’EUROPA?
– “11 Days” è il mio primo tentativo in assoluto di scrivere un disco politico ed è un po’ un esperimento, dal momento che è qualcosa che non ho mai fatto in precedenza. Negli ultimi anni sono stato sempre più coinvolto personalmente nella politica, e anche se non posso dire di averli tenuti esattamente separati dalla mia produzione musicale, di solito scrivo liriche che non hanno alcun riferimento a un particolare luogo o situazione sociale. Quindi è un esperimento, questo di “11 Days”: osservare il potere della musica nel portare l’attenzione verso un argomento che considero molto importante.
Il mio pensiero è che le persone dovrebbero potersi muovere come vogliono, i confini dovrebbero essere liberi, ed è nostro dovere assoluto offrire solidarietà alle persone in situazioni così terribili. Dobbiamo combattere l’ideologia razzista che vede immigrati e rifugiati come invasori, come capri espiatori per il peggioramento dell’economia o minacce per la nostra cultura o il nostro modo di vivere. I nostri nemici non sono i poveri: sono il capitalismo, i miliardari e le corporazioni senza volto e i loro burattini politici che tengono sotto scacco la classe operaia, portano le nazioni a lottare l’una contro l’altra e non hanno problemi a bruciare il pianeta a scopo di lucro, senza preoccuparsi di ciò che accadrà un giorno dopo la loro morte.
PERCHÉ HAI INTITOLATO QUESTO EP “11 DAYS”? SUPPONGO CHE POTREBBE ESSERE IL TEMPO TRASCORSO IN VIAGGIO DA ALCUNE PERSONE CHE TENTANO DI ARRIVARE IN EUROPA DALL’AFRICA. È QUALCOSA CHE HA A CHE FARE CON UNA STORIA VERA O È STRETTAMENTE CONNESSO CON IL CONCEPT CHE AVEVI IN MENTE PER L’ALBUM?
– Il titolo è tratto da un fatto accaduto realmente, in cui tre migranti hanno compiuto la rotta marittima tra la Nigeria e le Canarie, aggrappati al timone di una petroliera per undici giorni. Anche se quanto racconto nei testi non è propriamente la vera storia di queste persone, essa ne ha ispirato l’ambientazione di base. In sé le liriche non rappresentano alcuna rotta o viaggio avvenuto nella realtà, le parole che pronuncio potrebbero riferirsi a qualsiasi luogo in cui si presentino condizioni simili.
Ho immaginato le difficoltà che queste persone sopportano, i pensieri e la forza richieste per sopravvivere attraverso condizioni così disagevoli: queste circostanze le ho quindi ‘abbellite’ con alcuni elementi mitici e soprannaturali, che potrebbero essere presi come reali o meno, a seconda di ciò che preferisce chi ci ascolta e legge i testi. Penso che sia un argomento molto aderente al metal.
L’EP PRESENTA DUE BRANI METAL INTERVALLATI DA DUE TRACCE AMBIENT-ELETTRONICHE. SECONDO ME È UNO SCHEMA CHE FUNZIONA BENE, CON LE DUE TRACCE BLACK METAL MOLTO IMPULSIVE E PROGRESSIVE, E LE DUE TRA AMBIENT ED ELETTRONICA MOLTO STRATIFICATE ED EVOCATIVE. NEI TUOI PIANI, COME AVREBBE DOVUTO SVILUPPARSI IL CONCEPT E PERCHÉ HAI SCELTO QUESTA PARTICOLARE STRUTTURA PER L’ALBUM?
– Volevo una struttura della tracklist che alludesse all’alternanza di giorno e notte, speranza e disperazione insite in un tale viaggio e in un certo senso contribuisse all’estetica cinematografica dell’uscita, poiché l’influenza iniziale per l’album erano alcuni film che avevo visto, che affrontavano proprio questioni legate ai rifugiati. Quindi la struttura musicale è stata la prima e più importante idea avuta per l’album, è stata il punto di partenza.
Non vorrei definire in modo molto specifico la storia trattata in ogni capitolo, mentre se dovessi indicarti cosa vi sia alla base delle singole tracce, ti direi che la prima fondamentalmente esprime lotta, combattimento; la seconda è una pausa di pace e, poi nella terza si riprende a lottare e vi è un confronto finale con una divinità: infine, un brano conclusivo interpretabile in molti modi diversi.
CI SONO DIVERSI ARTISTI CHE HANNO COLLABORATO CON TE PER “11 DAYS”, ANCHE SE NORMALMENTE LAVORI DA SOLO. PERCHÉ PER QUESTO EP HAI VOLUTO COINVOLGERE ALTRE PERSONE E COME SI SONO SVILUPPATE QUESTE COLLABORAZIONI?
– Da un lato, la natura più collaborativa di questo EP si deve all’aver incontrato diverse persone negli ultimi anni con cui condivido molte opinioni e punti di vista e il comune impegno nei medesimi contesti politici e culturali. Mentre, per quanto riguarda le collaborazioni con i due artisti specializzati in musica elettronica, sapevo di volere un aiuto per superare il precedente livello delle mie composizioni ambient/elettroniche, e questi contributi sono stati immensamente utili in tal senso, non solo di per sé , ma anche nell’ispirarmi e nel darmi delle conoscenze che prima non possedevo.
FACCIAMO UN PASSO INDIETRO, AL 2021 E ALL’USCITA DI “ΕΤΕΡΟΦΩΤΟΣ”, GIUNTO SOLO UN ANNO PIÙ TARDI DEL DISCO COLLABORATIVO ASSIEME A MARE COGNITUM, “WANDERERS: ASTROLOGY OF THE NINE”. COME È CAMBIATO IL TUO APPROCCIO ALLA MUSICA TRA QUESTI DUE ALBUM? QUALE È STATO PIÙ DIFFICILE DA SCRIVERE, SUONARE E PRODURRE?
– I periodi durante i quali i due dischi sono stati scritti sono stati molto differenti per me, dal punto di vista personale. Di conseguenza anche il modo di affrontare la musica è stato molto diverso l’uno dall’altro.
Le tracce per il secondo disco collaborativo con Mare Cognitum sono state scritte durante un arco di tempo di tre anni, in una delle parentesi meno felici e più dure della mia esistenza, durante i quali ho lottato con ansia e depressione. Era dura per me creare musica in quell periodo, così ho impiegato davvero tantissimo tempo per completare il lavoro (Jacob di Mare Cognitum penso mi abbia aspettato per almeno un anno). È stato liberatorio e soddisfacente concludere il lavoro e poi osservare come questo riscuotesse così tanto interesse e approvazione.
“Ετερόφωτος” ha avuto una genesi completamente diversa. Stavo bene quando l’ho scritto, ero tornato in salute, ero entusiasta di poter dedicarmi alla musica e con quel disco volevo l’intenso processo creativo che avevo ottenuto per il mio precedente disco “Sentinel”, così che l’album nella sua interezza è stato scritto e rifinito in ogni dettaglio in circa tre mesi. Col senno di poi, avrei dovuto limare meglio alcuni aspetti, trascorrere più tempo per mettere a posto alcuni particolari, ma non me ne preoccupo troppo. Entrambi questi due dischi, quindi, hanno presentato le loro difficoltà, anche se non sono chissà cosa al confronto con “III”, per il quale ho speso sette anni della mia esistenza. Mi sono stati utili per imparare tutto ciò che è importante sul realizzare nuova musica e produrla, insegnamenti senza i quali non sarei potuto andare avanti con la musica di Spectral Lore.
IN “ΕΤΕΡΟΦΩΤΟΣ” OGNI CANZONE AVEVA UN TITOLO IN GRECO E LA COPERTINA RICHIAMAVA UN SOGGETTO MITOLOGICO. IN QUELL’ALBUM HAI PARLATO DI ARGOMENTI LEGATI ALLLA MITOLOGIA GRECA, OPPURE QUEI RIFERIMENTI TI SONO SERVITI PER TRATTARE ARGOMENTI PIÙ AMPI E SENZA ALCUN LEGAME DIRETTO CON LA GRECIA ANTICA?
– Non sono chissà quanto esperto della mitologia della Grecia antica, ma questi aspetti finiscono per emergere naturalmente in una persona nata in Grecia, quando si vanno a toccare concetti filosofici e astratti. È abbastanza facile dare un’interpretazione personale a certe idee di ordine più generale. Mentre ho sempre disprezzato chi ha usato o utilizza tutt’ora elementi tratti dall’antichità per alimentare sentimenti nazionalistici, cosa che purtroppo accade spesso nel nostro paese.
SPAZIO, COSMOGONIA E FILOSOFIA SONO TEMI RICORRENTI NEL TUO LAVORO. PERCHÉ LO SPAZIO, I PIANETI, LE GALASSIE, SONO COSÌ CENTRALI NELLA TUA MUSICA?
– Non affermerei che lo spazio in sé sia così centrale nell’immaginario di Spectral Lore, preferisco pensarlo come a una fascinazione per il mondo naturale ed i suoi elementi. Ma rimane qualcosa che uso spesso e che sicuramente continuerò a utilizzare per i miei dischi.
Credo che la metafora centrale che lo spazio e le stelle suscitano nell’animo umano sia quella del desiderio di qualcosa di lontano, che non sappiamo veramente cosa sia; forse l’eternità stessa, la soluzione alle domande sul vero senso della vita, o la nostra trasformazione in qualcos’altro, qualcosa che va oltre la nostra dimensione carnale, e sfocia nel puro spirito. Ritengo che lo spazio e gli astri saranno sempre una fonte di ispirazione per il genere umano.
LA CONNESSIONE TRA AMBIENT E BLACK METAL È QUALCOSA CHE HA SEMPRE CARATTERIZZATO IL SUONO DI SPECTRAL LORE. QUALI SONO LE RAGIONI CHE TI HANNO SPINTO A MISCHIARE COSÌ SPESSO QUESTE DUE TIPOLOGIE DI SUONI?
– Tanto black metal tende ad essere ‘ambient’: la musica è intrisa di riverbero e grazie alla ripetitività ritmica di blastbeat e tremolo-picking si possono notare altri aspetti della musica. L’ascoltatore può vivere un’esperienza immersiva nel suono, qualcosa che accade anche nella musica ambient.
SE TU DOVESSI SINTETIZZARE COSA RAPPRESENTA PER TE IL BLACK METAL, COSA RISPONDERESTI?
– Mi è difficile rispondere, perché per alcuni motivi non mi sento propriamente a mio agio, attualmente, a stare nella scena black metal. Nonostante sia il sottogenere al quale mi riferisco principalmente con la musica di Spectral Lore, considero me steso principalmente un musicista, nel senso più ampio del termine: quello che faccio risente anche di molte altre influenze, progressive, epic metal, doom, solo per citare i più significativi.
Il black metal ha introdotto musica ed estetica molto importanti e pionieristiche, ma culturalmente, per così dire, è portatore di alcune idee davvero controverse, che ancora oggi mantengono vivo un forte fascino in molti che seguono il genere, per il fascismo, l’elitarismo, la misantropia e così via. Detto questo, sono molto favorevole a ogni musicista che comprende il genere in un modo molto diverso da quello che ti ho appena nominato, e ne prende elementi per creare qualcosa di nuovo, che è quello che penso di fare pure io.
E ovviamente approvo la scena di quegli artisti black metal solitamente inquadrati come RABM (red and anarchist black metal, ndR) o black metal antifascista: è qualcosa che seguo molto e sostengo vivamente.
QUANDO HAI DATO AVVIO AL PROGETTO SPECTRAL LORE, QUALI ERANO I TUOI OBIETTIVI ARTISTICI? E DOPO CIRCA DICIOTTO ANNI, CHE COSA È CAMBIATO E COSA È RIMASTO UGUALE NELLA TUA VISIONE ARTISTICA?
– Quando ho cominciato con Spectral Lore l’idea era di creare un suono unico, un mix di black metal e ambient/musica sperimentale, per esprimere me stesso attraverso la musica metal. Non penso che nel tempo questo concetto sia venuto meno, è solo una visione che nel tempo in parte si modifica ed evolve.
VIVERE E SUONARE IN GRECIA, IN UNA CITTÀ BELLA MA DIFFICILE COME ATENE, HA QUALCHE SIGNIFICATO PARTICOLARE PER TE E TI INFLUENZA COME ARTISTA?
– Non direi che vivere ad Atene sia così complicato, fa comunque parte della parte ‘privilegiata’ del mondo, nonostante la brutale crisi economica del decennio scorso. Atene è un posto molto intenso, e dopo così tanti anni che vi sono abituato non penso che riuscirei ad andare a vivere da un’altra parte. Non saprei affermare come questo possa influenzare la mia musica, ma ritengo che in qualche maniera lo faccia. C’è sempre qualcosa di interessante che sta accadendo in città, questo fa sì che non perda mai la sua attrattiva.