THE CROWN – Angeli ribelli

Pubblicato il 08/02/2015 da

Dopo aver scaldato i motori con “Doomsday King”, i The Crown sono tornati ad esprimersi sui loro vecchi livelli con il nuovo “Death Is Not Dead”, il loro secondo album post-reunion. Con la coppia Olsfelt/Tervonen di nuovo riunita per il songwriting, la death-thrash metal band svedese ha confezionato un lavoro altamente gradevole, che in vari punti rimanda ai suoi episodi più riusciti dei primi anni 2000. Forse una band come i The Crown ha già toccato il proprio apice di popolarità, ma, al di là di dati di vendita e mode imperanti, fa sempre piacere ritrovare una delle formazioni più genuine e personali del panorama svedese. Ora c’è solo da sperare che la lineup resti stabile per un po’ e che i Nostri abbiano tempo e modo di mettere ulteriormente a fuoco i propri sforzi; del resto, da quando il frontman Johan Lindstrand lasciò il gruppo per la prima volta nel 2001, i The Crown hanno vissuto sempre nell’incertezza, arrivando persino a sciogliorsi. Il bassista Magnus Olsfelt, nell’intervista che segue, ci fa intendere che quel periodo è ormai alle spalle, ma ormai sappiamo che è difficile prevedere le mosse di questi veterani. Incrociamo le dita!

the crown - band - 2014

AVETE IMPIEGATO CIRCA QUATTRO ANNI PER DARE A “DOOMSDAY KING” UN SUCCESSORE. PENSO CHE I CAMBI DI LINEUP ABBIANO INFLUITO, MA IMMAGINO PURE CHE OGGI LA BAND NON SIA PIÙ UN’OCCUPAZIONE FULL TIME PER VOI…
“Esatto, oggi non ci consideriamo più dei musicisti a tempo pieno. Inoltre, devo dire che ci siamo impegnati parecchio per comporre questo nuovo album. Le canzoni sono state in lavorazione per diverso tempo: dovevamo registrarle già nel 2013, ma poi Janne (Saarenpää, batterista, ndR) ci ha lasciato appena prima delle sessioni. Le sue parti sono state poi registrate da Marko (Tervonen, chitarrista, ndR), ma prima ha dovuto far pratica per almeno sei mesi”.

VA SEGNALATO IL RITORNO IN FORMAZIONE DI JOHAN LINDSTRAND. È LA SECONDA VOLTA CHE LO RIACCOGLIETE NELLA BAND. RIMPIANGETE DI AVER INCISO “DOOMSDAY KING” CON UN ALTRO CANTANTE, JONAS STALHAMMAR? PENSATE CHE LO RI-REGISTRERETE COME AVETE FATTO CON “CROWNED IN TERROR”?
“No, non rimpiangiamo nulla questa volta! Penso che ri-registrare ‘Crowned In Terror’ per rimpiazzare la voce di Tomas Lindberg con quella di Johan fu un gesto di pessimo gusto. Non avremmo mai dovuto farlo. Trovo che Jonas abbia fatto un gran lavoro su ‘Doomsday King’: il cantato, i testi e gli arrangiamenti vocali su quel disco sono di prim’ordine”.

“DEATH IS NOT DEAD” È UN BEL RITORNO. PENSO CHE SIA UN ALBUM PARTICOLARMENTE VARIO, CHE RIASSUME PIUTTOSTO BENE GRAN PARTE DELLA VOSTRA CARRIERA. “DOOMSDAY KING” ERA PIÙ MONODIREZIONALE, NON TROVI?
“Sì, sono d’accordo con te. Questa volta sono tornato a dividere il songwriting con Marko: abbiamo fatto 50/50 come ai vecchi tempi. ‘Doomsday King’ aveva un solo tema, ma sono comunque contento di come è venuto: amo la sua brutalità. Basta ascoltare un pezzo come ‘Angel of Death 1839’ per capire che si tratta di uno dei nostri lavori più violenti. Il nuovo album è invece meno frenetico e mette in mostra una gamma di influenze più ampia. Siamo tornati a proporre un mix di tutto ciò che amiamo nella musica”.

HO TROVATO DAVVERO RIUSCITA LA CONCLUSIONE DI “GODEATER”: L’HO SUBITO INSERITA TRA LE VOSTRE CANZONI MIGLIORI…
“Grazie! Piace molto anche a me e so che Marko la considera una delle sue canzoni più riuscite di sempre. Personalmente la trovo il figlio bastardo di ‘God of Emptiness’ dei Morbid Angel e di ‘World Eater’ dei Bolt Thrower! Roba davvero heavy!”.

UN ALTRO EPISODIO INTERESSANTE È LA COVER DI “ETERNAL” DEI PARADISE LOST. SOLITAMENTE LE BAND TENDONO A INSERIRE DELLE COVER AL TERMINE DELLA TRACKLIST, MENTRE QUESTA SI TROVA NELLA PRIMA PARTE DELL’ALBUM. SEMBRA CHE ABBIA UN SIGNIFICATO PARTICOLARE PER VOI…
“Siamo innamorati di ‘Gothic’ dei Paradise Lost sin dal giorno in cui è uscito e quando abbiamo pensato di preparare del materiale bonus per il nuovo disco abbiamo subito preso in considerazione ‘Eternal’. Quando abbiamo registrato la cover ci siamo però accorti che sarebbe stato stupido non includerla nella tracklist ufficiale. Ricordo di aver assistito alle registrazioni della voce da parte di Johan e di essere rimasto a bocca aperta: io e Marko siamo persino arrivati a considerarla una delle nostre tracce migliori… e non è nemmeno nostra (ride, ndR)! Non siamo soliti includere cover nei nostri album, ma questa volta dovevamo fare un’eccezione. Penso che non stoni affatto di fianco agli altri brani”.

PRIMA HAI ACCENNATO AL FATTO CHE LE PARTI DI BATTERIA SONO STATE REGISTRATE DA MARKO. SCELTA STRANA, FAR INCIDERE LA BATTERIA DA UN CHITARRISTA. AVETE AVUTO DIFFICOLTÀ NEL TROVARE UN BATTERISTA ADATTO AL VOSTRO SCOPO?
“In verità abbiamo semplicemente voluto fare tutto ‘in famiglia’: ci piaceva l’idea di lavorare tra noi e con la calma più assoluta. Devo poi aggiungere che trovare un sostituto per un drummer fenomenale come Janne non è impresa da poco. Ora siamo stati fortunati a incontrare Henrik Axelsson, che si unirà a noi a partire dai prossimi concerti. È un ragazzo assai talentuoso e ci troviamo benissimo anche dal punto di vista umano”.

ANCHE SU “DEATH IS NOT DEAD” LO STILE THE CROWN È VENUTO FUORI IN PIENO: IL VOSTRO APPROCCIO “ROCK ‘N’ ROLL” AL DEATH METAL È SEMPRE EVIDENTE…
“Esatto, noi vogliamo prima di tutto spaccare e il modo migliore per farlo è affidarsi a delle strutture chiare e semplici. Tante band di oggi puntano più sulla tecnica e sulla velocità, ma per noi è importante che il pezzo sia scorrevole. Inoltre, anche se volessimo, credo che non potremmo mai cimentarci in qualcosa di più elaborato: non ne abbiamo le capacità tecniche (ride, ndR)!.

PENSI CHE IL DEATH METAL SIA CAMBIATO TANTO DAI PRIMI ANNI NOVANTA AD OGGI?
“Sì, credo che sia cambiato: sento meno spontaneità e meno atmosfera in molto death metal di oggi. C’è tanta tecnica, ma a volte i brani mancano di feeling”.

TROVI CHE ANCHE I VALORI DI QUESTA MUSICA SIANO CAMBIATI NEL TEMPO?
“Non saprei, ma di sicuro le band di oggi ‘barano’ molto di più in studio rispetto a quelle della nostra generazione. Oggi è facile confezionare un disco, ma dal vivo i nodi vengono al pettine. Ho l’impressione che i gruppi di una volta foosero più creativi e coraggiosi”.

NEI PRIMI ANNI NOVANTA VI ERANO MENO BAND E MENO FAN. OGGI INVECE LA SCENA È ENORME E QUESTA MUSICA È ANCHE STATA ACCETTATA DALLA STAMPA MAINSTREAM. DA MUSICISTA, COME PERCEPISCI QUESTO CAMBIAMENTO?
“Personalmente ho notato il cambiamento suonando live. Quando ci esibivamo nei primi anni Novanta capitava spesso di essere l’unica death metal band nel bill e tanta gente restava shockata dal tipo di voce. Si vedevano delle reazioni molto divertenti. Oggi invece il death metal è quasi considerato normale e buona parte del movimento ha perso la sua carica disturbante. Penso che una volta le cose fossero più speciali e divertenti al tempo stesso”.

HAI DEI RIMPIANTI QUANDO PENSI ALLA CARRIERA DEI THE CROWN?
“Come dicevo, la ri-registrazione di ‘Crowned in Terror’, ovvero ‘Crowned Unholy’, fu un grosso errore. Per il resto, non ho grandi rimpianti. Dagli errori si impara! Sono davvero contento di essere ancora qui a suonare dopo venticinque anni. È una bella sensazione”.

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