La carriera dei Temperance viaggia veloce come una navicella nello spazio… una navicella che ha portato il talentuoso quintetto piemontese fino in America ed in Thailandia, dando la possibilità di proporre ai locali la propria mistura a base di metallo moderno, metal sinfonico e, perché no, anche hard rock. Con Marco Pastorino (chitarra), Giulio Capone (batteria) e Chiara Tricarico (voce) parliamo sia del resoconto di questo emozionante viaggio, sia del nuovo “Limitless”…
CI AVETE MESSO POCO A DARE UN SUCCESSORE AL VOSTRO OMONIMO DEBUTTO E VORREMO CHIEDERVI COME HANNO FUNZIONATO LE COSE DIETRO QUESTO ALBUM. AVEVATE DEI BRANI IN DISAVANZO DAL DISCO PRECEDENTE? AVETE COMPOSTO IN TOUR? COME E QUANDO AVETE LAVORATO A QUESTI NUOVI BRANI?
Marco Pastorino: “Suppongo che avevamo molto da dire in linea generale, perché ‘Limitless’ è stato scritto ex novo in poche settimane, non c’erano brani già pronti che potevamo sfruttare. L’essere stati così tanto in giro per il mondo tutti insieme ci ha dato quell’affiatamento e quella spinta necessaria per lavorare a nuovi brani con rinnovata energia, ed il risultato sono stati sei o sette pezzi nati molto di getto. La rapidità con cui abbiamo scritto brani che ci soddisfacevano ci ha poi spronati a scriverne altri, e ci siamo trovati in fretta con tredici nuove canzoni in mano. Allora le abbiamo registrate e pubblicate subito. Tutto quello che abbiamo scritto però è qui… non è avanzato niente nemmeno da queste sessions“.
IN PRATICA TRA REGISTRAZIONI, TOUR E LE NUOVE REGISTRAZIONI, AVETE PASSATO PIÙ DI UN ANNO A VEDERVI PRATICAMENTE TUTTI I GIORNI… IL TEMPO TRASCORSO ASSIEME VI HA DATO INDICAZIONI SU COME LAVORARE A QUESTO NUOVO ALBUM?
Chiara Tricarico: “In realtà, devo dire che ci siamo trovati l’un l’altro fin da subito. Stavolta abbiamo lavorato in maniera anche più spedita forse appunto grazie a un maggior affiatamento tra di noi, ma l’organizzazione del lavoro è rimasta pressoché la stessa. Magari, dove prima discutevamo brevemente per metterci d’accordo, adesso c’intendiamo senza nemmeno più bisogno di parlare, ma direi che in generale il modo di rapportarci tra noi è rimasto perlopiù invariato”.
Marco: “Sicuramente è cambiata l’intesa. Quando abbiamo scritto e arrangiato il debutto, alcuni di noi non si conoscevamo nemmeno… ad esempio io con Chiara avevo avuto proprio pochi rapporti prima dei Temperance. Dopo tutto il tempo passato assieme però, vederci tutti i giorni adesso ci sembra normale. Addirittura alle volte usciamo assieme anche al di fuori degli impegni della band! L’affinità è aumentata molto, e questo non poteva che migliorare il nostro modo di collaborare anche durante le composizioni. Una cosa che voglio precisare è che i testi del debutto erano stati scritti da noi tre in squadra, cercando di sincronizzare le nostre idee e di trovare un punto comune. Su ‘Limitless’ è stata solo Chiara a prendersi il compito, e quindi anche il merito, di scriverne in toto i testi. Il risultato di questa scelta è un impianto lirico più omogeneo, che va in un’unica direzione, e questo ci ha permesso di mettere maggiormente a fuoco la nostra immagine come band”.
RIPRENDENDO LA FRASE DI PRIMA, SIETE STATI IN EFFETTI MOLTO IN GIRO PER IL MONDO… C’È QUALCOSA CHE VI HA COLPITO NELL’AVER SUONATO COSÌ A LUNGO E COSÌ TANTO AL DI FUORI DEI CONFINI ITALICI?
Chiara: “Sicuramente abbiamo visto tanti modi diversi di approcciarsi alla musica. I fans intendo… rispondono in modi diversi nei diversi paesi. E poi di sicuro mi ha colpita il fatto che in alcuni paesi della Slovacchia di cui magari non avevo mai nemmeno sentito il nome, o in lontanissime città americane, la gente conoscesse già le nostre canzoni, e le cantasse anche! E’ stata di sicuro una cosa di un certo impatto”.
Marco: “La cosa straordinaria è la differenza culturale che avverti in ogni posto che visiti. Non abbiamo girato proprio tutto il mondo ma intendiamo farlo, e proprio per vedere le differenze di come la gente percepisce la musica. Nell’Est Europeo ad esempio i fan sono caldissimi, hanno assolutamente fame dell’energia che viene loro regalata da uno show, mentre in America sembrano considerare più l’aspetto puramente artistico di quello che facciamo. Ci è capitato in molte città degli States che qualcuno ci dicesse che per loro la nostra era in qualche modo una musica nuova, cui non erano abituati… il nostro sound è tipicamente europeo, e per loro rappresenta appunto una forte novità. Con le dovute proporzioni, mi sembra quasi come quando, negli Anni ’50, vedevano Elvis per la prima volta…”.
Giulio Capone: “[ride, ndR] L’hai sparata grossa!”.
Marco: “Sì, è vero! [Ride anche lui, ndR] Ma a parte questa mia sparata, ci tenevo a dire che il paragone calza, e può essere visto da ambo le parti. Negli States hanno rock band emergenti incredibili, che spaccano davvero il culo al mondo! La stessa band di supporto che avevamo nel tour americano era, per i canoni di lì, una band ‘normale’… se fossero stati qui in Europa, con quel sound secondo me potevano essere i nuovi Blackstone Cherry. Hai capito dove voglio arrivare? Ci sono grandi differenze tra il fatto di provenire da un paese e trovarsi a parlare in un altro… solo che come al solito io lo dico esagerando un po’!”.
POSSO DEDURNE CHE UN CERTO SENSO DI SORPRESA IL FATTO DI GIRARE IL MONDO IN TOUR ANCORA ESISTE!
Chiara: “Lo puoi dire. Tornando all’argomento Stati Uniti, sono rimasta piacevolmente sorpresa dall’accoglienza e dall’ospitalità dimostrata. Gli americani non sono diffidenti come spesso lo è la gente da noi. Se c’è qualcosa in comune, semplicemente la calcano, per conoscerti meglio. Anche nelle domande di certi fan, si notava non solo il tentativo di dire che il cd è bello, che è piaciuto… vogliono proprio capire cosa c’è dietro! Ti chiedono magari la canzone come l’hai composta, il perché di certe scelte… sono molto aperti, danno molto calore. E non me lo sarei aspettata sinceramente… Poi, questo ovviamente questo vale per la nostra esperienza, generalizzare è sempre un male”.
Marco: “Dal punto di vista più pratico, un’altra grossa differenza ha riguardato il merchandising. Qui in Europa vendiamo principalmente i CD, il resto sono briciole. In America le magliette finiscono subito, ma il disco preferiscono scaricarselo da iTunes o comprarlo in digitale… certo, il CD in qualche modo va sempre, ma c’è da dire che i ragazzi di lì preferiscono nettamente comprare del merchandise piuttosto che un prodotto che possono avere disponibile sul canale digitale”.
STATE RISCUOTENDO UN CERTO SUCCESSO, SOPRATTUTTO VISTE LE VOSTRE ORIGINI COSÌ RECENTI,PERCIÒ CHIEDERVI, COME VALUTATE VOI IL ‘SUCCESSO’? E’ ANCORA MISURABILE IN TERMINI DI CD VENDUTI, DI GENTE AI CONCERTI, DI FEEDBACK DA PARTE DEI FAN?
Marco: “Di base penso che ad oggi il successo non si possa costruire sul lavoro di un solo disco o su uno span di pochi anni. Questo ci esclude. Il successo va valutato sul lavoro di molti anni, durante i quali ci si mette alla prova sotto diversi aspetti. Devo in parte dissentire con te, perché la direzione cui stiamo andando non la considero ancora veramente ‘di successo’. Sono però ovviamente molto contento di come stanno andando le cose alla band, ma nonostante siamo stati parecchio in giro non è che ci fossero 30.000 persone ogni notte a seguirci… ripeto, le cose certo stanno andando bene, e forse sopra anche le previsioni iniziali, ma ci rimane molta strada ancora da percorrere”.
E QUALI ERANO LE VOSTRE PREVISIONI INIZIALI?
Marco: “Beh, non certo di fare successo! Penso che se così fosse, avremmo già smesso di fare quello che facciamo da tempo. Scherzi a parte, non c’erano particolari previsioni, quello che mi stupisce è l’avere attirato l’attenzione della gente, cosa di cui sono molto fiero. Penso che in un anno abbiamo fatto tante scelte giuste sotto molti aspetti, ma soprattutto sono felice di aver lavorato in una maniera molto professionale fin da subito”.
QUALCUNO VUOLE AGGIUNGERE QUALCOSA?
Chiara: “Concordo con Marco sul fatto che abbiamo molta strada ancora davanti a noi. Ci sono tanti traguardi che vogliamo raggiungere, tante cose che sentiamo di dover fare, quindi non ci sentiamo ancora di valutare se i Temperance sono una band di successo oppure no. Però una delle soddisfazioni più belle è quando qualcuno ti scrive frasi del tipo: ‘Stavo andando a lavoro, ero incazzatissimo, poi ho sentito una vostra canzone su Spotify, e sono stato meglio…’. Sapere che una tua canzone ha trasmesso qualcosa a qualcuno, qualcuno che magari nemmeno conosci, è per me la cosa più bella che ci sia successa”.
Marco: “Beh, se ci ha ascoltato andando a lavoro… sarà ancora più arrabbiato dopo! (ride, ndR)”.
Giulio: “A me ha stupito vedere gente che è venuta magari a vedere più concerti di seguito. Non è banale se ci pensi. E’ gente che si è fatta magari diversi chilometri, per venire poi a vedere quello che a conti fatti è sempre lo stesso spettacolo… Non è che da una sera all’altra cambiamo la scaletta, ma alcuni fan si sono mossi lo stesso per vederci più volte. Questo mi fa pensare di aver colpito la loro attenzione”.
CHIUDEREI IL DISCORSO CON UNA DIGRESSIONE SUL GENERE DA VOI SUONATO… PARLANDO DI METAL MODERNO, CARATTERIZZATO DA UN FORTE USO DELL’ELETTRONICA E DELL’ALTERNANZA DI VOCI FEMMILI ED ESTREME, SIAMO IN UNA SORTA DI PERIODO D’ORO. VOI COME LA VEDETE? SIETE STATI FORTUNATI A PRENDERE QUESTO TRENO AL VOLO?
Marco: “E’ una scena mutevole in verità. Va avanti evolvendosi, senza fossilizzarsi su canoni o stili prefissati. Certo, qualche trademark si sta anche fissando, nella scena globale come nella musica dei Temperance, ma si tratta di singoli elementi. Possono essere i ritornelli aperti e ariosi, o l’alternanza della melodia con un supporto strumentale più violento… Ma ora come ora non ti so nemmeno dire se nel prossimo album continueremo a seguire quest’approccio o se qualcosa cambierà. Non so se i prossimi brani dei Temperance seguiranno lo stile di ‘Oblivion’, o saranno più simili a ‘Tell me’ sul debutto… non so come sarà il futuro, ed è un bene che non lo sappia! L’unico punto fisso è che nel campo rock e metal, soprattutto adesso, la qualità paga sempre, a prescindere dal fatto che un genere vada di moda o meno. C’erano degli anni in cui andava di moda il power e avevamo l’esplosione di quella musica. In tempi più recenti spingeva magari il folk metal… alla fine di tutto però non rimangono che le band di valore che portano avanti qualcosa. Avranno qualcosa in più, queste band, e noi vogliamo prenderle come esempio! E’ solo così che ci muoveremo in futuro!”.