“Make Some Noise” da pochi mesi nei negozi si sta rivelando un grande successo, tanto che i The Dead Daisies, secondo quanto ci ha riferito il cantante John Corabi, passeranno tutto l’anno prossimo in tour suonando anche in Paesi mai visitati prima. La line-up ha subito ancora una volta alcuni cambiamenti, Richard Fortus e Dizzy Reed infatti hanno lasciato il gruppo per raggiungere i redividi Guns’n’Roses e prendere parte al loro tour di reunion. Fortus è stato sostituito con un pezzo da novanta l’ex Dio e Whitesnake Doug Aldritch, mentre il posto di Reed rimane vacante in quanto David Lowy e soci hanno deciso di andare avanti senza tastierista. L’ex frontman dei Motley Crue, ai nostri microfoni non lesina parole di entusiasmo per la sua ultima fatica in studio.
“MAKE SOME NOISE” E’ USCITO DA POCHI MESI, MA SEMBRA CHE IL PUBBLICO LO STIA APPREZZANDO MOLTO.
“Sono d’accordo, è davvero stupefacente il calore che i nostri fan ci stanno dimostrando. Abbiamo suonato in diversi festival quest’estate ed i responsi sono stati incredibili, anche le recensioni apparse sui media del settore si sono dimostrate praticamente tutte entusiaste del disco. Siamo molto contenti e carichi, non vediamo l’ora di tornare in tour insieme ai The Answer per suonare il più a lungo possibile. Ci divertiremo!”
CI PARLI DELLA REALIZZAZIONE DEL DISCO?
“’Make Some Noise’ è il primo disco che registriamo insieme a Doug Aldritch ed onestamente i lavori sono andati alla grande. C’è molto talento all’interno della band, lavorare con musicisti straordinari come Doug, Brian Tichy e David Lowy ha portato a grandi risultati. Le sessioni di registrazione si sono svolte in modo spontaneo e naturale, ognuno ha iniziato a registrare le proprie idee singolarmente, poi via telefono o via pc ci scambiavamo continuamente la musica per lavorarci sopra. Le canzoni sono nate in pochissimo tempo, credo che dal momento in cui ci siamo seduti tutti assieme a lavorare sia trascorsa circa una decina di giorni, periodo di tempo in cui siamo riusciti a scrivere l’intero disco. Le registrazioni ed il mixaggio del disco sono stati effettuati in un mese, mi sento davvero benedetto per la possibilità di lavorare e suonare insieme a questi grandi talenti”.
COME RICORDAVI, DOUG ALDRITCH E’ ENTRATO IN FORMAZIONE POICHE’ RICHARD FORTUS E’ STATO CHIAMATO A SUONARE NEI RIUNITI GUNS’N’ROSES. DOUG E’ STATA LA VOSTRA PRIMA SCELTA O AVETE VALUTATO ALTRI CHITARRISTI?
“Vedi, tutti noi conosciamo Doug da molti anni, io penso di averlo conosciuto sedici o diciassette anni fa anche se prima d’ora non ho mai avuto la possibilità di scrivere e registrare musica con lui. Marco Mendoza e Brian Tichy invece già in passato hanno suonato con lui, ma la cosa divertente è che fu proprio Richard Fortus, dopo aver ricevuto la chiamata dai Guns’n’Roses, a suggerirci Doug come suo sostituto. Ricordo che Richy ci disse che secondo lui Doug sarebbe stato il chitarrista perfetto per i The Dead Daisies per diversi motivi: suona lo stesso tipo di musica che piace a noi, ha un talento eccezionale ed è un’ottima persona. Fatto sta che un giorno lo abbiamo chiamato, lui era libero da impegni e si è dimostrato sin dall’inizio entusiasta di suonare con noi. Dopo quella telefonata, Doug era già dentro la band”.
UN ALTRO DEFEZIONARIO, ANCH’EGLI TORNATO ALLA CORTE DEI GUNS’N’ROSES’, E’ IL TASTIERISTA DIZZY REED. IN QUESTO CASO NON AVETE CERCATO UN SOSTITUTO E AVETE SCELTO DI ANDARE AVANTI SENZA TASTIERISTA. PER QUALE MOTIVO?
“La questione tastierista in verità è stata un po’ più delicata. Come sapete David Lowy ha fondato i The Dead Daisies insieme al vecchio cantante Jon Stevens e proprio lui ha sempre spinto per avere un tastierista all’interno della band. Al contrario David è sempre stato un fan degli Ac/Dc e per la sua band ha sin dall’inizio immaginato una formazione alla Ac/Dc o alla Aerosmith, quindi cantante, due chitarre, basso e batteria. Con la dipartita di Jon e di Dizzy Reed, insieme a David abbiamo deciso di registrare ‘Make Some Noise’ con la formazione a cinque, senza un tastierista. A lavoro ultimato devo dire, che questa scelta si è rivelata azzeccata, abbiamo fatto un grandissimo lavoro! Non vorrei essere frainteso, tutti noi amiamo Dizzy, è un grande amico e con la band ha svolto un lavoro fantastico, ma penso che senza tastiere le chitarre vengano fuori ancora meglio e la nostra musica ne abbia beneficiato in potenza ed impatto”.
PRIMA PARLAVI DEI GRANDI TALENTI ALL’INTERNO DELLA BAND, ED INFATTI I THE DEAD DAISIES SONO FORMATI DA MUSICISTI DI GRANDE PRESTIGIO E CON UNA LUNGA ESPERIENZA ALLE SPALLE. IN STUDIO NON AVETE MAI DOVUTO AFFRONTARE DEI PROBLEMI DI EGO E SCONTRI DI PERSONALITA’?
“Vedi, sarei un bugiardo se ti dicessi che nessuno di noi ha un ego che cerca di venir fuori. Bisogna però tenere in considerazione il fatto che noi non abbiamo più diciannove anni, non siamo più giovani incazzati e vogliosi di apparire. Tutti noi suoniamo da venti-trent’anni ed in tutto questo tempo abbiamo imparato ad esprimere la nostra personalità ed il nostro lato artistico senza trasformarci per forza in dei figli di puttana, capisci cosa intendo? Oggi riusciamo a incidere dischi, a suonare in tutto il mondo e a vivere grazie alla nostra musica, siamo tutti molto felici di come stiano andando le cose. Il segreto è rispettarsi, tenere conto delle opinioni di tutti e discutere con rispetto. Quindi, abbiamo dei momenti di disaccordo? Sì, ma sappiamo gestirli senza che il nostro ego o qualche stupido egoismo venga fuori. Siamo persone adulte, amici, e tra amici si parla”.
SIN DAL 2012, ANNO DI NASCITA DEI THE DEAD DAISIES, LA VOSTRA LINE-UP HA COSTANTEMENTE SUBITO DEI CAMBIAMENTI. AD OGGI TI SENTI DI DIRE CHE LE COSE SONO PIU’ STABILI?
“Allora, cercherò di essere chiaro. Come nasca una band di solito? Alcuni amici si trovano per suonare, provano, scrivono pezzi e, se le cose vanno bene, registrano un disco ed iniziano ad andare in tour. Durante questo lasso di tempo i membri della band hanno modo di conoscersi meglio, di affiatarsi, di imparare a suonare bene insieme. Per i The Dead Daisies le cose sono andate diversamente, David e Jon nel 2012 si ritrovarono da soli in studio con una manciata di pezzi da registrare e per completarli chiamarono dei session player. Per andare in tour chiamarono altri amici o comunque musicisti conosciuti. Fortunatamente le cose sono andate molto bene ed i The Dead Daisies in questi quattro anni sono cresciuti e diventati una vera band. Durante questo percorso qualcuno ha scelto di andarsene, con altri l’ingranaggio non funzionava bene, altri ancora avevano molti impegni con altre realtà. Marco Mendoza e Brian Tichy suonano con la band dal 2013, a parte il fondatore sono i membri più ‘anziani’ per cui i cambiamenti ultimamente sono stati minimi. Con ‘Make Some Noise’ credo che David abbia voluto veramente consacrare questa formazione come band The Dead Daisies. Se non fosse arrivata la chiamata dai Guns’n’Roses Dizzy e Richard sarebbero ancora qui sicuramente, ma le cose sono andate così. Sono sicuro che David in persona oggi ti direbbe che i The Dead Daisies sono una band, sono David, Marco, Brian, Doug e me”.
IN AMERICA ORMAI AI PRIMI POSTI DELLE CLASSIFICHE TROVIAMO FORMAZIONI COME DISTURBED O AVENGED SEVENFOLD. UNA BAND DEDITA AL CLASSIC HARD ROCK COME I THE DEAD DAISIES TROVA ANCORA SPAZIO?
“Io credo di sì, te lo dico perché mi sto rendendo conto che ai nostri concerti sono presenti un sacco di ragazzi giovani. Non troviamo soltanto i vecchi fan di Motley Crue, Thin Lizzy o Whitesnake alle date che facciamo, per fortuna il ricambio generazionale si è messo in moto e la cosa ci fa molto piacere. Per farti un esempio, lo scorso anno siamo stati in tour con i Kiss ed abbiamo visto tre generazioni ai concerti. C’era il nonno, il padre e i figli, da chi c’era quando i Kiss muovevano i primi passi nel business sino ai fan di ultima generazione. Lo stesso vale per i Whitesnake, tanto per fare un altro esempio. Vedere tanti giovani agli show, magari a fianco di chi mi seguiva già dai tempi dei The Scream e Motley Crue, mi dà speranza, è un segno che il rock’n’roll non morirà mai”.
JOHN, OLTRE A CANTARE, TU SEI UN BRAVO CHITARRISTA. SU “MAKE SOME NOISE” HAI DATO QUALCHE CONTRIBUTO ALLA CHITARRA OPPURE HAI LASCIATO FARE TUTTO AL NUOVO ARRIVATO DOUG ALDRITCH?
“Allora, il mio contributo l’ho dato principalmente come autore, io partecipato alla stesura di tutti i pezzi ed ovviamente ho lavorato anche sulle parti di chitarra. In studio però, con la fortuna di lavorare insieme ad un chitarrista straordinario come Doug Aldritch, cosa vuoi che faccia (ride, ndR)? David e Doug sanno esattamente ciò che fanno, lo fanno bene e io non ho certo intenzione di intromettermi. Mi piace molto potermi dedicare al cento per cento al mio ruolo di frontman senza dovermi preoccupare di suonare la chitarra, questa cosa mi ha riportato ai tempi dei The Scream. Durante gli show acustici che ogni tanto ci vengono chiesti, allora sì che suono la chitarra insieme agli altri, oppure mi limito all’acustica durante un paio di brani in sede live, ma tutto finisce qui. Ciò che mi piace ora è potermi sbizzarrire come frontman”.
SUL VOSTRO NUOVO DISCO SPICCANO LE DUE COVER DI CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL E THE WHO. CHI LE HA SCELTE?
“Alcune persone ancora non capiscono perché su ogni nostro disco inseriamo delle cover. Fondamentalmente noi mettiamo due cover in ogni nostro disco perché è il nostro modo di dire grazie e tributare quelle band con cui siamo cresciuti e che ascoltiamo sin da quando eravamo bambini. Non ci scusiamo con chi continua a domandarci il perché non scriviamo un disco di soli inediti, c’è chi ci chiama supergruppo, ma alla fine della giornata noi siamo prima di tutto dei fan, degli ascoltatori di musica. Io ogni giorno vado su YouTube e mi guardo i video di Grand Funk Railroad, David Bowie, Jeff Beck, mi piace e altrettanto mi piace suonare queste cover dal vivo, è un modo per dire ai nostri fan: ‘Hey, sentite con quali canzoni siamo cresciuti!’. ‘Fortunate Son’ dei Creedence abbiamo iniziato a proporla live ai nostri show sin dallo scorso anno in America, Russia, Inghilterra…pensa che ovunque fossimo, la gente cantava a memoria ogni singola parola della canzone, fantastico! Per questo motivo si scelse di metterla anche su disco. La canzone dei The Who è sempre stata una delle mie preferite, adoro la voce, i giri di basso, i riff di chitarra, tutto sembra essere perfetto! Io ho suggerito ai ragazzi di suonare ‘Join Together’, Doug ha fatto un grandissimo lavoro, ha dato una gran botta al pezzo. Quando le riascolto sul nostro disco o le suono dal vivo, penso che entrambe le cover siano perfette per noi. Vuoi sapere una storia divertente? Nonostante i The Who siano una band leggendaria, ai nostri concerti molta gente credeva che ‘Join Together’ fosse un nostro inedito e ricevevamo un sacco di complimenti per la canzone!”.
LO SCORSO ANNO LA TUA EX BAND MOTLEY CRUE HA TENUTO IL SUO CONCERTO DI ADDIO. IN QUESTO MOMENTO IMPORTANTE, TI SAREBBE PIACIUTO PARTECIPARE ALLO SHOW? IN FIN DEI CONTI HAI INCISO UNO DEI DISCHI PIU’ BELLI DEI CRUE…
“No, non credo sarebbe stata la cosa giusta prendere parte al concerto d’addio dei Motley Crue. Ho avuto la fortuna di suonare con loro per cinque o sei anni, di incidere un disco che ancora oggi adoro e di passare grandi momenti con loro. Sarò sempre grato ai ragazzi della band per il periodo trascorso insieme, ma alla fine della fiera, parliamoci chiaro, per i fans i Motley Crue sono Nikki, Tommy, Mick e Vince. Loro sono sempre i stati i Crue e lo saranno fino all’ultimo giorno, inoltre i fan da loro si aspettano sempre un concerto incentrato sui grandi classici, quelli dell’età d’oro. Lo capisco benissimo questo, io stesso da fan non vorrei mai vedere gli Aerosmith con un cantante che diverso da Steve Tyler. I Crue hanno richiamato Vince Neil a suo tempo, hanno mantenuto la loro integrità e sono una grande band. Lo show di addio era il loro momento speciale, era giusto puntare su di loro i riflettori e io sarei stato fuori luogo se avessi partecipato al concerto”.
TEMPI DURI PER I GRANDI DEL ROCK, CHE PIANO PIANO SE NE STANNO ANDANDO IN PENSIONE.
“E’ vero, hai ragione, in questo momento una grande responsabilità ce l’hanno i fans, ovvero quella di supportare le giovani e valide band per farle diventare grandi come i Black Sabbath o i Motley Crue o gli Aerosmith. Io penso che al mondo ci siano un sacco di giovani musicisti di grande talento, che potenzialmente potrebbero riempire le arene in un futuro, ma da soli, senza il supporto di fan pronti ad acquistare dischi e andare ai concerti, non ce la possono fare. Come ti dicevo, io sono un fan prima di tutto e compro ancora parecchia roba. Francamente c’è solo una band al mondo che non potrà mai essere rimpiazzata, sto parlando dei Beatles. Tutti gli altri possono trovare dei degni eredi, ma i Beatles sono unici! Non credo nemmeno che farò in tempo a vedere nella mia vita i nuovi Led Zeppelin, ma sono più fiducioso su nuovi Motley Crue o nuovi Bon Jovi. Vedremo, il music business ultimamente sta vivendo un periodo molto difficile”.
DOPO IL TOUR INSIEME AI THE ANSWER, VI RIMETTERETE SUBITO AL LAVORO SU UN NUOVO DISCO?
“Sarò sincero, da quando sono entrato nella band, poco più di un anno fa, abbiamo inciso due dischi e suonato veramente molto. ‘Make Some Noise’ sta andando molto bene ed il nostro manager sta cercando di portarci a suonare in un sacco di Paesi da noi mai visitati prima, come la Cina, Sud America, Africa o di tornare in Giappone. Si prospetta per noi un bel periodo di attività e per questo motivo non credo riusciremo a scrivere e registrare un nuovo disco il prossimo anno. Vorrei anche fare qualche concerto con la mia band solista perché sta per uscire un mio disco dal vivo, per poi tornare a suonare con i The Dead Daisies. Tutto il prossimo anno sarà dedicato ai live. So che i ragazzi della band stanno già buttando giù qualche idea e registrando qualche riff per il nuovo disco, ma non so quando potremo effettivamente trovarci tutti in studio a lavorare”.