I Tau Cross sono sicuramente un esempio particolare di supergruppo, data la presenza in formazione di due personalità dalla storia mirabile come Michel ‘Away’ Langevin dei Voivod e Rob ‘The Baron’ Miller degli Amebix. Ma cosa colpisce particolarmente dell’incontro tra i due è come la somma delle parti regga benissimo il confronto con le band di provenienza, e abbia dato vita finora a due album decisamente strepitosi. Di questa nuova linfa vitale, di come comporre musica assieme vivendo ai capi opposti del mondo e di progetti futuri abbiamo parlato con il sempre disponibile e stimolante Rob; il quale, nella sua intensa vita di musicista e maestro d’armi non rinuncia mai ad essere un acuto osservatore della società, e ci ha quindi detto la sua anche su questi cupi tempi moderni e sul condizionamento delle masse.
CIAO ROB E BENVENUTO SU METALITALIA.COM. DATO CHE È LA PRIMA VOLTA CHE TI INTERVISTIAMO, TI ANDREBBE DI TORNARE INDIETRO DI QUALCHE ANNO E RACCONTARE AI NOSTRI LETTORI COME SONO NATI I TAU CROSS?
– Certamente. Dopo la fine degli Amebix mi erano rimaste delle idee per qualche canzone che sentivo che doveva essere registrata, quindi per un anno e mezzo ho cercato persone disposte a unirsi, senza successo; finché Away mi ha contattato e mi ha chiesto se stessi lavorando su qualcosa, dopodiché Andy e Jon sono entrati nel progetto molto rapidamente e abbiamo deciso di provare a elaborare le demo che avevo fatto negli ultimi tre anni, e questi sono diventati i Tau Cross.
PARLANDO DEL NOME DELLA BAND, FORSE È SOLO UN’IPOTESI FANTASIOSA, MA IL SIMBOLO DELLA TAU CROSS ERA GIÀ – IN FORMA DIVERSA – SULLA COPERTINA DI “SONIC MASS”, L’ULTIMO ALBUM DEGLI AMEBIX. È QUALCOSA A CUI STAVI PENSANDO DA MOLTO TEMPO?
– Sì, è vero. Ho riflettuto su alcune opere d’arte e anche su alcune connessioni simboliche e personali che ho fatto negli anni e questo simbolo era in qualche modo sempre presente, quindi ho deciso di renderlo manifesto e di vedere che significato poteva assumere; ritengo che i francescani se ne siano appropriati dagli ebrei, che a loro volta lo hanno ripreso dagli egiziani e così via. Ha una radice pagana/gnostica che mi affascina.
A PROPOSITO DEGLI AMEBIX: VEDI UNA CONTINUITÀ TRA LE TUE DUE BAND?
– In un certo senso sì, il mio songwriting è simile a quello negli Amebix, come ci si aspetterebbe, anche se i Tau Cross mi hanno permesso anche di essere meno limitato in quello che voglio dire e fare musicalmente, è abbastanza liberatorio.
DALL’ESTERNO, L’IDEA CHE ABBIAMO AVUTO È CHE LA FURIA DEGLI AMEBIX SIA UN PO’ ‘RALLENTATA’, NEI TAU CROSS. ANCHE SE L’ENERGIA (SOPRATTUTTO PER QUANTO RIGUARDA LE TUE LINEE VOCALI) È ASSOLUTAMENTE INTENSA.
– Forse è così, la furia di Amebix si è un po’ ammorbidita: ho gridato contro tutto e tutti per molto tempo e ora sono più concentrato nel trovare risposte, cercare la verità negli argomenti che tratto, raggiungere una visione meno nichilista, forse, e ovviamente anch’io sono invecchiato, la vita mi ha insegnato alcune lezioni.
COSA CI PUOI DIRE DEL PROCESSO DI COMPOSIZIONE DEI BRANI? SONO TUTTI LIBERI DI PROPORRE NUOVE IDEE O C’È UN MODO RIGOROSO IN CUI PROCEDETE, TENUTO ANCHE CONTO CHE VI SEPARANO ORE E MIGLIAIA DI CHILOMETRI IN MEZZO MONDO.
– Sì, è difficile, siamo stati costretti a scrivere e registrare in diversi Paesi, che è stata una grande sfida, ma ritengo che finora ce la siamo cavata bene. Comunque, l’idea per il futuro è di registrare tutti insieme in uno studio, quindi è tempo di riflettere su questo vortice di attività e cominciare a concentrarci; senza preconcetti o aspettative, allo stesso modo in cui tutto è iniziato, quindi penso che il terzo album sarà il più difficile da completare. Per quanto riguarda la composizione, tutti contribuiamo a portare idee e a lavorare su quelle degli altri, quando il tempo lo permette; al momento le cose procedono lisce, ma c’è una discreta agitazione in questa ‘pozza’ di idee, sarà che l’Inverno inizia a spiegare le sue ali oscure sopra di noi.
PARLANDO DEL NUOVO ALBUM, ABBIAMO L’IMPRESSIONE CHE ABBIATE RAGGIUNTO UNA NOTEVOLE CONFIDENZA IN UN VOSTRO SOUND PERSONALE, E CHE VI SIATE SENTITI LIBERI DI PROVARE ANCHE QUALCOSA DI DIVERSO, AD ESEMPIO NELLA TITLE-TRACK O IN “WHAT IS A MAN”. SEI D’ACCORDO?
– Sì, io ho sempre amato avere canzoni acustiche o con le voci pulite su un album che offre materiale più pesante, mi piace la giustapposizione e anche il modo in cui può consentire un maggior respiro all’interno di un paesaggio musicale variegato. Ho sempre voluto essere in grado di scrivere qualcosa di epico come fecero i Pink Floyd, un album pieno di intensità, violenza e bellezza allo stesso tempo, ed è qualcosa cui continuo a mirare con i Tau Cross. Jon e Andy stanno aggiungendo a questo lavoro sfumature che sono decisamente diverse da quelle che scrivo io, e questo aiuta molto ad ampliare le cose.
VORRESTI PARLARCI DEI TUOI TESTI? SEMBRA CHE CI SIANO SEMPRE DELLE ANALISI SOCIALI NELLE TUE CANZONI, ANCHE SE FORSE IN UN MODO ALLEGORICO. PENSIAMO A CANZONI COME “BREAD AND CIRCUSES” O “KILLING THE KING”.
– Certo, cerco sempre di non essere troppo esplicito (a parte in “RFID”), ma di permettere a chi ascolta di interpretare quanto racconto coi miei testi. Personalmente non sono del tutto in sintonia con la visione comune della politica o della religione, per esempio, sono in disaccordo con la conformità che sembriamo promuovere attraverso i social media, vorrei che le persone si sentissero libere di trarre le loro conclusioni e cercare i perché, oltre la verità accettata attraverso il filtro dei media e del condizionamento sociale.
E DALL’ALTRO LATO, PER ESEMPIO IN “RFID” CHE HAI APPENA CITATO, C’È UNA VISIONE DAVVERO DISILLUSA SULLO SVILUPPO TECNOLOGICO E SUL MODO IN CUI VIENE UTILIZZATO PER CONTROLLARE LA SOCIETA’.
– Beh, ogni giorno osserviamo passi avanti in questa ovvia direzione, quello che una volta era un’idea paranoica e distopica è in realtà qui di fronte a noi; ciò che è interessante è il livello di accettazione sociale che vediamo rispetto alle violazioni e all’intrusione nelle nostre vite a un livello così profondo. La gente è ormai pronta a mettersi in fila per farsi innestare dei chip, nei prossimi anni, visto che i sistemi di sicurezza basati su scanner e simile diventano sempre più comuni in tutti i settori.
TI SPAVENTA IL PROGRESSIVO ISTUPIDIMENTO DELLE PERSONE ATTRAVERSO DIVERSE FORME DI CONTROLLO, DI POTERE E TRAMITE I MEDIA?
– Non mi spaventano, ma sono preoccupato che non esista più un pensiero critico: di sinistra o di destra, polemisti o nazisti, le persone sembrano incapaci di concentrarsi su un argomento per un tempo utile, per cui sentiamo opinioni frutto di informazione parziale, piuttosto che ottenere una discussione qualificata. Sono preoccupato per il fatto che ci stiamo raggruppando in gruppi distinti attraverso lo sviluppo dei social media, una sorta di esperimento verso l’assoluta conformità delle opinioni. Mi tengo lontano dall’effetto della Camera dell’Eco, preferisco ascoltare persone con cui non sono d’accordo e aspettare di cogliere argomenti salienti, cosa che mi può aiutare ad avere un’altra visione.
PENSO CHE NEGLI ANNI TI SIA STATO PROPOSTA SPESSO UNA CERTA SOMIGLIANZA NEL SUONO, NELL’APPROCCIO E NELL’ATTITUDINE CON I KILLING JOKE. CI INCURIOSISCE SAPERE SE TU E JAZ COLEMAN SIETE ANCHE AMICI, DATO CHE SIETE DUE TRA LE PIU’ APPREZZATE TESTE PENSANTI NEL ROCK.
– Non saprei risponderti. Ho incontrato Jaz in un paio di occasioni e ho cercato di avere una conversazione, ma è stata una vera sfida, penso che la sua visione sia molto ottusa. Ho passato più tempo con Paul (Ferguson, batterista dei Killing Joke, ndR) con cui condivido una certa passione per la metallurgia e le teorie del complotto, ed è stato interessante scoprire che lui è anche autore di molti dei testi dei Killing Joke; allo stesso modo in cui sono stato sorpreso a suo tempo che ci fosse Geezer Butler dietro la maggior parte delle splendide lyrics dei Black Sabbath.
DA MOLTI ANNI TI SEI TRASFERITO IN UN PICCOLO VILLAGGIO SULL’ISOLA DI SKYE. COME RELAZIONI LA TUA VITA IN UN AMBIENTE COSÌ NATURALE ALLA TUA VISIONE DELLA VITA MODERNA E ALLA TUA MUSICA?
– Ci penso spesso, sono molto fortunato a vivere qui, ma non è stato facile arrivare a questo o addirittura sopravvivere, è stato un duro lavoro. Sono ancora piuttosto ossessionato dalle ingiustizie, anche se per me molte cose sono a un milione di chilometri di distanza; ne sono infastidito, sento la responsabilità sociale di parlarne e di scrivere a riguardo. Sento che noi, come esseri umani, abbiamo una meravigliosa potenzialità da cui stiamo deviando per uno scopo ben preciso, e che la nostra energia viene vampirizzata a servizio di questa demoniaca privazione dei diritti civili.
TU SEI ANCHE UN MAESTRO DI SPADE RINOMATO IN TUTTO IL MONDO: C’È UNA CONNESSIONE TRA I TUOI DUE PROCESSI CREATIVI?
– Il fuoco è l’immaginazione, il fuoco è il processo magico attraverso il quale la materia viene modificata, vedo il mio lavoro in entrambi i campi votato alla trasformazione, un approccio alchemico se preferisci.
SEMBRA CHE I TAU CROSS SIANO NATI PER SUONARE DAL VIVO; TUTTI VOI AVETE ALTRI PROGETTI IN CORSO, E PENSIAMO PARTICOLARMENTE AD AWAY, MA SIETE COMUNQUE ABBASTANZA SPESSO IN TOUR, ANCHE SE IN UN MODO SELEZIONATO. RITIENI CHE IL PALCO SIA LA VOSTRA DIMENSIONE ‘NATURALE’?
– È stato interessante tornare a suonare dal vivo, prima con la breve ricomparsa degli Amebix e ora come frontman, è qualcosa che sto imparando a fare di volta in volta. Come band ci troviamo bene, dal vivo, c’è una grande energia tra tutti noi che la rende un’esperienza veramente piacevole. Vivere tutti in Paesi diversi ha reso molto difficile organizzare date, ma facciamo quello che possiamo, con l’intenzione di incastrare almeno tre settimane di concerti in un anno se riusciamo; quindi vedere i Tau Cross dal vivo non sarà una cosa frequentissima, più un’eccezione.