A tre anni dall’exploit underground “Samaroid Dioramas”, i bresciani Sunpocrisy hanno confermato il loro – per ora inscalfibile – stato di grazia attraverso la pubblicazione del secondo full “Eyegasm, Hallelujah!”, nuovo capitolo di un percorso evolutivo che fino ad oggi denota un 100% pieno, sommando maturità stilistica, capacità compositive e consapevolezza della validità di un progetto che coinvolge la band a 360 gradi, partendo dagli aspetti prettamente musicali, per poi sforare in quelli grafici, lirici e concettuali. Era d’obbligo, a ridosso dell’uscita del nuovo lavoro e poco prima del release party in programma al Colony Club, dove i Nostri giocano in casa, andare a tastare il polso a Jonathan Panada e compagni. Ed è proprio il cantante-chitarrista a risponderci in questo approfondito botta-e-risposta…
CIAO JONATHAN! SON PASSATI ORMAI TRE ANNI E MEZZO DALLA NOSTRA PRECEDENTE CHIACCHIERATA IN MERITO AL VOSTRO DEBUTTO “SAMAROID DIORAMAS”, UN DISCO CHE CERTAMENTE SI PUO’ CONSIDERARE PIU’ CHE RIUSCITO. TI VA DI RIASSUMERE IN BREVE QUESTO INTERLOCUTORIO PERIODO DI TEMPO DELLA VOSTRA STORIA E INOLTRE DIRCI, AD OGGI, COME ‘VEDETE’ QUEL PRIMO FULL-LENGTH?
“Ciao Marco! Sì, di tempo ne è passato parecchio e in questo periodo sono successe molte cose che ci hanno portato ad essere dove siamo ora. ‘Samaroid Dioramas’ è stato il nostro primo full-length, all’epoca non sapevamo ancora come sarebbe stato accolto, eravamo praticamente sconosciuti al pubblico, ma devo dire che, come hai detto tu, è stato un successo. Ci ha consentito di farci conoscere e di far parlare di noi in Italia e all’estero, ricevendo spesso elogi e consensi ben oltre le nostre aspettative, dandoci l’idea che quello che stavamo facendo era compreso e apprezzato da molti, oltre che da noi. Ad oggi, credo che ‘S|D’ sia un bel disco, che rappresenta perfettamente quello che eravamo e che è riuscito a racchiudere esattamente ciò che volevamo comunicare. Chiaramente ora le nostre esigenze compositive sono in parte cambiate, forse qualche soluzione adottata in ‘S|D’ non è più qualcosa che faremmo di nuovo, ma credo che rimanga un bell’album, che riascoltato oggi riesce ancora a trasmettermi emozioni e di cui sono ancora molto fiero”.
FINALMENTE ORA SIETE SUL MERCATO DI NUOVO CON IL SUCCESSORE, L’ATTESISSIMO E SECONDO “EYEGASM, HALLELUJAH!”. C’E’ TANTISSIMO DA CHIEDERTI SUL NUOVO ARRIVATO, QUINDI PARTIAMO SUBITO DALLA COMPOSIZIONE E DAI SUOI MODI/TEMPI. PERSONALMENTE VI HO GIA’ VISTO PIU’ VOLTE ESEGUIRE DAL VIVO LA SUITE COMPOSTA DAI PRIMI DUE BRANI DEL LAVORO, “EYEGASM” E “MAUSOLEUM OF THE ALMOST”, EPISODI CHE HANNO QUINDI QUALCHE ANNO DI VITA. SI TRATTA DUNQUE DI UN PROCESSO COMPOSITIVO I CUI ALBORI RISALGONO A TRE ANNI FA, O SBAGLIO? RACCONTACI, INSOMMA, COME E’ NATO “E|H”…
“Se c’è una cosa che non è cambiata dagli inizi ad oggi, sono sicuramente i tempi biblici con cui componiamo (ride, ndR)! Per noi sta diventando una sorta di ‘tradizione’ quella di registrare un album e, nel frattempo, avere già le prime idee per quello successivo. Ricordo che quando abbiamo registrato il nostro primo EP ‘Atman’, Matteo (Bonera, chitarrista, ndR) aveva già abbozzato le prime idee di quello che sarebbe poi diventato il trittico ‘Samaroid’/’Samaroid Dioramas’/’Dioramas’. Alla stessa maniera, mentre registravamo ‘S|D’, cominciava già a prendere forma qualche idea, trasformatasi poi nell’opener del nuovo disco ‘Eyegasm’. La tradizione prosegue anche stavolta, quindi qualcosa di nuovo sta già vagando nell’aria; sarà divertente ritrovarsi a parlare del prossimo album e vedere che fine hanno fatto queste prime idee. Sotto il profilo compositivo, siamo molto prolifici ma tutto ciò che scriviamo subisce spesso dei mutamenti totali che portano a ridurre e scremare drasticamente il materiale che abbiamo. Questo, a nostro avviso, ci consente di arrivare ad avere delle composizioni che rappresentano perfettamente ciò che vogliamo, anche se ciò porta anche ovviamente a dilatare i tempi con cui riusciamo poi a far quadrare tutto per una nuova pubblicazione”.
CONCENTRANDOCI SUGLI ARRANGIAMENTI, GIA’ OTTIMI IN PASSATO, DEVO DIRE CHE AVETE MIGLIORATO ULTERIORMENTE GLI INTRECCI DEI QUATTRO STRUMENTI A CORDA, INSERITO QUALCHE IMPREVISTO ASSOLO E SOPRATTUTTO FINALMENTE PRENDONO VALORE E IMPORTANZA I SOUNDSCAPE CREATI DALLE TASTIERE E DAI SYNTH DI STEFANO GRITTI. COME AVETE SFRUTTATO AL MEGLIO, DUNQUE, IL CONSOLIDAMENTO DI UNA LINE-UP CHE ANCHE DAL VIVO PARE MOLTO AFFIATATA?
“Questo è un aspetto fondamentale del nostro cambiamento. Quando Stefano e Marco (Tabacchini, chitarra, ndR) sono entrati a far parte del gruppo, ‘S|D’ era già praticamente tutto scritto, quindi i ruoli dei loro rispettivi strumenti erano più marginali. Ora, invece, abbiamo sfruttato a pieno le possibilità che si sono aperte avendo a disposizione due strumenti in più. Tre chitarre consentono di avere sempre uno spettro d’azione molto ampio, sia quando si tratta di intrecciare gli arrangiamenti per dare profondità alla canzone, sia quando c’è da ‘dare la botta’ e si va tutti e tre verso un’unica direzione. Le stesse tre chitarre, per il loro stesso tipo e per il tipo di modello, suonano molto diverse tra loro e questo spesso decreta chi farà cosa nelle singole parti di ogni canzone. Per quanto riguarda i synth poi, Stefano si è ‘inventato’ questo ruolo praticamente da zero, infatti non aveva mai suonato una tastiera o dei synth in una band, prima di incontrarci. Ora rappresenta un tassello fondamentale del nostro suono e del nostro gruppo, tante cose del nuovo album hanno un certo mood solo grazie ai synth e al lavoro che Stefano ha fatto in fase di composizione, soprattutto per quanto riguarda la ricerca di suoni e settings adatti alle singole parti”.
ALLA BATTERIA NON TROVIAMO PIU’ CARLO GIULINI, BENSI’ LA NEW ENTRY RICCARDO FANARA: PUOI PRESENTARCELO? E IN QUALE MODO, SE E’ SUCCESSO, IL CAMBIO DI BATTERISTA HA INFLUENZATO IL SONGWRITING PER “EYEGASM, HALLELUJAH!”?
“Sì, la scelta di Carlo è stata un passaggio critico di questi tre anni. I Sunpocrisy sono nati da me e da lui quando eravamo ragazzini, quindi anche a livello emotivo la sua dipartita è stata un duro colpo. E’ scontato dire che non è cambiato nulla a livello umano e di amicizia, la sua scelta è stata perfettamente condivisa e capita da tutti noi e di fatto rimarrà sempre un membro aggiunto dei Sunpocrisy. Per nostra fortuna, siamo amici di Riccardo da moltissimi anni, ha militato in diversi gruppi prettamente estremi, ma è sempre stato un batterista molto aperto e con un background vastissimo. Quando si è trattato di capire chi poteva rimpiazzare Carlo, sono stati pochissimi i nomi che ci sono venuti in mente, anche perché la componente umana è ed è sempre stata una grande priorità per noi. Trovare un batterista mostruoso senza che fosse ‘uno come noi’ non aveva molto senso, un criterio che di fatto è lo stesso che abbiamo adottato con Stefano e Marco all’epoca. Caso ha voluto che Riccardo in quel periodo stesse proprio cercando qualcosa di nuovo da fare musicalmente, nuovi stimoli, quindi l’occasione si è presentata perfetta per entrambi. E’ un batterista estremamente preparato e questo ci consente di non avere particolari limiti quando immaginiamo come potrebbe suonare una determinata parte di canzone; spesso le soluzioni che propone sono cose che a noi non sarebbero mai venute in mente e che impreziosiscono moltissimo le canzoni”.
ARRIVIAMO ALLA TUA VOCE, ULTERIORMENTE AFFINATASI E QUASI SBILANCIATA ORMAI PIU’ SUL PULITO CHE SULLO SCREAM/GROWL. MI PARE, ANCHE SE IN EFFETTI E’ UN GIUDIZIO SUPERFICIALE, CHE TU ABBIA AMMORBIDITO LE LINEE VOCALI MELODICHE E PULITE, E INASPRITO E RESO PIU’ AGGRESSIVE QUELLE HARSH. QUALI ACCORGIMENTI HAI/AVETE STUDIATO PER DARE RISALTO ALLA VOCE?
“Sono contento di questa tua considerazione in merito alla mia voce e a come sia stata gestita sul nuovo album. Sicuramente sono diventato più consapevole del mio modo di cantare con il passare del tempo, avendo anche fatto delle scelte che prima erano lasciate al caso. A questo proposito, il tuo esempio delle parti di urlato calza a pennello: sicuramente ora le parti aggressive sono più aspre e di base più aperte, ma mentre nel disco precedente l’urlato era gestito praticamente sempre allo stesso modo, su ‘E|H’ si possono sentire diverse soluzioni. Se la base è un urlato abbastanza aperto e aggressivo, in episodi come l’inizio di ‘Kairos Through Aion’ o la parte centrale di ‘Gravis Vociferatur’ ho provato a variare la tipologia di urlo, in quanto la canzone e l’atmosfera lo richiedevano. Anche se può sembrare una cosa normale, personalmente l’ho considerato un traguardo, perché ora posso gestire la mia voce come voglio, cosa che non mi riusciva in passato. Per le parti pulite poi, credo che sia normale che più passa il tempo, più si diventa consapevoli di cosa si vuole fare e di come si vuole cantare. Se da una parte ho cercato di rendere ancora più sognanti ed eteree le parti più intime, dall’altra ci sono episodi in cui ho portato al limite le mie possibilità, arrivando a ‘fare mie’ alcune note molto alte che fino a qualche anno fa non avrei mai raggiunto. Mi ritengo soddisfatto di questo aspetto del nuovo disco, ci tenevo molto che, come la parte musicale, anche la parte vocale si evolvesse e migliorasse”.
“EYEGASM, HALLELUJAH!” E’ IN DEFINITIVA UN LAVORO LEGGERMENTE PIU’ SOFT DI “SAMAROID DIORAMAS”, EVOLUTOSI PERO’ IN UNA FASE PIU’ MATURA, CONSAPEVOLE E SPERIMENTALE DEL VOSTRO STILE, CHE HA ACQUISTATO ANCHE UNA SANA DOSE DI EPICITA’. E’ EVIDENTE QUANTO SCRIVO SOPRATTUTTO SE SI ASCOLTANO IN ORDINE I DUE ALBUM: “E|H” PARTE COME IDEALE CONTINUUM DI “S|D”, FINENDO PER ALLONTANARSENE PIAN PIANO E TROVANDO UNA PROPRIA STRADA INESPLORATA. SEI D’ACCORDO CON QUESTE RIFLESSIONI?
“La tua analisi è corretta. Musicalmente e concettualmente, ‘E|H’ è proprio la continuazione (e conclusione) del discorso iniziato con ‘S|D’, e anche la successione delle canzoni e di come suonano rappresenta questo schema. Sicuramente nella parte iniziale abbiamo un paio di composizioni che ricordano le atmosfere del disco precedente, poi nella parte centrale comincia a percepirsi un cambiamento, per poi chiudere con le ultime due che rappresentano degli esperimenti abbastanza diversi da quanto fatto fino ad oggi. Non so se sarà poi questa la direzione che prenderanno le nuove composizioni, ma sicuramente la logica del disco voleva che fossero lasciate in chiusura proprio per dare l’idea di un percorso che si evolve e si conclude in qualcosa di nuovo, procedimento che abbiamo adottato anche nei testi. In merito all’epicità di cui parlavi, è stata un’altra componente fondamentale delle nuove canzoni: il disco parla di un percorso fatto di grandezza e di trionfo (in un senso molto metaforico) e la musica doveva trasmettere questa idea. Ancora una volta, anche i testi hanno seguito questa logica, sia per quello che dicono, che per come sono scritti”.
IL CONCEPT CHE RISIEDE IN MUSICA, TITOLO, ARTWORK E TESTI, AL SOLITO, E’ CURATISSIMO, RICCO DI SUGGESTIONI E COLLEGAMENTI E MOLTO STIMOLANTE A LIVELLO VISIVO/INTELLETTIVO. PUR NELLA SUA COMPLESSITA’, VUOI ACCENNARE QUALCHE SUA NOZIONE BASILARE?
“Per quanto riguarda il concept, anche questa volta si parla di un percorso, ma se in ‘S|D’ si partiva dal terreno per arrivare all’astratto, in ‘E|H’ si parte dall’astratto per arrivare ancora più in là, fino al nulla, diciamo. Il nostro soggetto, che in ‘S|D’ era riuscito finalmente ad astrarsi da una vita terrena, sta ora nascendo in questa nuova dimensione astratta, dove tutte le risposte sono finalmente arrivate e tutto gli è chiaro, al cospetto di altre entità che lo accolgono. Si accorge poi di non essere il solo ad aver intrapreso questo cammino (visivamente rappresentato dalle piume del pavone), ma che soltanto uno potrà completarlo fino alla fine e giungere finalmente alla propria astrazione definitiva. In questo momento, viene celebrato il trionfo del singolo, come essere unico e perfetto (il corpo del pavone). E’ però a questo punto che capiamo che la perfezione non può risiedere nel singolo e che forse solo l’unione di due esseri perfetti può rappresentare il vero trionfo e il raggiungimento della vera completezza. Dopo una lunga ricerca, finalmente le due essenze si trovano, si uniscono e nel loro turbinio d’amore e passione viene celebrata la fine della loro ricerca. Ci rendiamo conto che il concept che sta dietro a ‘E|H’ non sia facilmente comprensibile, ma questo riassunto può fornirvi un’idea generale della storia narrata. Come sempre, i più curiosi potranno immergersi nei testi e comprendere a fondo tutto questo; onestamente è quello che speriamo, anche per dare una continuità e una fruibilità a 360° di quello che facciamo e di come lo facciamo”.
UNA PARTE PECULIARE E CENTRALE DEL CONCEPT E’ RAPPRESENTATA DALLA FIGURA DEL PAVONE, ANIMALE CHE SIMBOLEGGIA LA RINASCITA SPIRITUALE. TI VA DI DESCRIVERCI COME LE SUE CARATTERISTICHE VANNO AD INTERAGIRE CON LE IMMAGINI E LA STORIA NARRATA?
“Come ho già accennato, il pavone rappresenta il protagonista perfetto della parte centrale della nostra storia, oltre ad essere molto presente in numerose simbologie. E’ un animale che fa della propria bellezza un’arma di seduzione, utilizzando la ruota di piume per ammaliare la femmina. Ma dietro a questa vanità, questa ostentazione, si cela la consapevolezza di avere una debolezza: le sue zampe sono estremamente brutte e grinzose. Capisce quindi che la vera bellezza non può solo basarsi sul trionfo di se stessi, del singolo, perché è futile e basta poco per farla crollare inesorabilmente. Non è pura estetica, ma è il raggiungimento di un’unione con un altro essere perfetto che ci rende veramente completi. Tutto questo deve essere letto in chiave prettamente metaforica, ma anche visivamente il pavone ha degli elementi che si incastravano perfettamente con lo svolgersi del concept. Le piume, che rappresentano la moltitudine di esseri che hanno raggiunto la tanto cercata rinascita astratta; il corpo, che rappresenta la bellezza e il trionfo del singolo che, dalla massa, è riuscito a procedere nel suo cammino; il difetto delle zampe, che è la realizzazione del concetto di ‘due invece che uno’; il rito di accoppiamento, che è la ricerca dell’altro essere perfetto con cui astrarsi definitivamente”.
FRA I PEZZI PIU’ SPERIMENTALI DI QUESTO LOTTO DI CANZONI, TROVIAMO “ETERNITARIAN” E “OF BARBS AND BARBULES”, IL PRIMO MOLTO LUNGO, IL SECONDO MOLTO BREVE. IN “ETERNITARIAN”, CHE AI PRIMI ASCOLTI NON MI HA CONVINTO DEL TUTTO, SI PONE IN EVIDENZA IL VOSTRO LATO PIU’ MELODICO, MENTRE IL SECONDO BRANO CITATO E’ AFFIDATO SOLO ALLA VOCE E ALLE TASTIERE. CI DICI QUALCOSA IN PIU’ RIGUARDO QUESTE DUE TRACCE?
“’Eternitarian’ è il nostro pezzo più melodico e malinconico. E’ una canzone dove gli intrecci delle tre chitarre sono costanti e molto dolci, mantenendo per tutta la canzone questo alone sognante/triste. L’unico sfogo è la parte centrale, a nostro parere uno dei passaggi più intensi e carichi di tutto il disco, dove ogni strumento viene estremizzato e portato al limite, senza perdere però il lato melodico. Anche questa canzone rappresenta un nuovo aspetto di quello che siamo oggi, avendo in sé una ricerca melodica e di pathos molto dettagliata e diversa dal solito, tanto che addirittura ci sono delle parti soliste (non credo siano dei veri e proprio assoli, più che altro dei fraseggi) e la voce urlata ha un piccolissimo ruolo marginale. E’ stato interessante vedere come, in questo caso, siamo riusciti a incanalare e trasmettere una sensazione di potenza e di intensità anche senza servirci di arrangiamenti ‘cattivi’ o voci urlate. Venendo invece a ‘Of Barbs And Barbules’, è una canzone che ritengo fondamentale anche se breve e con funzione di intro ai due colossi che seguono. E’ da considerarsi come se fosse una ninna nanna, come suggerisce il carillon all’inizio; sono le piume del pavone che osservano l’animale mentre dorme. E’ molto delicata, solo pianoforte e voce, messa in un punto del disco che, oltre ad essere funzionale per il testo e lo svolgersi del concept, spezza bene il ritmo e introduce/prepara l’ascoltatore alle due canzoni successive che chiudono il trittico dedicato al pavone. Personalmente, probabilmente a causa del mio background progressive, ho sempre adorato i concept che alternano canzoni complesse e strutturate ad altri episodi più intimi e brevi. Quando si parla poi di parti di voce a cappella, chi ci segue da un po’ sa che non riesco a farne a meno!”.
SALTELLANDO QUA E LA’ FRA LA TRACKLIST, MI SOFFERMO SUI MIEI DUE BRANI PREFERITI: “MAUSOLEUM OF THE ALMOST” E “GRAVIS VOCIFERATUR”, FORSE, FRA GLI EPISODI ‘STANDARD’ DEL LAVORO, QUELLI POSTI AI DUE ESTREMI. ANCHE CON QUESTA DOMANDA MI PIACEREBBE FARTI ENTRARE PIU’ NEL DETTAGLIO DEI BRANI…
“Volentieri! ‘Mausolum Of The Almost’ è la seconda traccia del disco e, insieme ad ‘Eyegasm’, rappresenta la prima grossa fetta del disco. Solitamente le nostre canzoni sono caratterizzate da un continuo cambio di atmosfere, da delicate ad aggressive, ma in questo caso l’incedere è diverso: si va da 0 a 100 con un lento ma continuo aumentare di atmosfera, con un fraseggio perpetuo a fare da legante e a dare corpo al crescendo. Anche la voce aumenta di intensità man mano che i fraseggi si intersecano, fino a sfociare nell’esplosione finale. E’ sicuramente una canzone che si insinua lentamente nell’ascoltatore, che viene portato verso la fine passo dopo passo. Abbiamo voluto darle una dimensione quasi ipnotica, lasciando grande spazio alla sezione ritmica, che è l’unica cosa che si prende delle ‘libertà’, mentre gli altri strumenti proseguono dritti e costanti. Credo sia anche questo un esperimento a suo modo, sicuramente meno palese e marcato di altri episodi dell’album, ma ugualmente interessante. ‘Gravis Vociferatur’ è certamente la canzone più violenta dell’album. Sin dall’inizio improvviso, che è collegato al finale di ‘Kairos Through Aion’, la tensione è sempre al massimo, come del resto il cantato solo urlato. La parte centrale, poi, ha un pattern costante molto claustrofobico, che abbiamo volutamente reso insistente e ‘storto’ per dargli quel senso di caos che la canzone richiedeva. Sul finale, il pezzo si svuota completamente e si conclude con una parte tranquilla e sognante. Questo grande contrasto tra le due parti rappresenta perfettamente quello che il concept richiedeva in quel preciso momento: il pavone, che si crede essere l’ultima forma perfetta raggiunta, si elogia, si vanta e si compiace della sua condizione. Subentra poi la debolezza, realizza di non essere perfetto e che le proprie certezze vacillano, per poi sfociare nella disperazione. Giunto alla fine, capisce cosa deve cercare e ringrazia le sue piume per averlo guidato: ora sa cosa deve fare ed è di nuovo felice”.
TORNANDO UN ATTIMO SULL’APPROCCIO LIRICO FILOSOFICO CHE VI CONTRADDISTINGUE, CHI E’ ALL’INTERNO DEL GRUPPO IL PRINCIPALE RESPONSABILE (O I PRINCIPALI RESPONSABILI) DI QUESTA SOPRA-LA-MEDIA RICERCA CONCETTUALE?
“La stesura dei testi di ‘E|H’ si è basata su una prima fase, dove abbiamo parlato e ragionato su un’idea di base proposta da Matteo, che è stata poi sviluppata principalmente da me e da Stefano in un secondo momento. Ovviamente, con l’evolversi della scrittura dei testi, l’idea iniziale è stata plasmata e, per certi aspetti, ha subito dei cambiamenti o ha preso delle direzioni inaspettate. A livello di ricerca, tutti e tre ci siamo documentati molto per capire come potessimo impreziosire il concept anche da questo punto di vista. E’ stato sicuramente un procedimento lungo e non sempre facile da gestire, ma questo è il modo in cui noi facciamo le cose, non ci diamo particolari limiti e troviamo estremamente stimolante andare a fondo delle nostre ricerche per arrivare a produrre poi del materiale (sia esso musica o testi) ricco di metafore e riferimenti a molte altre simbologie o immaginari”.
ANCHE PER QUESTO SECONDO FULL-LENGTH AVETE OPTATO, A CONTI FATTI, PER UNA AUTOPRODUZIONE, SENZA AFFIDARVI A NESSUNA ETICHETTA. SCELTA OBBLIGATA OPPURE DECISIONE PREMEDITATA? ALLA FINE PARE SIATE RIUSCITI AD OFFRIRE UN’ALTRA VOLTA UN PRODOTTO ALTAMENTE PROFESSIONALE E DI CARATURA DECISAMENTE INTERNAZIONALE…
“La nostra scelta è stata una via di mezzo tra obbligata e premeditata, diciamo. Crediamo molto in quello che facciamo e con il precedente album ci siamo tolti delle soddisfazioni e ottenuto un certo tipo di risultati. Per noi, iniziare a collaborare con un’etichetta significa poter veramente fare un salto di qualità che ci consenta di arrivare dove non possiamo arrivare da soli. Quindi sì, abbiamo proposto il nostro album a qualcuno e qualcun’altro ci ha contattati per parlare della cosa, ma non c’è stata una proposta che ci convincesse a tal punto da poter accettare. Che non si legga questa nostra scelta come una tendenza a ‘snobbare’ alcune etichette o a crederci chissà cosa: semplicemente se il valore aggiunto di avere un’etichetta è importante e fa davvero la differenza, ben venga; altrimenti preferiamo proseguire per la nostra strada da soli, visto che grazie alla tecnologia odierna abbiamo la fortuna di poter far arrivare la nostra musica praticamente ovunque. Discorso diverso, invece, per la realizzazione del vinile: in questo caso, abbiamo collaborato con quattro etichette – WOOAAARGH Records (DE), Dullest Records (USA), Shove Records (ITA) e Drown Within Records (ITA) – che hanno co-prodotto il nostro vinile e che ci daranno una mano con la distribuzione. E’ stato molto importante trovare questo tipo di collaborazione, il vinile è un prodotto molto particolare che necessita di un grande sforzo da parte delle band, sia per la realizzazione che per la distribuzione, considerando poi che il nostro sarà un doppio vinile da 180 gr.”.
L’EVOLUZIONE DELLA BAND, AD OGGI, E’ LENTA MA COSTANTE E, SOPRATTUTTO, SEMPRE STUPEFACENTE. AVETE TROVATO PIUTTOSTO IN FRETTA IL VOSTRO SOUND, ORA PARE VI DIVERTIATE A VEDERE DOVE VI PORTA IL VOSTRO TALENTO. C’E’ PERO’ QUALCHE DIREZIONE CHE, GIA’ FIN D’ORA, STATE INIZIANDO AD ESPLORARE O CHE VI INCURIOSIREBBE ESPLORARE?
“Ti ringrazio! Onestamente non so dirti, le cose avvengono in modo abbastanza naturale quando si tratta di comporre nuovo materiale. Solitamente, cerchiamo di capire cosa dell’album precedente continua a convincerci e ha spazio per essere esplorato e approfondito e cosa invece rimarrà un episodio fine a se stesso. Ad oggi abbiamo già un paio di idee molto vaghe sulla direzione che potrebbero prendere le nostre composizioni in futuro, ma non escludo che l’evolversi delle cose (primo fra tutti il nostro gusto musicale) possa poi cambiare le carte in tavola”.
L’ULTIMA DOMANDA VERTE SULLE IMMANCABILI DATE DAL VIVO: OLTRE A CHIEDERTI COME VI STATE MUOVENDO IN MERITO ALLA PROMOZIONE LIVE DEL DISCO, MI PIACEREBBE SAPERE ANCHE COME VI REGOLERETE PER LA SCALETTA STANDARD… VOI SUONATE SOLITAMENTE ATTORNO AI QUARANTA MINUTI E PORTATE PEZZI DALLA DURATA NOTEVOLE: PUNTERETE PERCIO’ SUL MATERIALE NUOVO O MAGARI ALLARGHERETE IL MINUTAGGIO?
“Per promuovere ‘E|H’ stiamo organizzando una serie di date che comunicheremo prossimamente, cercando di andare a toccare un po’ tutta Italia, quando possibile. In primavera poi, l’idea è quella di organizzare un tour europeo, ma è ancora presto per dare delle indicazioni precise in merito. Sicuramente cercheremo di girare il più possibile e ci sono tutti i presupposti per farlo. Abbiamo già pianificato un release party per presentare l’album, che si terrà il 28 novembre al Circolo Colony di Brescia: sarà una grande serata e siete ovviamente tutti invitati! In merito alla scaletta, sicuramente verrà dato ampio spazio al nuovo album, ma continueremo a fare un paio di pezzi tratti da ‘Samaroid Dioramas’, per i più affezionati. Considerando la durata media delle nostre canzoni, quando possibile vorremmo portare un set più esteso che duri di più dei nostri canonici 40-45 minuti. Avendo ora più brani a disposizione, penso che non sarà difficile adattare la scaletta a seconda del tempo concessoci”.
BENE, E’ TUTTO, JONATHAN! TI RINGRAZIO E TI LASCIO CHIUDERE L’ARTICOLO COME PIU’ PREFERISCI…
“Ringraziamo enormemente Metalitalia.com per questa intervista e per gli elogi spesi anche in sede di recensione. Invitiamo tutti i lettori a seguirci sui nostri canali social, venire ai nostri concerti e approfondire l’ascolto di ‘Eyegasm, Hallelujah!’ in ogni sua forma, speriamo sempre che chi ci segue si immerga totalmente nella nostra musica… di solito funziona!”.