SULPHUR AEON – La scogliera degli spettri

Pubblicato il 20/11/2023 da

Introdotti dalla solita clamorosa copertina – questa volta opera del ‘nostro’ Paolo Girardi – i Sulphur Aeon sono tornati con un ennesimo concentrato di death-black metal capace di evocare simultaneamente maestosità e decadenza. Anche il nuovo “Seven Crowns and Seven Seals” è un viaggio nelle profondità più oscure, un’immersione che avvolge e che trascina in mondi sconosciuti, sulle note di una proposta ormai sempre più ricca e rifinita.
Dal debut album “Swallowed by the Ocean’s Tide”, i tedeschi hanno fatto grandi passi in avanti nella ricerca di un suono più rotondo e cinematografico, senza tuttavia prendere alcuna scorciatoia in termini di impatto, struttura e approccio verso il pubblico; pur venendo puntualmente premiati dalla critica, i cinque restano infatti una formazione schiva e profondamente legata a un’attitudine underground.
È insomma un piacere vedere come continuino a evolversi e a raccogliere consensi senza perdere la loro firma distintiva. Ne parliamo con il chitarrista e principale compositore T., raggiunto poche settimane fa, quando “Seven…” stava finalmente per vedere la luce…

“SEVEN CROWNS AND SEVEN SEALS” RAPPRESENTA A MIO AVVISO UNA NATURALE EVOLUZIONE DEL VOSTRO SUONO E DEL VOSTRO STILE. SI È VERIFICATO QUALCOSA DI SPECIFICO NEGLI ULTIMI TEMPI CHE HA GIOCATO UN RUOLO IMPORTANTE NELL’ISPIRARVI MUSICALMENTE?
– Nulla di specifico, almeno a a livello cosciente. Come sempre, ho soltanto provato a scrivere il miglior materiale possibile. Non ci poniamo limiti musicali, purché alla fine il tutto suoni come Sulphur Aeon.

SI HA LA PERCEZIONE CHE I SULPHUR AEON POSSANO CONTARE SU PIÙ COMPOSITORI ULTIMAMENTE. È EFFETTIVAMENTE COSÌ? SIETE UN QUINTETTO ORMAI DA QUALCHE ANNO, MA TUTTI I MEMBRI SCRIVONO MUSICA?
– Non proprio. Compongo ancora tutte le canzoni principalmente da solo, ma S. è responsabile del materiale synth/soundscape sin da “Gateway…”, mentre A. ha scritto il riff introduttivo di “Sinister Sea Sabbath”.
Anche il nostro produttore Michael Zech ha avuto una certa influenza a partire dall’ultimo disco: prima di entrare in studio ci siamo incontrati per scambiare idee e per valutare alcuni degli arrangiamenti. Michael ha anche contribuito con alcune melodie e suonando l’e-bow.
L’unica vera novità è tuttavia rappresentata dalla title-track del nuovo album, la quale è davvero qualcosa di nuovo per noi in termini di composizione. Questa canzone è stata scritta insieme a Laurent Teubl (Chapel Of Disease) e Michael Zech. È stata un’esperienza fantastica e il risultato finale significa molto per me.

COM’È LA REAZIONE DEI FAN AL MOMENTO? TUTTO SOMMATO, PENSO CHE DA UN ALBUM ALL’ALTRO L’EVOLUZIONE DELLA BAND SIA STATA PIUTTOSTO LINEARE, TUTTAVIA C’È SICURAMENTE ANCHE CHI AVREBBE PREFERITO UN TOTALE IMMOBILISMO. COSA TI ASPETTI DA “SEVEN…” IN TERMINI DI RESPONSI?
– Naturalmente ci sono ascoltatori che preferiscono il nostro materiale precedente e questo è assolutamente ok. Ma non posso e non voglio scrivere musica per soddisfare le aspettative degli altri.
Questo nuovo album è semplicemente lo sbocco più naturale per la nostra sensibilità di compositori. Per me sarebbe noioso e in un certo senso insensato fare sempre la stessa cosa. Ritengo che a questo punto il gruppo abbia trovato una sorta di suono distintivo: senza dubbio gli elementi si sono evoluti nel corso degli anni e l’aspetto melodico è diventato più importante, ma ciò non è stato niente di ‘pianificato’ o qualcosa che ci siamo sentiti obbligati a fare.

PARLIAMO ALLORA DI QUESTO ULTIMO PASSO EVOLUTIVO: QUALI SONO LE COSE CHE AVETE VOLUTO METTERE IN RISALTO ALL’INTERNO DEL VOSTRO SPETTRO SONORO QUESTA VOLTA? È FACILE SENTIRE PIÙ CORI E VOCI PULITE IN GENERALE, TUTTI ELEMENTI MOLTO CONVINCENTI. AGGIUNGONO QUALCOSA ALLA MUSICA SENZA PORTARLA SU LIDI TROPPO AMPOLLOSI. COS’ALTRO?
– Dal punto di vista musicale, l’unica cosa che avevo in mente era che il basso e certe frequenze fossero più prominenti e udibili nell’album. Dal punto di vista vocale, è sempre compito di M. fare quello che vuole, in modo da dare alla canzone il tocco più distintivo possibile. La sua voce è sempre stata intensa, ma, man mano che la musica si è evoluta, M. è diventato anche più sicuro di sé e, secondo me, in questo album ha senza dubbio fornito la sua migliore performance vocale di sempre. M. può interpretare una vasta gamma di stili vocali diversi, quindi sarebbe un peccato limitarci.

VI SONO DELLE SOLUZIONI MUSICALI CHE ERAVATE SOLITI ADOPERARE IN PASSATO CHE ORA NON ADOTTERESTI PIÙ?
– Niente di particolare, forse ora non mi preoccupo più di rientrare all’interno dei classici canoni di un genere. Non mi interessa seguire alcuna regola. Nel complesso, comunque, sono ancora molto contento di tutte le nostre uscite: il modo in cui scrivo le canzoni non è cambiato.

“SEVEN…” IN ALCUNI TRATTI SEMBRA PIÙ CHE MAI UNA COLONNA SONORA. LA VOSTRA MUSICA HA SEMPRE AVUTO LA CAPACITÀ DI EVOCARE IMMAGINI, MA QUESTO ALBUM È APPARE ANCORA PIÙ ORCHESTRATO PER STIMOLARE STATI D’ANIMO E SUGGERIRE COLORI E CAMBI DI ATMOSFERA.
– Come dicevo, quando ho iniziato a comporre non avevo un piano generale. Non l’ho mai avuto per i nostri album. Non esiste una formula. Ma concordo che l’atmosfera solenne è stata fin dall’inizio un aspetto significativo, se non il più importante, nella nostra musica. Man mano che le canzoni diventavano sempre più ‘l’album’, lo sviluppo si è fatto sempre più epico.
I riff per me questa volta hanno un’impostazione più black metal, i contrasti sono più brillanti, tutto suona ‘più vasto’… è molto difficile per me spiegare a parole la mia musica. C’è una certa atmosfera malinconica e decadente nell’album, un elemento, quest’ultimo, che è emerso molto presto, tanto che anche i nostri produttori l’hanno percepito subito. E in sede di regia hanno fatto un lavoro perfetto, dando appunto al disco un suono più cinematografico.
Mi sono divertito moltissimo con Michael registrando tutti gli strati di chitarra e sperimentando suoni diversi.

PARLANDO DELL’ASPETTO VISIVO, QUESTA VOLTA AVETE CHIESTO A PAOLO GIRARDI DI OCCUPARSI DELLA COPERTINA. PUÒ ESSERE CONSIDERATO L’INIZIO DI UN NUOVO CAPITOLO PER LA BAND?
– Ola Larsson semplicemente non ha avuto il tempo di disegnare l’artwork per il disco questa volta: è stato impegnatissimo nel 2023.
Di certo non è stato semplice trovare qualcuno che potesse fare le cose come lui, ma Paolo per fortuna ha accettato e ci ha accontentato. Ha fatto un lavoro straordinario e la copertina si adatta perfettamente alla musica. Ovviamente il suo stile è diverso da quello degli album precedenti, ma entrambi gli artisti hanno uno stile davvero unico, e sono più che grato a entrambi.
Quindi non lo definirei un nuovo capitolo, si è trattato soltanto di un passaggio necessario per pubblicare l’album.

DAL PUNTO DI VISTA CONCETTUALE, COSA VOLEVATE ESPLORARE CON QUESTO NUOVO DISCO? LOVECRAFT È ANCORA LA PRINCIPALE FONTE DI ISPIRAZIONE?
– Il nostro concept dei testi è ancora lovecraftiano al 100%, ma non si tratta di scrivere riassunti di storie specifiche. Si tratta più di ‘usare’ il cosmo di Lovecraft e di dare sfogo alle varie interpretazioni di M..
Questa volta il concept riguarda principalmente il ritorno dei Grandi Antichi. Hanno ascoltato la nostra supplica, sono tornati… l’umanità è finita, per dirla in breve. Questa sensazione di fine del mondo a cui accennavo in precedenza è qualcosa di cui ho parlato con M. molto presto, all’inizio del processo di composizione, quando pensavamo che taglio dare ai testi di “Seven…”.

“SEVEN…” È UN GRAN RISULTATO. DOVE PENSI DI CONDURRE I SULPHUR AEON DA QUI?
– Penso che spetti ad altri valutare dove possiamo spingerci. Sono totalmente soddisfatto di ciò che abbiamo raggiunto finora e della musica che abbiamo pubblicato. Al momento non sto pensando a cosa accadrà dopo.

NEL CLIMA ATTUALE, QUALE RITIENI SIA LA SFIDA PIÙ GRANDE CHE DEVE AFFRONTARE UN ARTISTA CHE SPERA DI MANTENERE LA PROPRIA INTEGRITÀ PUR PROVANDO A GUADAGNARSI DA VIVERE?
– Personalmente non ho mai avuto l’intenzione di diventare un musicista ‘professionista’ e guadagnarmi da vivere con i Sulphur Aeon. In questo senso, abbiamo l’etichetta perfetta per quello che facciamo: c’è libertà e non subiamo alcuna pressione. In pratica, possiamo fare quello che vogliamo.
Tuttavia, è evidente come i costi siano aumentati per tutto, quindi le cose stanno diventando tutto fuorché più facili per gli organizzatori di concerti, le etichette, i negozi di dischi ecc. Ma, ripeto, dal mio punto di vista non ho nulla di cui lamentarmi.

AVETE TENUTO QUALCHE CONCERTO NEL CORSO DEGLI ANNI, MA NIENTE DI TROPPO FREQUENTE. QUINDI I VOSTRI SHOW DANNO ANCORA L’IDEA DI ESSERE QUALCOSA DI SPECIALE. MANTERRETE LO STESSO APPROCCIO ANCHE NEL PROSSIMO FUTURO?
– Sì, non diventeremo mai una band che va regolarmente in tour o che suonerà molti show. Forse faremo un altro piccolo tour, quando lo riterremo giusto, ma al momento non ci sono piani. Nel prossimo tour terremo solo concerti selezionati.

MAN MANO CHE COMPONI NUOVA MUSICA PER I TUOI PROGETTI E CHE VAI AVANTI CON GLI ANNI, TI SENTI PIÙ O MENO INTERESSATO A CERCARE E ASCOLTARE NUOVA MUSICA DA ALTRE BAND?
– Siamo ancora tutti dei fan, ma ogni membro della band ha i suoi gusti, che sono piuttosto diversi fra loro. M., per esempio, non è interessato alle nuove realtà, ma ama comunque esplorare cose più vecchie e oscure. Sicuramente da parte mia c’è ancora molta passione ed entusiasmo per altre band. A differenza di lui, sono sempre stato e sono tuttora molto aperto e interessato agli stili metal più nuovi e moderni. È solo questione di gusti.

CITACI UN GRUPPO O UN MUSICISTA, PASSATO O PRESENTE, CHE AMI DAVVERO E CHE AL CONTEMPO REPUTI ALTAMENTE SOTTOVALUTATO.
– Non so se c’è una band per cui impazzisco davvero e che definirei sottovalutata. È difficile a volte valutare certe cose. Oggi in particolare ci si può basare su dati di vendita, ascolti Spotify o una forte reputazione underground… chi è sottovalutato e chi ha ottenuto sin troppo? Ognuno ha la sua interpretazione.
Detto questo, vorrei citare i miei amici dei Fragments Of Unbecoming, che esistono dal 2000 e hanno sempre creato e pubblicato ottima musica. Sicuramente meritano più attenzione al giorno d’oggi. Il loro debutto autoprodotto “Bloodred Tales” mi fece una grande impressione ai tempi. E lo adoro ancora! Ma ovviamente dal punto di vista musicale e sonoro hanno fatto enormi passi avanti con i loro album successivi.

PROBABILMENTE NON SARÀ IL COMPITO PIÙ SEMPLICE, MA POTRESTI SELEZIONARE LE TUE TRE CANZONI PREFERITE DEI SULPHUR AEON? E PERCHÉ SONO COSÌ SPECIALI PER TE?
– È quasi impossibile rispondere, potrei cambiare idea da un giorno all’altro, dipende dal mio umore. Seduto qui in questo momento, citerei “Gateway to the Antisphere”, la quale è la sintesi del nostro sound. Poi “Cult of Starry Wisdom”, un pezzo che semplicemente è molto divertente da suonare, soprattutto come opener di un concerto. Infine “Seven Crowns and Seven Seals”, la quale forse è la nostra traccia più audace di sempre, un esperimento che si è rivelato fantastico.
Ma credimi se ti dico che potrei citare anche tante altre canzoni… tutte significano molto per me e fanno parte per sempre del mio percorso musicale.

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