THE GATHERING – Sempre in movimento

Pubblicato il 16/12/2012 da

Il pur valido “The West Pole” non era riuscito a esprimere tutte le capacità dei The Gathering: il gruppo, archiviato il prima possibile il doloroso split con Anneke Van Giersbergen, aveva provato a tornare in pista in fretta e furia, assemblando un disco con varie luci, ma anche con qualche ombra. Ci sono voluti circa tre anni e qualche singolo “preparatorio” per ritrovare la formazione sui sui soliti livelli, quelli che in tanti anni di carriera l’hanno resa una colonna portante della scena gothic-doom prima e di quella alternative/atmospheric rock dopo. “Disclosure”, il nuovo parto sulla lunga distanza dei The Gathering, ha sorpreso tutti in positivo, presetandoci un gruppo di nuovo pienamente affiatato, ispirato e conscio dei propri mezzi, che ha “fatto quadrato” attorno alla nuova cantante Silje Wergeland e che ha riscoperto il piacere di sperimentare con la propria musica, pur senza mai tradire le sue radici. Metalitalia.com si è messa in contatto con due delle storiche “menti” della band – il tastierista Frank Boeijen e il batterista Hans Rutten – e quanto segue è ciò che è riuscita a estrapolare su questo gradito ritorno; un’intervista che affronta il presente, così come qualche curiosità…

NON AVETE MAI AMATO DOVER CLASSIFICARE LA VOSTRA MUSICA. MA SE UN GIORNO VI RITROVASTE CON UNA PISTOLA ALLA TEMPIA E FOSTE COSTRETTI A FARLO, COME RISPONDERESTE?
Frank: “Risponderei che siamo un gruppo di persone creative che cerca sempre di spingersi oltre i limiti nella musica. Esistiamo ormai da 23 anni: abbiamo iniziato come doom-death metal band atmosferica con influenze sinfoniche e siamo stati tra i primi a utilizzare voci femminili e tastiere. Oggigiorno abbiamo sempre quell’approccio atmosferico, ma lo mescoliamo con sonorità rock alternative”.

VENIAMO QUINDI AL NUOVO “DISCLOSURE”: AVEVATE UNA VAGA IDEA DI COSA VOLEVATE RAGGIUNGERE CON QUESTO ALBUM O SI TRATTA DEL FRUTTO DELLA SPONTANEITÀ?
Frank: “Facciamo musica perchè sentiamo sempre questa spinta creativa dentro di noi. È un flusso magico che non possiamo pianificare o controllare più di tanto. Ovviamente vogliamo pubblicare album, quindi quella è una decisione presa deliberatamente, ma la musica che includiamo in questi ultimi è sempre frutto della più genuina spontaneità”.

DURANTE IL PROCESSO DI SONGWRITING SIETE SOLITI CERCARE DI BILANCIARE CONSCIAMENTE I VARI ASPETTI DELLA VOSTRA MUSICA? VI CAPITA MAI DI PENSARE “QUESTO BRANO È TROPPO ATMOSFERICO” O “TROPPO HEAVY”?
Frank: “I brani si sviluppano da soli e questo succede perchè lavoriamo ad essi in maniera molto spontanea. Non pensiamo mai a quanto dura un pezzo o a come questo si sta strutturando. Suoniamo e basta. Su questo album credo proprio che tutto sia venuto nel migliore dei modi. Per noi è importante che ogni nostro nuovo disco sia il più onesto e spontaneo possibile. Evitiamo sempre di pianificare: sarebbe noioso, e questo è un altro aggettivo che non vogliamo che venga accostato alla nostra musica. Credo che siamo riusciti a confezionare un disco che suona imprevedibile e che, al tempo stesso, strizza l’occhio ad esperienze passate, soprattutto a livello di soluzioni elettroniche, arrangiamenti e strutture. Nel complesso, direi che ‘Disclosure’ è uno dei nostri lavori più organici e istintivi”.

QUALI LEZIONI AVETE IMPARATO DURANTE LA STESURA DEL PRECEDENTE “THE WEST POLE” E COME AVETE SFRUTTATO QUESTE ULTIME SU “DISCLOSURE”?
Frank: “Credo che ‘The West Pole’ sia stato pubblicato un po’ troppo in fretta. Avevamo tanta voglia di tornare a comporre e di pubblicare qualcosa di nuovo e forse non abbiamo sempre agito con la massima lucidità. Ci sono certamente delle ottime canzoni su quel disco, ma credo che ‘Disclosure’ sia un’opera assai più coerente e completa”.

QUAL È IL CONCEPT ALLA BASE DI “DISCLOSURE”? VI È UNA STORIA IN PARTICOLARE DIETRO QUESTO TITOLO?
Frank: “Non vi è alcuna storia particolare, si tratta bensì di una parola che ben riassume il contenuto dei testi. L’intero album è basato su esperienze di vita personali ed è un attestato genuino e sincero di chi siamo a questo punto della nostra esistenza. Tutto sommato, si potrebbe dire che stiamo ‘aprendo’ noi stessi all’audience”.

LA COMPONENTE VISIVA DEI VOSTRI ALBUM È SEMPRE STATA MOLTO CURATA. QUANTO È IMPORTANTE PER VOI METTERE IN RISALTO QUESTO ASPETTO DELLA BAND, OLTRE ALLA MUSICA?
Frank: “Le copertine e le proiezioni video nei concerti sono sempre state molto importanti per noi: le abbiamo sempre viste come un modo efficace di presentare al pubblico quali sono le nostre idee e il nostro messaggio, quasi tanto quanto la musica. Su questi aspetti ci siamo sempre impegnati parecchio, mentre devo dire che non ci è mai interessato avere un look particolare o allestire delle scenografie imponenti. A differenza di una band come, ad esempio, i Within Temptation, siamo sempre stati molto spartani in questo senso”.

PENSATE DI AVER CONFEZIONATO IL VOSTRO ALBUM DEFINITIVO? DOVE CONTINUATE A TROVARE ISPIRAZIONE?
Frank: “Ci sentiamo sempre ispirati per creare nuova musica. Credo che potremmo andare avanti praticamente per sempre, anche se non so se ciò avverrà sempre sotto il monicker The Gathering. Tuttavia, credo che con ‘Disclosure’ siamo riusciti a gettare delle buone basi per un avvincente successore. La nostra cantante Silje Wergeland ha registrato ‘solo’ due album con noi e siamo curiosi di vedere se saremo in grado di realizzare canzoni migliori di queste in futuro. L’ispirazione la troviamo nella vita di tutti i giorni. È qualcosa che non va cercata… è lei che viene da te”.

PENSATE CHE I THE GATHERING STIANO VIVENDO UN BUON MOMENTO DI POPOLARITÀ? VI SENTITE PIÙ O MENO APPREZZATI RISPETTO A UNA VOLTA?
Frank: “Devo dire che le reazioni su internet a proposito di ‘Disclosure’ sono state enormemente positive! Tuttavia non siamo soliti prestare troppa attenzione a questo genere di cose: come ovvio, ci fa piacere avere dei fan e sentire l’apprezzamento della gente, ma ciò non ci distoglie mai dai nostri obiettivi nè ci fa cambiare idea su possibili direzioni stilistiche. Non veniamo influenzati da ciò che ci circonda, nè operiamo in base al successo. Facciamo ciò che ci pare, insomma”.

VI È LA LAVORAZIONE DI UN BRANO O DI UN DISCO ALLA QUALE VI SENTITE PARTICOLARMENTE LEGATI?
Hans: “Personalmente, ho amato la lavorazione di ‘How To Measure A Planet’. Ci sentivamo estremamente creativi e l’atmosfera all’interno del gruppo era splendida. Inoltre, avevamo a disposizione un grosso budget, cosa impossibile da ottenere oggigiorno da una label. Ho amato anche la realizzazione di ‘Souvenirs’ e di ‘Disclosure’, anche se per entrambi abbiamo impiegato parecchio tempo, sino quasi a sfinirci”.

VI SONO INVECE VECCHI BRANI O ALBUM CHE OGGI DESIDERERESTE RIVEDERE?
Hans: “Sì, infatti alcuni vecchi pezzi vengono riarrangiati se li suoniamo dal vivo. In generale, siamo soliti rimpiangere qualche arrangiamento o delle scelte di produzione, ma, alla fine, nulla di ciò ci porta via il sonno. Semplicemente, un tempo avevamo altri obiettivi e una diversa attitudine, e agivamo di conseguenza. Meglio guardare al futuro…”.

IN CHE MODO IL POSTO IN CUI VIVETE INFLUENZA LA VOSTRA MUSICA? RITENETE CHE, IN QUALCHE MODO, I THE GATHERING SIANO O SIANO STATI UN GRUPPO PRETTAMENTE OLANDESE? MAGARI NON ORA, VISTO CHE SILJE È NORVEGESE, MA IN PASSATO…?
Hans: “Oss, la città dove siamo cresciuti, è stata molto importante. È un po’ come Birmingham: una città grigia e industriale, che non offre granchè, specialmente se sei giovane. Abbiamo fondato la band per provare a scappare da lì. Sì, oggi i The Gathering sono una band olandese, ma con una cantante norvegese. Ci sentiamo ancora una band olandese, ma non è nostra intenzione sbandierare la cosa. Non ci sentiamo di doverne essere fieri o qualcosa di simile. Tuttavia, credo che gli olandesi tendano a essere persone dalla mentalità aperta e questo forse si vede nella proposta dei The Gathering”.

QUALI BAND O ARTISTI STATE TROVANDO INTERESSANTI AL MOMENTO?
Hans: “In questi giorni sono più che mai innamorato di Kraftwerk e Deerhunter”.

COME VI SIETE FORMATI A LIVELLO TECNICO/MUSICALE? AVETE PRESO LEZIONI O SIETE AUTODIDATTI?
Hans: “Personalmente, ho preso lezioni ad un certo punto. Credo che tutti le abbiamo seguite, prima o poi. Penso sia interessante mischiare i due approcci: ho preso lezioni di arrangiamento, ma ho lasciato anche che i miei ascolti mi guidassero. Penso a band come Voivod, Paradise Lost, Celtic Frost e, soprattutto, Rush… è stato importante farsi influenzare da queste formazioni, ma anche e soprattutto rivisitare le loro lezioni seguendo il proprio istinto”.

QUAL È IL POSTO PIÙ INUSUALE NEL QUALE AVETE TENUTO UN CONCERTO O EFFETTUATO UNA REGISTRAZIONE? IN CHE MODO QUESTO HA INFLUENZATO IL RISULTATO FINALE?
Hans: “Una volta abbiamo suonato su una spiaggia nei pressi di Istanbul, in Turchia. È stata davvero un’esperienza magica. È sempre bello suonare vicino al mare: mi dona sempre sensazioni extra, anche se non so perchè di preciso”.

CHE COSA AVRESTE FATTO NELLA VITA SE NON FOSTE DIVENTATI DEI MUSICISTI?
Hans: “Personalmente, avrei provato a partecipare a delle spedizioni al Polo Nord e al Polo Sud”.

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