THE FORESHADOWING – Anno Zero

Pubblicato il 13/06/2012 da

La certezza di avere anche in Italia una band ai vertici del panorama gothic-doom mondiale risponde al nome di “Second World”. Il nuovo album dei The Foreshadowing è infatti quanto di meglio tale campo abbia offerto ultimamente ed è l’ennesima conferma del talento della band romana, che sin dalla propria fondazione è stata protagonista di una maturazione costante, che ha incontrato responsi sempre più favorevoli sia da parte della critica che del pubblico. Alessandro Pace e compagni non hanno più nulla da dimostrare e siamo davvero curiosi di vedere che cosa riserverà per loro il futuro, visto che i Nostri si trovano a un punto in cui praticamente ogni singola evoluzione artistica e concettuale è possibile. Nel frattempo, è giusto comunque concentrarci sull’ultima fatica, che per i ragazzi segna appunto il raggiungimento di una maturità importante. Alessandro Pace ce ne illustra i retroscena e inoltre non risparmia considerazioni nel parlare di altri aspetti del mondo metal attuale.

TORNATE CON UN ALBUM NUOVAMENTE ALL’INSEGNA DI UN GOTHIC-DOOM CLASSICO MA NON SCONTATO. CREDO CHE “SECOND WORLD” CONTENGA ELEMENTI TRATTI DA ENTRAMBI I VOSTRI PRIMI DUE ALBUM, MISCHIATI A RITMICHE PIÙ VARIEGATE DEL SOLITO. SEI D’ACCORDO?
“Sì, sono d’accordo. L’intenzione era quella di fare un passo avanti in termini di songwriting, anche se non volevamo cambiare drasticamente il nostro sound. Diciamo che il nostro obiettivo era unire le caratteristiche tipiche dei nostri primi due album (ossia l’immediatezza di ‘Days Of Nothing’ e l’oscurità di ‘Oionos’) miscelandoli a nuovi elementi e nuove soluzioni. In questo senso, ‘Second World’ è il nostro lavoro più vario e allo stesso tempo più metal e heavy”.

ANCORA UNA VOLTA VI SIETE TENUTI LONTANI DA ECCESSI EXTREME METAL, SIA A LIVELLO MUSICALE CHE VOCALE, NONOSTANTE NEL DISCO NON MANCHINO PARTI INDUBBIAMENTE HEAVY. TENTAZIONI DEATH O DOOM-DEATH NON FANNO PROPRIO AL CASO VOSTRO?
“Penso che qualche cosa di questo tipo sia stata fatta nell’arco dei nostri tre album in modo leggero, anche se introdurre il doom-death nel nostro sound in pianta stabile lo riterrei un passo troppo drastico per lo stile che ci siamo creati; abbiamo degli elementi caratteristici che andrebbero troppo in contrasto tra loro. Mai dire mai, in ogni caso, di solito non pianifichiamo niente prima di accingerci a fare un nuovo album, quindi potrebbe anche essere che se l’ispirazione sarà orientata a soluzioni più pesanti faremo qualcosa di questo tipo in futuro”.

QUALI SONO GLI ELEMENTI CHE SECONDO TE NON DEVONO ASSOLUTAMENTE MANCARE IN UN BRANO DEI THE FORESHADOWING?
“La melodia, una linea vocale convincente e un arrangiamento snello ma solido ed efficace”.

QUAL È IL CONCEPT ALLA BASE DI “SECOND WORLD”? AVETE SEMPRE DATO UN CERTO PESO AI TESTI SINORA E SAREI CURIOSO DI SAPERE DOVE VI SIETE SPINTI CON LA NUOVA FATICA.
“L’Apocalisse rimane il tema principale e al centro costante della nostra attenzione. Questa volta l’abbiamo metaforizzata partendo da un concetto, anzi, da una profezia degli indiani Hopi, che fanno riferimento al ‘giorno della purificazione’. Quel giorno della purificazione lo abbiamo identificato con un ipotetico ‘Secondo Mondo’, un mondo creato da coloro che sopravviveranno al primo mondo, quello industrializzato e meccanizzato, fatto di automi più che di esseri umani, alle prese con il tempo incessante e con ritmi di vita disumani e sempre più alle prese con un mondo malato, distrutto nel suo paesaggio naturale, il quale si rivolta portando una serie di sciagure e catastrofi come uragani, terremoti o nubifragi dentro cui l’umanità stessa verrà inghiottita”.

A GRANDI LINEE AVETE MANTENUTO IL RITMO DI UN ALBUM OGNI DUE ANNI. SCELTA CONSAPEVOLE O È SEMPLICEMENTE IL LASSO DI TEMPO A VOI PIÙ CONGENIALE PER PORTARE A TERMINE UN LAVORO SODDISFACENTE?
“Penso sia il lasso di tempo giusto per mantenere una certa costanza di uscite e attenzione generale e allo stesso tempo di lavorare in modo meticoloso ad un album senza lasciare nulla al caso”.

MAN MANO CHE CREATE NUOVA MUSICA, VI SENTITE PIÙ O MENO INTERESSATI A CERCARE ED ASCOLTARE ALTRI/NUOVI GRUPPI? AVETE ANCORA LA “FAME” DI UN TEMPO?
“A livello personale, la fame c’è sempre, il problema è che molto spesso mi manca il cibo. Sinceramente, spero sempre che esca qualche cosa di interessante, ma al giorno d’oggi sono veramente poche le uscite che trovo meritevoli. Purtroppo la scena attuale è formata da alcune band storiche che riescono a fare ancora buoni album (la percentuale più bassa), vecchi mammoth che si mantengono con grandi produzioni live ma producono nuovi album nella maggior parte dei casi di routine e poco ispirati (il grosso della scena), una manciata di valide ‘newcomer’ band che si arrangiano tra mille difficoltà a tirare avanti finché possono e poi la peggiore delle categorie: le reunion band. Ecco, secondo il mio modesto parere, questa categoria è il peggiore mostro che ha creato l’industria discografica degli ultimi anni. E la cosa più triste è che molte volte si ripresentano gruppi che erano poco rilevanti anche ai loro tempi e avevano già esaurito le idee. Ovviamente tra queste reunion ci sono anche quelle di alto livello, a cui per forza di cose bisogna cedere: come posso non essere contento se i Carcass e gli At The Gates rifanno dei live? E’ pur sempre un emozione rivederli! Però il lato puramente ‘commerciale’ di tali operazioni un po’ mi intristisce sempre. Anche perché tutto questo non permette un riciclo naturale delle generazioni. Si tenderà sempre a dare tutto ai veterani e le briciole ai giovani”.

ULTIMAMENTE A QUALE PERIODO O STILE MUSICALE TI SENTI PIÙ ATTRATTO A LIVELLO DI ASCOLTI?
“La storia mi ‘condanna’ a rimanere per sempre legato al metal dei fine 8’0 e dei ’90; d’altronde iniziai ad ascoltare queste sonorità in quel periodo e quindi la mia formazione musicale risale a quegli anni”.

PENSI CHE UN GENERE DI MUSICA “POP, MA NON POPOLARE” COME IL METAL POSSA ESSERE CONSIDERATO ARTE? CHE COSA DISTINGUE L’ARTE DALL’INTRATTENIMENTO?
“Arte per me è tutto ciò che suscita un emozione: il metal ha sempre regalato emozioni forti, quindi perché non dovrebbe essere considerata arte? Una tra le più sublimi, aggiungerei. Al giorno d’oggi, poi, con tutte le schifezze che ci vengono rifilate come arte…”.

PER IL MIXAGGIO E IL MASTERING QUESTA VOLTA VI SIETE AFFIDATI AL NOTO DAN SWANO. PERCHÈ VI SIETE RIVOLTI A LUI E COME SI È SVOLTA LA COLLABORAZIONE?
“Abbiamo scelto Dan Swanö e i suoi Unisound Studios in Svezia poiché stimiamo da sempre i suoi lavori e ci sembrava il produttore più congeniale per questo album. Il grande pregio che abbiamo trovato in Dan è il suo approccio generale al sound di una band. Lui non è quel tipo di produttore che ha un suo suono standard e collaudato e lo applica indistintamente a tutte le band a cui lavora, ma il suo obiettivo primario è entrare nel mood dell’album e saper valorizzare il sound della band stessa senza alterarlo, ma semplicemente ottimizzandolo a livello tecnico. Questo implica ovviamente che la band stessa deve avere le idee ben chiare su ciò che si vuole ottenere. Il dover lavorare a distanza inizialmente ci ha spaventato un po’, ma è stato solo un falso allarme, poiché il continuo dialogo e la sua costante disponibilità hanno reso molto gradevole l’intero processo di mixaggio e mastering. Abbiamo lavorato per quasi due mesi in un clima distensivo e piacevole grazie anche alla sua buona dose di ironia. Ci ha fatto inoltre molto piacere il suo costante apprezzamento nei riguardi della nostra musica e del nostro stile”.

L’ATMOSFERA DELLE VOSTRE OPERE È NOTEVOLMENTE MALINCONICA. QUAL È LA CANZONE PIÙ MALINCONICA CHE HAI SENTITO IN VITA TUA E PERCHÈ?
“Domanda difficilissima, ce ne sono veramente tante… Al momento la prima che mi viene in mente è ‘The World Spins’ cantata da Julee Cruise  e scritta dal duo Badalamenti / Lynch. Mi ricorda molto i primi anni ’90 con tanta nostalgia”.

LA LINEUP DELLA BAND È MOLTO SOLIDA SIN DAGLI INIZI, A PARTE IL RUOLO DI BASSISTA. QUAL È IL SEGRETO DELLA VOSTRA UNIONE?
“Penso che quest’unione derivi dall’amicizia che c’era tra molti elementi della band ancor prima che essa nascesse. Poi, con il passare degli anni, si solidifica tutto il resto e posso dire di aver scelto delle persone che hanno come pregio principale la voglia di evolversi, fare nuove esperienze e avere ‘fame’ di suonare sempre, perché abbiamo tutti una passione forte che ci fa tirare avanti. In questo senso, ne ha poi beneficiato anche il nostro sound. Posso dire con orgoglio che senza questa spinta interna e questa passione la band sarebbe finita da parecchio tempo”.

RIMANENDO SULL’ARGOMENTO, PUOI PRESENTARCI IL NUOVO ARRIVATO FRANCESCO GIULIANELLI AL BASSO? COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON LUI E PER QUALE MOTIVO DAVIDE PESOLA HA LASCIATO IL GRUPPO?
“In realtà, con Davide non c’è mai stato un vero e proprio split ufficiale: lui è sempre stato ed è tuttora un amico della band;  ad un certo punto ci siamo semplicemente resi conto che  non gli era più possibile gestire il suo lavoro di fonico e la sua altra band (Klimt 1918) con l’impegno fisso e a lungo termine che noi gli chiedevamo. Quindi all’uscita di ‘Oionos’ e un paio di mesi prima della nostra esibizione al Summer Breeze Festival nel 2010 ci ritrovammo a cercare un bassista stabile ed a lungo termine per la nostra band. Francesco mi fu consigliato da un amico in comune e lo prendemmo in considerazione per una selezione. Dopo un provino non abbiamo avuto dubbi nello scegliere lui come nostro sesto elemento mancante, poiché ha dimostrato di possedere una buona tecnica musicale, delle idee molto chiare su come funzionano le dinamiche di una band nonché una grande presenza scenica sul palco, che non è cosa da poco”.

SUONERETE LIVE PER PROMUOVERE “SECOND WORLD”? QUANTO È IMPORTANTE LA DIMENSIONE LIVE PER I THE FORESHADOWING?
“La dimensione live è importantissima per noi e faremo di tutto per fare più concerti possibili per promuovere il nuovo album. Il problema è un altro, ossia averne sempre le opportunità. Al giorno d’oggi è diventato praticamente impossibile per una band come la nostra organizzare un’attività live costante. In Italia, per esempio, è una tragedia: i club chiudono sempre più spesso, i pochi festival che ci sono chiamano sempre le stesse band e non hanno il minimo interesse a far sentire qualcosa di nuovo (nonché impongono alcune volte delle condizioni al limite della decenza e dell’offesa) e in più siamo zeppi di presunti ‘promoter’ improvvisati e gravemente affetti da esterofilia. Mi sento molto amareggiato quando mi chiedono come mai non facciamo un tour italiano… ma dove e organizzato da chi? Ci piacerebbe moltissimo soddisfare le richieste dei nostri fan, ma purtroppo si ignorano le condizioni improponibili e le difficoltà che vengono poste ad una band emergente come la nostra. All’estero la situazione è decisamente migliore, anche se il fare dei tour molto spesso non dipende dalla sola buona volontà della band, ma dalle dinamiche del business e dalle grosse agenzie che gestiscono i grandi tour e le band che vanno per la maggiore. Per imbarcarsi in un tour di buone proporzioni anche solo come semplice band di supporto servono ingenti budget che spesso le label non sono disposte a coprire. In tour non ci si va solo per meriti artistici, ma anche per il conto in banca, purtroppo…”.

GRAZIE MILLE! LE ULTIME PAROLE FAMOSE?
“Un abbraccio a tutti i lettori di Metalitalia.com. Se davvero finirà il mondo a dicembre speriamo di lasciarci con il degno epilogo alla trilogia musicale con la quale volevamo avvisarvi di quello che sarebbe accaduto”.

4 commenti
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