Abbiamo avuto da poco il piacere di sentire un debutto davvero eccezionale nel panorama metal: i canadesi The Anchoret, con “It All Began With Loneliness”, hanno sparigliato molti clichè di genere e, mescolando blues, folk, black e progressive metal, hanno dato prova di grande maturità ed estremo gusto del dettaglio, con testi raffinati motivazionali e di ricerca dell’amore verso se stessi.
Questi si sono riversati in pezzi malinconici, altri furenti, ma tutti con in comune la voglia di inserire strumenti fuori dall’ordinario, quali per esempio sax soprano e flauti, con un’accortezza nel metterli accanto a riff e assoli dai rimandi pinkfloydiani tale da rendere il tutto perfettamente amalgamato. Di tutto questo e di quello che c’è dietro e che ruota attorno al progetto The Anchoret ne abbiamo parlato con il fondatore, nonché mente dietro tutta la musica, Eduard Levitsky. Lasciamo quindi spazio alle sue parole.
BENVENUTO SU METALITALIA.COM. PRIMA DI TUTTO, CHI SONO THE ANCHORET E QUAL È LA LORO ISPIRAZIONE MUSICALE? QUANDO È INIZIATO QUESTO PROGETTO?
– Ciao a tutti e veramente grazie tanto per quest’opportunità di intervista, posso dire che è un onore! The Anchoret è un progetto che combina il mio amore per i classici gruppi rock progressive con i quali sono cresciuto ascoltandoli e un turbinio di generi metal moderni. Anche se avevo l’idea di creare una sorta di ponte tra questi mondi musicali per un po’ di tempo, penso che questo progetto nasca da un’esigenza: durante la pandemia, avevo bisogno di una sana dose di evasione e mi sentivo bene tornando a sentire i dischi della mia infanzia; infatti era come ritrovare vecchi amici dopo molti anni.
La nostalgia nel riscoprire quegli album mescolata con l’isolamento della pandemia accese quello che successivamente diventò l’inizio dei The Anchoret.
I MEMBRI DELLA BAND CHE HANNO REGISTRATO IL DISCO FANNO PARTE A TEMPO PIENO DEL PROGETTO OPPURE SONO SEMPLICI OSPITI?
– Siamo quasi una formazione stabile ma ognuno è ad un oceano di distanza l’uno dall’altro, quindi è molto difficile fare previsioni su cosa accadrà in futuro. Tuttavia, questi musicisti sono ben distanti dall’essere definiti semplici ‘ospiti’ e li vedrete assieme di sicuro ancora in una o in un’altra veste. Sono fortunato nel poter definire Sylvain Auclair (il cantante, ndr) un amico da tanti anni e ancor più fortunato del fatto che abitiamo ad una città di distanza ma posso dirvi, senza esagerare, che chiunque abbia collaborato all’album, indipendentemente dalla distanza, sia diventato un amico, un complice e in molti casi un mentore per me e cercherò di rendere questo legame permanente!
IL TITOLO DEL VOSTRO DISCO DI DEBUTTO, “IT ALL BEGAN WITH LONELINESS”, SI RIFERISCE AL PERIODO PANDEMICO O È UN PUNTO DI VISTA PIÙ APPROFONDITO SULLA CONDIZIONE UMANA?
– L’intero processo produttivo è iniziato proprio dalla solitudine, in un periodo in cui mi sono sentito estremamente isolato e distante dal mondo. È stata sicuramente la pandemia ma mi sono pure sentito sradicato in una nuova città e questo è stato il punto più basso nella mia vita. Penso quindi che The Anchoret sia stato un modo per me di uscire fuori e connettermi agli altri e, come ho affermato prima, per evadere un po’. Il significato del titolo per me significa proprio questo, cioè quel bisogno di connessione umana, di evasione e speranza, parla dell’esperienza umana e della ricerca della felicità.
Anche se le nostre canzoni hanno in qualche modo un legame con l’isolamento, era estremamente importante per Sylvain Auclair e per me dare un’accezione positiva per una crescita personale, per l’auto-aiuto e per la speranza. Dopo tutto, queste canzoni erano la nostra luce alla fine del tunnel e, speriamo, lo diventeranno anche per qualcun altro.
LE FASI DI REGISTRAZIONE SONO INIZIATO AD AGOSTO 2022 E SONO TERMINATE NEL MARZO 2023. CI SONO TANTISSIMI MUSICISTI INVITATI SULL’ALBUM: LI CONOSCI PERSONALMENTE OPPURE NO? DOVE LI HAI INCONTRATI O CONOSCIUTI, PER ESEMPIO IL CORO GOSPEL NIMIWARI O IL SUONATORE DI MELLOTRON ORPHEUS?
– A parte Sylvain Auclair, che è mio amico da molti anni, tutti i musicisti invitati su questo disco sono miei nuovi contatti. Quando ho finito di registrare la demo e sapevo quello di cui avevo bisogno, ho iniziato a cercare sul web ritualisticamente ogni giorno le persone giuste: ho inviato richieste, ho partecipato a bacheche online, scaricato un milione di app e molto probabilmente ho stressato la maggior parte dei musicisti affinché accettassero di collaborare al progetto (ride, ndr).
Nimiwari è una bella entità che ha un fantastico canale Youtube, Orfeus è un collezionista di sintetizzatori vintage, Juan Varela è il sassofonista della leggendaria band prog Bubu, James Knoerl è il musicista che lavora più duramente in circolazione e Andy Tillison è francamente un re del prog rock e non riesco ancora a credere che tutti loro abbiano accettato di partecipare all’album – mi dò ancora ogni giorno dei pizzicotti per dimostrarmi che non è un sogno!
CI SONO MOLTI STRUMENTI NON CONVENZIONALI PER UNA PRODUZIONE METAL, COME IL SASSOFONO CONTRALTO O IL FLAUTO. QUALI SONO LE TUE RADICI MUSICALI E QUALI INFLUENZE POSSONO ESSERE TROVATE NELLE VOSTRE CANZONI?
– Mio padre è ancora il più grande melomane che io conosca e sono stato abbastanza fortunato per esser stato iniziato a dischi fantastici grazie a lui! Dai Procol Harum a Cockney Rebel, dai Radiohead ai Supertramp, ma anche ai Dimmu Borgir, ai Megadeth e agli Emperor, mio padre, a suo modo, ha avuto il più importante ruolo nel dare forma a The Anchoret (ride, ndr)!
Parlando dei Supertramp, quell’assolo di sassofono alla fine di “Crime Of The Century” mi è rimasto in mente fin dal primo ascolto ed è l’enorme motivo per il quale ho iniziato a studiare come inserire il sassofono dentro la mia musica. Lo stesso si può dire con “Great Gig In The Sky” dei Pink Floyd, di cui riporto l’influenza nella parte iniziale della canzone d’apertura “A Dead Man”. Infatti, musicalmente nel suo complesso, ritengo che ogni traccia nell’album sia un omaggio ad un grande gruppo o ad una canzone che ho interpretato intrecciandola con il DNA di altri generi moderni.
ASCOLTANDO LA TUA MUSICA, SI HA L’OPPORTUNITÀ DI AMPLIARE GLI ORIZZONTI MUSICALI. PASSAGGI DEATH/BLACK METAL SONO MESCOLATI AL FUSION JAZZ E SI VA DAL PROGRESSIVE ALLA MUSICA AMBIENT. MA QUAL È LA MUSICA CHE TI PIACE E CHE MAGGIORMENTE ASCOLTI?
– Personalmente mi piacciono molto nella mia musica i passaggi imprevedibili e le sorprese e così sono sempre alla ricerca di quelle band che spostano i confini del songwriting – band che considero essere inoltre dei ponti tra mondi musicali! Per citarne qualcuno: Opeth, Cynic, Ihsahn, Steven Wilson, King Crimson e i Radiohead sono tutti gruppi fuori dal comune ma amo anche realtà come Archive e i Sigur Ros.
COME FUNZIONA IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE NELLA MUSICA DEI THE ANCHORET? MUSICHE, TESTI… QUAL È IL PRIMO PASSO PER CREARE QUESTE FANTASTICHE GEMME?
– Grazie per le parole gentili! La musica viene prima. Io scrivo e registro tutti gli strumenti che so suonare e uso gli strumenti virtuali (in diversi formati a seconda dei software) come aiuto per quelli che non so suonare. Volevo tutte le possibilità per fare bene e così ho rifinito la demo per essere il più preciso possibile e far sì che ogni musicista avesse la miglior sandbox per suonarci.
Una volta che tutti gli sturmenti virtuali sono stati sostituiti con le fantastiche interpretazioni che avete sentito sull’album, ero pronto a condividere le canzoni con Sylvain che aveva il grande compito di dare una voce e una storia alla musica. Per quanto riguarda i testi, abbiamo avuto molte discussioni notturne su cosa le tracce significavano per noi, su come le vedevo io e su come le interpretava lui dopo che le aveva messe nero su bianco.
C’È UNA CANZONE IN PARTICOLARE A CUI SEI PIÙ FORTEMENTE LEGATO?
– Tutto l’album è parte di me ma “Stay” è una traccia a cui tengo particolarmente. È dedicata ad un mio grande amico che sta combattendo contro il sarcoma dei tessuti molli. È stato un tale shock apprendere della sua malattia che per molto, molto tempo non ho saputo dire come mi sentissi e così l’ho espresso tramite la musica – sembrerà un cliché, lo so, ma è proprio vero.
Sylvain ha reinterpretato la storia alla sua maniera e ha scritto le parole in modo che si spera possano toccare tutti in modo differente a livello personale, ma comunque questa è una canzone a cui sarò per sempre legato.
QUAL È LA STORIA CHE SI CELA DIETRO ALLA TRACCIA “BURIED”? È UNA DELLE PIÙ POTENTI SULL’ALBUM E CI INCURIOSISCE LA SUA GENESI.
– “Buried” è, nel suo DNA, una canzone d’amore. Ha quel tocco di valzer e ha tutto il dramma e il romanticismo che potevo intrecciare nei suoi quattro minuti e mezzo di durata. Quel concetto di ‘romantico’ è qualcosa che ho condiviso con i miei colleghi musicisti e abbiamo deciso di sottolinearlo prendendo a piene mani dal vocabolario blues.
Quello che credo renda la canzone ancor più potente sono le profonde parole del testo di Sylvain, riguardo all’amor proprio e all’imparare ad amare di nuovo se stessi. L’intero pezzo è, in qualche modo, una conversazione con se stessi allo specchio.
E QUAL È LA CANZONE PIÙ DIFFICILE DA SUONARE?
– Penso che ogni musicista possa probabilmente sceglierne una differente ma per me, giusto per la quantità di intrecci e cambi di ritmo, “Someone Listening?” sarà una sfida farla alla perfezione! E inoltre c’è anche un rarissimo e timido assolo di basso (ride, ndr)!
VISTO IL GRAN NUMERO DI SPECIAL GUEST, PROBABILMENTE SARÀ MOLTO DIFFICILE PORTARE IN SCENA LA VOSTRA OPERA. MA STATE PENSANDO DI SUONARE DAL VIVO “IT ALL BEGAN WITH LONELINESS”?
– Noi dobbiamo assolutamente portare questo spettacolo in tour! Sarà sicuramente una sfida pensare alla logistica e agli impegni di tutti ma se Avantasia e Ayreon hanno suonato dal vivo, credo che anche noi troveremo un modo per farlo! La cosa più importante sarà assicurare uno standard di eccellenza nell’esperienza che faremo provare a chi ci verrà a sentire e non vorrei, da fan, non sentire i fiati e le tastiere suonate dal vivo.
VUOI RICORDARE QUALCHE MUSICISTA IN PARTICOLARE O QUALCHE MOMENTO TOPICO AVVENUTO DURANTE LE REGISTRAZIONI? SONO DURATE QUASI DUE ANNI, QUINDI QUANTE VOLTE HAI MESSO MANO ALLA MUSICA? SICURAMENTE, PER NOI ASCOLTATORI, QUESTA RICERCA SPASMODICA DELLA PERFEZIONE HA PORTATO AD UN ECCELLENTE RISULTATO!
– Grazie mille per questo complimento! Abbiamo veramente cercato di rendere perfette le canzoni per quanto umanamente si potesse fare ma, devo dire la verità, non senti mai in realtà che le canzoni sono davvero ‘complete/finite’ – sono troppo lunghe? Troppo corte? Troppo tanto? Troppo poco? Abbiamo veramente bisogno di un clarinetto?
È stata un’impresa enorme, bisogna dirlo, ma questi pezzi ci hanno letteralmente portato in un bellissimo viaggio. Penso che la più grande colpevole di ciò sia “Unafraid”. Se controllo il mio database, posso dirvi che è stata modifica circa quaranta volte…
Altro discorso invece quello dei momenti più significativi: per me è stato quando ho ricevuto le tracce vocali dei Nimiwari. Ero assolutamente scioccato. Avete presente quella sensazione quando il vostro cuore cade nello stomaco? Beh, ho avuto la stessa reazione ma in senso positivo! Sento che questo ricordo darà la carica alla mia voglia di scrivere musica e alla passione stessa della musica per molti anni a venire.