SUFFOCATION – Scritto con il sangue

Pubblicato il 05/12/2021 da

Concepito per ufficializzare il congedo di Frank Mullen dal ruolo di frontman dei Suffocation, il nuovo “Live in North America” per la storica death metal band statunitense è anche un modo per rilanciarsi e aprire un nuovo capitolo della propria carriera, dopo un periodo incerto dovuto alla pandemia e alle continue domande dei fan sullo stato della band in seguito alla dipartita del carismatico cantante. Confermato Ricky Myers dei Disgorge come nuovo frontman, il gruppo è ora al lavoro su un album di inediti e sta iniziando anche a riprendere l’attività live, pur con tutte le limitazioni imposte dal Covid.
Abbiamo raggiunto Terrance Hobbs, il chitarrista e leader della formazione, per farci raccontare qualcosa in più sul recente live album e sullo stato dei lavori sul successore di “Of the Dark Light”, senza ovviamente dimenticare il trentennale della pubblicazione della pietra miliare “Effigy of the Forgotten”.

Artista: Suffocation | Fotografo: Benedetta Gaiani | Data: 30 aprile 2019 | Venue: Orion Club | Città: Roma

CON “LIVE IN NORTH AMERICA” STATE SOSTANZIALMENTE DANDO ALLE STAMPE UN ‘BEST OF’ REGISTRATO DAL VIVO, A MIO AVVISO. CHE NE PENSI?
– Sì, penso che tu abbia centrato il punto. È un disco dal vivo, ma se guardi la scaletta ti accorgerai che contiene buona parte dei brani che potresti trovare in un nostro ‘best of’. Quando abbiamo deciso di imbarcarci in quest’ultimo tour con Frank, gli ho semplicemente chiesto che canzoni avrebbe voluto cantare e la sua scelta è ricaduta su questi brani che hanno fatto la storia della nostra band, più qualche traccia un po’ più recente. Non ci siamo sentiti di discutere troppo su questa selezione, abbiamo preso per buono ogni suo suggerimento, consapevoli del fatto che anche i fan avrebbero apprezzato. Quindi, sì, puoi certamente vederlo come un ‘best of’, con l’aggiunta di quell’impatto tipico dei nostri concerti.

IL TITOLO È ABBASTANZA GENERICO: DA QUALE CONCERTO PROVENGONO QUESTE REGISTRAZIONI? NEL CORSO DEL DISCO SI SENTE PIÙ VOLTE FRANK MENZIONARE IL MASSACHUSSETTS…
– Sì, la data di Cambridge, nel Massachusetts, è quella che abbiamo scelto di pubblicare. Nel corso di quel tour il nostro fonico ha registrato la maggior parte dei concerti, al punto che, una volta tornati a casa, ci siamo trovati davanti a circa venti registrazioni davvero molto buone. Tutti ci ricordavamo della data di Cambridge, quella sera il pubblico era indiavolato e anche la nostra performance era stata particolarmente compatta, quindi è stato un piacere constatare come la registrazione riuscisse a restituire in pieno l’entusiasmo tra band e fan che si respirava quella sera.

IMMAGINO SIA ANCHE TRISTE PRENDERE ATTO CHE QUESTA SIA LA VOSTRA ULTIMA PUBBLICAZIONE CON FRANK MULLEN COME CANTANTE DEI SUFFOCATION…
– Sì, siamo tutti un po’ tristi per questa cosa, ma va anche detto che la sua decisione era nota da tempo e che abbiamo quindi avuto modo di abituarci all’idea. Sono anni che andiamo in tour con altre persone a occuparsi del microfono: per noi non è più una novità. Stiamo chiudendo un capitolo ma un altro è in procinto di essere aperto e il gruppo ha più entusiasmo che mai.

SUPPONGO CHE SIA IMPROBABILE CHE FRANK CI RIPENSI…
– Penso che sia da escludere. Gli abbiamo dato mille possibilità: non a caso, per anni siamo rimasti in questo limbo in cui lui registrava i dischi ma non ci seguiva in tour. Abbiamo provato ad aspettare, pensando che un giorno le cose potessero tornare come una volta, ma è evidente che Frank non ha più voglia di fare parte di un gruppo a tempo pieno. Per lui la porta è sempre aperta, siamo amici, ci vediamo regolarmente, ma ho capito che non ha interesse ad andare in tour. Ha un lavoro stabile, una moglie e altri interessi che non si conciliano con gli impegni di una band che, in tempi normali, sarebbe in tour per diversi mesi all’anno. Ogni tanto ci arriva ancora la proposta di tenere un concerto o di prendere parte a un festival con lui alla voce: gli giriamo queste richieste, ma la risposta è sempre negativa. Ora abbiamo in programma questo show all’Eindhoven Metal Meeting in Olanda a dicembre (l’intervista è avvenuta ai primi di novembre e nel frattempo il festival è stato annullato, ndR): l’evento è stato pubblicizzato come l’ultima nostra apparizione europea con Frank, ma a circa un mese dalla data non so ancora quali siano le sue intenzioni. Che io sappia, Frank non si è nemmeno fatto vaccinare, quindi onestamente dubito che riusciremo a esibirci con lui. Credo che finiremo per ritrovarci a qualche serata o concerto a New York, se avrà voglia di uscire. Oppure mi farà visita qui nel mio studio: ogni tanto riceve offerte per incidere qualche linea vocale per dei dischi, si fa dare un paio di centinaia di dollari dalla band di turno e poi viene da me a registrare il brano (ride, ndR).

PARLIAMO ORA DEL SUO SOSTITUTO, RICKY MYERS…
– Ricky è un grande cantante e sono sicuro che stupirà molte persone non appena avrà modo di registrare il suo primo album con noi. Ci segue in tour già da un paio d’anni e sinora si è fatto valere in ogni circostanza. Per chi non ha grande familiarità con la scena death metal è facile vederlo come l’ultimo arrivato, ma si tratta di un veterano che ha quasi la mia età. È il leader dei Disgorge e dei Sarcolytic, due band attive da moltissimi anni. Ci conosciamo da tempo ed è stato lo stesso Frank a dirci di puntare su di lui.

RACCONTACI ALLORA QUALCOSA IN PIÙ SU QUESTO NUOVO ALBUM AL QUALE STATE LAVORANDO…
– In verità non posso dire molto al momento. Abbiamo iniziato a comporre parecchio tempo fa e il Covid ci ha fornito ulteriore spazio per rifinire i demo che stavamo preparando. Continuiamo a scambiarci riff e idee e le canzoni stanno prendendo forma lentamente. D’altronde, vista la pandemia in corso, non avrebbe avuto senso mettersi fretta. Questa volta ci stiamo prendendo tutto il tempo necessario e credo che potrete sentirlo nel risultato finale. Sto scambiando molte idee con Ricky, il quale, essendo batterista nei suoi altri gruppi, è davvero bravo nell’immaginare le metriche e nello studiare le linee vocali per i pezzi. Sicuramente sentirete il suo tocco sul nuovo materiale. Contiamo di registrare all’inizio del prossimo anno, per poi vedere l’album pubblicato in estate o poco dopo. Oltre alla pandemia, c’è da tenere conto dei ritardi nella stampa di CD e vinili che stanno interessando tutto il panorama. Potrebbe volerci più tempo del previsto per finalmente vedere questo disco nei negozi.

COME HAI VISSUTO LA PANDEMIA SINO A QUI?
– Che dire, all’inizio la situazione è stata anche piacevole. Mi sono detto: prendiamoci questa vacanza e stiamo a casa per un po’! Poi però la noia ha iniziato a subentrare, per poi essere rimpiazzata dalla frustrazione. Ora comunque le cose negli Stati Uniti sono tornate più o meno alla normalità e anche noi stiamo per riprendere a suonare. Abbiamo un paio di date qui in zona già annunciate e speriamo di potere organizzare un vero e proprio tour prossimamente. Per l’Europa credo invece che vi sarà da aspettare ancora. Per noi l’attuale situazione continua a rappresentare un problema, dato che la band è da tempo la nostra unica attività e fonte di guadagno. Ci serviva una vacanza, ma non così lunga (ride, ndR)!

È CURIOSO CONSTATARE COME ABBIATE INIZIATO A SUONARE DAL VIVO SPESSO SOLTANTO NEGLI ANNI DUEMILA, DALLA PUBBLICAZIONE DI “SOULS TO DENY”. DA GIOVANI ERAVATE PIÙ ‘PIGRI’…
– Sì, negli anni Novanta abbiamo perso tante occasioni. Siamo stati equamente ingenui e presuntuosi. Ci venivano offerti tour in continuazione, ma quando vedevamo che non saremmo stati pagati più di tanto preferivamo starcene a casa. Invece una giovane band dell’epoca avrebbe dovuto andare in tour molto di più, suonare ovunque e mangiare merda per imporsi e costruire la propria carriera. Abbiamo realizzato ciò molto tardi, quando eravamo già nella seconda parte del nostro percorso. Negli anni Duemila abbiamo deciso di vivere la band più seriamente e di farne la nostra sola occupazione. Resta il rimpianto di dove avremmo potuto arrivare se avessimo promosso i nostri primi album con lo stesso impegno di oggi, ma che vuoi farci?

IN OGNI CASO, NON SI PUÒ DIRE CHE NON SIATE COMUNQUE RIUSCITI A LASCIARE IL SEGNO. QUEST’ANNO RICORRE IL TRENTENNALE DI “EFFIGY OF THE FORGOTTEN”, UN CAPOLAVORO DEATH METAL…
– Lo so, fatico ancora a crederci! È bello pensare che un disco che abbiamo creato quando eravamo solo dei ragazzi sia ancora così rilevante. Per alcuni fan siamo morti come band poco dopo quel disco, ma, per me che sono ancora qui dopo tutto questo tempo, il nostro percorso non ha mai avuto dei veri alti e bassi. Sono orgoglioso della posizione in cui si trova la band oggi, mi sveglio ogni giorno con lo stesso entusiasmo che avevo trent’anni fa.

“EFFIGY…” SUONA ANCORA FRESCO OGGI, HA SUPERATO ALLA GRANDE LA PROVA DEL TEMPO. OGGIGIORNO NON SI CONTANO LE BAND CHE TRAGGONO ANCORA ISPIRAZIONE DAI RIFF DI QUEL DISCO…
– È tutto molto lusinghiero. Quando abbiamo registrato quel disco sapevamo di avere fra le mani un buon lavoro, ma mai avremmo potuto immaginare che a distanza di così tanti anni sarebbe riuscito ancora a influenzare qualcuno. Ascolto tanta musica e incontro moltissimi musicisti in tour: puntualmente vi è una band techno-death, slam o deathcore che viene a dirmi quanto quel disco o altre nostre prove di quel periodo siano stati importanti per loro. Siamo riusciti a toccare più generi senza neanche rendercene conto. Devo ammettere che a volte non so dove riescano a trovare la nostra influenza, visto che le mie orecchie non notano chissà quali similitudini con ciò che fanno i gruppi di oggi, ma porto a casa il complimento (ride, ndR)!

ALL’EPOCA AVEVATE IDEA CHE STAVATE CONIANDO UN NUOVO MODO DI INTENDERE IL DEATH METAL?
– Stavamo semplicemente suonando quello che ci piaceva. Il nostro background, a dire il vero, era uguale a quello di mille altre band. Ascoltavamo metal classico, hard rock… poi quando le band hanno iniziato a diventare progressivamente più veloci, abbiamo cercato di esprimerci anche noi in quel modo, cercando di diventare sempre più estremi e rumorosi. Il thrash è stato importante – gruppi come Metallica, Slayer, Destruction – e da lì abbiamo cercato di inventare un nostro stile che spingesse ancora di più sulla velocità. I nostri coetanei nelle altre death metal band dell’epoca stavano cercando di fare lo stesso. La scena si è sviluppata così: era una corsa a chi diventava più brutale. Noi, essendo di New York, avevamo fra le influenze anche il circuito hardcore e certe nostre soluzioni sono arrivate da lì.

INTENDI I BREAKDOWN E QUEI RALLENTAMENTI CHE POI SONO DIVENTATI OGGETTO DI IMITAZIONE DA PARTE DEL FILONE SLAM, ECC…
– Esatto. All’epoca l’hardcore animava il panorama underground di New York e di Long Island, che è la zona dove sono cresciuto. La scena metal e quella hardcore non andavano sempre d’accordo in quei giorni – e infatti era comune vedere risse tra teste rasate e capelloni. Forse il fatto di non vedermi come parte di nessuna di queste scene mi ha aiutato nel prendere ispirazione da entrambe, senza pormi limiti. Io non ero un classico metallaro e non ero un hardcore kid, anche se oggi magari potrei sentirmi a casa in entrambi i giri visto che sono per metà pelato e per metà capellone (ride, ndR)! Comunque, quando componevo i nostri primi brani avevo nelle orecchie sia gli Slayer che i Cro-Mags, gli Agnostic Front, gli Sheer Terror o i Biohazard. Mi piaceva il groove che sprigionavano queste band e ho quindi provato a incorporare quel tipo di feeling anche nei nostri pezzi. Non avevamo una formula, le cose erano ancora nuove per noi, ma in qualche modo siamo riusciti a trovare un nostro sound che poi è stato perfezionato negli anni.

ANCHE SE CON “BREEDING THE SPAWN”, IL SUCCESSORE DI “EFFIGY…” SIETE INCAPPATI IN QUALCHE PROBLEMA A LIVELLO DI PRODUZIONE. POI NEGLI ANNI AVETE RI-REGISTRATO ALCUNI DI QUEI BRANI SU ALTRE USCITE…
– Sì, chiunque sia passato per i Suffocation ha sempre saputo che quel disco aveva dei grandi pezzi, ma che la resa sonora non era all’altezza del materiale. Così abbiamo deciso di registrare un brano di “Breeding…” da capo ogni volta che si presentava l’occasione. Un giorno magari riusciremo a mettere tutte queste nuove versioni di quei pezzi in una singola uscita: la produzione sarà un po’ differente tra un brano e l’altro, ma di certo sarà sempre meglio di quella originale.

COSA ACCADDE DURANTE QUELLE REGISTRAZIONI NEL 1993?
– “Breeding the Spawn” ha quel suono debole perché è stato registrato da una line-up che non smetteva di litigare su ogni singolo aspetto che riguardasse la band. Non stavamo vivendo un bel periodo e il colpo di grazia ci venne dato dalla Roadrunner Records, che ci disse che non avrebbe coperto le spese delle registrazioni ai Morrisound Studios, dove avevamo inciso “Effigy…”. Così ci trovammo a registrare da un’altra parte, con un produttore che non aveva molta familiarità con il nostro genere di musica e un’atmosfera generale molto tesa. Continuo a dire che i brani erano ottimi, ma non li abbiamo interpretati e registrati al meglio. Secondo me “Breeding the Spawn” a livello di songwriting vince su tanti altri capitoli della nostra discografia, ma purtroppo è penalizzato da una produzione spenta. Anche la copertina è poca cosa. Niente andò per il verso giusto quella volta.

ORA NON POSSO FARE A MENO DI CHIEDERTI QUALE SIA IL TUO ALBUM PREFERITO DEI SUFFOCATION…
– Ovviamente li amo tutti, sono come dei figli per me, ma se dovessi stilare una top 3 in questo momento direi che quelli che ascolto più volentieri sono “Pinnacle of Bedlam”, “Effigy of the Forgotten” e “Pierced From Within”. Per anni “Pierced…” è stato il mio preferito, ma ultimamente mi sento più legato agli altri due. Un altro lavoro che trovo molto interessante, anche se non viene spesso celebrato, è “Blood Oath”: quello è un disco davvero cupo, quando è uscito ha rappresentato qualcosa di nuovo per noi.

VI SIETE MAI SENTITI IN COMPETIZIONE CON I VOSTRI COETANEI? VI È MAI CAPITATO DI ASCOLTARE I DISCHI DI MORBID ANGEL O CANNIBAL CORPSE E PENSARE CHE AVRESTE DOVUTO FARE DI MEGLIO?
– No, devo dire che abbiamo sempre vissuto la nostra carriera molto serenamente, per quanto riguarda la composizione dei dischi e il successo. Quando ci capitava di incontrare i Cannibal Corpse e le altre band del movimento abbiamo sempre percepito un rispetto reciproco, niente di negativo. I Cannibal Corpse, in particolare, sono sempre stati dei fratelli per noi, essendo cresciuti non troppo lontano da qui. Eravamo soliti suonare assieme spesso prima che decidessero di trasferirsi in Florida.

CHI SONO QUINDI I “BIG 4” DEL DEATH METAL SECONDO TE?
– Queste sono domande difficilissime! Allora, credo che i cosiddetti big 4 del death metal siano Cannibal Corpse, Morbid Angel, Obituary e Deicide. Queste sono formazioni che, pur con i loro normali alti e bassi, sono riuscite a creare e a sviluppare la scena death metal senza mai fare un passo indietro, coinvolgendo i gruppi più piccoli e influenzando la maggior parte delle band di oggi. Come Suffocation ci piacerebbe poter aprire un simile concerto!

PENSI CHE UN TOUR CON QUATTRO BAND DI QUESTA PORTATA SAREBBE FATTIBILE?
– Sarebbe bellissimo, ma sarebbe necessario un lungo negoziato. Si parla di gruppi abituati a guadagnare certe cifre ogni sera e che possono avere manager molto esigenti. Dovrebbero mettersi d’accordo, mettere un po’ di ego da parte e fare delle rinunce per allestire un simile tour. Non è impossibile, ma non è nemmeno una passeggiata. Poi, se qualcuno dovesse rinunciare, noi saremmo sempre disponibili a partecipare (ride, ndR).

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