THE DEAD DAISIES – L’eterna giovinezza

Pubblicato il 26/07/2017 da

Intervista a cura di Gennaro Dileo
Si ringrazia Cristiano Canali per la fattiva collaborazione

In una tarda e grigia mattinata di fine primavera che prelude ad un’estate particolarmente afosa, ci ritroviamo all’interno del Rock’n’Roll Club di Milano per scambiare quattro chiacchiere con i The Dead Daisies, intenti nel promuovere il recente e rumoroso “Live & Louder”, qualche ora prima dell’infuocata esibizione al Druso Club a Ranica, vicino Bergamo. Nello specifico ci imbattiamo nella figura di un John Corabi particolarmente loquace e disponibile, seppur caratterizzato da una lieve coltre di malinconia che avvolge la sua figura artistica. Sin dalle prime battute, il carismatico frontman dimostra di non aver alcun pelo sulla lingua, rispondendo come un fiume in piena ad ogni nostra singola richiesta. L’inizio della nostra conversazione viene curiosamente caratterizzato da un disimpegnato rifacimento in chiave acustica di “Let It Be” dei The Beatles, per l’occasione interpretata dal folle bassista Marco Mendoza vivacemente accompagnato dai restanti membri della band, che dimostrano di sapersi ancora divertire nonostante la non più tenera età.

INIZIAMO CON UNA DOMANDA PROVOCATORIA, JOHN. PER QUALE MOTIVO AVETE DECISO DI PUBBLICARE UN DISCO DAL VIVO, VISTO CHE NEGLI ULTIMI ANNI VA DI MODA REGISTRARE I CONCERTI DEI PROPRI IDOLI CON GLI SMARTPHONE E CON LE RELATIVE DIAVOLERIE TECNOLOGICHE CHE HANNO CAMBIATO LA NOSTRA VITA?
“Penso che dipenda tutto dalla qualità degli altoparlanti inclusi negli smartphone (risate, ndR). Seriamente, quest’ultimo periodo è stato molto impegnativo per noi, in quanto abbiamo registrato due studio album che hanno riscosso un buon successo di pubblico e critica. Di conseguenza, ce ne siamo andati a spasso per il mondo ad esibirci in tanti club indoor, nonché in qualche festival open air molto importante. Tutte queste esperienze ci hanno permesso di conoscere parecchi nostri fans durante i numerosi meet and greet organizzati e la stragrande maggioranza di loro ci hanno detto ‘ehi, i vostri dischi spaccano, ma dal vivo siete davvero super’. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare a registrare i nostri concerti ed il qui presente ‘Live & Louder’ è il risultato dei nostri sforzi. Alla faccia degli smartphone (risate, ndR)”.

IN QUALI OCCASIONI SPECIFICHE AVETE REGISTRATO LE VOSTRE PERFORMANCE POI INCLUSE NEL VOSTRO LIVE ALBUM?
“Se non ricordo male abbiamo catturato le nostre esibizioni in Inghilterra, Germania, Francia e Austria, ma forse mi dimentico qualche altro posto (ride, ndR). Ci siamo ritrovati in seguito tutti quanti per ascoltare con la massima attenzione ogni versione di ogni singolo brano e, una volta estratte in comodi files, le abbiamo consegnate al produttore Anthony Focx che ha svolto un lavoro incredibilmente buono”.

QUALI RITIENI CHE SIANO I RICORDI PIÙ SIGNIFICATIVI DI QUELLE SERATE?
“Ogni singolo evento racconta una storia a sé, Gennaro. Innanzitutto vi è una differenza abissale tra i fan sparsi negli Stati Uniti e quelli presenti in Europa. Voi siete più passionali, energici, ma al tempo stesso molto più critici e, giustamente, pretendete il massimo dai vostri artisti preferiti. Suonare qui da voi in Italia rappresenta per il sottoscritto un momento molto speciale in quanto io stesso sono di origini italiane ma, a parte qualche parolaccia, non parlo neanche una virgola della vostra lingua. Di questo me ne vergogno profondamente”.

TI PONGO UN’ALTRA DOMANDA MOLTO PUNGENTE, JOHN, VISTO CHE MI SEMBRI UNA PERSONA ONESTA E APERTA AL DIALOGO: AVETE AGGIUNTO ALCUNE SOVRAINCISIONI IN FASE DI POST PRODUZIONE?
“Assolutamente no, anche se avessimo voluto rilasciare un prodotto formalmente perfetto come un ‘live in the studio’, non avremmo avuto il tempo necessario per occultare le nostre imperfezioni. Tutto ciò che hai avuto modo di ascoltare in ‘Live & Louder’ è frutto del sudore e delle capacità che abbiamo sviluppato nel corso della nostra carriera. Siamo giunti ad un punto della nostra vita in cui non dobbiamo più dimostrare niente a nessuno, oramai suoniamo soltanto ciò che ci piace e ti assicuro che dal vivo spacchiamo di brutto. Vedrai stasera se non uscirai dal nostro concerto con un forte mal di testa (risate, ndR)”.

PER QUALE MOTIVO AVETE DECISO DI REINTERPRETARE IN CHIAVE HEAVY LA CELEBRE “FORTUNATE SON” DEI CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL?
“Semplicemente perché siamo cresciuti con la musica degli anni Settanta ed adoriamo tuttora quel tipo di sonorità, così calde e reali. Amiamo alla follia gruppi come Lynyrd Skynyrd, The Beatles, Grand Funk Railroad e non per ultimi gli stessi Creedence. Ti dirò inoltre che ‘Fortunate Son’ è uno dei miei brani preferiti in assoluto e la nostra versione rappresenta un tributo appassionato nei confronti di una realtà che ha scritto la storia del rock contemporaneo. Soprattutto quando la suoniamo negli Stati Uniti ed in Germania il pubblico va letteralmente fuori di testa, cantando insieme a noi ogni singola maledetta parola. Succede sempre un gran casino, credimi (ride, ndR)”.

IN QUESTI GIORNI AVETE RESO IL VOSTRO FAN CLUB UFFICIALE. POTRESTI SPIEGARE AI NOSTRI LETTORI PER QUALE MOTIVO AVETE DECISO DI FARE QUESTO PASSO?
“Semplicemente perché Internet ci ha aiutato tantissimo ad espandere il nostro verbo in tutto il mondo. Ritengo sia vitale rimanere in contatto costante con i nostri fan, rilasciando loro aggiornamenti puntuali sulle attività del gruppo. Se ti fai un giro sui social network non potrai non notare che ci sono tantissime pagine dedicate a numerose band rock e metal. Spesso, però, raramente questi spazi vengono gestiti come si deve e, proprio per questo motivo, abbiamo deciso di curare quotidianamente ed in prima persona ogni singolo aspetto della nostra pagina Facebook”.

QUALI SONO I BRANI DEL VOSTRO ULTIMO ALBUM AI QUALI TI SENTI PIÙ LEGATO?
“È davvero difficile rispondere alla tua domanda, perché durante le sessioni di scrittura ci siamo ritrovati tutti insieme ed abbiamo lavorato sodo per dar vita ad un disco organico e solido come la roccia. Temo comunque che debba risponderti, altrimenti non mi lascerai andare a casa, giusto?”.

ESATTAMENTE, SEI OBBLIGATO A RISPONDERMI.
“Immaginavo. OK, allora scelgo apposta per te ‘Last Time I Saw The Sun’, in quanto si tratta di una canzone biografica che racconta in maniera schietta le innumerevoli vicissitudini di chi trascorre costantemente la vita ‘on the road’. Curiosamente, il titolo potrebbe suonare per te come una minaccia se non mi lasci andare a casa alla fine dell’intervista (risate, ndR)”.

ORA FACCIAMO UN BEL SALTO INDIETRO NEL TUO PASSATO ARTISTICO. SONO PROPRIO CURIOSO DI OTTENERE QUALCHE ANEDDOTO IN MERITO ALLA TUA ESPERIENZA VISSUTA CON I THE SCREAM. PERSONALMENTE SONO CONVINTO CHE “LET IT SCREAM” SIA UNA DELLE ULTIME PIETRE MILIARI DEL COSIDDETTO HAIR METAL.
“Amo profondamente quel disco, credimi, per me rappresenta molto di più di quel che tu possa immaginare, con il dovuto rispetto, ovviamente. Dopo un quarto di secolo dalla sua pubblicazione esprime tuttora un sound fresco e vitale, distinguendosi da tutte le altre opere uscite nel 1991! Proprio in questo periodo, circa dieci anni fa, il batterista Walt Woodward III è passato a miglior vita a causa di alcuni problemi al fegato… purtroppo quel ragazzo alzava troppo spesso il gomito e questo lo ha condotto ad una fine prematura. Pensa che di recente ci avevano chiesto di riunirci per una serie di date, offrendoci peraltro un sacco di soldi, ma abbiamo deciso di rifiutare senza indugi, in quanto l’assenza di Walt avrebbe snaturato l’essenza originaria dei The Scream. Non bisogna inoltre dimenticarci che vivere un’esperienza in una qualsiasi band equivale ad affrontare un sano matrimonio, il che comporta l’assunzione di ogni singola responsabilità. Considera che ora sono una persona soddisfatta di mezza età e posso affermare con la massima schiettezza che la mia breve vita nei The Scream equivale al mio primo bacio. Intenso ed appassionato”.

DISPONGO DI UNA COPIA ORIGINALE IN CD RILASCIATA ALL’EPOCA DALLA HOLLYWOOD RECORDS, MA CREDO SIA GIUNTO IL MOMENTO DI RISTAMPARE E RENDERE NUOVAMENTE DISPONIBILE AL GRANDE PUBBLICO UN DISCO COSÌ VALIDO.
“Ci sto provando con tutte le mie forze, Gennaro, ma non è affatto facile affrontare un sano dialogo con i vertici della nostra vecchia etichetta discografica. Per una serie di motivi ridicoli non hanno interesse a mollarci i diritti e ritengo sia profondamente ingiusto non dare la possibilità a tutti gli appassionati di acquistare il nostro album ad un prezzo corretto”.

SE NON RICORDO MALE, PARECCHI ANNI FA LA SPITFIRE RECORDS AVEVA RIMASTERIZZATO “LET IT SCREAM”, MA ANCHE QUELLA VERSIONE NON SI TROVA PRATICAMENTE PIÙ, SE NON A PREZZI ASSURDI.
“La Spitfire non aveva rimasterizzato quel disco, ma lo aveva remixato, Gennaro. Scusami per l’appunto, ma credo sia doveroso farlo per non confondere le idee ai nostri fan. In quell’occasione il produttore aveva deciso di tagliare e rimodellare alcune parti vocali, scelta che a mio avviso si è rivelata incomprensibile ed assurda. Tra l’altro, per curiosità, di recente ho visitato su Internet alcuni autorevoli portali dedicati alla vendita dei dischi usati. Sono rimasto realmente sconcertato nell’apprendere che alcune copie di ‘Let It Scream’ autografate da tutta la band viaggiano intorno ai duecentocinquanta dollari. Questo lato del collezionismo musicale mi fa davvero schifo, perché penso che tutti debbano avere l’opportunità di acquistare un disco ad un prezzo ragionevole”.

DI RECENTE HO DOMANDATO A DEREK OLIVER DELLA ROCK CANDY RECORDS SE, GRAZIE ALLA SUA DIPLOMAZIA, POTREBBE RIUSCIRE A STRAPPARE I DIRITTI AI SIGNORI DELLA HOLLYWOOD RECORDS. MI HA RISPOSTO CHE CI STA LAVORANDO, MA ANCHE LUI STA INCONTRANDO PARECCHI OSTACOLI SUL PROPRIO PERCORSO…
“Dubito che il buon Derek possa riuscire a strappare un accordo con loro. Quei signori si stanno comportando proprio da stronzi… si dice così in italiano, giusto? Stronzi è la parola giusta (risate, ndR)”.

DOPO L’ESPERIENZA CON I THE SCREAM, SEI DIVENTATO IL CANTANTE DEI MOTLEY CRÜE CON I QUALI HAI INCISO IL MERAVIGLIOSO DISCO OMONIMO DEL 1994. IN QUELLE CIRCOSTANZE LA BAND AVEVA CAMBIATO RADICALMENTE LO STILE PER CUI ERA DIVENTATA FAMOSA, AL FINE DI APPRODARE AD UN SOUND DECISAMENTE PIÙ PESANTE E COMPATTO. RITIENI TU SIA STATO SUFFICIENTEMENTE COINVOLTO DURANTE IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE?
“Assolutamente sì. Direi che ho contribuito ampiamente a modellare le canzoni presenti in quell’album, oltre a quelle incluse nel successivo EP ‘Quaternary’. Anche in quell’occasione, come accade oggigiorno con i The Dead Daisies, mi sono ritrovato in un’ampia sala con Tommy, Mick e Nikki ed insieme abbiamo scritto l’intero album. Come al solito Nikki si è occupato anche delle liriche, ad eccezione della ballata ‘Driftaway’, in quanto l’ho scritta praticamente da solo con il supporto dei ragazzi. A onor del vero ho scritto gran parte del materiale finito su ‘Generation Swine’ ma, chissà come mai, sono stato defenestrato prima della sua pubblicazione, perché il loro manager non mi riteneva una rockstar tanto quanto il resto del gruppo. Il mio licenziamento ha caratterizzato il periodo più buio e triste della mia vita, perché temevo di non essere più in grado di pubblicare della musica di qualità. Mi ero tagliato i capelli e avevo deciso di inseguire i trend del momento, snaturando completamente la mia arte, le mie idee, il mio stile. Soltanto grazie al supporto costante di mia moglie ho capito che dovevo essere semplicemente me stesso: Mr. John Corabi! Proprio per questo motivo nel 2012 ho rilasciato il mio album acustico intitolato ‘Unplugged’, un lavoro per il quale mi sento profondamente orgoglioso. In quella circostanza ho dimostrato a me stesso, e poi al mondo, di essere un autore oltre che ad una semplice rockstar”.

DIFATTI NON NASCONDO CHE TI HO SEMPRE REPUTATO SUPERIORE A VINCE NEIL, IN TUTTO E PER TUTTO.
“Ti ringrazio per il complimento, ma voglio precisare che io e Vince siamo molto più amici di quel che voi possiate immaginare, pensa che entrambi viviamo a Nashville! Lui è stato il cantante di una delle band di maggior successo degli Stati Uniti e senza il suo carisma e la sua attitudine strafottente, i Motley Crüe non sarebbero diventati così celebri vendendo ben quaranta milioni di dischi! Siamo semplicemente molto diversi dal punto di vista stilistico e compositivo, tutto qua”.

ALLA FINE DEGLI ANNI NOVANTA HAI COLLABORATO CON L’EX CHITARRISTA DEI KISS, BRUCE KULICK, CON IL QUALE HAI INCISO UN PAIO DI ALBUM A NOME UNION. SEI ANCORA SODDISFATTO DI QUELL’ESPERIENZA E DELLA QUALITÀ DELLE CANZONI CHE HAI COMPOSTO CON LUI?
“Certamente, non rinnego nulla di quanto ho fatto in passato! Come ti dicevo prima, in quel periodo stavo attraversando un periodo di forte transizione, che mi ha spinto a scrivere alcuni episodi in linea con le tendenze post grunge dell’epoca. Non tutto il male vien per nuocere, in quanto devi sapere che mi esibisco per diletto in una soul band nella quale mio figlio suona la batteria. Pensa che il bassista di quel gruppo adora gli Union più di quanto li abbia mai adorati io (ride, ndR). In fin dei conti tutto verte sul gusto e sulla sensibilità di ognuno di noi”.

PER CHIUDERE, MI PERMETTO DI CHIEDERE LA TUA OPINIONE IN MERITO ALLA RECENTE SCOMPARSA DI CHRIS CORNELL.
“Quell’uomo era dotato di una voce ed di un talento artistico straordinario! La sua morte rappresenta una perdita enorme per la musica rock e per questo motivo desidero citarti un pensiero coniato di recente da Tom Morello: Chris aveva il dono di unire la pesantezza dei Black Sabbath con le melodie dei The Beatles. Non ho altro da dire”.

 

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