In questo periodo di ascolti fugaci, EP, singoli, clip filmati con il telefono, streaming e download selvaggio, sarebbe potuta bastare una mossa stravagante come la pubblicazione di un triplo album per fare parlare di sè. Gli Swallow The Sun, però, alla quantità e all’estrosità hanno anche aggiunto la qualità. Andando oltre le aspettative, con “Songs From The North” i melodic doom metaller finlandesi hanno infatti confezionato uno dei loro lavori più curati e completi, tanto da riuscire a scacciare in un solo colpo buona parte di quelle accuse di pressapochismo e ampollosità che spesse volte li avevano investiti negli ultimi anni. Abbiamo parlato di questa monumentale opera e della mentalità che regna in seno al gruppo con il tastierista Aleksi Munter, uno dei tanti veterani della lineup dei Nostri…
LE COSE SONO CAMBIATE PARECCHIO DA QUANDO GLI SWALLOW THE SUN HANNO MOSSO I PRIMI PASSI. PERSINO IL DOWNLOAD DEI FILE MP3 STA DIVENTANDO OBSOLETO, VENENDO RIMPIAZZATO DALLO STREAMING. SI VENDONO SEMPRE MENO DISCHI E I FAN TENDONO A FILMARE I CONCERTI CON I LORO TELEFONI. COSA VOLETE DIMOSTRARE PUBBLICANDO UN TRIPLO ALBUM IN QUESTO MOMENTO STORICO E A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA?
“Senz’altro le cose sono come dici tu: procurarsi e ascoltare musica è più semplice ed economico che mai. Sia le case discografiche che le band non hanno ancora compreso del tutto come adattarsi a questo nuovo sistema. Noi, d’altro canto, con questa uscita – che sembra andare completamente controcorrente – vogliamo sottolineare come il formato album sia qualcosa che ci sta davvero a cuore. Il concetto di album dà alle singole canzoni un contesto fisico, visuale e interattivo. Le eleva a qualcosa di più di semplice intrattenimento”.
QUANDO AVETE INIZIATO A LAVORARE SU QUESTI ALBUM? RICORDI QUALE SIA STATA LA PRIMA CANZONE AD ESSERE COMPLETATA?
“Abbiamo iniziato a programmare un lavoro del genere alcuni anni fa. Un triplo album è sempre stato fra le ambizioni di Juha e noi non abbiamo fatto altro che dargli retta, senza stare a discutere troppo. Non ricordo esattamente l’ordine in cui i pezzi sono stati scritti, ma sono sicuro su quale sia stato l’ultimo ad essere completato: ‘The Heart of a Cold White Land’. In verità, buona parte della musica era praticamente pronta già due anni fa, ma abbiamo iniziato a rifinirla solo nei primi mesi del 2015, quando ci siamo accordati con la nuova casa discografica”.
I VARI CAPITOLI DI “SONGS FROM THE NORTH” TRATTANO ARGOMENTI DIVERSI, A LIVELLO DI TESTI? OPPURE VI È UN GRANDE CONCEPT DIETRO L’INTERO LAVORO?
“Vi sono senza dubbio temi diversi. Il primo album è tipicamente Swallow The Sun, con varie storie raccontate in musica. Il secondo è invece ispirato alla natura, mentre il terzo è colmo di riflessioni intime e personali. Non si tratta dunque di un tipico concept album, anche se i tre capitoli restano in qualche modo collegati”.
“SONGS FROM THE NORTH” È APPUNTO IL VOSTRO PRIMO ALBUM PER CENTURY MEDIA RECORDS. COME HA REAGITO L’ETICHETTA QUANDO AVETE PROPOSTO L’IDEA DI UN TRIPLO ALBUM?
“Il triplo album è stata la prima cosa che è venuta fuori nel corso del nostro primo incontro: ne abbiamo parlato ancora prima di discutere un potenziale contratto con loro. Devo ammettere che sono stati interessati all’idea sin dal principio e che non hanno mai fatto mancare il loro supporto durante l’intero processo di lavorazione. Sinora ci siamo trovati benissimo”.
OGNI ALBUM DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA SUONA COME UNA CELEBRAZIONE DELLA PIÙ PURA MALINCONIA. ALLA FINE DEI CONTI, COSA TROVATE DI COSI’ ATTRAENTE IN QUESTO SENTIMENTO, TANTO DA INCENTRARVI OGNI VOSTRA OPERA?
“È difficile da spiegare. Credo che la malinconia sia nel nostro DNA. Ad esempio, anche la musica tradizionale finlandese è estremamente malinconica. È sempre stata così, è nella nostra natura. D’altro canto, la musica felice non ha alcun spessore (ride, ndR)!”.
QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE CHE TU ABBIA MAI ASCOLTATO?
“Questa è una domanda difficile. Ho tante risposte in mente. La musica è sempre connessa a un luogo, una fase della nostra vita, ad altri sentimenti… una canzone può essere triste un giorno, ma diventare qualcos’altro il giorno seguente”.
COME AVETE AFFRONTATO LA COMPOSIZIONE DI UN TALE NUMERO DI BRANI? AVETE INIZIATO DAL CONCEPT, DA UN RIFF O DA QUALCOS’ALTRO?
“Solitamente partiamo da delle idee di chitarra proposte da Juha. Magari a volte ci troviamo a lavorare anche su delle linee vocali o delle parti di tastiera molto rudimentali. In genere, tendiamo a preparare numerosi demo a casa e poi a sviluppare le suddette idee lentamente in gruppo. Da ‘Plague of Butterflies’ abbiamo adottato questo processo particolarmente dettagliato e laborioso”.
TROVATE SEMPRE ECCITANTE COMPORRE MUSICA PER GLI SWALLOW THE SUN? OPPURE A VOLTE PUÒ SEMBRARE UN LAVORO?
“No, siamo ancora coinvolti come agli esordi. Non importa che la band sia diventata piuttosto famosa. Io personalmente amo lavorare in studio, ma mi trovo benissimo anche in tour. Non mi capita mai di vedere il gruppo come qualcosa che devo fare per forza. Anzi, oggigiorno faccio di tutto per essere sempre più coinvolto: ho persino iniziato a curare le nostre grafiche. L’unica cosa in grado di scoraggiarmi è la mancanza di tempo: a volte mi servirebbero giornate di trentasei ore”.
COME VEDI LA VOSTRA CARRIERA SINORA? RIMPIANGI QUALCOSA?
“No, devo dire che sono orgoglioso di tutto ciò che abbiamo fatto. Ovviamente, se potessi, registrerei alcune cose in maniera diversa oggi, ma questo è un pensiero comune ad ogni musicista”.
COME DESCRIVERESTI LA VOSTRA EVOLUZIONE MUSICALE DAGLI ESORDI AD OGGI?
“Chiaramente abbiamo iniziato subendo totalmente il fascino dei My Dying Bride. Tuttavia, agli esordi ci ha aiutato avere un batterista come Pasi, che, assieme al bassista Matti, era un grandissimo fan dei Death. Così, mentre parte di noi si cimentava in questo cupo death-doom, la nostra sezione ritmica stava praticamente suonando ‘Symbolic’ al rallentatore (risate, ndR)! Questa differenza di approccio e delle influenze diverse dal solito ci hanno dato modo di sviluppare un nostro stile piuttosto in fretta. Nel corso degli anni non abbiamo fatto altro che lavorare ulteriormente su di esso, cercando di trovare uno spazio per la personalità di ognuno dei membri del gruppo”.
IL GROWL NELLE STROFE E IL RITORNELLO MELODICO SONO ORMAI UNA COSTANTE NEI VOSTRI PEZZI NELLO STILE CLASSICO. NON PENSATE CHE QUESTA FORMULA SIA ORMAI PREVEDIBILE O PERSINO STUCCHEVOLE A VOLTE?
“È sicuramente una formula che altre band hanno adottato in questi anni, ma noi cerchiamo sempre di curarla al meglio. I contrasti sono una parte ricorrente nel nostro sound e nel nostro modo di comporre, anche se questi non sono comunque un punto inamovibile. La seconda e la terza parte del nuovo lavoro lo dimostrano: sappiamo essere totalmente melodici o del tutto pesanti con risultati egregi”.
COME FATE A DECIDERE SE UN BRANO È PRONTO ED È DEGNO DI ENTRARE A FARE PARTE DEL REPERTORIO DELLA BAND?
“Juha è sempre bravissimo a comporre tracce base che suonano già alla Swallow The Sun. Le prime idee per un nuovo brano arrivano sempre da lui, il quale è già di per sè molto critico. Dopo che il pezzo ha passato il primo esame, esso viene sottoposto a noi, che possiamo essere anche più brutali in quanto a critiche. Così facendo riusciamo sempre a selezionare il materiale giusto per un nuovo lavoro. In genere, poniamo molta attenzione sul songwriting: io, ad esempio, trascorro sempre parecchio tempo sul lavoro di tastiera; voglio che quest’ultima aggiunga sempre qualcosa di significativo al brano, anzichè restare in sottofondo senza alcuna personalità”.
STATE PIANIFICANDO QUALCOSA DI SPECIALE PER SUPPORTARE “SONGS FROM THE NORTH” DAL VIVO? AVETE CONSIDERATO L’IDEA DI PROPORRE L’INTERA OPERA LIVE IN UNA OCCASIONE SPECIALE?
“Nel futuro immediato terremo dei concerti ‘normali’, suonando almeno un pezzo da ogni album. Abbiamo parlato dell’opportunità di proporre il nuovo lavoro per intero, ma di certo ciò non avverrà in un tour. Magari, come tu hai suggerito, potremmo organizzare un evento particolare solo per questo disco. Vedremo…”.
A LIVELLO COMPOSITIVO STARETE FERMI PER UN PO’, DOPO UN LAVORO TANTO IMPEGNATIVO COME LA STESURA DI UN TRIPLO ALBUM?
“Sì, non credo che inizieremo a lavorare su della nuova musica tanto presto. Tuttavia, siamo sempre stati un gruppo spontaneo, quindi, se ci verrà l’ispirazione, non ci tireremo indietro. Di sicuro la prossima opera non sarà un triplo album, però… probabilmente sarà un mix di quanto fatto sino ad ora, con qualche spezia nuova”.
PER MOLTI FAN “THE MORNING NEVER CAME” CONTINUA AD ESSERE IL VOSTRO ALBUM MIGLIORE. COME TE LO SPIEGHI?
“Si tratta senza dubbio di un album solido: è piuttosto accessibile e vide la luce al momento giusto; all’epoca la maggior parte delle band finlandesi puntavano sulla velocità e vi era carenza di gruppi doom. Inoltre, va considerato il fatto che per molti quel disco è stato il primo contatto con gli Swallow The Sun: si tende spesso a vedere il primo ascolto e il primo disco come il momento migliore di un gruppo. Il fattore nostalgia gioca un ruolo importante nella percezione della musica”.
SONO USCITI NUMEROSI ALBUM DOOM DI VALORE BELL’ULTIMO PERIODO. COME SPIEGHI UN TALE EXPLOIT?
“Devo ammettere che non ho seguito molto la scena negli ultimi tempi. Ho apprezzato l’ultima prova degli Hanging Garden, ma, per il resto, mi fido della tua opinione. Non so perchè vi sia maggiore interesse attorno a sonorità più pesanti e malinconiche, ma di certo la cosa non mi dispiace. Anzi, era ora, dopo tutto quel folk metal che siamo stati costretti a sorbirci (risate, ndR)!”.