SWALLOW THE SUN – Albachiara

Pubblicato il 06/04/2025 da

Da circa venticinque anni, gli Swallow The Sun esplorano le diverse sfaccettature del gothic-doom metal, combinando melodia e pesantezza con un lirismo che, nel tempo, in molti hanno cercato di eguagliare.
Partiti come discepoli di My Dying Bride e di tutta la gloriosa scena death-doom nordeuropea, i Nostri, album dopo album, sono diventati loro stessi veterani e padri ispiratori, raggiungendo una fama e un livello di presa sul pubblico che non erano minimamente immaginabili all’epoca dell’uscita del debut album “The Morning Never Came”.

Il loro ultimo album, “Shining”, segna ora un nuovo capitolo nella carriera dei finlandesi, con un sound più diretto e una produzione moderna che ne amplifica l’impatto, lasciando un po’ indietro le pesanti sovrastrutture con cui il gruppo ha spesso giocato.
Abbiamo avuto l’opportunità di parlare brevemente con Juha Raivio, chitarrista, leader e principale compositore del gruppo, mentre la band era in viaggio durante il suo ultimo tour nordamericano, alcune settimane fa.
Nonostante la stanchezza e la frenesia della vita on the road, Juha si è mostrato disponibile e riflessivo, condividendo con noi le sue impressioni su “Shining”, la risposta del pubblico, il processo di scrittura e il rapporto con il produttore che ha contribuito a dare una nuova veste al suono della band, la quale sarà presto in tour anche dalle nostre parti, con una data confermata al Legend di Milano il 25 aprile.

BEN TROVATO, COME STA ANDANDO QUESTO TOUR AMERICANO?
– Tutto bene. Stiamo andando verso Seattle. Per fortuna il tour bus si è appena fermato, quindi ora sento qualcosa. Siamo anche fortunati ad avere un autista molto serio. Tante volte, sai, sono super spaventato, quando dormi sul bus e senti rumori strani o le ruote che vanno su un terreno che non sembra asfaltato. Pensi subito che l’autista si sia addormentato e stia andando fuori strada. Per fortuna, invece, i viaggi sin qui sono stati piuttosto tranquilli.

SIETE IN TOUR PER SUPPORTARE IL VOSTRO ULTIMO ALBUM, “SHINING”, CHE È USCITO DA QUALCHE MESE ORMAI. SEI CONTENTO DEI FEEDBACK SINORA? PRESTI ATTENZIONE A COSA PUBBLICO E CRITICA DICONO DI VOI?
– Devo dire che i responsi sono stati generalmente buoni, soprattutto considerando il fatto che il disco è un pochino diverso da quanto abbiamo realizzato in precedenza. C’è stato qualcuno che ha esclamato “Ma cos’è ‘sta merda?”, però nel complesso sembra stia andando bene.
Io poi non lo vedo come un grande cambiamento, è al 100% la stessa band. Sicuramente può avere rappresentato una piccola sorpresa all’inizio per alcuni fan vecchio stampo che si aspettavano un altro “Moonflowers” o – come puntualmente accade – un ritorno al sound del primo album, ma i pareri negativi sono in minoranza. Tanta gente si è ricreduta con il passare del tempo.
Quello che mi rende più felice è che le nuove canzoni, quando le suoniamo dal vivo, rendono davvero bene e il pubblico sembra entusiasta di sentirle. Di solito serve un po’ di tempo affinché la platea entri in sintonia con il nuovo materiale, ma in questo tour stiamo ricevendo delle reazioni insperate.

AL DI LÀ DI UNO STILE UN PO’ PIÙ MELODICO E LINEARE, CREDO CHE LA DIFFERENZA VERA, RISPETTO AI LAVORI PRECEDENTI, RISIEDA NELLA PRODUZIONE, LA QUALE È CERTAMENTE UN PO’ PIÙ MODERNA E COMPRESSA, SE PARAGONATA ALLA RESA SONORA CHE AVEVATE IN PASSATO.
– Penso che la scelta di affidarci a un produttore non strettamente metal abbia fatto la differenza. È stato il nostro piano sin dall’inizio, quando si è trattato di registrare la musica che avevo preparato. Siamo una band da circa venticinque anni e abbiamo tantissimi album nella discografia, quindi è giusto ogni tanto cercare di provare cose nuove, senza comunque tradire le nostre origini. Non mi piace restare intrappolato nelle vecchie abitudini, per questo disco necessitavamo di un approccio fresco, di qualcuno che ci mettesse alla prova e che facesse anche un po’ di testa sua.
Dan Lancaster ha lavorato con i Muse, Bring Me The Horizon e queste band enormi. Quindi ovviamente sa quello che fa. Non ti nascondo che quando gli ho inviato i pezzi e lui mi ha girato i primi mix sono rimasto un po’ interdetto, ma poi è bastato confrontarsi un attimo per trovare una quadra. Alla fine è stato giusto lasciargli la libertà di lavorare e di tirare fuori il meglio da quello che avevamo preparato a livello musicale.
Il suono è moderno, è fresco e si addice perfettamente al taglio di queste canzoni. Certo, qualcuno lo odia, ma ci sta. Onestamente mi piace sentire anche i pareri negativi, sapere che qualcuno là fuori sia rimasto scioccato, perché ciò significa che il gruppo è ancora rilevante e che c’è gente che effettivamente ha a cuore quello che facciamo. Se odi quello che stiamo facendo oggi, va bene lo stesso: almeno provi qualcosa. La maggior parte della musica di oggi non ti fa provare nulla. Arriva e se ne va.

Artista: Swallow The Sun | Fotografa: Nicolette Radoi | Data: 25 aprile 2023 | Venue: Legend Club | Città: Milano

 

UNA REAZIONE FORTE COME QUELLA CHE TANTE BAND DEL VOSTRO FILONE, I COSIDDETTI PADRI DEL GENERE, SUSCITARONO QUANDO MESCOLARONO LE CARTE E PROVARONO A FARE QUALCOSA DI NUOVO A METÀ DELLA LORO CARRIERA. PENSO A PARADISE LOST, MOONSPELL… PENSI CHE “SHINING” STIA APRENDO UN CAPITOLO SIMILE NELLA VOSTRA CARRIERA?
– Non ci sono piani per iniziare nuovi capitoli o qualcosa del genere. Voglio dire, la musica arriva come arriva. E per me, la cosa più importante è che arrivi, poi non mi preoccupo a che stile questa stia aderendo. Non la pianifico mai. Non inizio mai a scrivere musica pensando che debba suonare in un certo modo. Di solito passa anche un intero anno senza che io componga una singola canzone; poi arriva l’ispirazione e sono capace di completare un intero album nel giro di un paio di mesi.
La cosa più importante per me è avere totale libertà a livello compositivo e di tempistiche. Ho sempre detto alla casa discografica che non voglio imposizioni: pubblichiamo un album solo quando siamo pronti. Non posso avere scadenze in quel senso. La musica deve nascere in maniera spontanea e chi collabora con noi deve capirlo. Se ci vogliono due, tre, dieci anni, così sia. Aspetteranno.
Per quanto riguarda il paragone con quelle band, non mi dispiace, anche perché sono un grande fan dei Paradise Lost e ho sempre apprezzato un disco come “Host”, anche quando chiunque attorno a me lo criticava. Posso dire lo stesso dei My Dying Bride e di “34.788%…Complete”. Anch’io sento di avere quel tipo di spirito dentro di me, la voglia di provare cose nuove. Ho sempre apprezzato quando le band provano a evolversi. Detto questo, torno a sottolineare come “Shining”, a mio avviso, non sia un disco così diverso rispetto ai suoi predecessori.

TORNANO ALLA LAVORAZIONE DI “SHINING”, MI SEMBRI QUALCUNO CHE, OVVIAMENTE, È SUPER CONCENTRATO SULLA SUA MUSICA. SEI SEMPRE STATO IL PRINCIPALE COMPOSITORE DELLA BAND, QUINDI QUAL È STATO L’ASPETTO PIÙ DIFFICILE NEL LAVORARE CON UN PRODUTTORE COSÌ DIVERSO, CON QUALCUNO NUOVO? DAN HA ANCHE CONTRIBUITO CON MELODIE O ARRANGIAMENTI O LA MUSICA ERA GIÀ DEL TUTTO DEFINITA QUANDO AVETE INIZIATO A LAVORARE CON LUI?
– Prima di tutto, credo sia giusto sottolineare come io abbia co-prodotto anche questo album, il che significa che mi sono occupato anche di registrare tutte le tracce base. Non ho solo scritto le canzoni. Il lavoro con Dan è partito dai demo: lui si è occupato di snellire alcune strutture e di mettere in evidenza le melodie e le linee vocali.
La differenza vera tra questo album e un capitolo come “Moonflowers” sta nei cori e nelle armonie. Il mixaggio pone l’accento su questi aspetti, mentre una volta al centro della musica c’erano le chitarre o altri elementi. È un approccio più pop, ma era quello più logico, se penso al tipo di musica che avevo preparato questa volta.

COME DICEVI, SIETE UNA BAND CHE HA ORMAI ALLE SPALLE DECENNI DI CARRIERA E SVARIATI ALBUM. CAPITA MAI DI NON AVERE PIÙ GRANDI MOTIVAZIONI O DI VEDERE IL GRUPPO SOLO COME UN LAVORO?
– Capiterebbe se mi impuntassi nel volere per forza pubblicare un disco ogni due anni o se cercassi di venire incontro alle aspettative dei fan. Forse potrà suonare un po’ egoista, ma io quando compongo musica penso solo a me stesso. Non mi preoccupo di niente e di nessuno. E a volte forse è un male, perché sarebbe più semplice avere un calendario definito, pubblicare dischi con regolarità e avere più tempo per programmare tour e altre attività della band.
Ma, purtroppo o per fortuna, non funziona così per me. Devo sentirmi libero per andare avanti. Quindi, come dico sempre, l’album nuovo è al tempo stesso anche il nostro ultimo album, perché non sono mai certo che in futuro sarò capace di confezionare qualcos’altro. Non inizierò mai a scrivere musica solo perché dobbiamo fare un nuovo album, quindi si vive nell’incertezza e al tempo stesso ci godiamo il momento. Se “Shining” dovesse rivelarsi il nostro ultimo disco, ne sarei contento.

VOLEVO CONCENTRARMI SUL TITOLO DEL NUOVO ALBUM: “SHINING” SEMBRA QUASI PARADOSSALE, VISTA LA TRADIZIONALE MALINCONIA E OSCURITÀ DEL VOSTRO SUONO. È INTESO COME UN CONTRASTO O UNA SORTA DI PROVOCAZIONE?
– È una giusta osservazione, si tratta in effetti di un titolo strano per un album della nostra band. Quando ho ascoltato le canzoni che avevo composto, per qualche ragione ho pensato che qualcosa all’interno di esse ‘brillasse’ in modo diverso. Forse per la loro immediatezza, chissà. Mi hanno fatto pensare a dei diamanti. A un certo punto volevo intitolare il disco “Shining Dark”, ma, sai, ‘dark’ è una parola così cliché nel nostro genere. Quindi alla fine l’ho lasciata fuori, anche se ora ci sono dei piani per pubblicare una versione deluxe dell’album con questo titolo.
La nuova edizione conterrà del materiale extra e dovrebbe venire annunciata prossimamente (l’intervista si è svolta ai primi di marzo, ndr).

PARLANDO DI IMMEDIATEZZA DEI BRANI, PENSO CHE IL DISCO FUNZIONI BENE ANCHE DAL VIVO, COME DEL RESTO SOTTOLINEAVI ALL’INIZIO DELLA NOSTRA CONVERSAZIONE…
– Sì, questa musica si sposa bene con la dimensione live, anche se appunto non è stata concepita con in mente questo approccio. È semplicemente successo. Forse ci sono gruppi che pianificano come debbano suonare certi pezzi, vedi alcune band folk o viking metal, ma vaffanculo a quella roba.
Io non sono in grado di comporre a comando e soprattutto non mi interessa che la musica che realizzo possa essere più o meno divertente da suonare dal vivo. Però, sì, è evidente che il materiale di “Shining” funzioni bene in quel contesto. La gente ci sta vedendo interpretare questi pezzi e capisce che siamo sempre gli Swallow The Sun. Da quel punto di vista non è cambiato nulla.

CREDO CHE STIA DIVENTANDO DIFFICILE PER VOI METTERE INSIEME UNA SCALETTA PER I CONCERTI, CON TUTTI GLI ALBUM DA CUI ATTINGERE…
– Oh, è davvero difficile. È davvero difficile anche perché l’80% delle nostre canzoni durano dai sei ai dieci minuti. Non è quindi possibile inserire più di un certo numero di brani a serata. A volte mi viene voglia di recuperare dei pezzi che non suoniamo da anni, ma poi devo anche cercare del materiale che si leghi bene con quello del disco che stiamo promuovendo, quindi il tutto diventa ancora più complicato.
A oggi avremo tenuto circa mille concerti in carriera, ma il processo di compilazione della setlist è sempre un problema.

Artista: Swallow The Sun | Fotografa: Nicolette Radoi | Data: 25 aprile 2023 | Venue: Legend Club | Città: Milano

 

PARLANDO DI MUSICA DAL VIVO IN GENERALE, È NOTIZIA RECENTE CHE MIKKO, IL VOSTRO CANTANTE, CANTERÀ PER I MY DYING BRIDE QUEST’ANNO. COME HAI ACCOLTO QUESTA NOTIZIA?
– Ovviamente l’ho saputo in anteprima, ma il tutto è stato comunque una sorpresa. Sono un grandissimo fan dei My Dying Bride, quindi puoi capire come possa avere vari tipi di lettura per una situazione come questa. Da un lato sono felice per Mikko, perché cantare per una band come i My Dying Bride è un sogno, dato che li amiamo da sempre. Però la voce del gruppo è Aaron Stainthorpe, su quello non ci piove.
Onestamente non so cosa stia accadendo da loro: ci sono evidentemente dei litigi o delle divergenze sul futuro della band e Aaron al momento non se la sente di esibirsi dal vivo con loro. Mikko è stato ben felice di dare loro una mano, ma certamente non è una cosa che potrà avere chissà quale futuro. Spero che le cose possano sistemarsi per il meglio in seno alla band.

SEI STATO MOLTO CHIARO NEL SOTTOLINEARE COME NON COMPORRAI MAI QUALCOSA CONTROVOGLIA. PENSI PERÒ CHE, COME PIACERE NEI RIGUARDI DEI FAN, RIUSCIRESTI A PRENDERE IN CONSIDERAZIONE UN TOUR CELEBRATIVO PER UN VOSTRO VECCHIO ALBUM? ANNI FA SUONASTE “THE MORNING NEVER CAME” PER INTERO IN ALCUNE DATE EUROPEE…
– Sì, è già passata una dozzina d’anni da quel tour. Fu un’esperienza molto piacevole e posso dirti che non avrei niente in contrario a ripeterla, magari per un altro album. Ovviamente il tutto dovrebbe combaciare con altri nostri impegni, perché prima di tutto è importante restare focalizzati sul presente.
Detto questo, posso anticiparti che a breve verrà annunciato un evento speciale per il decimo anniversario della pubblicazione di “Songs from the North”. Non suoneremo tutti i brani del disco, ma sicuramente sarà una serata da ricordare.

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