TETHRA – Oscura anima cosmica

Pubblicato il 06/04/2020 da

Il nuovo album dei Tethra “Empire Of The Void” segna un’ulteriore crescita dal punto di vista compositivo e da quello della personalità per il gruppo italiano: il respiro ampio delle sonorità, impreziosito da una cover di tutto rispetto e che aggiunge punti al tabellino della personalità, rende i nuovi brani decisamente azzeccati. Un nuovo trampolino di lancio per il gruppo, dunque, che risponde alle nostre domande attraverso le parole del cantante Clode Tethra e del chitarrista Federico Monti.

PARLIAMO UN PO’ DEL NUOVO ALBUM “EMPIRE OF THE VOID”: INNANZITUTTO QUALCHE PAROLA SULLA COPERTINA, CHE SEMBRA METTERE SUL PIATTO FIN DA SUBITO LA SIMILITUDINE FRA MICROCOSMO (IO) E MACROCOSMO (L’UNIVERSO)…
Clode:
– Da tempo avevo questa visione di un gigantesco cuore umano che fluttua nello spazio siderale da cui scaturisce tutto quello che si trova nell’universo, tuttavia questa non è l’unica chiave di lettura della copertina di “Empire Of The Void”. Ci piace pensare che le emozioni governino questo mondo e quindi abbiamo cercato di rappresentare al meglio anche questa metafora usando la parte anatomica storicamente e universalmente proposta come l’organo da cui hanno origine tutti i sentimenti umani; questi ultimi infatti giocano un ruolo fondamentale nella nostra musica e trasmettere emozioni profonde a chi ci ascolta è il nostro scopo più alto. Apprezzo sempre molto quando una band è in grado di produrre una copertina che riesca a catapultarti nel mood dell’album e ti faccia intuire le tematiche che si celano all’interno di quest’ultimo e, in questo, credo che Korvo abbia davvero centrato il punto, se poi aggiungi che il suo stile personale, così pesantemente influenzato da artisti non convenzionali come Dalì o De Chirico, che fanno della metafisica e della distorsione dello spazio il loro marchio di fabbrica, potrai facilmente intuire perché abbiamo scelto lui per rappresentare un concetto così particolare.

QUANTO TEMPO HANNO RICHIESTO LA SCRITTURA E LA REGISTRAZIONE DI QUESTO LAVORO E COME SI È SVOLTO IL TUTTO?
Federico: – Scrivere un album non è mai solo una questione di tempo, specialmente se non è il tuo lavoro e se l’obiettivo che hai è quello di scrivere canzoni che trasmettano qualcosa. I primi abbozzi dei nuovi brani sono nati ad inizio 2018, periodo nel quale sentivo fosse il momento di iniziare a lavorare a nuova musica. Alcune delle idee che sono finite nelle prime due parti della suite “Gravity” erano nate poco prima che entrassi nei Tethra, ma il resto del materiale è stato scritto appositamente per l’album. Ritengo che la stesura dei pezzi debba essere un lavoro di concerto tra i membri della band, perché permette di avere più teste che pensano nella stessa direzione e quindi di avere più idee valide da sviluppare o da seguire. Le canzoni sono state composte partendo da una serie di riff di chitarra sui quali ho lavorato a lungo con Clode, riuscendo così a creare il giusto equilibrio tra le mie esperienze ed influenze personali e l’anima dei Tethra: su questa base, ogni membro della band è stato poi libero di inserire le parti che riteneva più appropriate, in un processo compositivo molto naturale e spontaneo, anche perchè il bello del fare musica è miscelare le idee di tutti in una perfetta alchimia che si concretizza nella canzone finita. Per i prossimi lavori spero di lavorare ancor più di concerto con il resto della band perché quando compongo credo di produrre fin troppo materiale e ho bisogno di qualcuno che mi tenga a freno e mi ricordi che “less is more!”. Le registrazioni sono state altrettanto semplici grazie a Matt che ha reso il lavoro molto scorrevole e ha dato a noi e al disco un apporto e un supporto notevoli: il suo ruolo va oltre quello del semplice ‘registratore’ dell’album. Quando diciamo che lui è il sesto membro dei Tethra è perché è veramente d’aiuto, può capitare di arrivare in studio ciecamente convinti delle proprie idee ma a volte bisogna fare i conti con aspetti musicali a cui non si sarebbe mai pensato e, in quel caso, capita che possano sorgere degli imprevisti e Matt è sempre pronto a darti il giusto consiglio per risolvere al meglio la situazione. Tante piccole cose sono cambiate da come le avevo pensate e alcune sono anche state un po’ stravolte, ma credo sia il bello dell’incidere un disco.

PASSIAMO A QUELLI CHE SONO I TEMI CENTRALI DEI BRANI E DI COSA HA DATO IL LA ALLA CREAZIONE DEI TESTI E DELLA MUSICA…
Clode:
– Ogni nostro album è legato ad un elemento particolare e, per concludere la tetralogia iniziata col primo EP “At the Gates of Doom”, questa volta abbiamo scelto di sviluppare il tema dell’aria o, in questo caso, della mancanza di essa. Trovo che lo spazio siderale, con la sua immensa vastità ben si abbini ad alcune emozioni che, in certi frangenti della vita, a ognuno di noi può capitare di sperimentare. E’ proprio quella sensazione di vuoto la chiave di lettura principale di tutte le liriche del nuovo album e lo spazio è stato solo un pretesto per poter approfondire meglio cosa si cela dentro gli abissi dell’animo umano. Per noi suonare questo tipo di musica è un viaggio catartico ed introspettivo attraverso i nostri più reconditi sentimenti… e costa sicuramente meno di una seduta dallo psicanalista.

PERSONALMENTE HO TROVATO QUESTO NUOVO LAVORO ANCORA PIÙ VARIO RISPETTO AI PRECEDENTI, IN GRADO DI ANDARE AD UTILIZZARE COLORI DI UNA TAVOLOZZA ESPRESSIVA CHE PRIMA NON ERANO STATI USATI. MATURITÀ A PARTE CHE, OVVIAMENTE, AVETE ACQUISITO CON IL PASSARE DEL TEMPO, COSA PENSATE ABBIA INFLUITO MAGGIORMENTE SU QUESTO ASPETTO?
Federico: – Uno dei motivi per cui, nel 2017, ho deciso di unirmi ai Tethra era legato al fatto che vedevo nei pezzi di “Like Crows For The Earth” il doom che più apprezzo, ma anche un potenziale inespresso notevole. Pur conscio di questo, non mi ero prefissato nessun obiettivo particolare per quanto riguarda la resa delle canzoni, perchè credo fermamente che l’ispirazione debba seguire l’emozione del momento. E così ho fatto, seguendo il mio istinto e prendendo ispirazione dai miei ascolti (sia quelli formativi che quelli più recenti), cercando di creare il giusto mix tra melanconia e pesantezza, sia di sound che di riff. Credo che la varietà di quest’album risieda anche nel fatto che, non avendo paletti particolari, mi sia lasciato trasportare e abbia cercato di esplorare tutti i terreni possibili, senza limiti. L’idea di creare un intero album legato a doppio filo alle liriche, anche melodicamente parlando, è sempre stato uno dei miei sogni, e per fare questo ci vuole un progetto ben definito e chiaro sin dall’inizio perché un concept è un lavoro molto più oneroso in termini di tempo e dispendio di energie.

ESISTONO SECONDO VOI DELLE CANZONI MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVE DI “EMPIRE OF THE VOID?
Clode: – La cosa che ci ha lasciati piacevolmente sorpresi, riguardo a chi ha già avuto la possibilità di ascoltare “Empire Of The Void”, è che questo album non sempre riesce a mettere d’accordo tutti su quello che potrebbe essere il pezzo più rappresentativo perché ognuno sembra apprezzare una canzone diversa, questo accade perché in questo nuovo lavoro risiedono molteplici anime differenti e la cosa positiva è che ognuno può trovare quella più affine alla propria sensibilità o ai propri gusti. I confini tra i quali ci muoviamo sono, da sempre, quelli che stanno tra il death metal, il doom metal e il gothic, anche se più passa il tempo più incorporiamo nel nostro sound influenze diverse pur rimanendo sempre molto riconoscibili e questo credo che sia il più grande punto di forza della band. Per quanto riguarda il nostro pensiero personale, invece, siamo tutti molto legati a “Gravity” perché è un unico pezzo diviso in tre atti e ogni parte fa emergere un lato diverso della nostra musica e delle nostre influenze. Noi siamo così, non credo che avrete mai un album eccessivamente monolitico e omogeneo dai Tethra ma sempre un lavoro dalle mille sfumature sonore.
Federico: – Confermo che “Gravity” è il pezzo che ha, dentro di sé, più qualità rappresentative del sound e del mood dell’album. Rimanendo in ambito più musicale e compositivo, la parte II è il pezzo che preferisco perché è la canzone più completa di tutte, presa anche singolarmente. Ha tutto, melodia, chorus perfetto, assoli, impatto sonoro…

LA COVER DI “SPACE ODDITY” RISULTA MOLTO RIUSCITA E PERSONALE: COME MAI LA SCELTA È CADUTA SU QUESTO BRANO?
Federico: – L’idea di includere una cover nel nuovo album viene da me: ho sempre ascoltato con grande interesse le reinterpretazioni degli artisti più disparati, specialmente in ambito metal e ho espresso la possibilità di lavorare su questo tipo di canzone. In seguito Clode ha proposto un classico come “Space Oddity” e la mia reazione è stata di terrore totale perché questo è uno dei pezzi più famosi e riconoscibili di tutta la storia della musica, neanche del metal. Della musica tutta! Le possibilità di fallire erano elevatissime vista la grande diversità tra i due generi musicali. Ho accettato la sfida di buon grado e mi sono chiuso in casa per cercare una serie di soluzioni plausibili, ne sono uscito dopo qualche settimana (e qualche consiglio esterno) con più o meno quello che potete sentire nell’album. La mia paura era di non essere in grado di rendere giustizia ad un pezzo incredibilmente bello e importante come questo, ma sono molto fiero del risultato che abbiamo ottenuto e credo che sia un degno omaggio alla memoria di David Bowie.

QUALI SONO OGGI I VOSTRI PUNTI DI RIFERIMENTO MUSICALI E COSA PENSATE CHE I TETHRA AGGIUNGANO DI NUOVO A QUELLO CHE ASCOLTANO OGNI GIORNO?
Clode: – Più che cercare nelle altre band i nostri riferimenti musicali, il nostro modo di comporre musica è guidato da sempre dai sentimenti. In questi dieci anni di attività ho fatto in modo che Tethra fosse come un vestito fatto su misura per me e che, di volta in volta, facesse da cassa di risonanza alle mie emozioni ed ai vissuti del momento in cui ogni album è stato composto. Questa cosa ci permette di far suonare ogni nuovo disco all’unisono con le più profonde vibrazioni scaturite dalle nostre esperienze personali e da quelle di chi ci è vicino, tutto quello che gravita attorno alla band per me è come una cura per arginare le negatività e gli inevitabili drammi che la vita di tutti i giorni ci fa affrontare.
Federico: – I miei riferimenti personali sono sempre stati il trittico death/doom inglese composto da My Dying Bride, Anathema e Paradise Lost su tutti, tenendo conto però che la musica è fluida e non deve mai fermarsi alla semplice riproposizione di cose già fatte, altrimenti il genere muore. Penso anche che sia fondamentale avere una buona cultura musicale generale, inteso come varietà di ascolti, per poter imparare tutto quello che c’è da sapere in termini di arrangiamento e melodia. Il mio intento è cercare di trasferire quello che provo in un flusso di note in grado di raggiungere il cuore dell’ascoltatore e in cui lui si possa rispecchiare. Credo che un musicista (o, più in generale, un artista) debba sempre avere un pizzico di presunzione, quella che ti permette di pensare che la tua musica sia abbastanza valida da poter essere pubblicata e apprezzata dagli ascoltatori. Senza questa convinzione credo che non sarebbe stata registrata la maggior parte delle pietre miliari che abbiamo nelle nostre collezioni.

COME MAI, CLODE, HAI COMINCIATO A VOLER INTERPRETARE DA MUSICISTA E NON SOLO DA ASCOLTATORE IL GENERE DEATH-DOOM CHE PROPONI COI TETHRA?
Clode: – Fin da ragazzino i miei ascolti sono sempre stati molto variegati ma durante gli anni Novanta sono usciti dischi che mi hanno profondamente influenzato, basti pensare alla rivoluzione che hanno portato in quegli anni gruppi del filone doom/death includendo nel loro sound elementi mai pensati prima e rendendosi sempre più personali e musicalmente distinti tra di loro. Da quel momento ho avuto il desiderio di poter cantare in una band con le caratteristiche peculiari che hanno portato a quei gruppi il favore della critica e del pubblico ma, in tempi in cui internet ancora doveva imporsi, trovare persone con cui suonare con i tuoi stessi gusti musicali poteva essere un’impresa non da poco. Devo anche ammettere che mi sono sempre piaciute le sfide perché credo fermamente che uscire dalla propria comfort zone ti permetta di crescere e maturare più velocemente, quindi nel momento in cui se ne prospettava l’occasione, cercavo di coglierla e usare l’esperienza acquisita come possibilità di crescita personale.

COSA BOLLE IN PENTOLA PER I LIVE QUESTA VOLTA? QUALCOSA DI SPECIALE CHE CI DOBBIAMO ASPETTARE?
Clode: – Fino a Febbraio siamo stati molto presi nel pianificare, assieme alla nostra label, tutto quello che gravita attorno all’uscita dell’album quindi abbiamo avuto poco tempo per dedicarci come avremmo voluto all’attività di ricerca dei live. Nonostante tutto in questo periodo si stanno muovendo delle forze molto interessanti e, sicuramente, nei prossimi mesi potremo condividere con voi qualche bella news riguardo ai nostri prossimi concerti.

MUSICALMENTE QUAL È IL VOSTRO SOGNO A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA? SEMPRE A PROPOSITO DI SOGNI, RICOLLEGANDOCI ALLA DOMANDA PRECEDENTE, CON CHI VI PIACEREBBE SUONARE?
Clode: – Nella band siamo tutti delle persone con i piedi ben piantati per terra quindi non ti risponderò che il mio sogno è vivere di musica perché sarebbe, soprattutto in questi anni, un’utopia. Inoltre, ci tengo particolarmente che questa rimanga una grande passione e per fare ciò deve essere alimentata a ritmi costanti ma non eccessivamente serrati, proprio come la nostra musica. Con chi ci piacerebbe suonare? Qui la risposta è decisamente facile e scontata: ho iniziato ad ascoltare doom/death nei primi anni Novanta quindi tutti i gruppi di quella fantastica ondata mi hanno grandemente influenzato e sono per me di grande ispirazione anche oggi. Paradise Lost, My Dying Bride, Amorphis, Tiamat e Katatonia sono solo alcuni di questi.

IL MOMENTO MIGLIORE E QULLO PEGGIORE NELLA STORIA DEI TETHRA?
Clode: – Forse chi ci sta leggendo si aspetterebbe che dicessi che il momento migliore della band è quando abbiamo supportato alcuni dei nostri gruppi di riferimento e sicuramente per certi versi è così ma se posso essere del tutto sincero, il momento migliore è ogni volta che durante un concerto sono immerso nelle tematiche dei nostri album e, con gli occhi chiusi, sento il pubblico cantare con me le nostre canzoni. Trovo che questa sia una della più alte forme di soddisfazione che un musicista possa provare, al di là dei dischi venduti e di altre cose più superficiali. Cambiando prospettiva, purtroppo, non devo pensare a lungo riguardo al mio momento peggiore perché quando stai vivendo una giornata come le altre e ti arriva quella maledetta telefonata in cui ti dicono che un ex membro della band, nonché un amico, è venuto improvvisamente a mancare, tutto il resto passa in secondo piano e ti senti sprofondare in un buco nero. Non servono molte parole per ricordare Giuseppe Aufiero, lo faremo con la nostra/sua musica ogni volta che saremo su un palco.

COSA VI ASPETTATE DA QUESTO ALBUM E COME PENSI VERRÀ ACCOLTO DAL PUBBLICO?
Clode: – Questa è un’ottima domanda, abbiamo dedicato molto tempo a questo nuovo lavoro e investito tutte le energie fisiche ed emotive che avevamo quindi mi auguro che gli amanti del genere si ritrovino nei nostri testi e nella nostra musica, questa credo sarebbe la soddisfazione più grande per noi. Tanto è cambiato dai tempi del primo EP, il nostro sound si è evoluto di pari passo con la nostra crescita personale pur rimanendo fedele alle nostre radici e questa cosa credo che filtri in modo limpido dai solchi di “Empire Of The Void”. Siamo consci di vivere tempi difficili per via degli spazi dove poter suonare che hanno sempre più difficoltà nel rimanere aperti, delle nuove generazioni che non trovano più nel metal quella valvola di sfogo salvifica che ha spinto molti di noi a intraprendere questa strada e, negli ultimi tempi, della cancellazione di molti live causata dal Coronavirus. Quello che il futuro ci riserverà, che siano cocenti sconfitte o grandi soddisfazioni, lo vivremo con la serenità di chi ha dato il massimo per la musica che ama. Un saluto a tutti voi.

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