THE ETERNAL – Armonia delle dissonanze

Pubblicato il 18/08/2024 da

Nati a Melbourne più di vent’anni fa, i The Eternal sono giunti ormai alla pubblicazione del settimo album, culmine di una carriera che li ha visti condividere il palco con band quali Opeth, Katatonia ed Anathema.
Il protagonista di questo lungo viaggio attraverso sonorità gothic metal che sono variate nel tempo è sempre stato il cantante e chitarrista Mark Kelson, attorno al quale ha ruotato negli anni un’interminabile serie di musicisti. 

Al momento la formazione sembra essersi stabilizzata e gli australiani hanno pubblicato pochi mesi orsono “Skinwalker”, un’opera compatta e convincente, con la quale i quattro sembrano aver ritrovato un’ispirazione che, nella fase centrale del loro cammino, era andata in parte perduta.
Abbiamo parlato con lo stesso Mark del nuovo disco, oltre che del passato e dei progetti futuri della band. Buona lettura!

CIAO MARK, BENVENUTO SU METALITALIA.COM E COMPLIMENTI PER L’ALBUM.
SONO PASSATI SEI ANNI TRA “WAITING FOR THE ENDLESS DAWN” ED IL NUOVO ALBUM “SKINWALKER”. PERCHÉ COSÌ TANTO TEMPO? COSA È SUCCESSO NEL FRATTEMPO?
– Siamo felici di aver finalmente pubblicato il nuovo album, sono successe molte cose, la pandemia ci ha rallentato ma, in un certo senso, ci ha anche aiutato a completare la nuova formazione.
Dopo il nostro tour europeo per la promozione di “Waiting for the Endless Dawn”, ci siamo trovati ad aver bisogno di un batterista; dato che eravamo già stati in tour con gli Amorphis e avevamo stretto amicizia con Jan Rechberger e Niclas Etelävuori, abbiamo contattato Jan per vedere se era disponibile a lavorare con noi sull’album. Inizialmente ha voluto suonare come musicista di studio ma, essendo così coinvolto, era chiaro che si sarebbe unito alla band a breve.
Non molto tempo dopo abbiamo perso il nostro bassista storico, così, dato che avevamo già un batterista finlandese, abbiamo deciso di contattare Niclas per vedere se avrebbe potuto suonare il basso, e da lì tutto si è evoluto. Abbiamo lavorato a distanza durante la pandemia e, quando questa è giunta al termine, Rich e io siamo volati a Helsinki per mixare l’album con i ragazzi.
Vale la pena notare che abbiamo fatto tutto da soli, comprese la registrazione e il mixaggio, quindi l’album è stato realizzato per lo più entro la fine del 2022, ma dovevamo trovare un nuovo accordo e il periodo di negoziazione è durato un altro anno. Anche se speravamo di non perdere così tanto tempo, ci sono stati tanti fattori che hanno contribuito ad allungare l’attesa, ma alla fine ci siamo arrivati ​​e sospetto che non ci vorrà così tanto tempo per il prossimo disco.

QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA “SKINWALKER” ED IL SUO PREDECESSORE?
– Penso che “Skinwalker” rappresenti tutto ciò su cui abbiamo lavorato ed in modo molto coeso; inoltre, l’aggiunta di due nuovi collaboratori ha fornito rinnovata energia alla band, oltre ad alcune interessanti prospettive. Secondo me è  anche più diversificato e ha molta più profondità di produzione, poiché tutti i membri vi hanno contribuito. Se guardi ad uno qualsiasi dei nostri album puoi vedere alcuni particolari che lo fanno sembrare un’opera di The Eternal, ma per qualche motivo tutti questi fattori si sono riuniti in un modo nuovo su “Skinwalker”.

SIETE DIVENTATI UNA BAND INTERCONTINENTALE, CON DUE MUSICISTI FINLANDESI NELLA VOSTRA FORMAZIONE. COME RIUSCITE A LAVORARE COME GRUPPO VIVENDO COSÌ LONTANI UNO DALL’ALTRO?
– Abbiamo deciso di guardare in giro per il mondo per provare qualcosa di diverso. Jan è ancora negli Amorphis e quello è il suo lavoro a tempo pieno, quindi ne teniamo conto per i nostri piani, ma funziona alla perfezione.
Comunichiamo tutti molto bene e abbiamo tutti degli studi di registrazione, quindi, con la tecnologia odierna, non è così difficile interagire in modo ottimale, e ovviamente ci riuniamo in varie fasi dei nostri progetti per trovarci faccia a faccia. Ero a Helsinki proprio lo scorso Natale per lavorare su nuovo materiale con i ragazzi. Direi che sta andando veramente bene.

CI SONO DIVERSI OSPITI NELL’ALBUM. CHI SONO E COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON LORO?
– Emily Saaen è una cantante russa che ora vive in Australia, lavoriamo con lei da molti anni ed è un’artista straordinaria; è con noi dal nostro terzo album.
Jan aveva un sacco di idee per gli ospiti e alcuni di questi ragazzi vengono proprio dagli Amorphis: Tomi Joutsen ha fornito il suo growl in tre canzoni, ed è il migliore del settore in questo! Avevamo bisogno di un organo Hammond per “Under The Black”, quindi Santeri Kallio ci ha aiutato e ha fatto un ottimo lavoro.
Altri ospiti sono Sami Yli-Sirniö (Kreator) che è amico di Niclas e Jan e ha contribuito con il sitar a “Temptation’s Door”, e Albert Kuvezin (Yat-Kha), che ha arricchito con il suo incredibile throat singing (tecnica di canto appartenente alla cultura mongola, ndr) il brano “Skinwalker”, un suono davvero unico!
Elianne Anemaat dei Celestial Season, una vecchia amica, ha suonato il violoncello in “When The Fire Dies”, e ne siamo pienamente soddisfatti.

C’È UNA CANZONE NEL DISCO CHE CONSIDERATE RAPPRESENTATIVA DELL’INTERO LAVORO ED EVENTUALMENTE PERCHÉ?
– Penso che “The Iconoclast” abbia un po’ di tutto per quanto riguarda gli elementi prog, il grande ritornello melodico e  momenti veramente oscuri quanto inaspettati; non vedo l’ora di suonarla dal vivo.
In realtà siamo pronti per riproporre tutti gli stati d’animo dell’album: non creiamo solo singole canzoni, il disco si gode al meglio come un’esperienza completa, a cui donare tempo e concentrazione.

LA VOSTRA CARRIERA È ORA LUNGA E “SKINWALKER” È GIÀ IL VOSTRO SETTIMO ALBUM. COME VEDETE IL LAVORO CHE AVETE FATTO FINORA IN RETROSPETTIVA? COME E’ CAMBIATA LA VOSTRA MUSICA NEL CORSO DEGLI ANNI E COME PUÒ EVOLVERE IN FUTURO?
– Penso che ci siano molti fili comuni, puoi tornare al primo album e ascoltare le sue lunghe tracce oscure con momenti prog e grandi ritornelli melodici. Con gli album intermedi stavamo cercando di trovare nuovi suoni, ma forse eravamo siamo andati troppo oltre. In un modo o nell’altro, gli ultimi tre album possono essere visti come un viaggio verso quella che sarebbe potuta essere una combinazione di ciò che abbiamo sperimentato in passato.

LA VOSTRA PROPOSTA È RADICATA NEL PASSATO, ANCHE SE CI SONO ANCORA MOLTE BAND CHE SUONANO QUESTO TIPO DI MUSICA. PENSATE CHE CI SARÀ SEMPRE INTERESSE VERSO QUESTO GENERE? QUALE TIPO DI PUBBLICO VI SEGUE IN QUESTO MOMENTO?
– Abbiamo sempre fatto solo la musica che ci piace, e forse questo è andato a scapito della conquista di un successo maggiore.
Non lo so, non facciamo musica pensando se è moderna o vecchia, diamo solo forma al suono che arriva. Tutti e quattro portiamo esperienze diverse, ma ovviamente amiamo tutti le cose più classiche, quelle che appartengono alla nostra fascia d’età.
Non penso che le persone che ascoltano la nostra musica siano cambiate molto, ma spero che con “Skinwalker” ne potremo raggiungere un numero maggiore.

“SKINWALKER” È UN ALBUM RICCO DI DETTAGLI. PENSATE CHE CIASCUNO SIA IN GRADO DI COGLIERLI ED APPREZZARLI? DA QUESTO PUNTO DI VISTA, QUAL È IL FORMATO GIUSTO PER ASCOLTARE LA VOSTRA MUSICA?
– Penso che finché si potrà trovare tempo e concentrazione, si otterrà il massimo dall’album, anche in streaming. Ascoltare il vinile è un’esperienza piacevole, poiché devi essere attivamente coinvolto nel processo, osservando la copertina, leggendo i testi e, naturalmente, cambiando i dischi! Se vuoi avere un’esperienza coinvolgente, il prodotto fisico è sempre la soluzione ottimale.

CHE TIPO DI EMOZIONI CERCATE DI TRASMETTERE ATTRAVERSO LE VOSTRE CANZONI?
– Per me scrivere è una terapia, è un gesto molto introspettivo e catartico e a volte mi chiedo se espongo troppo le mie emozioni, ma penso che ciò sia fatto con onestà.
Non penso che stia cercando di trasmettere intenzionalmente alcuna emozione, ma The Eternal è il mio modo di occuparmi del cambiamento, del dolore, della perdita e della navigazione nel mondo quotidiano, che tutti noi affrontiamo collettivamente. Se questo risuona o piace a qualcuno e ci si sente connesso, è un bonus meraviglioso.

UNA DELLE CANZONI CHE PIU’ COLPISCONO È “THE ICONOCLAST”, NON SOLO PER I SUOI DIECI MINUTI DI DURATA. SEMBRA DAVVERO DRAMMATICA E TEATRALE. DI COSA PARLA?
– Un iconoclasta è una persona che attacca o critica convinzioni consolidate; si tratta di distruggere qualcuno per le proprie credenze esagerate o narcisistiche, di superare l’abuso emotivo a cui qualcuno ti ha sottoposto e schiacciare i suoi ideali fondamentalmente. Trovo che la musica sia uno sfondo cinematografico perfetto per questi temi!

ANCHE “WHEN THE FIRE DIES” SEMBRA AVERE UN SIGNIFICATO MOLTO PROFONDO. COSA C’È DIETRO I TESTI? COM’È NATA LA CANZONE?
– Se ricordo bene è stata la penultima canzone che abbiamo scritto; all’inizio avevamo registrato la versione demo con i testi, ma la sezione centrale “I can’t stay here just waiting, so please go just let me live” è arrivata quando la canzone era quasi finita. E’ una parte potente del pezzo, perché ti conduce in un luogo in cui vuoi essere libero dalla perdita e dal dolore che la strofa e il ritornello portano.
E’ un suono malinconico ma anche edificante, nella nostra musica esploriamo l’oscurità ma non vogliamo necessariamente rimanerci bloccati: in questa canzone si può trovare qualche speranza per superare il dolore.

PROMUOVERETE “SKINWALKER” CON UN TOUR?
– Sì! Abbiamo in programma di andare in tour, ma al momento abbiamo alcuni problemi logistici e di tempistica da risolvere. Mi aspetto che suoneremo all’inizio del 2025 in Europa e inoltre abbiamo iniziato a lavorare sul nostro prossimo album: questa volta l’attesa non sarà così lunga!

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