SUMERLANDS – Alla fine dei sogni

Pubblicato il 06/11/2022 da

I Sumerlands sono stati sicuramente tra i gruppi metal più peculiari e musicalmente crepuscolari che si siano sentiti nell’ultimo decennio. Dopo l’esordio del 2016 con il disco omonimo, i Nostri sono tornati sulle scene con il nuovo “Dreamkiller”, tra atmosfere oniriche e epicità striata di doom. Ma cosa è successo in questi sei anni? In realtà basta sapere chi è la mente dietro a questa malinconica ed epica musica per capire tutto: si tratta di Arthur Rizk, già noto per essere il chitarrista degli Eternal Champion, nonchè un produttore musicale eclettico che vanta ormai numerose collaborazioni a livello internazionale. Una specie di Andy Sneap del nuovo millennio, insomma, che abbiamo avuto la fortuna di intervistare, in una chiacchierata a tutto tondo in cui ci ha svelato i mistici segreti che si celano dietro alle atmosfere trasognanti del quintetto di Philadelphia, accanto ad un commosso e sentito ricordo dell’amico Riley Gale, cantante dei Power Trip scomparso due anni fa.

CIAO ARTHUR E BENVENUTO SU METALITALIA.COM. ABBIAMO UN PO’ DI DOMANDE SUL NUOVO DISCO DEI SUMERLANDS, MA PER PRIMA COSA CI SPIEGHI COME È NATO QUESTO PROGETTO E COSA È SUCCESSO NEI SEI ANNI PASSATI DAL VOSTRO PRIMO ALBUM?
– Tutto è iniziato quando suonavo la batteria negli Hour of Thirteen di Chad Davis. Lì ho avuto modo di conoscere Phil Swanson con il quale, dopo il suo abbandono della band nel 2013, abbiamo fondato i Sumerlands. Era una cosa tra amici, giusto per fare una cassetta, ma quando abbiamo registrato la demo le persone che l’hanno ascoltata sono impazzite, e la Relapse ci ha chiesto se volevamo iniziare a produrre musica con loro. Da lì, nel giro di tre anni, è arrivato il primo disco, a settembre 2016. È vero, se facciamo un salto temporale sono successe tante cose: l’abbandono di Phil, poi la pandemia, e il nostro nuovo cantante che non è neanche di Philadelphia! Quindi abbiamo faticato tantissimo, ma siamo riusciti a mettere insieme quaranta minuti di musica. L’altro grosso problema è stato che durante la pandemia la vendita di vinili è schizzata alle stelle, e quindi il mercato era pieno di inutili ristampe costosissime di album già sentiti. Questo ha fatto slittare tutta la produzione di piccole band come la nostra, e quindi ci abbiamo messo un bel pezzo per poter essere pronti al lancio di “Dreamkiller”.

A PROPOSITO DEL CAMBIO DI CANTANTE: DA PHIL SWANSON A BRENDAN RADIGAN, DA UNO STILE DI CANTO PARTICOLARE A UN ALTRO. QUESTA COSA HA IN QUALCHE MODO INFLUENZATO LA COMPOSIZIONE DEI PEZZI?
– In realtà non è stato un cambio così radicale: sostanzialmente Phil ha una voce più ‘doom’, mentre Brendan ha una voce più ‘teatrale’. Anche se sono due cantanti diversi rispecchiano l’idea di base dei Sumerlands: tenere delle melodie assolutamente semplici e non complicate. Per fare un esempio un po’ estremo: anziché andare nella direzione vocale degli Iron Maiden noi andiamo verso i Bee Gees, qualcosa di assolutamente semplicissimo e più pop-oriented! Le nostre linee di chitarra, se ci pensi, sono abbastanza complicate, mentre la voce resta semplice e senza stranezze. Forse con Brendan abbiamo avuto più armonie su cui poteva appoggiarsi, ma in ogni caso il cambio di cantante non ha assolutamente alterato il nostro modo di comporre i pezzi.

PARLIAMO INVECE DEL DISCO: “DREAMKILLER” SIGNIFICA CHE IL CONCEPT DEL DISCO È IL SOGNO STESSO?
– Se vogliamo prenderla letteralmente è un titolo un po’ triste, perché si parla di ammazzare un sogno (ride, ndr), ma ovviamente non è pensato per essere un disco che deprime le persone. È più qualcosa su storie di vita vissuta, e di come questa ti metta di fronte a cose tremende: pensi sempre guardando avanti, ma poi la vita ti frega! Comunque l’album è sostanzialmente sul guardarsi indietro e vedere le cose brutte e lasciarsele alle spalle con una risata.

UN ALTRO CAMBIAMENTO FONDAMENTALE RISPETTO AL PRIMO DISCO SONO I SINTETIZZATORI: CE NE SONO MOLTI DI PIÙ QUI. COME MAI QUESTA SCELTA?
– Nel primo album le tastiere sono sepolte sotto tutto il resto, mentre quando ho iniziato a scrivere i pezzi del secondo disco ho pensato che semplicemente volevo fare quello che volevo, tanto non sapevo se ci saremmo ancora stati come band nel futuro o se avrei buttato gli appunti in un cestino! Così ho iniziato a sperimentare perché volevo più atmosfere cupe e tetre. Sono stato molto attento sui pezzi dove sono inseriti sintetizzatori e tastiere, ma devo dire che mi sento molto soddisfatto, danno a tutto quel feeling un po’ ‘dark pop’.

UN PO’ COME CERTE BAND PROG CHE USANO LE TASTIERE PER CREARE ATMOSFERE MALINCONICHE.
– Si, forse non così tanto progressive, più che altro atmosferiche e mai troppo complicate. Forse in “Dreamkiller” c’è un po’ più di presenza delle tastiere, ma sostanzialmente mi sembra che siamo riusciti a mantenerle senza farle mai diventare preponderanti, proprio come volevo.

A PROPOSITO DI QUESTO, SICURAMENTE UNO DEI PEZZI PIÙ INTERESSANTI DEL DISCO È “FORCE OF A STORM”. CI PIACEREBBE SAPERE COME È STATA COMPOSTA, ANCHE PERCHÉ È LA CANZONE PIÙ CORTA.
– La canzone è molto corta ed è l’ultima che abbiamo registrato. Io e Justin DeTore (il batterista, ndr), dopo le sette canzoni che avevamo scritto, volevamo un pezzo di soli sintetizzatori come sul primo album, ma abbiamo invece deciso di provare solo un beat di batteria in studio. Una cosa molto semplice: quando mi sono portato a casa la registrazione ho iniziato a farci sopra un po’ di sperimentazione con la tastiera e ho pensato che poteva essere bello ricavarne un pezzo diretto, senza superassoli o altro. Quando l’ho fatta sentire agli altri si sono tutti esaltati e anche Brendon ha scritto un testo molto accattivante e diretto.

ANCHE IO CREDO CHE SIA UN PEZZO MOLTO DIRETTO E CATCHY, QUANDO L’HO ASCOLTATA LA PRIMA VOLTA HO PENSATO “WOW, QUESTO È UN PEZZO CON CUI CHIUDERE I CONCERTI!”.
– Cavolo, dobbiamo assolutamente provarla per suonarla dal vivo allora! (ride, ndr)

UN ALTRO PAIO DI DOMANDE SUL DISCO: A PARTE BRENDAN, SUONATE PRATICAMENTE TUTTI ANCHE NEGLI ETERNAL CHAMPION, CON I QUALI INVECE AVETE FATTO PIÙ DISCHI IN QUESTI ANNI. PER CASO QUESTA BAND HA INFLUENZATO IN QUALCHE MODO LA COMPOSIZIONE DI “DREAMKILLER”?
– Sinceramente non credo, perché i Sumerlands sono molto diversi dagli Eternal Champion. La bravura di un musicista sta anche nel tenere gli stili e le differenze ben ancorate da un capo all’altro della sua produzione, ed è facile farlo con queste due band perché, per fare un paragone, è come se gli Eternal Champion fossero più influenzati dai Manowar e dai Cirith Ungol e i Sumerlands più dall’Ozzy di “Bark At The Moon” e di “The Ultimate Sin”. A volte mi capita di scrivere dei pezzi e solo dopo pensare se vadano bene per l’una o per l’altra band, ma in questo caso sono passati sei anni dal disco precedente, quindi quasi una canzone all’anno. Ho risposto bene?

SI ASSOLUTAMENTE, ERAVAMO CURIOSI SEMPLICEMENTE PERCHÉ AVETE SOLO UN CANTANTE DIVERSO!
– Beh in effetti hai ragione, comunque per gli Eternal Champion è più che altro John Powers che fa scrive la musica, mentre nei Sumerlands si occupa quasi solo delle chitarre. Infatti gli sono molto grato e lo ammiro per come riesce a dividersi in due, perché per esempio il suo assolo su “The Savior’s Lie” è probabilmente il mio preferito di tutto il disco.

LA COPERTINA DI “DREAMKILLER” CI HA FATTO VENIRE IN MENTE I FILM SCI-FI ANNI 80’ COME “DUNE” O “MAD MAX”: C’È QUALCHE SORTA DI CORRELAZIONE?
– Probabilmente sì! Sai, nelle nostre menti di musicisti l’abbiamo pensata così: una macchina esplosa nel deserto è la fine di un sogno, come se portassimo lì una Lamborghini o una Ferrari e ci facessimo giri fino a demolirla. Ci serviva un disegno per la copertina, ma non è strettamente correlato all’immaginario cinematografico, anche se a prima vista uno potrebbe pensarci. Boh non so, forse ti fa anche pensare un po’ a “Miami Vice” (ride, ndr).

PARLIAMO UN ATTIMO DELLA TUA ATTIVITÀ DI PRODUTTORE MUSICALE – DAGLI INQUISITION AI KREATOR, PASSANDO PER I POWER TRIP E RECENTEMENTE CON GLI UNTO OTHERS… COME È INIZIATO QUESTO TUO LAVORO? È DIFFICILE LAVORARE SUI MASTERING DI DISCHI FATTI DA BAND CHE STANNO DALL’ALTRA PARTE DELL’OCEANO?
– Ho iniziato localmente, solamente perché volevo registrare le mie cose, poi dei miei amici hanno iniziato a chiedermi una mano e dopo aver lavorato con loro hanno iniziato a dirmi che avevo la stoffa, che i dischi venivano esattamente come volevano loro. Ho sempre voluto che qualcuno mi aiutasse come io aiuto gli altri quando si tratta di produrre un album, non come certi professionisti che, qualsiasi cosa tu proponga, ti dicono che la canzone è scema, che il riff è banale… È facile ammazzare la creatività di qualcuno quando ti comporti così. Le cose sono cambiate quando i Power Trip sono venuti a Philly per registrare con me l’EP omonimo: ho speso tutti i miei soldi per comprare la strumentazione necessaria per fare un bel lavoro con loro (ride, ndr)! Non erano affatto grossi come sono adesso, erano semplicemente una band hardcore che molti amavano, ma con il disco che abbiamo fatto insieme hanno iniziato quel tipo di crossover per cui adesso li conoscono tutti. È stata una esperienza incredibile, e dieci anni dopo (era il 2011, ndr) mi sono ritrovato in Germania a lavorare al nuovo disco dei Kreator. Ho viaggiato molto nella mia carriera, ma andare a registrare con loro è stato pazzesco, non solo perché dalle vostre parti c’è un sacco di storia, e non solo del metal! Voglio dire, abbiamo registrato nello stesso studio dove erano stati David Bowie, i Depeche Mode, gli U2… Viaggiare e registrare non è facile: finché lo fai da casa è tutto ok e riesci a organizzarti bene, ma quando vai da qualche altra parte è tutto diverso. Certo, ho fatto di tutto comunque per mettere Mille e i ragazzi a loro agio. Molti produttori preferiscono far venire le band nei loro studio perché è più facile, ma siccome a me non piacciono le cose facili non ho avuto problemi.

IMMAGINIAMO CHE SIA ANCHE INTERESSANTE VEDERE CHE TIPO DI STRUMENTAZIONE USANO GLI ALTRI STUDIO.
– Assolutamente! A me piace girare per gli studi perché imparo sempre cose nuove, anche lavorando spalla a spalla con altri tecnici. Che sia un tasto sul mixer che ti rende la vita più semplice o anche che qualcuno ti dica che stai facendo qualcosa di completamente sbagliato e tu pensi “Merda! L’ho sbagliato per quindici anni” (ride, ndr).

DATO CHE HAI PARLATO DEI POWER TRIP, E SICCOME SAPPIAMO CHE HAI UNA RELAZIONE SPECIALE CON LORO E SICCOME RILEY GALE MANCA UN PO’ A TUTTI NOI, VORREMMO CHIEDERTI, SE NON È TROPPO DOLOROSO, CHE RICORDO HAI DI LUI E SE C’È QUALCHE ANEDDOTO CHE TI PIACEREBBE RACCONTARE.
– Wow! Beh sai… Non ho ancora davvero processato il fatto che Riley non ci sia più. Senti, te ne racconto una divertente perché se mi metto a raccontare i momenti belli probabilmente mi metto a piangere. Dunque, lui portava sempre questo dannato cappello degli Obituary e non se ne separava mai; eravamo in tour e dormivamo in un ostello in Germania, ma quando si stava avvicinando l’ora di suonare, durante una data, nessuno trovava più quel cappello. Riley non ne voleva sapere di salire sul palco senza il suo cappello degli Obituary e stavamo impazzendo: siamo tornati all’ostello e non c’era nessuno che ci aprisse. Eravamo così nervosi che alla fine abbiamo buttato giù la porta della camera a calci (ridiamo, ndr)! E insomma, quel fottuto cappello era sul letto e lui molto candidamente ha commentato “D’accordo, andiamocene” con la faccia di chi ha appena fatto una cosa normalissima! Penso che, prima di allora, ho visto una scena simile solo nei film d’azione, e poi questa porta di merda era robustissima, gliene abbiamo dovute tirare un sacco prima che andasse giù. Poi figurati, Riley era un mingherlino, io invece ero quello grosso dei due. La sua scomparsa è anche uno dei motivi per cui ci ho messo tanto a scrivere i pezzi nuovi dei Sumerlands: stavo scrivendo gli assoli e mi è arrivata la telefonata dove mi hanno comunicato che lui non c’era più, ed è stato un trauma vero. Ogni volta che tornavo sui pezzi mi risaliva il ricordo della telefonata… Ma in un certo senso scrivere il disco mi è anche servito per superare questa cosa. Insomma, Riley era un grande, mi mancherà sempre e ha lasciato un buco veramente grosso nella scena metal americana.

TORNIAMO SU UN TERRENO MENO DOLOROSO. CHE NE PENSI DI QUELLI CHE DEFINISCONO QUESTA NUOVA CORRENTE DI BAND DI CUI ANCHE VOI FATE PARTE “NEW WAVE OF TRADITIONAL HEAVY METAL”?
– Questa è una cosa che mi chiedono spesso: non me ne frega dell’etichetta che ci dà la gente. È come parlare di Mozart e Beethoven: fanno entrambi musica classica ma con due stili completamente diversi, solo che la gente li mette nello stesso calderone. Secondo me fra trent’anni ci sarà l’etichetta generica di metal e ci finiranno i Black Sabbath, i Judas Priest e, non tanto noi quanto formazioni come gli Hällas, anche se sono stili completamente diversi! Secondo me è solo un modo delle persone di catalogare qualcosa, definire una scena che per carità, mi va anche bene, ma non penso che sia necessario. Insomma per rispondere alla domanda: chissenefrega, va bene così, ma comunque chissenefrega!

OK ARTHUR E GRAZIE, UN’ULTIMA DOMANDA: CI SARÀ MAI UN TOUR DEI SUMERLANDS O DEGLI ETERNAL CHAMPION IN EUROPA? AVETE SEMPRE SOLO SUONATO A VARI FESTIVAL, MA ORMAI ANCHE QUI AVETE UNA FANBASE ABBASTANZA CORPOSA.
– Sarebbe bellissimo, ma organizzarci da soli è veramente difficile. Non è solo per i soldi, ma anche perché un tour va programmato e ognuno di noi ha altre band per cui lavora. Insomma, vedremo l’anno prossimo e speriamo di riuscire presto a suonare anche da voi in Italia!

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