Ascoltando “Revelations of the Red Sword”, l’atteso secondo full-length degli Svartidauði, uno dei primi aggettivi che viene naturale associare al disco è ‘degno’: della storia della band, della sempre più rinomata scena islandese, dell’intera epica black metal. Il rendiconto artistico di un lustro vissuto intensamente (tanto è trascorso dalla pubblicazione del debut album “Flesh Cathedral”) si condensa inequivocabilmente tra le tessiture di questa opera, palesando la crescita – non solo anagrafica – di un abile manipolo di musicisti che, dopo essersi presi tutto il tempo ritenuto necessario, ci hanno consegnato una proposta dai contenuti ambiziosi, ardentemente vissuti, musicalmente caratterizzata da un black metal elegantemente avvolto da vibranti melodie, inflessioni prog e modulate dissonanze. Gli Svartidauði di “Revelations…” dimostrano di possedere un mare di creatività e una indubbia personalità, tanto che lo scettro di leader del settore pare ormai nelle loro mani. Ne parliamo con il cordiale bassista/cantante Sturla Viðar…
“REVELATIONS…” È STATO UN ALBUM MOLTO ATTESO. È STATO DIFFICILE PER VOI CREARE NUOVI RIFF, IDEE, CANZONI SAPENDO CHE CI FOSSE UNA TALE ANTICIPAZIONE?
– No, per niente. L’anticipazione del pubblico non ha assolutamente alcun ruolo nel nostro processo creativo. Svartidauði esiste per il bene di Svartidauði. Avere un pubblico per la nostra arte è semplicemente un bel bonus, un sottoprodotto della nostra arte e creatività, piuttosto che qualsiasi tipo di combustibile per le fiamme che ci spingono avanti.
MENTRE COMPONETE NUOVI BRANI, COME VALUTATE LA QUALITÀ DELLA VOSTRA MUSICA? QUALI SONO I VOSTRI CRITERI PER UNA BUONA CANZONE MARCHIATA SVARTIDAUDI? QUALI PASSI SEGUITE PER CREARE UNA CANZONE PERFETTA PER UN VOSTRO ALBUM?
– Non esiste un insieme di regole o di passaggi che seguiamo. Ma, per rivelare qualche dettaglio, di solito il tutto inizia con un riff o un motivo sonoro su cui poi costruiamo continuamente fino a quando sentiamo che esso trasmette quel determinato messaggio che vogliamo trasmettere in quel dato momento. Suonare secondo alcune regole o affidarsi sempre ai soliti metodi è antitetico al funzionamento e all’ideologia musicale di Svartidauði e andrebbe contro ogni cosa che rappresentiamo come artisti.
“REVELATIONS…” È UN ALBUM MOLTO VARIO PER I VOSTRI STANDARD, IN QUANTO INCLUDE UN PAIO DI BRANI PIUTTOSTO BREVI ASSIEME AD ALTRI MAGGIORMENTE MAESTOSI E DENSI. MOSTRA ANCHE UN RINNOVATO SENSO DELLA MELODIA. HO APPREZZATO COME I TEMI DISSONANTI SI INTRECCIANO CON QUELLI MAGGIORMENTE ARIOSI. IL RISULTATO FINALE È MOLTO ORIGINALE ED EPICO. COME DESCRIVERESTI LA VOSTRA PROGRESSIONE DA “FLESH CATHEDRAL”?
– Quando abbiamo iniziato a lavorare a tempo pieno su “Revelations of the Red Sword” abbiamo realizzato fin dall’inizio che il passo più facile e più sicuro che potessimo fare sarebbe stato comporre un “Flesh Cathedral” parte 2. Quindi, naturalmente, nella tipica, perversa attitudine Svartidauði, abbiamo deciso di percorrere una strada completamente diversa, pur continuando a suonare innegabilmente come Svartidauði. Una volta stabilito questo comandamento, il resto si è sviluppato in modo organico e naturale. Non è stato ‘provare a fare X’, invece abbiamo semplicemente fatto quello che pensavamo fosse vero ed onesto con noi stessi e il risultato finale è diventato “Revelations of the Red Sword”.
DANDO UNO SGUARDO AL RESTO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA, SICURAMENTE SIETE UNA BAND ALLA QUALE PIACE IL FORMATO EP. PERCHÉ LO TROVATE COSÌ FUNZIONALE? GLI EP VI CONSENTONO DI TESTARE NUOVE SOLUZIONI MENTRE SI PIANIFICA UN FULL-LENGTH O È SOPRATTUTTO UN MODO PER RILASCIARE ALTRO MATERIALE VELOCEMENTE?
– Sì, è proprio questa libertà che offre il formato EP che ci ha sempre attirato. Mentre realizzare un album completo è un tale impegno che potrebbe essere paragonato a un matrimonio, il formato EP è più simile a una scappatella lussuriosa e peccaminosa. Puoi provare nuove cose diverse con le quali il tuo coniuge potrebbe non sentirsi a proprio agio. Alcuni potrebbero quindi domandarsi: perché non creare una nuova band o un progetto parallelo per esplorare queste idee? E la risposta è semplice: perché fottiti, ecco perché. Siamo gli Svartidauði.
PER LA MAGGIOR PARTE DEGLI ARTISTI, L’ORIGINALITÀ È PRIMA PRECEDUTA DA UNA FASE DI APPRENDIMENTO E, SPESSO, DI EMULAZIONE DELLE PROPRIE INFLUENZE. COM’È STATO PER VOI? COME DESCRIVERESTE LA VOSTRA CRESCITA COME ARTISTI E LA TRANSIZIONE VERSO UN VOSTRO STILE?
– Questa è una domanda a cui è difficile rispondere in modo onesto. Crescere come artista e come persona sono cose che vanno di pari passo; il nostro viaggio è stato all’insegna della scoperta e della conquista e ciò ha fatto da base al nostro processo creativo come musicisti. Più sei connesso alla tua vera volontà, più sei bravo nell’esprimerlo al mondo esterno. Come gruppo ci rifiutiamo di ristagnare, perché la stagnazione artistica equivale alla morte artistica, quindi noi siamo, e dobbiamo essere, costantemente mutevoli e in evoluzione.
PENSI CHE CI SIANO STATI CAMBIAMENTI SIGNIFICATIVI NELLA SCENA METAL E NEL MUSIC BUSINESS NEGLI ULTIMI ANNI CHE VI HANNO PERMESSO DI MUOVERVI IN UN AMBIENTE PIÙ FAVOREVOLE PER L’ARTE CHE STATE CREANDO?
– Non posso esprimermi molto su quanto sia oggi popolare nel metal o nei settori che lo circondano, dato che siamo pur sempre una band underground, anche se abbiamo guadagnato visibilità durante la nostra carriera. In ogni caso, dal momento che noi e l’interesse attorno al gruppo sono diventati sempre più grandi, penso che le cose diventeranno sicuramente molto più facili per noi.
IL BLACK METAL E IL METAL ESTREMO IN GENERALE CONTINUANO AD INFRANGERE VECCHIE BARRIERE: LA MUSICA SI EVOLVE DI CONTINUO, LE BAND SUONANO MOLTO PIÙ VELOCEMENTE, USANDO NUOVI TIPI DI ACCORDI, STRUMENTI, ECC. CREDO CHE VOI SIATE FRA I RESPONSABILI DI QUESTO TIPO DI CAMBIAMENTO NEL BLACK METAL. COME È CRESCIUTA LA VOSTRA PASSIONE ALL’INTERNO DI QUESTA SCENA IN FERMENTO? VI SENTITE PARTE DI UN MOVIMENTO STIMOLANTE?
– Di tanto in tanto restiamo impressionati o ispirati da nuove band o album, specialmente se alfieri di un certo spirito simile al nostro. Traiamo ispirazione da tutto ciò che ci circonda e parte di questa ispirazione arriva forse nella nostra musica, ma non siamo mai consapevolmente sotto l’influenza di altre band. Non c’è mai una discussione tra noi che proceda sulla falsariga di “questa band ha fatto così, quindi dobbiamo farlo anche noi”. Piuttosto, capita che si dica qualcosa tipo “è interessante come questa band abbia fatto qualcosa di originale qui: mi chiedo se potrebbe risultare interessante provare a mischiare quello con qualcos’altro”, per poi costruirci sopra qualcosa. In ogni caso, prima di tutto, proviamo a inventare melodie e composizioni che provochino emozioni nel nostro cuore e nella nostra anima; partiamo da qui e poi continuiamo a costruire, trasformare e mutare, fino a quando le vibrazioni sonore ci portano in estasi.
ULTIMAMENTE A QUALI PERIODI O STILI MUSICALI TI SENTI PIÙ ATTRATTO DA ASCOLTATORE?
– Nelle scorse settimane ho ascoltato principalmente jazz e Judas Priest, ma ascolto sempre i Judas Priest, quindi non è una novità. In generale, direi che ascolto principalmente tutti i tipi di metal (heavy/black/death/doom), rock’n’roll, hip hop (per lo più East Coast dei primi anni ’90), jazz, tutti i tipi di musica elettronica e world music. Sono abbastanza onnivoro nel mio consumo musicale.
“REVELATIONS…” E’ UN CONCEPT ALBUM? SO CHE IL TITOLO È STATO ISPIRATO DALLE OPERE DEL POETA ITALIANO FILIPPO TOMMASO MARINETTI. POTRESTI SPIEGARE IL TEMA ALLA BASE DEI TESTI E COSA TI HA INFLUENZATO NELLA SCRITTURA?
– “Revelations of the Red Sword” si riferisce ai raggi di un sole all’alba e al tramonto; in quella metafora si trova il concept dell’album. L’adorazione del Sole come simbolo di forza attiva, la forza più creativa ma potenzialmente la più distruttiva con cui l’umanità sia mai venuta in contatto. È una glorificazione del fuoco e della furia, liberi dal guscio di questo mondo morto che chiamiamo realtà. “Flesh Cathedral” è un album incentrato sulla Terra. Sono quattro canzoni corrispondenti ai quattro angoli della terra e ai quattro elementi che gli antichi greci vedevano come elementi costitutivi della realtà. È anche un lavoro fortemente focalizzato sulla metafisica della morte e della rinascita: l’apocalisse. Quindi l’unico passo logico per noi era creare una nuova terra: Fiat Lux/Lux Ferre! “Revelations…” rappresenta quindi la prima alba di una nuova terra, una terra sulla quale gli Svartidauði hanno rivendicato la loro unica vita, dando forza alla minaccia sempre incombente che questo stesso Sole potrebbe inghiottire tutto quello che esiste. Mentre il titolo è in effetti un riferimento all’operato di Marinetti, quanto dici è solo metà della storia. L’idea mi è venuta quando stavamo per pubblicare “Flesh Cathedral”: stavo lavorando come film-maker in una chiesa sulla costa meridionale dell’Islanda, Strandarkirkja, la quale fu costruita in onore di coloro che erano morti in mare in quella zona. Ero arrivato prima dell’alba e avevo alcune ore libere prima di iniziare a lavorare, così mi sono seduto in chiesa da solo con questo libro sui manifesti e le idee guida dei principali movimenti d’avanguardia dell’arte del ventesimo secolo in Europa. Ad un certo punto ho letto il seguente passaggio: “Partiamo! Finalmente, la mitologia e l’ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!… Bisognerà scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!… Partiamo! Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v’è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole che schermeggia per la prima volta nelle nostre tenebre millenarie!”. Il sole stava sorgendo e la chiesa era piena di questa surreale luce dorata e sentivo qualcosa di molto forte nel mio cuore, qualcosa che non era positivo né negativo, ma qualcosa di nuovo e potente, qualcosa di magico. L’ho interpretato come un segno per il futuro. Quando l’universo parla, devi ascoltare.
LA PICCOLA MA ATTIVISSIMA SCENA BLACK METAL ISLANDESE E’ STATA ANCHE DEFINITA UNA ‘FAMIGLIA’. PUO’ APPARIRE IN EFFETTI COME UNA VERA E PROPRIA COMUNITÀ, DALL’ESTERNO. PENSI CHE TALE FAMIGLIA ESISTA DAVVERO? AD ESEMPIO, OGNI VOLTA CHE HAI VOGLIA DI SUONARE, È FACILE TROVARE QUALCUNO DISPOSTO A UNIRSI A TE? OPPURE, OGNI VOLTA CHE STATE PIANIFICANDO UN TOUR, E’ FACILE TROVARE PERSONE IN GRADO DI AIUTARVI SE AVETE BISOGNO DI UN TURNISTA O DI STRUMENTAZIONE?
– Sicuramente ci sono molti benefici nel fare parte di una comunità così creativa, ma parlare dell’intera scena islandese come di una famiglia non è corretto. Penso che chiunque si esprima in quei termini sia disonesto.
IN EFFETTI CAPITA DI SENTIRE CONSIDERAZIONI UN PO’ INGENUE SULL’ISLANDA ULTIMAMENTE. IN CHE MODO IL LUOGO DOVE VIVI INFLUISCE EFFETTIVAMENTE SULLA MUSICA CHE CREI O SUI TUOI GUSTI MUSICALI? TI SENTI DAVVERO ISPIRATO DAL TUO PAESE? TI DÀ FASTIDIO VEDERLO MENZIONATO SPESSO?
– In che modo essere italiano ha influenzato il modo in cui hai preparato questa intervista? Non puoi dare una risposta onesta a questa domanda, a meno che tutto ad un tratto tu riesca a vivere da ‘non-italiano’ in Italia. Non sono a conoscenza di una tecnologia capace di permettere ciò in questo momento. Sono quindi certo che comprenderai perchè non posso risponderti in maniera accurata.