SUBLIMINAL FEAR – Ermeneutica fantascientifica

Pubblicato il 15/09/2016 da

Se pur non particolarmente prolifici, i Subliminal Fear hanno da sempre avuto quel qualcosa in più in grado di distinguerli nel fitto sottobosco melodic-death, affinando un concept giunto ora a compimento con “Escape From Leviathan”. Incrociando filosofia e fantascienza, swedish death ed elettronica, scream e clean vocals con l’utilizzo del doppio cantante, ci sono tante novità nel terzo album del quintetto pugliese, come ci racconta il cantante e membro fondatore Carmine Cristallo…

subliminal fear - band - 2016

COME SCRITTO IN SEDE DI RECENSIONE, TRA UN ALBUM E L’ALTRO DEI SUBLIMINAL FEAR PASSANO IN MEDIA QUATTRO ANNI, MA L’IMPRESSIONE E’ CHE, STAVOLTA PIU’ CHE MAI, SIANO STATI ANNI “INTENSI”, DICO BENE?
“Un saluto a tutti i lettori di Metalitalia.com. Sì, sono trascorsi altri quattro anni in effetti (risate, NdA)! Sono d’accordo, questa sessione di lavoro è stata la più intensa di sempre. Principalmente quest’attesa è stata causata da qualche avvicendamento nella line-up, ma anche dalla nostra volontà di cambiare qualcosa nel nostro sound, inserendo nuovi elementi e soluzioni. Abbiamo preferito lavorare con tranquillità nel nostro studio per ottenere il massimo dalle nostre possibilità e nel frattempo abbiamo acquisito consapevolezza dei nostri mezzi e soprattutto costituito un ottimo team di lavoro. Il songwriting è stato meticoloso e contraddistinto da nuove metodologie e sperimentazioni. Adesso con una situazione più stabile all’interno della band, cercheremo di non farvi aspettare così tanto per il prossimo album. Promesso!”.

IN QUEST’OCCASIONE AVETE AVVIATO ANCHE UNA PICCOLA RIVOLUZIONE DIETRO AL MICROFONO, CON L’USCITA E IL RIENTRO DI CARMINE E L’INNESTO DI MATTEO ALLE HARSH VOCALS: COME VI TROVATE SUL PALCO CON IL DOPPIO VOCALIST, TIPICAMENTE ASSOCIATO A NU O GOTHIC?
“Direi molto bene! L’idea di utilizzare due vocalist, ci è sembrata una logica conseguenza dettata dal nostro nuovo percorso stilistico, soprattutto per la natura più articolata delle parti di voce nei nuovi brani. Del resto, questa soluzione non è nuova nel nostro genere, anche band come Scar Symmetry o Sonic Syndicate hanno scelto di avere in formazione il doppio vocalist. La scelta ha quindi anche una giustificazione tecnica e cioè, mantenere la stessa qualità espressa sull’album in sede live, e direi che anche la tenuta scenica degli show ne ha acquisito grande beneficio. Secondo me, Matteo ha interpretato molto bene le parti estreme sul nuovo disco e la sua voce s’integra con equilibrio con le mie parti di voce pulita. Abbiamo trovato in lui il pezzo mancante della formazione. In queste settimane avremo i primi live show e sapremo dirvi di più riguardo quest’aspetto…”.

“ESCAPE FROM LEVIATHAN” SEGNA UN CAMBIO DI PASSO ANCHE DAL PUNTO DI VISTA DELLE SONORITA’, CON UN INGRESSO PREPOTENTE DAL PUNTO DI VISTA DELL’ELETTRONICA: CHI VI HA SUPPORTATO DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
“Una delle sperimentazioni di cui parlavo è stata quelle di far convivere le parti più metal ed altre più melodiche con un substrato di musica elettronica. Questo connubio è stato fondamentale per l’evoluzione del nostro sound, poiché ci ha donato quel valore in più a livello atmosferico che cercavamo. Gran merito va dato al lavoro svolto in fase di arrangiamento da Botys Beezart, che ha curato tutti i synth e le parti elettroniche. Botys è un vecchio amico e musicista di talento. Direi che il suo contributo è stato fondamentale per il raggiungimento del risultato che speravamo di ottenere, e lui è stato sempre presente in fase di pre e post produzione dell’album”.

ANCHE SUL FRONTE LIRICO, AVETE MESCOLATO FILOSOFIA E FANTASCIENZA…CI POTETE RACCONTARE QUALCOSA DI PIU’ SUL CONCEPT?
“Certo! Abbiamo sempre ritenuto importante l’aspetto concettuale della nostra musica espresso dai nostri testi. In quest’album abbiamo inaugurato una linea narrativa che continueremo a sviluppare anche nei prossimi album miscelando, come tu stesso hai notato, elementi fantascientifici e filosofici, con avvenimenti attuali. Il titolo ‘Escape From Leviathan’ è nato prendendo spunto dall’omonimo libro di J.C. Lester che è un’opera, molto critica sul libertarismo, cioè esprime un giudizio negativo sulla possibilità dell’uomo di autogovernarsi. Mentre il filosofo inglese Thomas Hobbes, nella sua opera ‘Leviatano’ descrive lo stato come una creatura primordiale determinato a divorarci e le cui membra sono i cittadini. Da questi due concetti siamo partiti per lavorare al concept del nostro album, immaginando la nostra società in un futuro distopico e in una fase conclusiva di un processo degenerativo che ha portato le macchine a governarci. In questo scenario apocalittico la società è incapace di autogovernarsi e tutti noi sono quindi schiavi delle nostre scelte sbagliate e dall’incapacità di riconoscere il male. Una forte influenza sono poi stati film fantascientifici come Terminator, Blade Runnner e Matrix, per citarne alcuni, di cui siamo appassionati. Prendiamo spunto anche dagli avvenimenti di cronaca e di attualità, senza mai citare nomi o riferimenti reali”.

SMARTPHONE, BOT, INTERNET OF THINGS SONO (DAL TERMOSTATO ALLA LAVATRICE) SONO ORMAI PARTE DELLA NOSTRA VITA, E GLI ESPERTI STIMANO CHE ENTRO 20-30 ANNI UN TRANSISTOR AVRA’ LA POTENZA DI CALCOLO DELL’INTERA RAZZA UMANA: SIAMO DESTINATI A VIVERE NEL 2040 L’ERA DI SKYNET?
“Mi auguro proprio di no! Per quanto la tecnologia possa essere affascinante, non dobbiamo mai dimenticarci della nostra natura umana e di quanto può essere emozionante vivere e avere il completo controllo della nostra vita, senza dipendere da nulla. Questo non significa che dobbiamo avere un rigetto verso qualsiasi innovazione tecnologica, oppure vivere nella paura auspicando che gli anatemi lanciati da Stephen Hawking non accadano mai! Di questo passo, l’intelligenza artificiale potrà sicuramente superare quella della razza umana, ma c’è sempre comunque un limite da non oltrepassare. Non siamo ancora a rischio estinzione, e se questo avverrà sarà solo per colpa della nostra stupidità e non di qualche razza aliena, venuta da chissà quale galassia lontana per soppiantarci”.

ALTRO ELEMENTO DISTINTIVO E’ LA LISTA DI OSPITI, DAVVERO DA GRANDE SLAM DEL MODERN METAL (MNEMIC, THREAT SIGNAL, DARKANE): CONOSCEVATE GIA’ PERSONALMENTE TUTTI I CANTANTI COINVOLTI, O LI AVETE INGAGGIATI PER L’OCCASIONE?
“Abbiamo avuto l’occasione di collaborare con dei professionisti eccezionali che hanno valorizzato ulteriormente il carattere personale delle canzoni nelle quali sono stati coinvolti. La collaborazione è nata in maniera molto semplice, cioè facendo loro ascoltare la nostra musica e proponendogli di fare una ‘guesting’ su un brano. Lawrence, Jon e Guillaume si sono dimostrati entusiasti ed hanno lavorato con la professionalità che li contraddistingue. Personalmente sono un fan di tutti e tre ed è stato davvero entusiasmante poter sentire la loro voce sui nostri brani”.

MOLTO D’IMPATTO ANCHE LA COVER DEL DISCO, REALIZZATA DA SETH SIRO: AVETE PUNTATO DIRETTI SU DI LUI, O VI SIETE FATTI CONSIGLIARE DALL’ETICHETTA?
“E’ stata una scelta ponderata da noi tutti e molto tempo prima della proposta della Inverse Records. Abbiamo sempre ammirato i lavori svolti da Seth Siro Anthon e questa è stata l’occasione giusta per lavorare con lui, poiché volevamo il meglio per quest’album, che rappresenta la nostra rinascita come band. Siamo stati molto soddisfatti del risultato poiché rappresenta degnamente tutti gli aspetti della tematica principale dell’album. Il lavoro di Seth non ha avuto nessun tipo di direttive da noi imposte e si è basato sulla sua interpretazione dei testi e della musica. Un vero capolavoro artistico”.

IN MEZZO AL CONCEPT CYBER-FILOSOFICO AVETE INFILATO UNA COVER DEI TALK TALK: COME MAI UNA COVER, E COME MAI PROPRIO QUESTA?
“Una scelta ritenuta strana da molti, ma che ha una spiegazione. L’inserimento di una cover anni 80 nell’album parte dalla nostra esigenza di misurarci in questa situazione. Non è mai facile ri-proporre un brano famoso, specialmente quando l’obiettivo è di stravolgerlo e riadattarlo al proprio sound. Il brano dei Talk Talk ci è sembrato adatto, leggendone il testo e considerando una chiave di lettura più futuristica del racconto. Vivere in un altro mondo e scappare da questa realtà, può essere inteso anche in senso meno astratto rispetto all’interpretazione del brano originale. Durante il lavoro di arrangiamento siamo riusciti a conservare le melodie e inserendo alcune personalizzazioni che rendono il brano molto simile ai nostri. Direi che ascoltando il risultato finale, siamo stati molto propensi a introdurre il brano nella parte centrale della tracklist, poiché per noi può essere considerata molto più che una semplice bonus track. Grande merito va dato a Botys Beezart, anche lui come noi, un grande estimatore di musica pop anni 80”.

CON IL TERZO ALBUM SIETE ANCHE APPRODATI ALLA TERZA ETICHETTA: COSA NON HA FUNZIONATO CON LE PRECEDENTI, E COME VI STATE TROVANDO CON LA INVERSE RECORDS?
“Si è così, Anche noi avremmo voluto avere una maggiore continuità nel nostro lavoro, magari supportati da una stessa etichetta. Sfortunatamente la prima label non ci supportò a dovere poiché cessò di esistere subito dopo la pubblicazione dell’album. Mentre con la precedente, non ero presente nella formazione dell’epoca e non so dirti molto, comunque il loro lavoro non è stato molto soddisfacente. Mentre, il lavoro con la Inverse Records sta procedendo molto bene e secondo quelle che erano le nostre aspettative. Pur avendo avuto offerte da etichette più blasonate, abbiamo preferito scegliere la Inverse, perché era il livello che rispecchiava al momento le capacità della band e non volevamo fare altri passi falsi come in passato. Ovviamente puntiamo a una crescita e con il prossimo album, grazie al lavoro che stiamo svolgendo, sicuramente avremo sempre più attenzioni rivolte verso di noi”.

VEDO CHE SIETE ANCHE MOLTO ATTIVI SUI SOCIAL: COSA NE PENSATE COME STRUMENTO DI PROMOZIONE? E QUAL E’ LA VOSTRA POSIZIONE SULLE POLEMICHE IN CORSO VERSO LE PIATTAFORME DI STREAMING COME SPOTIFY O YOUTUBE?
“Cerchiamo di essere molto presenti sul web, informando i nostri fan su tutte le novità della band. Credo che il web sia ormai essenziale per presentarsi in tutto il mondo e raggiungere, con la propria musica gente che vive in zone impensabili. Per noi le piattaforme in streaming sono un ottimo veicolo per far conoscere e promuovere la nostra musica. Questo è l’aspetto positivo, che mi piace evidenziare più di quello negativo. Il mercato discografico è purtroppo cambiato per sempre e sono consapevole che le grandi band, già affermate, non siano cosi felici di questa situazione da un punto di vista economico”.

DA UN PUNTO DI VISTA FISICO, COM’E’ LA SITUAZIONE TOUR, TENUTO CONTO DELLA DISTANZA CHE VI SEPARA DAL PIU’ FREQUENTATO NORD ITALIA?
“Qui al sud, ci sono realtà che cercano di sopravvivere con l’organizzazione di eventi di piccola portata, ma che trasmettono dedizione nella loro passione e attaccamento alla scena. Il nostro è un genere musicale che deve lottare per sopravvivere. Rispetto al nord Italia c’è una numero inferiore di location utili per organizzare concerti e dobbiamo comunque accontentarci dei soliti posti. Inutile poi, dilungarsi in discorsi sulla scarsa partecipazione del pubblico a questi eventi oppure sulla predilezione dei gestori di locali verso serate di tribute band. Noto che c’è sempre meno spazio per la musica inedita. A noi band l’arduo compito di mantenere sempre una qualità alta in ciò che proponiamo a prescindere da questa situazione negativa”.

NEI GIORI DELL’EUROPEO SI SENTE SPESSO DIRE CHE, SE UN CALCIATORE ITALIANO COME GIACCHERINI AVESSE UN COGNOME BRASILIANO, CI SAREBBE LA FILA PER ACQUISTARLO: DAL PUNTO DI VISTA MUSICALE, VALE LO STESSO DISCORSO PER LE BAND ITALIANE, IN PATRIA E/O ALL’ESTERO?
“Il fatto di essere una band italiana non dovrebbe penalizzare in alcun modo, poiché non credo ci sono ancora quei vecchi pregiudizi di qualche anno fa… di recente alcune band italiane hanno raggiunto notorietà e risultati, e questo dovrebbe incoraggiare tutti noi. L’unico aspetto negativo, secondo me, riguarda la scarsa possibilità di mettersi in mostra nel nostro paese, poiché il metal è pur sempre un genere di minoranza. Questo ci spinge a diventare sempre di più degli esterofili e a cercare eventi nei paesi scandinavi o in Germania, dove ad esempio, il genere è più seguito”.

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