SPITE EXTREME WING – Di tradizioni e originarietà

Pubblicato il 02/07/2024 da

Un’intervista con Daniele Orzati, alias Argento, non è certo un’intervista canonica – e per fortuna.
Come dedotto negli anni, leggendo i testi delle sue canzoni e le trascrizioni di altre interviste, Daniele è un fiume in piena di stimoli, collegamenti e narrazione; una persona con cui si può parlare a trecentosessanta gradi con estrema schiettezza, anche quando ci siamo trovati a toccare la componente ‘politica”'(virgolettato d’obbligo, come leggerete più sotto) che ha sempre connotato la sua creatura più nota, ossia gli Spite Extreme Wing.
Ed è stata proprio la recente uscita della ristampa filologica dell’intera discografia della band ad aver dato il ‘la’ a questo incontro; dribblata la spesso necessaria ma appiattente comodità di inviare una serie di domande scritte, la chiacchierata per via digitale è stata lunghissima, alternata continuamente su diversi livelli; senza mistero di posizioni anche molto distanti, ma con quella ricchezza di riferimenti, suggestioni e – non da meno – leggerezza e ironia che trasformano un impegno redazionale, se così possiamo dire, in una preziosa serata di scambio.
Forse vi servirà un caffè per leggerla d’un fiato, ma crediamo sia valsa la pena, al netto di un taglia e cuci di pura forma, e di qualche confidenza che è restata ‘off the record’ per non deviare troppo dall’ambito prettamente musicale e concettuale, riproporvela in forma integrale.

 NB. Gli scrittori, filosofi, riferimenti letterari citati nel corso dell’intervista sono molti, e molti più del solito. Trattandosi di un testo già corposo, abbiamo preferito non inserire note esplicative, lasciando ai lettori l’approfondimento.

CIAO DANIELE, OVVIAMENTE PARTIAMO DA QUESTE RISTAMPE. INTANTO CITIAMO TUTTE LE PARTI COINVOLTE, QUINDI DUSKTONE E AVANTGARDE PER QUANTO RIGUARDA I VINILI E I RAGAZZI DI MASKED DEAD RECORDS E SUPLHUR CHE, OLTRE ALLA LUNGA INTERVISTA SULL’ULTIMO NUMERO DELLA FANZINE, SE NON SBAGLIO, HANNO CURATO LA CASSETTA CON IL MATERIALE INEDITO. COM’È NATA L’IDEA DELLA RISTAMPA DEL VOSTRO MATERIALE?
– I titoli cominciavano ad essere fuori catalogo da un po’. Negli anni ho ricevuto qualche proposta per delle ristampe, non è che fossero proposte poco convincenti per qualche motivo in particolare, ma probabilmente non sentivo il momento propizio.
Poi, non dico casualmente, ma quasi, l’amico Cristian Montagna apre e dà via alla piattaforma The Old Blood. Conosco Christian dal ‘98, mi sembra. Aveva una rivista bellissima, la più bella secondo me in quegli anni, almeno in Italia, che era “Morgue Views”. Quando ha inventato questo progetto, mi ha contattato per dirmi di questa sua volontà. L’ho trovato subito un format decisamente interessante e Christian mi ha chiesto quasi subito, in virtù dell’amicizia, se volessi lasciare la mia testimonianza. Al che io, essendo in silenzio ormai da tanti anni, ho detto a Christian,” insomma, vediamo più avanti come si evolvono le cose“; non tanto sulla piattaforma: lui è molto preciso, quasi maniacale nel trattare i contenuti di questo tipo e nel comunicarli, quindi ero sicuro avrebbe fatto un ottimo lavoro dal punto di vista della preparazione e della diffusione, lui è proprio un cultore del do-it-yourself all’ennesima potenza, nel senso positivo. Quindi gli dissi, “guarda Cristian, se arrivi alla puntata numero cento, la faccio io”. “Ma guarda che sono già quasi lì, non le sto caricando per non pubblicarle tutti assieme”.
Ok, colgo la sfida: prendo mia moglie, che non aveva vissuto il periodo di Spite e mia figlia, che ovviamente non c’era per ragioni anagrafiche, e vado con loro nei luoghi che sono stati tra i più significativi per il progetto Spite, come Forte Geremia, dove abbiamo registrato “Non Dvcor, Dvco”, o il Monumento di Quarto dei Mille, dove abbiamo ideato diverse progettualità: la BMIA, Ianva, e così via.
Faccio questa testimonianza, che penso sia ancora adesso in cima alle visualizzazioni su The Old Blood, ma la cosa più incredibile è che, pochissimi giorni dopo, forse due, la Russia invade l’Ucraina. Arrivavamo dalla crisi sanitaria e sociale del Covid, del lockdown, eccetera, ci ritroviamo ad avere sostanzialmente una guerra, che c’è ancora adesso, a una distanza veramente irrisoria, perché il confine occidentale dell’Ucraina è più vicino a Trieste di quanto non sia Napoli a Trieste.
E qui ho avuto, se non un’illuminazione razionale, un colpo emotivo, se vuoi, un’illuminazione su un altro livello, più sottile, della storia che ricominciava anche con notizie e con modalità non positive, ma che ricominciava a muoversi. E in Europa, dove ci eravamo raccontati che la pace fosse una conquista, quasi un diritto naturale, mentre è, se andiamo su lungo periodo, una parentesi.
Diciamo che questa cosa mi ha colpito, e pochi giorni dopo mi contatta Valerio di Dusktone, che io avevo conosciuto molto di sfuggita, quelle volte che ero stato da Soundcave e Avantgarde negli anni precedenti al 2008. Valerio mi propone questa cosa, mi fa un’ottima impressione, lui, intanto, dato che non avevo mai avuto modo di conoscerlo bene, personalmente; ha avuto una grande attenzione e anche delicatezza nell’ipotizzare il trattamento di queste riedizioni, quindi lo sentivo molto affine come orientamento.
E quindi ho accettato e gestito il traghettamento dei diritti delle licenze da Masterpiece, che deteneva quelle dei primi dischi, mentre “Vltra” invece è rimasto su Avantgarde. Ci accordiamo quindi con Valerio sull’approccio attraverso il quale andare a rivedere le edizioni, che diventeranno poi delle edizioni critiche, perché è stato fatto un lavoro abbastanza filologico, volutamente; abbiamo lavorato un anno, è stato un lavoro veramente importante.

SI VEDE IL RISULTATO, EH!
– Grazie, mi fa piacere, perché sai, già quando mandi in stampa un disco è difficile essere soddisfatto di tutto, se poi ne mandi in stampa quattro più i cofanetti… per il cofanetto abbiamo portato a bordo anche Roberto (Mammarella, della Avantgarde e Soundcave, ndr), mantenendo la doppia etichetta, mi sembrava una cosa che desse continuità col passato, che mi riconciliasse; non ho mai avuto problemi o screzi con Avantgarde, ero molto contento di uscire con loro al tempo di “Vltra”, ma Avantgarde in quel momento aveva avuto altre uscite, quindi aveva ben altre priorità rispetto a Spite Extreme Wing.
Il problema è che in quel momento uscivamo con il disco, se vuoi, più internazionale o internazionalizzabile della discografia, e quindi sono stato molto felice di poter ridare forma a questa cosa. Aggiungo un tassello che però è molto importante e fa riferimento alla cassetta e a Sulphur, perché proprio poco tempo gli accordi con Valerio, lui è entrato in contatto con Denis Bonetti e hanno iniziato a collaborare. L’incontro con Denis è stato decisivo perché è stata la persona con cui operativamente abbiamo fatto molto del lavoro d’archivio vero e proprio.
Tante delle immagini che sono su Sulphur le ho recuperate e non pensavo nemmeno di averle. La copertina del CD di “Non Dvcor, Dvco” con lo shooting originale, nemmeno: l’ho ritrovata perché Denis mi ha spronato a cercare tra i vari archivi… Denis è vulcanico! E l’ha fatta rinvenire, così come le rehearsal che ci sono nella cassetta “Momentum”.
Per me è molto importante, quella cassetta, perché molto spesso queste iniziative sono delle collezioni di pezzi per far situazionismo e aggiungere degli elementi per feticisti o cultori estremi. In realtà in quegli anni secondo me il carattere di una band lo si evinceva o dalla dimensione live o, forse ancora di più, dalla dimensione sala prove. Quindi far sentire come suonavamo in sala prove secondo me è una dimostrazione dei tratti caratteristici di Spite che dalle sole registrazioni probabilmente non emergevano. E pensa che me ne ha fatti ritrovare così tanti di pezzi che quella cassetta – e qua ti faccio forse un’anticipazione – contiene all’incirca la metà dei brani che abbiamo ritrovato. Tutti per me molto significativi. Ci sono anche due brani completamente inediti, un altro che praticamente è semi-inedito perché è una diversa versione di un altro brano.
E quindi ha preso forma il tutto: le riedizioni, i cofanetti, i contenuti su Sulphur, la cassetta e tutto l’annesso e connesso.

INTERESSANTE QUESTA COSA DELLE REHEARSAL, ANCHE PER COME L’HAI DESCRITTA. CON UNA BATTUTA DIREI CHE LA NOSTRA GENERAZIONE HA SEMPRE QUESTO APPROCCIO PER CUI “I DEMO ERANO PIÙ OSCURI”, PERÒ È VERO, SOPRATTUTTO IN AMBITO BLACK METAL, CHE QUELLE CHE ERANO LE RADICI PRIMA DI AVERE UNA PRODUZIONE PIÙ O MENO CURATA, L’ETICHETTA CHE TI SPINGE, … L’ANIMA PROFONDA DELLE BAND VENIVA FUORI DA QUESTE COSE. E PER QUELLO CHE DICEVI, QUINDI NON ESCLUDETE DI RECUPERARE ALTRO MATERIALE INEDITO?
– Sì, tra l’altro sono rimasti fuori dei provini veri e propri. Quindi è un materiale veramente di qualità oltre che interessante per la parte archivistica, o più archeologica, che ti dicevo e non si esclude di farne un’edizione in doppio CD. Non so quanti vinili potrebbero venirne fuori con tutto questo materiale, più quello che era confluito nella prima edizione di “Non Dvcor, Dvco” e “Vltra” in vinile, dove c’erano delle bonus track che poi non sono riconfluite in queste edizioni critiche.

EDIZIONI CRITICHE, PER CUI POSSIAMO DIRE CHE TU ABBIA VOLUTO RICOSTRUIRE LA STORIA DEGLI SPITE EXTREME WING SENZA ALTERARLA.
– Anzi, ricostruendo l’intenzione primigenia che all’epoca avevo rispetto a quei dischi.
Avevamo: parlo al plurale, perché io e Azoth siamo sempre stati un duo a tutti gli effetti, anche in queste decisioni. Subentrano molte circostanze nel momento in cui vai in stampa, e all’epoca è successo, per cui prendi certe scelte che non sono esattamente quelle che avevi in mente all’epoca.
Ma soprattutto, sono edizioni critiche perché volevamo essere filologici, non andare a infilare delle bonus track o a riconfigurare degli elementi strutturali solo per far ricomprare il disco a chi già ce l’aveva. Questo va contro la mia religione. Certo, poi è successo che in tanti hanno ricomprato queste edizioni, però la mia idea, l’intento, era che fossero rivolte a chi ancora i dischi non li avesse in parte o tutti, e potesse prenderli rispettosi dell’originale, con degli elementi che in qualche modo fossero ancora più originari rispetto all’idea che avevamo all’epoca di quel disco stesso.

NELLA RICOSTRUZIONE FILOLOGICA È MOLTO BELLA QUEST’IDEA DEI LIBRETTINI IN FORMATO RIDOTTO CON LA RICOSTRUZIONE DELLA VOSTRA STORIA, UN PERCORSO CHE TRA L’ALTRO È RIPRESO ANCHE IN SULPHUR, COME DICEVAMO.
LA STORIA DI SPITE EXTREME WING È UN’EVOLUZIONE CHIARA, UNA DIREZIONE CHE MAGARI NON AVETE DECISO COL PRIMO DISCO, MA CHE AVETE TENUTO CON UN APPROCCIO DETERMINATO E CONTINUATIVO.
LA DIFFERENZA CHE È SALTATA PER PRIMA ALL’OCCHIO È FORSE LA COPERTINA DI “NON DVCOR, DVCO” CON QUESTO DIPINTO DI JULIUS EVOLA, C’È POI NEL BOOKLET UNA TUA INTERVISTA CON ANDREA SCARABELLI: TI CHIEDEREI DI APPROFONDIRE QUESTO.
E POI MI PIACEREBBE DEDICARCI PARTICOLARMENTE ALLE TEMATICHE CHE HANNO SEMPRE SOTTESO UN PROGETTO CHE NON È STATO SOLO BANALMENTE MUSICALE; AVETE SEMPRE CERCATO DI RACCONTARE QUALCOSA DI PIÙ PROFONDO.
– Ti racconto un aneddoto sulla scelta e poi l’utilizzo di quel quadro di Evola per la copertina di “Non Dvcor, Dvco”. Nel 2022, c’è stata una mostra di tutte le opere conosciute e accreditate di Evola, parliamo quindi di opere pittoriche.
Io conoscevo le persone che si stavano occupando della preparazione del catalogo, della curatela della mostra, tra cui Guido Andrea Pautasso; non conoscevo Giorgio Calcara che invece era il co-curatore della mostra e proprietario di alcune delle opere. Su consiglio di Andrea Scarabelli scrivo direttamente a Giorgio, che mi invita al vernissage della mostra. Era veramente stupenda, è stata molto più impattante di quanto avremmo immaginato, perché vedere il dadaismo italiano, anzi la transizione tra il futurismo e il dadaismo, così come l’ha espressa lui in Italia, è veramente qualcosa di unico dal punto di vista figurativo.
Ma tralascio questi aspetti collegati all’arte astratta, che sono comunque molto importanti; tra le varie opere mi colpisce enormemente questo quadro che è un olio su cartone, fatto tra il 1916 e il 1918; incredibilmente si è conservato abbastanza bene. Fatto in piena guerra, cui Evola ha partecipato peraltro: è transizione vera, perché non è più né futurismo e non è ancora dadaismo. L’ha peraltro dipinto con una motivazione che non ha precedenti nella sua breve carriera pittorica, ossia per un dramma di Maurice Maeterlinck, un dramma simbolista.
E io ci ho visto però uno degli elementi più importanti dell’immaginario del black metal, cioè il bosco, la foresta. Il quadro si chiama proprio “Il Bosco Foresta”, rappresentato in una maniera straordinaria, perché aveva un approccio che era al contempo originario – cioè riportava il bosco e la foresta al loro simbolismo essenziale – ma al contempo con una forma d’arte che per l’epoca era nuova, che era avanguardia, perché comunque ci troviamo in direzione dell’astrattismo. E quando ho visto questo quadro, collegato alla lettura di “Arte Astratta” di Evola, che è il più grande testo filosofico sulle avanguardie fatto in Italia – e lo dice Massimo Cacciari, non lo dico io – lì mi sono detto: questa è la rappresentazione plastica di come si possono trasmettere dei concetti, degli archetipi, dei simboli, dei concetti dell’immaginario archetipico attraverso forme d’arte nuova o estrema.
Il mio black metal, con Spite Extreme Wing, portava elementi simbolici della tradizione, molto antichi, di continuità lunghissima, ma con delle forme estreme, gli stili dell’estremismo, come si dice in critica letteraria. E quindi chiesi a Giorgio di poter utilizzare il quadro; lui, con una gentilezza fuori dal comune – e forse perché ci siamo piaciuti a pelle – ci fornì subito i diritti e una foto dell’opera. E così è confluita in copertina del vinile e nel secondo booklet dell’edizione CD.

MI INCURIOSISCE VISTO CHE LA TUA STORIA, MUSICALE IN PARTICOLARE, È FATTA ANCHE DI CONNESSIONI, DI RACCONTI CHE HAI VOLUTO COSTRUIRE, NARRARE… QUINDI ERA UN DIPINTO CHE NON CONOSCEVI DEL TUTTO?
– Allora, me lo sono chiesto io stesso, nel senso che forse mi ha colpito particolarmente in quel momento. Ho ricontrollato, e ho visto che in un paio di pubblicazioni che già possedevo, prima di vederlo di persona al Mart di Rovereto, di prendere il catalogo – che si chiama “Lo Spirituale Nell’Arte” ed è molto bello tra l’altro, veramente merita proprio anche il catalogo come contenuti –  mi sono reso conto che insomma l’avevo già in altre pubblicazioni, quel quadro, l’avevo già visto, ma poi c’è stato l’impatto che si ha nel vederlo dal vivo. Peraltro è abbastanza piccolo, le dimensioni si avvicinano a quelle di un vinile, tutto sommato, ed è molto curiosa questa cosa, ed è anche il motivo per cui rende estremamente stampato per il disco. Avevo un po’ paura perché, comunque, è un olio su cartoncino: se vedi l’originale, li vedi gli anni che ha. Invece ha reso veramente benissimo, non so, è stata una serie di coincidenze. Quindi probabilmente l’avevo già visto, ma non l’avevo riconosciuto, per risponderti. Ringrazio ancora tantissimo Giorgio per questa disponibilità estrema che ha dimostrato. È perfetto, direi.

HAI GIÀ CITATO ALCUNI DEI TEMI DI CUI TI VOLEVO CHIEDERE. IL DADAISMO, IL FUTURISMO, L’APPROCCIO RETRO-FUTURISTA, RICHIAMI RURALI E ARCANI, PENSO ANCHE AI RIFERIMENTI A PUPI AVATI, CHE SONO EVIDENTI.
UN FORTE LEGAME CON IL PENSIERO DI EVOLA, APPUNTO, MA ANCHE CON IL SUO APPROCCIO CRITICO ALL’ARTE, O ANCORA D’ANNUNZIO, CHE È PARTE FONDATIVA DI ALCUNI VOSTRI BRANI.
MI INTERESSA SAPERE COME DEFINIRESTI IL MONDO CULTURALE E IDEOLOGICO DI SPITE EXTREME WING, VISTO OGGI, IN RETROSPETTIVA. E SOPRATTUTTO SE LO VEDI IN UN MODO DIFFERENTE RISPETTO A QUANDO L’AVETE CREATO, NONOSTANTE TU AVESSI GIÀ AVUTO UN APPROCCIO MOLTO COLTO E CONSAPEVOLE QUANDO ERI VENTENNE.
ANCHE SUL FRONTE DELL’ESPOSIZIONE POLITICA, SU CUI TI CHIEDO DI PARLARMI NEL MODO CHE PREFERISCI, SENZA INTENTI NÉ POLEMICI, NÉ SENSAZIONALISTI.
– Allora, provo a risponderti, perché è una domanda impegnativa e su cui si potrebbe dire molto e non vorrei però deviare.
Il tema è chiarissimo. Infatti, ho già accennato a questo aspetto e mi ero ripromesso di parlarne poi attraverso un canale che desse ospitalità a questo pensiero. Partirei da alcuni riferimenti, perché poi, altrimenti, mi si colpevolizza di fare sempre e solo riferimenti alla cultura cosiddetta ‘di destra’.
In realtà, un altro autore che per me è stato fondamentale, e già da “Magnificat” è evidente, è stato Carlo Ginzburg, che non è assolutamente riferibile o associabile alla cultura di destra, anzi; Carlo Ginzburg, figlio di Natalia e di Leone Ginzburg, che peraltro ha pagato anche con la vita il suo antifascismo militante. Carlo Ginzburg ha storicizzato elementi fondamentali, soprattutto con il tema dei benandanti friulani, quindi una continuità di fenomeni derivanti dallo sciamanesimo eurasiatico in area friulana; e non solo, poi ricollega tutto il percorso ipotetico di queste forme cultuali e probabilmente anche rituali.
Cito in particolare “Storia notturna, una decifrazione del sabba”, dove ricostruisce la morfologia e la derivazione morfologica del sabba: ecco, è stato un altro autore molto importante per me. Perché poi all’epoca non creava scandalo avere dei riferimenti anche culturali che potessero essere collegati – l’ho usato sempre tra virgolette perché è una categorizzazione che non mi piace – alla ‘cultura di destra’.
Adesso invece nella musica c’è una polarizzazione molto forte e quindi può creare anche scandalo.

SONO TEMI CHE A ME INTERESSANO MOLTO, MAGARI NON HO UN APPROCCIO FILOLOGICO COME IL TUO, PERÒ CITI AUTORI CHE HO LETTO E CERCATO DI APPROFONDIRE.
SECONDO ME IL DISCORSO È MOLTO SEMPLICE; È SUCCESSO CHE PIÙ SPESSO SIANO STATI TEMATIZZATI ELEMENTI SIMBOLICI O DELL’IRRAZIONALE DA AUTORI DELLA COSIDDETTA CULTURA DI DESTRA.
È IL MOTIVO PER CUI UNA CASA EDITRICE COME LA ADELPHI, PER ESEMPIO, È STATA NEGLI ANNI, COME DIRE, BOLLATA.
– Esatto, Calasso aveva un orientamento non politico e la sua famiglia viene da orientamenti politici assolutamente antifascisti, quindi non è che la si possa condannare o tacciare in tal senso, ma aveva una passione per il simbolico e anche verso la componente dell’irrazionale, quindi ha stampato tanti autori della cosiddetta cultura di destra, ma non perché fosse Calasso un criptofascista, non mi sentirei di sostenere o di perdonare questa ipotesi o questa causa.
Nel black metal abbiamo a che fare con veramente tanti simbolismi dell’Origine: le armi da taglio, la lunga notte, ecc., … veramente è facile ricollegarli a un immaginario archetipico, scusa se mi ripeto.
E, obiettivamente ,quella parte di cultura cosiddetta ‘di destra’ ha tematizzato più volte di quella di sinistra il simbolico dell’irrazionale. Non vuol dire che non esistano dei casi eccelsi della cultura di sinistra nella storicizzazione di sinistra, Ginzburg che citavo prima l’ha fatto, anzi, con grande perizia metodologica. Ci sono dei testi suoi che per me sono capitali, ma anche per capire il black metal, tipo “Mitologia Germanica E Nazismo: Su Un Vecchio Libro Di Georges Dumézil”. È un saggio essenziale per capire l’attrazione per temi originari, che può anche sfociare in derive ideologiche o politiche, perché è uno dei rischi, una delle pericolosità di quando vai a ritirare fuori quel materiale: non quel materiale culturale, quel materiale proprio archetipico.
O comunque sia, non mancano esempi di cultura né di destra né di sinistra che ha tematizzato questi temi. Penso anche a René Daumal, ma ce ne sono altri; un tempo, e intendo vent’anni fa, non è che si dovesse spiegare questo nell’ambito del black metal. L’NSBM era un fenomeno per lo più folkloristico… a me ha sempre fatto un po’ arrabbiare, questa cosa, perché è una fantastoria di genere, quella dell’NSBM. Cioè, nel senso, era veramente considerato alla stregua di un fenomeno folkloristico. Adesso sembra che o esiste quello o esiste, non so, il black metal antifascista o che prende altre tematiche. Non so, non saprei nemmeno dirti come sia avvenuta questa polarizzazione, la categorizzazione assoluta.
Cosa è successo? A Spite Extreme Wing non è mai successo niente, in realtà, perché non abbiamo mai avuto problemi, non abbiamo mai avuto attacchi strutturati o boicottaggi per i nostri dischi. Siamo sempre stati distribuiti in tutto il mondo, anche da distributori tedeschi, senza aver mai problemi. Però, nel ricostruire la storia del genere, categorizzandola con queste false categorie storiche, o c’era un black metal nazionalsocialista, o un black metal di altro tipo, e molto spesso SEW è finito, o mi dicono essere finito, più associato a quella componente identitaria.
Ma non è successo solo a noi, è successo anche ad altri gruppi amici, che non avevano la benché minima intenzione di fare dischi NSBM e adesso sono stati infilati in quella categoria ex post, a ritroso. Quindi, ti dico, io sono abbastanza tranquillo a parlare di questo tema. Poi quanto si possa dire o non dire, non lo so, per non scatenare le persone.

ALLA PEGGIO, SARÀ UNA SODDISFAZIONE, QUANTO A VISUALIZZAZIONE E COMMENTI. COMUNQUE MI SEMBRA DI CAPIRE, ANCHE SE MI ERA OVVIO CONOSCENDO LA VOSTRA OPERA, CHE SE PENSO ALLE VARIE ANIME DEL BLACK METAL, DICIAMO, PRIMORDIALE, ANCHE SIETE ARRIVATI UN PO’ DOPO RISPETTO ALLA NORVEGIA, L’ALVEO È QUELLO: I SIMBOLISMI, QUINDI IL RICHIAMO A TRADIZIONI IN VARIA FORMA, L’ESTREMIZZAZIONE DEL SUONO.
MI SEMBRA DI CAPIRE CHE PER VOI NON SIA MAI STATO UN ELEMENTO PROVOCATORIO, MA PIÙ NARRATIVO, RISPETTO A QUESTI TEMI.
– Assolutamente! Il desiderio di esprimere tutte quelle che erano le cose che avevo approfondito, da ‘studiosi’, anche se magari in erba al tempo. Erano le connessioni che stavamo esplorando in quel momento, che poi chiaramente magari sono pilotate più da un’opera chiave, rispetto a un’altra.

SÌ, MA NON VI È MAI INTERESSATO, DICIAMO, UNA POLITICIZZAZIONE FINE A SE STESSA, DEL TIPO “VENDO DISCHI PERCHÉ MI MOSTRA A BRACCIO TESO“!
– No, anche perché, per come sono fatto, non avrei avuto problemi a fare un concept su Benito Mussolini, se fosse stato quello che mi interessava fare.
L’ho fatto su Evola e sulle vie di realizzazione di sé, quindi nemmeno sulla politica o sui saggi di dottrina politica di Evola, no? Ma per un motivo molto semplice, perché era quella la parte che mi interessava di più.
Ti dico anche un’altra cosa che ho razionalizzato, a ritroso, ed è che noi, nel momento in cui ideavamo i concept, soprattutto quello di “Non Dvcor, Dvco”, non avevamo un intento provocatorio. Mi sono reso conto dopo che, effettivamente, risultava provocatorio, ma all’epoca provocò più gli studiosi di Evola. Ci furono evoliani che mi scrissero per dirmi che mi ero appropriato di qualcosa che non mi apparteneva. Poi, con gli anni, invece, gli evoliani mi hanno accettato e, anzi, sono confluito in uno studio di evoliari, ho partecipato al convegno sul cinquantenario dalla sua morte e sono stato, all’opposto, ‘colpevolizzato’ per aver tirato fuori questo tema della cultura di Destra e criptofascismo, o cultura di Sinistra e altre varianti possibili del black metal.
‘Colpevolizzato’ tra virgolette, nel senso che non c’è stato nessun attacco diretto, a parte una battuta che mi ha fatto anche ridere.

DICIAMO CHE SONO TEMI, QUANTOMENO, LIMINALI; SE NON PROPRIO SEMPRE APERTI ALLA POLEMICA. PUR CON LA MIA FORMAZIONE POLITICA, MI SONO SEMPRE INTERESSATO A DETERMINATI TEMI TRADIZIONALI, COME TI DICEVO.
L’ANTIFASCISMO È UN MIO VALORE FONDANTE, MA NON È MILITANTE NELLA MISURA IN CUI POSSO LEGGERE UN AUTORE CHE MI INTERESSA PER LE SUE TEMATICHE, A PRESCINDERE DALLA SUA IDEOLOGIA POLITICA.
QUESTA COSA MI INCURIOSISCE E, NARRATA A DESTRA, MI PIACE SENTIRE IL FATTO CHE NON È MAI LA PROVOCAZIONE, MA IL DESIDERIO ANCHE SOLO DI MASTICARE E RIGURGITARE IN FORMA PROPRIA QUELLO CHE TI HA STIMOLATO PER ANNI.
– Guarda, ti dico: un altro discrimine importante da questo punto di vista, secondo me, è il dogmatismo che hanno manifestato alcuni pensatori, perché Evola, a parte dei periodi circoscritti e dei frangenti circoscritti, ha sempre applicato una problematizzazione molto ampia, non si è mai riferito al solo dogmatismo. Il dogmatismo ti porta a dire che il problema è questo e quindi la soluzione è questa: e sfocia in ideologia. Evola ha trattato e anticipato anche tanti fenomeni banalmente di costume che un fanatico del dogmatismo non sarebbe riuscito a tirare fuori.

PENSO ANCHE AL SUO NOTO LIBERALISMO RISPETTO AD ALTRI TEMI: IL SESSO, IL CONSUMO DI DROGHE ECCETERA, CHE SICURAMENTE NON APPARTENGONO ALLA DESTRA IN SENSO TRADIZIONALE. MA PENSO ANCHE A UN ALTRO GIGANTE DEL PENSIERO, PER ME: FORSE OGGI PASOLINI, CHE IO ADORO E PENSO CHE SIA STATO UN VISIONARIO, FORSE NON VERREBBE IDENTIFICATO A SINISTRA O CAUSEREBBE ANCORA PIÙ PRURITI DI QUANDO È STATO CACCIATO DAL PCI AL TEMPO.
– Ma infatti! Ti dirò di più, il “Carmina Burana” scelto come intro di “Magnificat”, ripreso poi anche in “Kosmokrator”, derivò da una citazione di Pasolini.
Sai che questa cosa non l’ho mai detta, ora che mi viene in mente, ma è lo stesso pezzo che usò Pasolini in una delle scene finali di “Salò O Le 120 Giornate Di Sodoma”.
All’epoca ci fu anche una microbattaglia, in contesti non politici ma musicali, collegati al neofolk che portavamo avanti un pochino io e Mercy, degli Ianva, sul recupero di Pasolini. Pasolini è uno che però, pur avendo una chiara appartenenza in termini di orientamento politico, così come ce l’aveva Carlo Ginzburg, al di là dei dogmatismi, intervistò Ezra Pound, per dirne una.
Quindi, voglio dire, queste sono le dimostrazioni delle scintille che fanno andare oltre il pensiero, lo fanno evolvere. Quindi, senza dubbio, ti avrei citato anch’io Pasolini. Grazie. Anche il Pasolini più scuro, quello di “Petrolio”, un’altra opera che pochi probabilmente hanno approfondito realmente.

UN LIBRO APOCALITTICO, E TORNA ANCORA IL LEGAME CON IL BLACK METAL, PER CERTI VERSI.
– Eh sì, infatti mi ero ripromesso all’epoca di indagarlo maggiormente e di provare a trovare delle connessioni a un livello più profondo, poi l’esperienza Spite è giunta al termine.

MI HAI ANTICIPATO, IN QUALCHE MODO, CON IL RIFERIMENTO ALLA CONTEMPORANEITÀ, AL CONFLITTO, PERCHÉ MI ERO GIÀ PREFISSO DI CHIEDERTI, RISPETTO APPUNTO AL VOSTRO HUMUS E MONDO CULTURALE, QUALE LEGAME L’ESPERIENZA DI SPITE EXTREME WING, PER QUANTO CHIUSA, POSSA INTRAPRENDERE CON IL MONDO CONTEMPORANEO.
INTENDO ANCHE SOLO IN TERMINI DI STIMOLO, DI OSSERVAZIONE, A QUALUNQUE LIVELLO, O QUALE SCINTILLA ANCORA CONTIENE CHE TI FACCIA DIRE CHE È UN’ESPERIENZA VIVA, O UN’ESPERIENZA SEPOLTA.
– Allora, ti direi che trovo in Spite Extreme Wing diversi messaggi, o diversi punti di apprendimento, che potrebbero essere validi ancora adesso; ed è uno dei motivi per cui, razionalizzando, ho pensato di accettare la proposta di Dusktone. Intanto, il raffrontarsi con i temi, i simboli e l’immaginario dell’origine, perché quelle simboliche sono delle componenti che, in un momento di ripartenza della storia, come quello attuale, stanno tornando fortemente in voga, incasinando le categorie alle quali eravamo abituati prima.
Incasinandole enormemente, perché, come dire, c’è Putin che si definisce un patriota alla stampa americana, e gli ucraini con le rune, Lula in Brasile che dà dei nazisti agli israeliani, le università americane che scioperano per la Palestina, eccetera, eccetera. Comprendo lo spaesamento o la risata sardonica che ogni tanto questo provoca, ma c’è poco da ridere, effettivamente, soprattutto se non leggiamo le categorie in un modo un pochino nuovo. E quindi Spite Extreme Wing, anche con le sue provocazioni, come dicevi tu, in realtà a volte ha probabilmente spinto a leggere al di fuori o al di là delle categorie semplicistiche della storia o della contemporaneità, e poi a raffrontarsi con questo originario che riaffiora, volenti o nolenti. Riaffiora a livello psicologico profondo, mi verrebbe da dire, à la James Hillman, ma anche a livello trascendentale, e nel riaffiorare può manifestarsi attraverso derive molto pericolose; sia individuali – uno dei più grandi iconologi di tutti i tempi è stato Aby Warburg, ed è impazzito, non a caso. E non apparteneva alla cultura di destra, tra l’altro, quindi posso permettermi di citare un altro grande nume tutelare della mia esperienza, non afferente a quel mondo; ma anche pericolose a livello sociale, se l’idea da cui ne deriva diventa ideologia e si va a esprimere in categorie unicamente politiche.
C’è tutto un dibattito, poi, ma questo diventa complicato su quanto effettivamente la dottrina individuale, tradizionale, sia una dottrina di autopolitica, di autogoverno. Deriva dalla filosofia, probabilmente addirittura da Platone, se andiamo a vedere, poi dagli stoici e così via, da Marco Aurelio, però qui entriamo veramente in cose che sono più grandi di noi.

FAREMO LA RUBRICA MENSILE, DAI! ALLENTIAMO ALLORA UN PO’ I TONI, ALMENO FILOSOFICI, E TORNIAMO UN PO’ SULLA DIMENSIONE MUSICALE. COME EVIDENTE ANCHE DA QUESTO DESIDERIO, DALLE PROPOSTE CHE HAI AVUTO E CHE POI HANNO PRESO FORMA, SIETE CONSIDERATI UNA DELLE REALTÀ COMUNQUE PIÙ ORIGINALI E INNOVATIVE DEL PANORAMA ESTREMO ITALIANO. AL DI LÀ DELLA DIMENSIONE “COMUNICATIVA”, PERMETTIMI UNA SEMPLIFICAZIONE, IN COSA CONSISTEVA, SECONDO TE, LA VOSTRA UNICITÀ?
Guarda, sicuramente l’abbiamo raggiunta attraverso un espediente, anche se è una parola che sembra sminuirlo, che è quello dell’utilizzo dei riverberi naturali, che nacque da una passione immotivata, quasi. Molte delle registrazioni che mi piacevano dell’epoca di area scandinava avevano un riverbero eccessivo e io mi dissi come si può ricreare un riverbero così eccessivo? Beh, forse trovando il luogo che permetta di averlo, unendolo al pensiero di “ma come si fa ad uscire da questa gabbia che ci sta intrappolando tutti, di inseguire lo standard di registrazione sempre più nuovo che si va a stabilire sul mercato?”. I vari Abyss studio di turno, per intenderci.
E da lì è nata, come risultato di questo duplice interrogativo, la risposta: andare a cercarsi i riverberi naturali, farli parlare e cantare senza limitazioni. Ed effettivamente, me lo dico anche da solo, ma me l’hanno detto veramente in tanti, sono dischi difficili da datare, da collocare nel tempo, oltre che forse anche nello spazio geografico, quindi in un’epoca precisa. E questo è stato possibile tramite, appunto, l’utilizzo dei riverberi naturali. Soprattutto su “Non Dvcor, Dvco”.
In “Magnificat” non li abbiamo utilizzati, e infatti è la registrazione che riconosco meno. In “Non Dvcor, Dvco” sì, anche in maniera prepotente, in “Kosmokrator” più delicata, perché sono i riverberi di un romanico gotico, di una chiesa, quindi molto facili da accogliere nel messaggio e veramente perfetti per arrotondare il suono complessivo.
Inoltre abbiamo utilizzato tutta strumentazione vintage e abbiamo sfruttato la sala grande degli Elfo Studio, che ha queste belle pareti asimmetriche con diversi materiali costruttivi, e là abbiamo fatto delle sperimentazioni veramente belle. Il fonico, anzi, il fondatore degli Elfo Studio, era un appassionato dei Beatles e delle metodologie per microfonare che utilizzavano all’epoca, così come Paolo Valenti, che ha registrato “Non Dvcor, Dvco”, era un appassionato di registrazione di musica classica e ha utilizzato tali tecniche per gli ambienti in cui abbiamo registrato quel disco.
L’altra chiave, invece, me l’ha data Denis di Sulphur. Rileggendo il materiale, mi ha detto: “l’altro elemento che in qualche modo vi ha contraddistinto così tanto è che avete mantenuto sì una linearità di crescita, ma su alcuni aspetti siete sempre tornati stilisticamente indietro ogni volta“. Cioè, ogni volta abbiamo fatto (forse) un passo avanti, ma rimettendo in discussione delle componenti stilistiche e diventando primordiali da altri punti di vista. Come detto, è un’interpretazione di Denis, che mi sembra però verosimile, mi sembra concreta rispetto al percorso.

DECISAMENTE. L’ELEMENTO DEI RIVERBERI È RILEVANTE, L’AVETE ANCHE UTILIZZATO IN MANIERA DIVERSA, COME MI HAI RACCONTATO ADESSO.
IO HO SEMPRE TROVATO MOLTO INTERESSANTE UN ALTRO ELEMENTO, NEL TUO SODALIZIO CON AZOTH.
FACCIO PRIMA UN INCISO, VISTO CHE APPREZZO TRA L’ALTRO CHE NON SIETE MAI STATI ‘ARGENTO, IL LEADER, E IL SUO SODALE’: HAI SEMPRE TENUTO A PRECISARE QUESTA COSA, MAGARI, SE VUOI, POI MI PARLI ANCHE DEI VOSTRI RAPPORTI ATTUALI.
MA TORNANDO AL PUNTO, HO SEMPRE APPREZZATO IL VOSTRO PECULIARE USO DELLE DUE CHITARRE… QUANDO IN REALTÀ UNO ERA UN BASSO.
IO ODIO I VIRTUOSI, O NON ASCOLTEREI BLACK METAL PROBABILMENTE, PERÒ QUANDO INVECE C’È UN COLPO DI GENIO O L’UTILIZZO ESTREMAMENTE DIVERSO, NUOVO, DI UNO STRUMENTO, MI PIACE MOLTO. E SO CHE MOLTE PARTI SOLISTE ERANO SUONATE COL BASSO.
– Intanto confermo che quello è sempre stato il nucleo fondativo, ma anche poi fondante, fondamentale: Spite Extreme Wing è sempre stato un duo, una diarchia, come dicono quelli bravi.
Ma la grande peculiarità di suonare con Azoth, con cui sono sempre rimasto in contatto anche negli anni successivi, è che mi permetteva di comporre senza dover registrare una chitarra e sdoppiarla realmente, o arrangiare una seconda chitarra in direzione solistica, come hanno dovuto fare altre band. Non sono assolutamente contro quella modalità, beninteso. Addirittura ho dovuto fare il contrario, a volte; avevo in testa una chitarra più ritmica, e un arrangiamento più solista che ho poi omesso,  perché il basso era… una voce.
O addirittura è successo che io cambiassi il riff, perché nell’arrangiamento di basso sentivo delle armonizzazioni che mi portavano a rivedere poi il riff di chitarra stesso. Devo dire la verità, ho suonato con – e conosco – tanti bassisti: per il tipo di chitarrista che ero io, probabilmente sarebbe stato molto difficile ottenere gli stessi risultati, forse letteralmente impossibile, con un altro bassista.
E probabilmente è stato vicendevole, vista poi la carriera di Azoth, con altri musicisti, magari chitarristi non altrettanto ricettivi come me nel rimettere in discussione l’arrangiamento, o proprio il songwriting, sulla base di quello che il basso esprimeva nel suonare certi brani.

BEH, ALMENO HA GARANTITO L’UNICITÀ DEL VOSTRO SUONO. FORSE È LA COMPONENTE PIÙ BANALE, PERCHÉ È PURAMENTE MUSICALE, PERÒ MI HA SEMPRE COLPITO.
– Questo è assolutamente vero, sì, è una delle componenti; prima ne ho citato due di ordine diverso, ma questa è forse la prima, ecco, in ordine di importanza. La meno eclatante rispetto a registrare in un forte, in una chiesa, o a distruggere le proprie conquiste, o al percorso di ritornare avanti e ritornare indietro tra un disco e l’altro, però è così.

E LA SCELTA DI NON SUONARE DAL VIVO È STATA PROGRAMMATICA O FRUTTO DEGLI EVENTI?
– Questo è importante. Come sai, i concept di Spite Extreme Wing hanno sempre avuto una certa ampiezza e densità. Anche laddove avevano meno parole, come in “Kosmokrator”, si percepiva questo lavoro sui concept, perché volevo parlare il meno possibile al di fuori delle opere.
Un tempo si poteva fare, perché c’era un mercato discografico e una distribuzione, che permettevano di arrivare comunque con un proprio messaggio, anche senza fare troppe interviste e soprattutto senza suonare dal vivo.
Ho sempre reputato il black metal, anche andando molto indietro (penso ai Bathory, ai Celtic Frost, etc.), un ascolto intimistico e poco collegato al delirio, al casino da live. Mi sembrava che il mettere in maniera così frontale alla ribalta i brani e il gruppo in qualche modo diminuisse l’effetto ‘culto’, quindi ci siamo potuti permettere di non suonare dal vivo.
Poi abbiamo commesso questo suicidio rituale come band, però dopo sappiamo come si è evoluto il mercato discografico e quanto sia diventato imprescindibile la dimensione live per la sopravvivenza di una band.

SIETE IN UNA FILIERA RISPETTABILISSIMA, DAI BATHORY AI DARKTHRONE, PER CUI SI PUÒ ANCHE NON SUONARE DAL VIVO E MANTENERE FORTE IL PROPRIO MESSAGGIO.
– Esatto, non abbiamo inventato nulla in questo. Come detto, mi interessa l’originarietà, più che l’originalità, quindi non devo vantare primogeniture o cose così, anzi: non abbiamo inventato nulla, abbiamo semplicemente ripetuto delle cose che ci sembravano in linea con il nostro sentire e col modo in cui intendevamo il progetto stesso.

 UNA COSA CHE HAI SICURAMENTE INVENTATO TU, PERÒ – E PER QUELLO CHE MI HAI RACCONTATO NON ERA PER SCIMMIOTTARE UN INNER CIRCLE – È CHIARAMENTE LA BLACK METAL INVITTA ARMATA.
MI VUOI DIRE COME È NATA L’IDEA, VISTO CHE SO CHE COMUNQUE SEI STATO TU L’AGGREGATORE, LE ASPETTATIVE CHE AVEVI, COME VEDI ANCHE LA FINE DI QUELL’ESPERIENZA?
– Allora, anche qua una parte è finita nel calderone di chi ha provato a ricategorizzare a ritroso determinate forme di black metal italiano come ricollegabili, ahimè, all’NSBM, ma veramente in BMIA non c’era nulla di assimilabile a quella ‘scena’. E non voglio fare discorsi da ipocrita o entrare nel dettaglio di esempi, tentativi di infilarmi in determinate equazioni, o citare altre situazioni, anche folkloristiche, come già detto.

NO, CERTO. VISTO LO SCAMBIO LIBERO CHE STIAMO AVENDO, MI COLLEGO PROPRIO A QUELLA COMPONENTE CHE, ANCHE GIUSTAMENTE, HAI DEFINITO ‘FOLKLORISTICA’, PER SOTTOLINEARE, PERÒ, COME NON SIA SEMPRE TALE.
PER FARE UN ESEMPIO, ALCUNE BAND NSBM UCRAINE, CHE IN PASSATO HANNO SUONATO ALL’ASGARDSREI, SEGNALAVANO CHE PARTE DEL LORO RICAVATO SAREBBE ANDATO AD ARMARE MILIZIE; SARÀ UNA LEGGENDA LOCALE O UNA PROVOCAZIONE MA C’È SEMPRE IL RISCHIO, COMUNQUE, CHE UN MESSAGGIO POLITICO DIVENTI MILITARIZZAZIONE.
QUESTA COSA UN PO’ MI SPAVENTA, ECCO.
– Assolutamente. Guarda, hanno cercato di tirarmi dentro, e questo sembra veramente paradossale, per vedermi schierato lato Russia, o lato Ucraina. Ho fatto fatica a non essere coinvolto in discorsi o polarizzazioni dughiniane (lato Russia) o filo azoviane da parte ucraina.
In questi mesi mi sono trovato veramente in difficoltà, a volte, ad esprimere delle posizioni che non fossero ricollegabili a due categorie con le quali io non ho nessuna affinità, né da un lato né dall’altro. Io, peraltro, come detto, sono un grande lettore e cultore del pensiero tradizionale, ma Dughin non mi è mai piaciuto, lo trovo il primo dei tuttologi e l’ultimo degli specialisti, non mi fa impazzire.

SAI, MI VIENE ANCHE UNA RIFLESSIONE MOLTO CINICA, MA RISPETTO A NOMI CHE ABBIAMO CITATO PRIMA, DI VERI PENSATORI, FORSE CHI RAGGIUNGE LE MASSE PUÒ ESSERE SICURAMENTE DIROMPENTE, MA PROBABILMENTE NON HA QUELLA PROFONDITÀ SE LE RAGGIUNGE IN QUESTO MODO.
– Sicuramente. Io non mi ci ritrovo. BMIA nasceva con tutt’altro intento, che era chiedersi quanto i simboli, l’archetipo e l’immaginario ‘dell’origine’ fossero stati ripresi e fossero in continuità con la tradizione romana. E lo sono. Pensiamo ai boschi sacri della romanità, o a come quella romana sia stata la prima civiltà a studiare in maniera ‘scientifica’ – diciamo – collegata al sacro, le prime forme di culto nel locus, quindi in quella parte di bosco apposita per il culto.

PENSO AL “RAMO D’ORO” DI FRAZER CHE PRATICAMENTE PRENDE AVVIO DALL’ITALIA.
– Esattamente, dal Lago di Nemi. Peraltro, lo citava Burzum e ce ne dimenticavamo noi! Quindi BMIA nasceva sull’onda di quell’attenzione, di quell’attrazione che vivevamo senza per questo rinnegare la tradizione norrena, la mitologia nordica.

POI, SINCERAMENTE, UNA BAND DI MATERA, CHE CANTA DI ODINO E DICE DI ESSERE TRADIZIONALISTA, FA UN PO’ RIDERE, SICURAMENTE. QUINDI, PARLANDO DI TRADIZIONE, PREFERISCO CHE UNO PARLI DI CIÒ CHE PUÒ AVERE UN LEGAME CON LE SUE RADICI.
– Guarda, mi sono trovato in mezzo a una polemica tra odinisti pugliesi, anni fa! Questo perché BMIA ebbe come critica il fatto che non dovessi per forza mettermi di traverso al recupero della mitologia nordica, anche in area mediterranea, sostanzialmente.
Però BMIA nasceva da quel punto di vista. E, oltre a questi aspetti legati al simbolismo, all’immaginario, alla continuità storica di lungo periodo, se si parla di impero romano, era anche un capolavoro geopolitico, perché era un circuito con una piattaforma nel Mediterraneo, un capolavoro geografico.

PERALTRO, ANCHE SE OVVIAMENTE PARLIAMO RELAZIONANDOCI IN UNA PROSPETTIVA DI DIVERSI SECOLI FA, ANCHE INCLUSIVO.
– Ma infatti, c’è un famoso antropologo, Massimo Bettini, che dice di fare attenzione perché c’è il concetto di identità, un concetto che nasce come categoria teologica in ambito cristiano con la patristica, ma che non c’entra niente con l’identità etnica, che Roma non conosceva.
Roma integrava e faceva sintesi, non sincretismo, a parte in alcuni momenti storici con alcuni personaggi, una sintesi al livello più alto che si potesse immaginare, andando a circoscrivere e a creare delle connessioni tra un luogo geografico, ma anche simbolico e magico, se vuoi; che era quello che poi ha visto i propri confini coincidere con l’Impero, forse anche nella sua massima estensione, tutto sommato.

PER CHIUDERE TORNANDO IN AMBITO MUSICALE, TI CHIEDO DEGLI ALTRI PROGETTI IN CUI SEI STATO COINVLTO, PARTENDO DA POSEIDON, CON CUI SEI TORNATO SULLE SCENE POCO PIÙ DI UN ANNO FA.
– Poseidon lo reputo una delle opere più rappresentative della mia carriera, in cui la sperimentazione ha raggiunto livelli molto alti; purtroppo ha vissuto un sacco di problemi, considera che è stato concepito nel periodo di “Vltra”: c’era persino l’idea di ristampare “Vltra” in doppio CD, con Poseidon annesso. Di fatto in questo progetto c’è l’aggiunta di una persona con cui ho grande affinità, anche musicale, cioè Algol, che è molto bravo a improvvisare e a rispondere alla logica Poseidon.
Ci tengo particolarmente anche per certe influenze che sono sempre state molto forti, ma che negli album di Spite Exteme Wing non si potevano inserire, come quella del krautrock – Popol Vuh, Klaus Schulze, … – o la parte più space rock; addirittura quella deriva progressiva della cosiddetta musica zeuhl, che è esplosa con Magma, Shub-Niggurath – non quelli death metal – o i primi Univers Zero.
Guardando al passato, ovviamente Ianva è stato un progetto importantissimo, perché in esso sono confluite tante delle intuizioni che non ho portato avanti con Spite Extreme Wing, ma che abbiamo elaborato con Mercy in quegli anni. Per quanto io sia presente soltanto nel primo mini, mi sento un pochino presente in tutti i dischi; non c’è mai stato un allontanamento reale, né in termini emotivi, né in termini di rapporto, di relazione, soprattutto con Stefania D’Alterio e Mercy stesso.
Poi è stata bellissima la collaborazione con Runes Order, uno dei gruppi più sottovalutati di sempre. Erano molto avanti, sarebbero stati un gruppo, per certi versi, da Cold Meat Industry, ma forse sono arrivati troppo presto.  Non vorrei sbagliare la loro cronologia, ma sono usciti troppo in anticipo persino per Karmanik, mi sa.
Poi ti cito i pezzi cantati per Janvs, con cui c’era una grande congenialità in quegli anni, uno scambio totale di idee, stimoli, spunti. Tra l’altro, nei primi due pezzi della cassetta uscita con Sulphur, alla seconda chitarra c’è Matteo ‘Vinctor’ di Janus, quindi sono gli unici pezzi degli Spite che hanno avuto un secondo chitarrista, oltre ad essere inediti.

QUINDI LA MUSICA, A MENO DI QUALCHE PROGETTO TIPO IL RIPESCAGGIO POSEIDON, NON È AL MOMENTO UNA DIMENSIONE CHE HAI IN MENTE?
– No. Cerco e vorrei dare una direzione a questa intuizione sul riprendere, sul tornare all’origine, e ci stiamo lavorando. Quindi approfondire le possibilità e anche i pericoli che il black metal, rispetto ad altri generi, offre nel confrontarsi con questi elementi dell’immaginario e del simbolico archetipici. Su questo stiamo preparando del materiale, però, come dire, testuale ed editoriale, e se non succede qualcosa che si frappone poi tra noi questo progetto, ci saranno anche delle uscite a riguardo, ma saranno appunto di carattere editoriale.

DI SOLITO EVITIAMO QUESTO TIPO DI CHIUSURE, MA TI RINGRAZIO PER UN’INTERVISTA DECISAMENTE INTENSA E INTERESSANTE.
– Ti ringrazio anch’io. Mi fa molto piacere perché, comunque, una cosa che ho sempre reputato importante è avere un impatto effettivo sulle persone. Positivo, si spera. Avere un impatto con le idee: non con l’ideologia, ma con le idee che esprimo attraverso la musica.

 

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