Non tutti i mali vengono per nuocere. Avevamo lasciato qualche anno fa gli Staind ebbri di ‘felicità’ – per quanto questo termine possa essere adatto a quel simpaticone di Aaron Lewis – e ci ritroviamo ora invece al cospetto di una band dilaniata dalla tensione, una tensione che ha permesso loro di sfornare finalmente un album all’altezza di “Break The Cycle” ma che, complice il successo della carriera solista del già citato frontman, ha rischiato di fare del settimo album il loro canto del cigno. A raccontarci la difficile gestazione di “Staind” il chitarrista Mike…
CIAO MIKE, BEN TROVATO! COMINCIANDO PARLANDO DAL NUOVO ALBUM, PER MOLTI VERSI PIU’ SIMILE AI PRIMI LAVORI (“TORMENTOR” E “DYSFUNCTION”) CHE ALLA VOSTRA DISCOGRAFIA PIU’ RECENTE…COME MAI QUESTO SCELTA?
“Diciamo che con il penultimo disco avevamo voluto sperimentare in altre direzioni, mentre stavolta ci siamo trovati prima delle registrazioni e abbiamo deciso di comune accordo di andare a ripescare quella cattiveria che aveva animato i nostri esordi e che si era un po’ persa negli ultimi dischi; così sono usciti i primi riff in questa direzione, e da lì in poi tutto è venuto fuori in maniera assolutamente naturale”.
IMMAGINO LA RITROVATA AGGRESSIVITA’ POSSA ANCHE DIPENDERE DALLA CARRIERA SOLISTA DI AARRON, CHE AL CONTRARIO E’ INCENTRATA SUL VERSANTE ACUSTICO…
“Sì, volevamo tenere separati i due aspetti come facciamo di solito, diciamo che stavolta la parte acustica è finita nel disco solista di Aaron mentre la rabbia si è concentrata nel nuovo album degli Staind”.
SEMPRE A PROPOSITO DI RITORNO AL PASSATO, HO LETTO IN GIRO CHE L’EDIZIONE SPECIALE DEL DISCO CONTERRA’ ANCHE UNA RIEDZIONE DI “TORMENTOR”, IL VOSTRO DEBUT ALBUM ORMAI INTROVABILE, E’ COSI’?
“Sì, c’è una versione dell’album di tipo ‘fan pack’ in cui con un piccolo sovrapprezzo, ma non saprei dirti i dettagli”.
L’ULTIMA VOLTA CHE CI SIAMO SENTITI, DOPO L’USCITA DI “THE ILLUSION OF PROGRESS”, MI ERI SEMBRATO ENTUSIASTA DEL NUOVO METODO COMPOSITIVO CHE AVEVA VISTO LA BAND RIUNITA TUTTA INSIEME IN UN UNICO STUDIO, MENTRE STAVOLTA AVETE DI NUOVO REGISTRATO IN STUDI DIVERSI…COME MAI?
“Diciamo che, tanto erano state divertenti le sessioni di registrazioni di ‘The Illusion Of Progress’, quanto difficili lo sono state quelle di ‘Staind’. Tra l’abbandono di Jon dopo sedici anni passati insieme, gli impegni di Aaron per supportare l’avvio della sua carriera solista e le pressioni della casa discografica il songrwiting stavolta è stato davvero impegnativo. Ci siamo trovati all’inizio delle registrazioni, verso la fine dell’anno scorso, tutti insieme per iniziare a provare, ma dopo qualche settimana abbiamo capito che così non andava, quindi ci siamo salutati per le vacanze e al rientro ognuno è andato avanti a suonare da solo, fino a che non siamo riusciti a mettere insieme tutti i pezzi”.
A PROPOSITO DELLA DIPARTITA DEL VOSTRO BATTERISTA JON WYSOCKI, COSA CI PUOI RACCONTARE? E COME VI SIETE ORGANIZZATI PER IL SUO RIMPIAZZO?
“Durante la registrazione dell’album ci siamo accorti che c’era qualcosa che non andava, Jon non era più dell’umore giusto per suonare con noi; ha portato avanti fino alla fine il processo di registrazione ma è stato davvero faticoso, quindi alla fine abbiamo deciso insieme di separare le nostre strade. Al suo posto ora siede Sal Giancarelli, un ragazzo di origine italiana che era già nostro drum tech e quindi non ha avuto particolari problemi ad inserirsi”.
COME DA TRADIZIONE, IL DISCO DELLA RINASCITA PORTA NEL TITOLO IL NOME DELLA BAND…
“L’idea iniziale era quello di chiamarlo ‘Seven’, visto che si tratta dell nostro settimo album, ma poi durante le registrazioni è emersa questa necessità di ritorno alle origini di cui ti parlavo prima, quindi la scelta più naturale ci è sembrata quella di prendere la strada del self-titled”.
ABBIAMO GIA’ SOTTOLINEATO IL RITORNO ALLE ORIGINI, MA “STAIND” SI FA NOTARE ANCHE PER LA PRESENZA DI MOLTI ASSOLI DI CHITARRA, CHE ERANO INVECE DEL TUTTO ASSENTI NEI VOSTRI PRIMI LAVORI
“In realtà mi è sempre piaciuto pensare a dei soli di chitarra per ogni canzone che scrivo, però dev’essere qualcosa che si sposa bene con il pezzo, non un solo messo lì tanto per il gusto di farlo o per variare un po’ la dinamica del pezzo. Stavolta sono riuscito a suonare più soli rispetto all’ultimo album, e mi auguro in futuro di potermi ripetere a questi livelli”.
COSA CI PUOI DIRE INVECE DEL CONCORSO ORGANIZZATO DALLA VOSTRA ETICHETTA, CHE INVITAVA GLI ASPIRANTI CHITARRISTI AD INVIARE UN SOLO DI CHITARRA DA INSERIRE NELL’EDIZIONE SPECIALE DI “NOT AGAIN”?
“E’ stata sicuramente un’iniziativa molto divertente, ho ricevuto davvero un sacco di materiale e non è stato facile scegliere, anche se alla fine ho dato la priorità al feeling con il pezzo rispetto alla tecnica. Molti soli che ho ricevuto facevano grande sfoggio di tecnica e trucchi frutto di dieci ore di esercizio al giorno, ma per quanto ben fatti questi sfoggi di tecnica sono più ginnastica che musica. Personalmente apprezzo molto di più i chitarristi dotati di feeling piuttosto che tecnica, per cui mi sono attenuto a questo criterio nella scelta del vincitore”.
SIN DAI TEMPI DI “BREAK THE CYCLE” AVETE DOMINATO LE BILLBOARD CHART, PIAZZANDOVI PER TRE VOLTE DI FILA AL NUMERO UNO E FERMANDOVI SUL GRADINO PIU’ BASSO DEL PODIO CON “THE ILLUSION OF PROGRESS”…PENSI CHE “STAIND” SIA IL DISCO GIUSTO PER RICONQUISTARE LA VETTA?
“Non so se raggiungerà il numero uno, ma so che quello che abbiamo in uscita è veramente un gran disco, quello di cui mi sento più orgoglioso e l’unico che in questo momento avrei voglia di riascoltare di tutta la nostra discografia. Non avrei mai pensato che avrei avuto un disco al numero 1 e ne abbiamo avuti già tre finora, quindi non ho altre aspettative se non quella di fare felici i nostri fan”.
ORA CHE AVETE IL SUPPORTO DI UN’ETICHETTA EUROPEA COME LA ROADRUNNER, QUANDO VENITE A TROVARCI NEL VECCHIO CONTINENTE?
“Nell’ultimo tour abbiamo fatto qualche data in Europa, il che già è stato un passo avanti dato che prima non eravamo praticamente mai venuti. Ora siamo un po’ bloccati per permettere ad Aaron di promuovere il suo disco solista, ma penso che saremo dalle vostre parti questo autunno per 2-3 settimane e poi torneremo la prossima estate per i festival”.
IL 2011 SARA’ RICORDATO COME L’ANNO DELLA RINASCITA DEL NU METAL, GRAZIE AL RITORNO IN FORMAZIONE ORIGINALE DI BAND COME SYSTEM OF A DOWN, LIMP BIZKIT, COLD, AMERICAN HEAD CHARGE…
“Non posso che esserne contento! Le band che hai citato fanno ottima musica e molte di loro sono state nostre compagne di tour, quindi sono felice che siano di nuovo on the road”.
ANCHE SE E’ PASSATO TANTO TEMPO, TUTTI RICORDANO CHE A SCOPRIRVI FU PROPRIO FRED DURST DEI LIMP BIZKIT, MA SI DICE ANCHE CHE TRA DI VOI NON CORRA BUON SANGUE…QUANTO C’E’ DI VERO?
“Non abbiamo niente contro Fred, sono tutte storie messe in giro su Internet. Sicuramente abbiamo un modo diverso di approcciare molte cose, ma è comunque una persona e un artista che stimiamo, e gli saremo sempre grati per averci dato una possibilità quando eravamo ancora degli sconosciuti”.
VENT’ANNI FA DI QUESTI TEMPI USCIVA “NEVERMIND”, SEGNANDO DI FATTO L’AVVENTO DEL GRUNGE: CHE RICORDI HAI DI QUELLA DATA?
“Quando è uscito ‘Nevermind’ ero ancora troppo piccolo per avere dei ricordi precisi, ma di sicuro l’esplosione dei Nirvana ha spalancato le porte ad un sacco di altre band eccezionali come Soundgarden, Alice In Chains e Pearl Jam, ancora oggi tra le mie favorite di sempre, quindi penso sia veramente una data storica”.
ESATTAMENTE DIECI ANNI FA INVECE (L’INTERIVSTA SI E’ SVOLTA IL 12 SETTEMBRE, ndA) ERA IL DAY AFTER DELL’EVENTO CHE PIU’ DI OGNI ALTRO HA SEGNATO LA STORIA MODERNA…
“Quel giorno ero a casa ad esercitarmi con la chitarra e ho visto in televisione quello che è successo al WTC…(qui la voce di Mike si incrina al limite del pianto, ndA)….non ci volevo credere, ed ancora oggi non riesco a capire come sia possibile che sia successa una cosa del genere…(silenzio rotto da singhiozzi, ndA)”.
OK, GRAZIE MIKE, E’ TUTTO PER OGGI, A PRESTO
“Grazie a voi per il supporto, ci rivediamo on stage”.