STRATOVARIUS – Voce di tuono

Pubblicato il 28/09/2022 da

Il nuovo album degli Stratovarius ci è piaciuto moltissimo, e non c’è bisogno di dire che tale entusiasmo non può che aumentare al pensiero di poter parlare direttamente con colui che ora come ora non rappresenta solo il frontman, ma l’essenza stessa di quello che la storica realtà finlandese ha rappresentato e rappresenta tuttora. Timo Kotipelto, malgrado il trascorrere degli anni, è sempre e comunque una vera e propria icona, ma ciò nonostante si dimostra una persona davvero molto umile e mentalmente sul pezzo, nonché sorridente ed entusiasta al pensiero di fornirci qualche delucidazione in merito al recente trascorso in casa Stratovarius. Inoltre, la consapevolezza di aver immesso sul mercato un prodotto sbalorditivo come il recente “Survive” renderebbe felice qualsiasi artista, anche perché il suddetto album rappresenta di fatto la conferma che anche una power metal band con qualche anno sulle spalle può ancora rinnovarsi e proporsi in forma smagliante. Buona lettura!

CIAO TIMO! PRIMA DI ENTRARE NEL MERITO DI “SURVIVE”, COME DESCRIVERESTI IL PERIODO IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVO A “ETERNAL” CHE POI VI AVREBBE CONDOTTO ALLA REALIZZAZIONE DEL NUOVO ALBUM?
– Ciao! Ci tengo a partire dicendo che, dopo l’uscita di “Eternal”, non avevamo assolutamente idea di quanto tempo sarebbe intercorso tra quel lavoro e il successivo. Chiaramente sono seguiti diversi anni di tour, tra cui anche delle apparizioni in alcuni festival in Sud America, oltre ovviamente ai numerosi show in Finlandia e in giro per l’Europa, Italia inclusa. Successivamente, nel 2018, abbiamo rilasciato una compilation contenente anche tre brani inediti, richiesti a gran voce dalla casa discografica e anch’essi promossi successivamente con delle date live. Faccio a meno di dirti che si tratta di attività che hanno sottratto molto tempo ad una composizione di un full-length effettivo, impegno che è inevitabilmente slittato in avanti. Ma la parte più interessante viene ora: c’è stato un momento in cui io e i ragazzi ci siamo guardati, e abbiamo deciso che nessuno dei tre brani nuovi sarebbe stato incluso nella nuova creatura, ripristinando di fatto tutto il processo creativo con l’intenzione di cominciare da capo, cambiando peraltro il nostro metodo di condivisione delle idee musicali.

CI DIRESTI QUALCOSA DI SPECIFICO SU QUESTO METODO? 
– Potrà sembrare un po’ strano, ma all’atto pratico abbiamo voluto fare un passo indietro, ricominciando a comporre con una metodologia che definirei ‘old-school’, abbandonando quella recente tendenza che ci vedeva intenti a comporre individualmente per poi condividere le tracce tra di noi tramite Dropbox. Abbiamo quindi iniziato a trovarci tre volte a settimana, condividendo immediatamente i nostri rispettivi feedback, e soprattutto comunicando e riscoprendo il valore di essere una band e di creare musica insieme, prendendo spunto dai numerosi bagagli personali acquisiti nel corso della carriera anche stando a contatto con altri musicisti. Come cantante ho giovato molto di questa coesione, in quanto ho avuto modo di dedicarmi per bene alla stesura di parti vocali degne del nome, confezionando anche qualche demo da sottoporre; a differenza del passato in cui, per volontà di qualcuno, che non nominerò qui, mi sono più volte ritrovato nella situazione di dover semplicemente cantare qualcosa di già scritto senza possibilità interpretative.

A TAL PROPOSITO, I TESTI DI “SURVIVE” SONO DAVVERO COLTI, CRITICI E IMPEGNATI, COSA NON SCONTATA SE SI SUONA POWER METAL. COME DESCRIVERESTI LE TUE INTENZIONI AL MOMENTO DI SELEZIONARE I TEMI DA TRATTARE? 
– Fa sempre molto ridere, in riferimento a quello che hai detto, pensare che gli Stratovarius abbiano immesso sul mercato una canzone intitolata “Dragons”, ai tempi dell’album “Nemesis”, che non parla affatto di draghi, ma di tematiche molto più complesse (ridiamo, ndr). Chiaramente anche a noi piace fare delle menzioni al fantasy e situazioni simili, seppur a scopo metaforico, ma credo che gli ultimi anni abbiano dipinto un quadro che necessita di uno stile molto più serio, oscuro e realistico per essere rappresentato in musica, seppur senza sfociare in uno stile black o doom. Volevo rappresentare dei testi che entrassero nel merito delle emozioni, delle paure e dei sacrifici umani, in particolar modo alla luce dello scenario che abbiamo appena vissuto (in riferimento al Covid) e di quello che viviamo tuttora. Il mondo e le sue pieghe malsane, così come banalmente i drammi interiori del singolo individuo, possono essere risanati solo dalla volontà umana, e forse noi tramite le nostre canzoni possiamo fare qualcosa per ispirare chi ci ascolta.

USANDO “SURVIVE” COME ESEMPIO, COME DOVREBBE SUONARE UNA POWER METAL BAND NEL 2022? 
– La prima cosa da fare – e l’ho capito anche io col tempo – è cercare di non dare sempre in mano alle masse ciò che la gente si aspetta da te, in quanto questo crea delle catene e dei paletti di cui si rimane spesso e volentieri succubi. Piuttosto, bisogna cercare di mantenere un filo conduttore all’interno della propria arte, cosa inevitabile se comunque si ama ciò che si fa e si è convinti della propria identità, senza però lasciare che questo crei dei limiti compositivi invalicabili, o peggio ancora una sorta di sensazione di anacronistico: per spiegarmi meglio, voglio far presente a chi leggerà queste parole che tentare a tutti i costi di suonare come a fine anni ’90 nel 2022 può risultare non solo ridondante, ma anche fallimentare, perchè le condizioni in cui ‘operiamo’ sono oggettivamente diverse; dai membri coinvolti, alle nostre pulsioni artistiche e così via, quindi copiare non ha senso. A titolo personale, come band, a questo giro abbiamo voluto discutere della nostra possibilità di essere lasciati liberi di esprimerci davvero, anche a costo di confezionare brani piuttosto diversi l’uno dall’altro: se tu passi da “Firefly” a “Broken” c’è un abisso in termini stilistici, ma come spero confermerai anche tu vi è comunque una coerenza, che però non sfocia in quel senso di piattezza tipico di molte band che io stesso ascolto. Idea che peraltro è piaciuta molto anche alla label, che ha così decretato la possibilità che anche un ascoltatore più scettico potesse trovare qualcosa che si confacesse ai suoi gusti.

COME DESCRIVERESTI IL TUO RAPPORTO CON LA COMMUNITY? 
– Sicuramente è importante un monitoraggio dei feedback, in quanto comunque, a prescindere dal non doverne essere servi, fornisce un’idea del fatto che forse la strada tracciata è quella giusta; e questo vale sia per gli ascoltatori slegati dal nostro privato, sia per amici e famigliari, ognuno coi propri gusti e le proprie simpatie musicali. Ma nel caso dei tempi recenti credo che la miglior componente sia da ricercare nel ritorno sulle scene dopo lo stop: negli show recenti ho visto un’energia e un’accoglienza che non ci capitava davvero da tanti anni, soprattutto quando a essere coinvolti sono gli appassionati più giovani e pieni di grinta, vogliosi magari di scoprire per davvero ciò che gli Stratovarius propongono, magari senza condizionamenti dati da una particolare affezione per uno stile che prediligevamo in tempi più datati. Del resto, la carriera di una band è sempre costellata da alti e bassi, ma l’ideale è sempre avere una fanbase variegata e che possa apprezzare, così come eventualmente criticare, le varie pieghe intraprese da noi come band.

COME VALUTERESTI APPUNTO IL RITORNO SULLE SCENE DOPO LO STOP? 
– Il grosso delle date si sono tenute in Finlandia, ma abbiamo tenuto anche degli show in giro per numerosi festival europei, tra cui Wacken, il Leyendas Del Rock e altri. La sfida più grande non è stata suonare, ma riorganizzare il tutto per poterlo fare: radunare la crew, raccogliere la tecnologia necessaria, ottenere la giusta strumentazione e prenotare degli spostamenti a dei prezzi più umani possibile, cosa non facile di sti tempi. Possiamo dire, in breve, che la logistica abbia rappresentato l’ostacolo più grande con cui confrontarsi. Il resto è giunto in maniera piuttosto naturale, come un qualcosa che ha sempre fatto parte di noi e che è finalmente tornato.

PENSI CHE, CONSIDERANDO L’ENORME APPETITO PER CONCERTI CHE SI PERCEPISCE ULTIMAMENTE, CI POSSA ESSERE UN RITORNO POSITIVO DALLA SITUAZIONE APPENA CONCLUSA? 
– Beh, voglio proprio sperare di sì! Inizialmente non è stato facile, anzi considera che noi abbiamo ripreso a suonare ad Aprile, e ancora moltissima gente aveva paura a uscire di casa per mescolarsi con un pubblico o una folla. Ma adesso sto notando che la situazione, oltre a essere più rilassata, sta permettendo a numerosi eventi nuovi di nascere, così come ad altri già esistenti di tornare in attività dopo tempo. Chiaramente alcuni non ce l’hanno fatta, però bisogna guardare avanti e sperare in ciò che ha resistito o che nascerà sulle ceneri. Per quanto riguarda la gente, molto dipende anche dalle singole location: in Finlandia oramai del Covid non si parla praticamente più, in generale c’è distacco e tranquillità su quell’argomento. Purtroppo però la sensibilità è soggettiva e c’è chi magari necessita di più tempo per tornare a godersi la musica dal vivo con naturalezza.

FACENDO UN ALTRO PASSO INDIETRO, CI RACCONTI QUALCHE ANEDDOTO DELLA TUA VITA IN TOUR? 
– Ti cito un brevissimo aneddoto che risale a prima ancora di suonare la mia prima data dal vivo con gli Stratovarius, che si sarebbe tenuta a Helsinki, ovvero quando sono stato informato che la seconda data si sarebbe tenuta non in Finlandia, ma a Osaka in Giappone. Faccio fatica tuttora a descrivere la sensazione che provai in quella situazione, al pensiero che avrei iniziato praticamente a casa mia, per poi spostarmi in un contesto totalmente diverso, prima ancora di aver trovato davvero la mia quadra come frontman di una formazione che ambiva comunque ad un mercato internazionale.

E INVECE UN PROPOSITO DA REALIZZARE? 
– Difficile a dirsi, avendo suonato pressoché ovunque, però effettivamente non abbiamo ancora avuto l’occasione per tenere uno show completo in veste di headliner in un grande festival tra quelli di cui si fa sempre un gran parlare ogni estate. Mi piacerebbe suonare uno show di durata pari o superiore ai novanta minuti, magari a Wacken o in un contesto di pari livello, da inserire successivamente in un DVD o comunque un album live, per immortalare il momento e tramandarlo. Magari con qualche scenografia particolare e un paio di ospiti speciali volti ad impreziosire l’evento. Sicuramente dovrebbe necessariamente trattarsi di qualcosa di unico, per gli Stratovarius.

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