SYMPHONY X – Tra Dante e Orfeo

Pubblicato il 25/08/2015 da

Con “Underworld”, il loro nono album in studio, i Symphony X segnano un bel punto a loro favore, dando alle stampe un album che non rinnega niente del moderno e pesante cammino da loro intrapreso in tempi recenti, ma che recupera diversi input importanti dal loro splendente passato. Al telefono con il leader Michael Romeo, noi di Metalitalia.com abbiamo provato ad analizzare questo apparentemente virtuoso modo di lavorare, determinando con lui se è possibile ‘creare nuove idee usando mezzi e strumenti già in possesso da tempo’. Vi riportiamo il risultato di questa interessante chiacchierata che, oltre a riguardare gli argomenti legati all’aspetto compositivo, va a toccare anche altri ambiti, come la possibilità di un qualche progetto solista di Romeo.

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COME È IL MOMENTO IN CASA SYMPHONY X? FARE PROMOZIONE È PER VOI UNA PARTE DIFFICILE O NOIOSA DEL LAVORO?
“Al momento non è che stiamo facendo troppo. Siamo semplicemente in attesa. Tra poco sapremo come viene accolto il lyric video che abbiamo realizzato e poi avremo i feedback dell’album in sé. Penso che le prime recensioni arriveranno entro i prossimi quindici giorni (intervista raccolta a luglio, ndR) e quindi cerchiamo di rilassarci nel frattempo. Il lavoro per questo disco è stato lungo e penso che ci meritiamo un attimo di pausa. Ora come ora, quindi, non c’è che da aspettare e fare qualche intervista”.

MA SIETE SODDISFATTI DEL LAVORO FATTO?
“Be’, sì, certo. Come si può non esserlo quando esce qualcosa su cui hai lavorato così tanto tempo? Ci accade con tutti i dischi, e questo non fa differenza. Però stavolta il feeling è un po’ diverso. Abbiamo passato molto tempo a chiederci effettivamente dove volessimo andare con questo lavoro, questo già prima di scrivere le canzoni. ‘Underworld’ è un album studiato, non istintivo. Abbiamo voluto incorporare tutto ciò che fosse Symphony X, e quindi abbiamo canzoni molto heavy, così come canzoni più melodiche e passaggi progressive. Questa volta la soddisfazione ci viene principalmente dal fatto di esserci posti degli obiettivi prima di comporre, e dall’averli rispettati”.

SULL’ANALISI DELL’ALBUM MI TROVI D’ACCORDO. È CHIARA SECONDO ME LA RICERCA DI PROCEDERE SU UN PERCORSO RECENTE SENZA RINNEGARE NIENTE DEL PASSATO. MA NON TROVI SEMPRE PIÙ DIFFICILE AD OGNI DISCO RIUSCIRE IN CIÒ? 
“Sì, lo diventa sempre più, ma è un processo naturale. Da artista non vuoi mai ripetere te stesso, però nemmeno vuoi spostarti troppo lontano da quella che senti essere la tua dimensione giusta. Quindi ogni album è un lavoro di compromesso, dove cerchi delle nuove idee pur lavorando con elementi che oramai padroneggi e ti appartengono. Quest’album secondo me è la rappresentazione esatta di questo pensiero: abbiamo prodotto un album con nuove idee, ripercorrendo tutto il nostro passato e riscoprendone le caratteristiche. In carriera abbiamo avuto album più pesanti, più melodici e più progressivi… ‘Underworld’ mostra tutti gli aspetti!”.

NON C’È UN CONCEPT PRECISO DIETRO QUESTO ALBUM?
“Non c’è una storia o una vicenda fissa, se è questo che intendi, ma molte delle liriche qui presenti seguono un tema o, meglio, un atmosfera fissa che è quella mutuata dall’Inferno di Dante e dall”Orfeo all’Inferno’ di Offenbach. E’ la compenetrazione di tematiche oscure, pesanti e scomode, all’interno di una musica elegante e raffinata, con un lato fortemente melodico e una grande componente emozionale. Entrambe le opere parlano di una discesa all’Inferno e della conseguente uscita, e questa tematica ricorre un po’ ovunque, come risulta peraltro chiaro dal titolo ‘To Hell And Back’. Queste discese nell’Inferno sono ovviamente figurate e si prestano a parlare di una vasta gamma di tematiche, come ad esempio il periodo che si passa quando ci manca una persona cara… insomma, su ‘Underworld’ non narriamo una storia, non parliamo se non in un paio di episodi facilmente riconoscibili di quelle due opere, ma mi piace pensare che il loro ‘flavour’ e la loro impronta marchi decisamente questo lavoro”.

IMMAGINO CHE ABBIATE DI NUOVO REGISTRATO AI TUOI STUDI PERSONALI, THE DUNGEONS.
“Sì, è una scelta comoda. C’è una bella atmosfera e, essendo mio, le porte sono sempre aperte (ride, ndR). La gente che c’è dentro la conosciamo, c’è sempre qualcuno che mentre lavori passa magari a portarti il caffè… insomma, è un’ atmosfera davvero rilassata che aiuta a concentrarsi! Beh, rispondendoti in maniera più seria, registrando lì sono sicuro di tutta la tecnologia e tutto l’equipaggiamento che può servirci. Questo evita brutte sorprese in momenti delicati”.

COME HA FUNZIONATO PER QUESTO ALBUM IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE? AVETE UNO SCHEMA FISSO?
“Non abbiamo uno schema fisso, però devo dire che le cose funzionano in maniera similare oramai da molti album. Come ti ho detto prima, però, per questo album abbiamo parlato molto della direzione che l’album doveva prendere prima ancora di lavorarci. Una volta stabilite le coordinate entro cui ci saremmo dovuti muovere, ci sono stati dei mesi di lavoro in solitaria in cui si cercava di comporre e registrare versioni demo delle varie canzoni e per vari passaggi. Da quel momento in poi le cose sono andate come al solito: entriamo in studio con le canzoni già pronte diciamo all’80% e poi ognuno è libero di inserire il proprio marchio o di dare il suo parere in modo che il risultato piaccia a tutti. Dopo queste martellate tutti insieme il pezzo è forgiato… e non resta che registrarlo. Si, certo, vista la natura della musica c’è sempre almeno un certo lasso di tempo per ognuno di noi per fare pratica col brano e presentarsi pronto in sala di incisione, ma in genere le cose da lì in poi sono veloci”.

NEL VOSTRO CASO SI PARLA SPESSO DI CANZONI ANCHE MOLTO LUNGHE, DI SICURO COMPLESSE E COSTRUITE DA PIÙ PARTI. QUELLO CHE VOLEVO CHIEDERTI È SE CAPITA DI COMINCIARE UNA CANZONE CON UN’IDEA E UN TITOLO, E MAGARI RITROVARSI ALLA FINE A UTILIZZARE QUELLA STESSA IDEA PER UN BRANO COMPLETAMENTE DIVERSO…
“Di più nel passato. Eravamo più aperti a questo genere di sperimentazione, e le canzoni prendevamo pieghe impreviste che però poi ci piacevano. Negli ultimi due o tre album, questo non è successo. Le demo con cui ci presentiamo sono già quasi terminate, ed è difficile che qualcosa cambi drasticamente. Certo, si aggiunge una linea di chitarra o di tastiera, si cambia un arrangiamento, si riscrivono alcuni scambi con la batteria, ma non succede che la canzone venga stravolta nella sua struttura o nella sua concezione. Forse l’ultima volta che è successo qualcosa del genere è stato su ‘Paradise Lost’. ‘Set The World On Fire’ aveva in effetti un ritornello veramente diversissimo da quello che conoscete tutti, ma al momento di registrarlo, qualcosa non andava, e alla fine l’idea originale si è persa, completamente sostituita da una completamente nuova. Ma ti dirò, non mi sembra che ci stiamo perdendo qualcosa dal punto di vista della spontaneità: rimanere aderenti a quanto si è sviluppato come demo ci permette di non avere ripensamenti e di concentrarci solo sull’aspetto della registrazione e quello esecutivo. Da quel punto di vista, la canzone la conosciamo, e abbiamo la mente più libera per darli il suono giusto”.

VORREI FARTI UN PAIO DI DOMANDE PIÙ PERSONALI. GUARDANDO AL VOSTRO CANTANTE RUSSEL ALLEN, NON SI PUÒ DIRE CHE STIA CON LE MANI IN MANO. NON ESAGERO SE DICO CHE OGNI ANNO ALMENO TRE O QUATTRO DISCHI CON LUI AL MICROFONO SALTANO FUORI, E COSÌ È ANCHE PER LEPOND (MIKE, BASSO, NDR) CHE QUALCHE TEMPO FA HA PRESENTATO I SUOI MIKE LEPOND’S ASSASSINS. NON SENTI IL BISOGNO DI AVERE ANCHE TU QUALCHE PROGETTO SECONDARIO?
“Non ho bisogno di altre band perché i Symphony X rappresentano tutto il tempo che io dedico alla musica. Come dicevamo prima, registriamo nei miei studios, e questo fa si che io abbia sempre i Symphony X intorno. Ho lì le tracce da finire, quelle incomplete, quelle a cui stiamo lavorando. C’è sempre una linea da sistemare, qualche traccia che va messa insieme col ProTools, qualche progetto da finalizzare, e io tutti i giorni sono a contatto con qualcosa che riguarda la band. Non ho tutto questo tempo libero, e pensare a qualcosa d’altro mi riuscirebbe difficile. Quindi, no, non ne ho mai sentito il bisogno, a parte quel vecchio disco solista di molti anni fa (‘The Dark Chapter’, ndR). Con questo non voglio dire che escludo categoricamente featuring su dischi altrui, o forse addirittura in futuro di mettere su un progetto di qualche tipo… ma un’altra band? Quello proprio no. Se farò qualcosa del genere sarà solo per divertimento”.

MA NON TI È MAI CAPITATO DI COMPORRE QUALCOSA CHE RITENEVI VERAMENTE BELLO, PERÒ TI SEI RESO CONTO CHE NON ERA ADATTO ALLO STILE DEI SYMPHONY X PER NULLA?
“Sì, certo, è capitato. Scrivo molto, e quindi tanto materiale cui ho lavorato nel corso degli anni non è stato pubblicato. E molto di questo come dici è materiale molto diverso da quello che ci si può aspettare su un disco dei Symphony X. Molto più orchestrale, ad esempio, ma c’è anche qualcosa di ancora diverso. Penso che questo capiti a ciascuno di noi, molti artisti nel tempo libero comunque compongono qualcosa anche solo per testare nuove tecnologie o supporti, ma poi il discorso è sempre il tempo. Io posso comporre un pezzo e lavorarci su un po’, ma quando si tratta di pensare a registrarlo, produrlo, dargli un sound e degli arrangiamenti, lo faccio sempre in un periodo in cui si sta lavorando per i Symphony X, quindi le idee non adatte semplicemente slittano temporalmente, e rimangono lì un altro po’. Devo ammettere che, ora che mi ci fai pensare, un lavoro solista con alcune delle idee che ho da parte sarebbe pieno di cose inaspettate per i fan…”.

RIGUARDANDO ALLA TUA CARRIERA, VORREI CHIEDERTI QUALI SONO I PUNTI CHE RITIENI MIGLIORI E PEGGIORI IN CARRIERA. RIESCI A IDENTIFICARLI?
“Punti peggiori non me ne ricordo. O faccio fatica a identificarli, comunque. Quando iniziammo, come giovane band negli States, la situazione per il nostro genere non era la migliore possibile. Facevamo fatica, il progressive metal negli States non era certo il genere trainante, quello famoso e dove giravano soldi. Ma anche in quel periodo, in qualche modo, avevamo le nostre soddisfazioni. Riuscivamo a vendere, si creava un gruppo di fan affezionati, la critica non ci ha mai fatto mancare elogi. Questo è stato importante per non farci avere ripensamenti o rammarichi. Per quanto riguarda i tour, che sono sempre un periodo cruciale, non ricordo di un tour veramente terribile. Più che altro episodi: alcune sere di un tour sono state fantastiche, altre facevano proprio cagare. Però, non me la sento di bollare l’intero periodo di un tour come fallimentare per alcune serate storte. Certo, guardando l’insieme alcuni tour sono stati meglio di altri, ma non mi ritengo una di quelle persone che si concentrano solo sui lati negativi, quindi non posso identificare momenti terribili. I momenti migliori sono stati quelli in cui cominciammo a sfondare in Giappone. In patria avevamo ancora difficoltà, ma nel resto del mondo i Symphony X erano qualcuno. Questo era grande, ci faceva capire di aver concluso qualcosa. Alla fine siamo riusciti a ricavarci il nostro spazio anche in patria, ma quel successo oltreoceano ci è stato utile, davvero utile”.

PARLANDO DI TOUR, QUALI SONO I MIGLIORI DI CUI TI RICORDI?
“Oddio, difficile dirlo. Il tour con i Dream Theater è stato grande: belle persone loro e bellissimi posti in cui abbiamo suonato. Il Gigantour con i Megadeth è stato molto divertente. Ogni tour ha un suo sapore, ma penso che nel complesso in quasi tutti siamo riusciti a divertirci e a dire la nostra ai fan presenti agli show”.

DALLA TUA RISPOSTA SI NOTA UNA GROSSA DIFFERENZA NEI GUSTI DI MERCATO STATUNITENSI, PARAGONATI A QUELLI EUROPEI O DEL SOL LEVANTE… ANCHE I FAN MOSTRANO DIFFERENZE SIMILI?
“Sì, tantissimo. Ma solo nell’apparenza. A conti fatti, un fan ama un certo tipo di musica, la ascolta, la assimila e si muove per venire a vederla suonata dal vivo. Questo lo fanno tutti i fan in tutto il mondo, ma hanno modalità diverse di mostrarlo. Alcuni sono più riservati, altri più rumorosi, alcuni anche più maleducati, ma sono solo modi diversi di mostrare lo stesso tipo di amore”.

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