Con il nuovo “Ritual” già fuori da qualche mese ed essendo la band baciata da una popolarità sempre crescente, ci è parso opportuno scambiare quattro chiacchiere con i The Black Dahlia Murder in occasione della loro recente calata londinese. Il gruppo è ormai un’icona della scena melodic death metal odierna e ha passione e dedizione da vendere: basta dare uno sguardo al numero di concerti che puntualmente tiene per promuovere ogni sua pubblicazione. Come tante altre giovani o recenti realtà, i The Black Dahlia Murder devono infatti trascorrere gran parte dell’anno on the road per far quadrare i conti e per potersi permettere di essere musicisti full time. Proprio da questo argomento è partita la nostra conversazione con il simpatico batterista Shannon Lucas, la quale ha poi toccato lo stato di salute del gruppo e la percezione che spesso il pubblico ha di esso.
ANNI FA HO AVUTO MODO DI INTERVISTARE IL VOSTRO CHITARRISTA BRIAN E RICORDO CHE ERA ENTUSIASTA DELLA VITA ON THE ROAD. TU INVECE COME LA VIVI? ANCHE TU SEI CONTENTO DI TRASCORRERE GRAN PARTE DELL’ANNO IN TOUR?
“Sono contento di questa vita perchè mi dà modo di fare il musicista full time. Le vendite degli album oggigiorno non bastano per mantenere un gruppo come il nostro, quindi se non desideri avere un lavoro ‘normale’, per sopravvivere devi andare in tour per diversi mesi ogni anno. Mi diverto, anche e soprattutto perchè nella band andiamo molto d’accordo, ma devo dire che con il tempo inizio a sentire nostalgia di casa. Quando sei un ragazzo non vedi l’ora di uscire da quella porta e di imbarcarti nelle avventure più assurde, ma con l’età scopri valori come la famiglia e man mano i tuoi genitori o i tuoi cari iniziano a mancarti”.
“RITUAL” È USCITO ALL’INIZIO DELL’ESTATE SCORSA E GIÀ HO PERSO IL CONTO DEI CONCERTI CHE AVETE TENUTO DALLA SUA PUBBLICAZIONE. VI È UN POSTO NEL QUALE PREFERISCI SUONARE?
“Sono noioso e ti dico gli USA, se non altro perchè là mi è più facile trovare cibo che mi piace – roba grassa per gente grassa come me! (ride, ndR) – e perchè ho più occasioni di telefonare a casa o di incontrare amici ai concerti. Ovviamente mi piace anche l’Europa, anche se stento a digerire il fatto che dopo una certa ora i negozi siano chiusi: avete bisogno di più supermercati o ristoranti aperti 24 ore! Lo ammetto, sembro il tipico americano medio quando faccio questi discorsi (ride, ndR)! Tra poco andremo in Asia e onestamente non so che aspettarmi, però è sempre bello visitare posti nuovi. È un altro bell’aspetto dell’essere un musicista a tempo pieno”.
CHE RAPPORTO AVETE CON I VOSTRI FAN? SIETE SOLITI INCONTRARLI AI CONCERTI?
“Sì, personalmente mi piace parecchio stare tra il pubblico prima o dopo un nostro show. Non vogliamo assolutamente che la gente ci veda come delle rock star o cose del genere. Siamo dei ragazzi come tanti… se abitassimo qui e non facessimo parte del bill, questa sera saremmo probabilmente nel locale a vedere le altre band suonare. Siamo dei metal fan e abbiamo decisamente i piedi per terra”.
VI CAPITA MAI DI IMBATTERVI IN QUALCHE PERSONAGGIO STRANO?
“Certamente… soprattutto in America è pieno di ‘weirdos’. Ci sono quelli che provano a salire sul bus o che si comportano come se fossimo fratelli nonostante abbiamo scambiato solo un paio di parole, oppure quelli che ti dicono le cose più assurde, tipo ‘Sai, non stavo affatto bene, ero molto costipato stasera, ma il vostro show è stato grandioso’. Ma perchè mi devi dire una cosa simile? A chi interessa? Non ci voglio pensare (ride, ndR)!”.
CHE MI DICI INVECE DELLE BAND CON CUI SIETE IN TOUR? ANDATE SEMPRE D’ACCORDO CON TUTTI?
“Direi di sì, siamo ragazzi alla mano. Certo, ogni tanto ti capita di dividere il bus con qualcuno che ha sempre la luna storta o che si crede chissà chi, ma devo dire che a grandi linee non abbiamo mai avuto grossi problemi. Siamo tutti nella stessa barca: la vita che conduciamo è divertente, ma anche dura e stressante in certi casi… è dovere di tutti cercare di andare d’accordo il più possibile e di non creare drammi inutili. In un ambiente ristretto come quello di un tour-bus o di un furgone, un atteggiamento da diva può essere letale”.
SIETE SOLITI SCEGLIERE LE BAND CON CUI ANDATE IN TOUR?
“Quando siamo headliner in un tour con poche altre band abbiamo voce in capitolo: possiamo suggerire all’agenzia dei nomi o scegliere tra quelli che ci vengono sottoposti. In grossi eventi come il Summer Slaughter invece è difficile… c’è molta politica dietro quei tour: le case discografiche pagano per piazzare i loro gruppi e qualche volta ti ritrovi a dividere il palco con gente che propone musica che ti fa schifo. Ma non importa… i veri problemi della vita sono altri! Per quanto ci riguarda, cerchiamo sempre di andare in tour con band che ci piacciono o con cui siamo amici. Ad esempio, ora siamo on the road con gli Skeletonwitch, che conosciamo benissimo, e con i vostri Fleshgod Apocalypse, che suonano musica che ci piace. Prossimamente saremo invece in tour negli USA con i Nile, che sono dei maestri nel death metal, e con un’altra band italiana di cui siamo fan, gli Hour Of Penance. È bello condividere queste esperienze con realtà che hanno qualcosa da dire”.
VI È UNA BAND CHE, IN TERMINI DI TOUR, POTREBBE RAPPRESENTARE PER VOI UN VERO E PROPRIO SOGNO? CON CHI VI PIACEREBBE DIVIDERE IL PALCO?
“Credo che il sogno siano At The Gates e Carcass, due delle nostre principali influenze. Purtroppo quando questi gruppi hanno calcato i palchi americani l’ultima volta, noi eravamo in tour altrove, quindi non siamo riusciti a concretizzare il nostro sogno. Ora ci tocca sperare in qualche festival, almeno per vederli all’opera da fan”.
VENIAMO ORA AL VOSTRO ULTIMO ALBUM, “RITUAL”. SODDISFATTI DEI RISULTATI CHE AVETE OTTENUTO?
“Assolutamente, è forse il nostro album più maturo e anche a livello di vendite è andato benissimo. Siamo una delle poche metal band le cui vendite stanno aumentando anzichè diminuire in questi tempi di crisi. È un grande risultato, che ci rende ancora più fiduciosi per il futuro”.
QUALE PENSI CHE SIA LA RAGIONE DI QUESTO VOSTRO TREND POSITIVO?
“Beh, innanzitutto il rinnovato affiatamento all’interno della band. Ryan, il nostro secondo chitarrista, era appena entrato in lineup quando abbiamo registrato ‘Deflorate’, mentre ora è a tutti gli effetti una parte importante del gruppo. Ha composto parecchio e con lui siamo riusciti a portare il nostro songwriting su livelli ancora più interessanti. Credo che i fan e gli ascoltatori lo abbiano notato, anche perchè il pacchetto in pre-ordine è andato letteralmente a ruba, così come altre successive stampe del CD. Inoltre, credo che stia pagando la nostra politica di fare il possibile per suonare con band che hanno qualcosa da dire. Tendiamo a rifuggire bill troppo trendy ed evitiamo di mescolarci con gruppi che vanno di moda e che riteniamo semplici meteore. Il pubblico sta notando che siamo un gruppo ‘vero’ e che siamo tutto fuorchè un fenomeno passeggero”.
VENITE ANCORA INSERITI NEL CALDERONE METAL/DEATH-CORE…
“Sì, in certi ambienti quella è la nostra condanna. È innegabile che spesso la nostra attitudine sia tipicamente punk, soprattutto sul palco, ma noi non abbiamo mai avuto niente a che fare con qualsiasi cosa -core come la si intende oggi. Abbiamo ascoltato death e thrash metal tutta la vita e quello è ciò che suoniamo. Basta ascoltare la musica! Sì, quasi tutti noi hanno i capelli corti e saliamo on stage in bermuda… ma d’altronde siamo grassi e sudiamo tanto, che possiamo farci (ride, ndR)? Purtroppo molti ascoltatori, soprattutto giovani, tendono a essere molto superficiali e a inserire gruppi in determinate categorie per motivi che non hanno nulla a che vedere con la musica. Ci danno della ‘band per ragazzini’ quando magari abbiamo dieci anni più di loro e una collezione di CD che loro possono solo sognarsi. Anzi, mi sa che nemmeno sono in grado di sognarla, visto che al massimo questa gente scarica mp3…”.
LO STESSO ACCADE PER I JOB FOR A COWBOY…
“Sì, loro non vengono presi sul serio a causa di quel nome. Non usano più breakdown nè soluzioni -core da anni ormai, ma chi ascolta Disgorge o Devourment fatica a prenderli in considerazione, anche se la musica oggigiorno è del tutto death metal. Ripeto, c’è molta superficialità là fuori, soprattutto tra gli ascoltatori più giovani. In Europa credo sia un po’ diverso, ma negli USA capita spesso di imbattersi in questi pseudo-opinionisti che fanno propaganda online”.
PARLANDO DI ASCOLTI, CHE COSA GIRA NEL TUO LETTORE ULTIMAMENTE?
“Gli altri ragazzi della band mi odiano, perchè ascolto quasi sempre musica country. D’altronde provengo dal sud degli Stati Uniti e sono cresciuto con questa musica. Gli altri sono originari di stati più settentrionali, quindi non la capiscono. Nel metal, ho recentemente scoperto l’ultima opera degli Obscura, ma per il resto ascolto sempre i vecchi classici: Monstrosity, Unleashed, Cannibal Corpse…”.
DOVE VEDI LA BAND DA QUI A CINQUE ANNI?
“Spero che si aprano nuove porte per noi: come dicevo, il duro lavoro in studio e in tour sta dando grandi risultati e non abbiamo alcuna voglia di fermarci sul più bello. Prevedo almeno un altro album, tanti altri tour… niente di strambo, solo ciò che sappiamo fare meglio e che ci rende felici”.
CAMBIERETE MAI STILE? TI IMMAGINI I THE BLACK DAHLIA MURDER CIMENTARSI IN QUALCOSA DI DIVERSO?
“Con nuovi pezzi come ‘Carbonized In Cruciform’, ‘Blood In The Ink’ e ‘A Shrine To Madness’ abbiamo introdotto elementi nuovi come passaggi acustici ed orchestrazioni, ma non credo che stravolgeremo il nostro stile di qui a breve. La base sarà sempre un death metal melodico, anche se ovviamente ci teniamo a concepire canzoni sempre più interessanti e dinamiche. Per ‘Ritual’ avevamo messo in preventivo qualche cambiamento e devo dire che i risultati ci hanno premiato, ma non so se seguiremo sempre questo iter. A volte anche l’istinto è importante, non è necessario programmare tutto a tavolino. Anzi, può anche essere molto nocivo. Noi andremo sempre avanti per la nostra strada e, al di là di tutto, faremo sempre in modo di essere onesti con noi stessi e con chi ci segue, fregandocene di tutto il resto. Grandi band come i Cannibal Corpse ci hanno insegnato questo… guarda dove sono arrivati dopo oltre vent’anni di carriera!”.