THE MAGIK WAY – Tutto è nell’uno e l’uno è in tutto

Pubblicato il 26/03/2019 da

Fautori di un’eccellente e personalissima forma di occult metal arricchito da istanze musicali e culturali molto variegate, i The Magik Way hanno recentemente pubblicato uno split con i Malvento: “Ars Regalis”, un lavoro in cui non solo il risultato è, come di rado si può dire dire, superiore alla somma delle parti, ma in cui il concetto stesso di split album viene rivisto e trasformato con la collaborazione e l’intreccio delle diverse componenti nei vari brani. Proprio come in un processo alchemico, sottotesto ben presente all’interno del lavoro, grazie anche al supporto filosofico di Roberta Rossignoli, membro dell’Ordine della Terra e preziosa aggiunta al lavoro. Ne abbiamo parlato diffusamente con Nequam, cantante, tastierista e mastermind della band piemontese, coadiuvato per alcune risposte (come indicato) dalla stessa Dottoressa Rossignoli.

CIAO NEQUAM E INNANZITUTTO GRAZIE PER QUESTA INTERVISTA. È LA PRIMA VOLTA CHE ABBIAMO IL PIACERE DI OSPITARVI SU METALITALIA.COM, QUINDI TI CHIEDEREI DI PARTIRE DAL PRESENTARE IL PROGETTO THE MAGIK WAY AI NOSTRI LETTORI.
– Grazie a te per questa intervista e un saluto a tutti i lettori. Bene, l’avventura dei The Magik Way è cominciata nel 1996: provenienti dal mondo del black metal ci siamo poi evoluti, affacciandoci a suoni più ritualistici e acustici, declamati in italiano. Nel corso degli anni, insieme alla musica, abbiamo sondato altri territori come la video-arte, la performance, il teatro ma senza mai rinunciare alle nostre tematiche di fondo, figlie di quel mondo esoterico piemontese che ci ha cullati fin dalla più giovane età. In questi ventitré anni siamo stati etichettati in vari modi avendo attraversato più stili, ma quello che ci si addice di più, coniato da Marco Cavallini (Sad Sun Music) e Francesco Palumbo (My Kingdom Music) è Ritualistic Occult Music. La nostra proposta verte infatti sulla trattazione di tematiche appartenenti all’ermetismo ed è concentrata nel tentativo di creare scenari evocativi, alla stregua della musica applicata. Abbiamo all’attivo alcuni demo e performance teatrali negli anni Novanta, mentre negli ultimi sette anni abbiamo realizzato quattro lavori, dei quali uno è un DVD Live realizzato nel 2017 in occasione dei nostri venti anni di attività.

C’È STATO UN LUNGO PERIODO DI STASI, PER LA TUA BAND, PRATICAMENTE QUINDICI ANNI. COS’È ACCADUTO NEL FRATTEMPO E A COSA TI SEI DEDICATO, FUORI DALL’AMBITO MUSICALE (SE TI VA DI PARLARCENE).
– A partire dagli inizi del millennio, abbiamo affrontato una ricerca più consapevole, in particolar modo con Azàch, nell’ambito di diverse discipline artistiche, rimanendo coinvolti in un vero slittamento sensoriale, in un profondo cambiamento nell’approccio e nella stesura musicale che ci ha avvicinato a sonorità archetipiche che appartengono all’Uomo, al suo inconscio collettivo.  Siamo entrati nei meandri più elitari del teatro sperimentale e del mondo accademico e questo ci ha portati a ‘scomparire’ dalle ribalte discografiche. Questi anni di silenzio apparente, sono in verità stati ricchissimi di esperienze e di incontri importanti. A questo si aggiunge l’aver dedicato anni di sperimentazione in seno ad un organismo esoterico denominato “L’Ordine della Terra”, il quale è stato ed è la nostra principale entità di riferimento. Con questo denso nucleo di studiosi e appassionati lavoriamo, ci incontriamo, con l’intenzione di studiare, discutere, comparare competenze, creare eventi e performance, laddove l’anonimato e il divieto di divulgazione la fecero da padrone per anni. In particolare tra gli anni 2002-2010 ci siamo proposti solo attraverso performance improvvisate estemporanee, mostre pittoriche, video-performance realizzate all’impronta e senza alcuna pubblicità, all’insegna quindi di una libertà espressiva che richiedeva come pre-requisito quello di non essere commercializzabile e dove contava solo l’atto creativo (atto magico). Rimanere fuori dalla dinamica classica disco/promozione/concerti ci ha consentito di lavorare molto liberamente e senza vincoli né scadenze. Questo sino all’anno 2012, quando Marco Cavallini, fan di vecchia data della band, a capo dell’etichetta Sad Sun Music ci ha chiesto di pubblicare l’album “Materia Occulta 1997-1999” che raccoglie alcune nostre cose degli anni Novanta. Il rinnovato interesse da parte di un’etichetta con la quale lavoriamo in totale libertà ed esclusività, ci ha fatto capire che i tempi a quel punto erano maturi per riproporci attraverso la forma del concept album e così abbiamo fatto, ma senza rinunciare ad una visione dell’Arte molto più ampia e variegata che continuiamo a praticare.

LA TUA PRIMA ESPERIENZA MUSICALE ‘DI RILIEVO’ È STATA CON I MORTUARY DRAPE. IN CHE MODO TROVI CONTINUITÀ E DOVE INVECE MAGIK WAY SI DISCOSTA DALLA BAND MADRE, PER COSÌ DIRE?
– Io, così come altri due fondatori dei The Magik Way abbiamo suonato nei Mortuary Drape complessivamente dal 1990 al 1997 e per ognuno di noi quella esperienza si è rivelata formativa e importantissima. Come tutti sanno la band è nata nell’86, giustamente considerata pionieristica nel genere, le cui fondamenta furono gettate ben prima dell’esplosione definitiva tramite il Black Metal norvegese. Per musicisti ‘in erba’ come noi, in una Alessandria piuttosto arida e provinciale in campo metal, quell’esperienza fu la migliore immaginabile e ci forgiò sotto diversi aspetti. Col passare degli anni però, l’entrata nella band di Azàch e una visione se vogliamo più ambiziosa, il desiderio di sperimentare prevalse e, sebbene alcune tematiche di fondo possano convergere in entrambe le band, la proposta dei The Magik Way è assai differente, meno orientata a sonorità estreme e certamente più sperimentale: sperimentazione che come detto si è poi allargata, comprendendo varie arti.

A TRE ANNI DI DISTANZA DALL’ULTIMO ALBUM, TORNATE CORAGGIOSAMENTE CON UNO SPLIT ALBUM… CHE È AL TEMPO STESSO QUALCOSA DI DIVERSO. CI RACCONTERESTI LA GENESI DEL LAVORO E COM’È NATO IL CONTATTO CON I MALVENTO?
– Fui contattato da Zin dei Malvento che ci propose di fare qualcosa insieme in un momento in cui avevamo appena dato alle stampe il DVD “Ananke”. L’idea fu subito quella di creare qualcosa di particolare, diverso dal solito e poi ragionammo sulla possibilità di scrivere la musica a 4 mani, mettendo cioè in discussione il nostro sound reciprocamente. Ci elettrizzava l’idea di scambiarci un brano dando carta bianca sulla sua realizzazione e così andò. Questa dimensione doppia suggeriva la possibilità di descrivere la condizione del ‘mercuriale’ e, con la dott.ssa Rossignoli cominciammo a dare corpo ad idee da proporre ai Malvento. Così nacque “Ars Regalis” denominato appunto four-handed split-cd, composto di quattro tracce eterogenee musicalmente (ma non opposte) e molto aderenti a livello concettuale.

SIETE DUE BAND MOLTO DIVERSE, EPPURE VICINE ‘IN SPIRITO’ SE COSÌ POSSIAMO DIRE. E CHE NON ESITEREI COMUNQUE A DEFINIRE BLACK METAL, AL DI LÀ DELLA PURA COMPONENTE MUSICALE. SEI D’ACCORDO? CHE COS’È PER TE IL BLACK METAL OGGI?
– Ascolto black metal, specialmente italiano e vedo che da molti anni il genere si è frastagliato in numerosi sotto-generi interessanti. Mi piace l’idea che permanga l’attitudine ad un certo tipo di musica e che questa venga fusa con sentori popolari, folkloristici, ancestrali. Ovviamente i The Magik Way non suonano black metal (e forse non lo hanno mai del tutto suonato, se non contaminato da altri generi), diciamo però che nel nostro sound si cerca di mantenere vivo un certo gusto per le atmosfere cupe, orizzontali, terrigne, anche a seconda della storia da raccontare e che cerchiamo di farlo mantenendo un connotato sporco. Lo sperimentiamo attraverso chitarre acustiche, contrabbasso ad arco, timpani ed una interpretazione vocale per così dire ‘in faccia’, molto recitativa e netta. La componente teatrale, lungamente frequentata, si è indubbiamente fusa ai nostri gusti musicali e ai sentori del passato e ha generato il nostro attuale sound. Il punto di incontro tra le due band risiede nella voglia di sperimentare, rischiando però qualcosa, come nel caso dello split-cd.

NONOSTANTE LA VOSTRA DIREZIONE MUSICALE PIÙ VICINA, PER CERTI VERSI, A UN CERTO CUPO CANTAUTORATO (O NEO-FOLK/DARK-AMBIENT, SE TI RICONOSCI NELL’ETICHETTA), MI PARE EVIDENTE CHE IL LEGAME CON IL MONDO BLACK SIA ANCORA FORTE. SEI STATO ANCHE OSPITE SUL RECENTE RITORNO DEI PROFEZIA, UN ALBUM CHE PARE MOLTO DEBITORE AL LAVORO DI NEQUAM NEL COMPLESSO.
– Siamo stati paragonati a molti artisti lontani anni luce tra loro: dai Devil Doll a Vinicio Capossela, da Jacula a Malleus così come a Giovanni Lindo Ferretti ma aldilà del sentirci sinceramente lusingati da simili paragoni, ci sembra di essere assai diversi da tutti questi, ma anche di avere assorbito qualcosa da ognuno e da mille altri. Il pubblico ‘black’ crediamo sia uno di quelli potenzialmente attratti dalla nostra proposta come ne esistono altri dove generalmente rimangono disorientati dalle tematiche. Siamo ben consapevoli che la nostra musica possa risultare per taluni eccessivamente ermetica, sebbene non troppo ostile a livello sonoro. A volte penso che la forma mentis dei The Magik Way sia un mix di teatro e musica oscura, musica d’avanguardia e ‘cantautorato’ nel senso più rivoluzionario e scomodo del termine e non certo prestato alle solite triangolazioni politiche, sociali, o meramente sentimentali. Proviamo piacere nel creare atmosfere sinistre, amiamo comunicare con la parte profonda dell’ascoltatore e vogliamo in un certo senso risvegliare le coscienze assopite rispetto ad alcuni temi. Laddove riusciamo in questo, siamo soddisfatti. In quanto ai Profezia, creatura che vede la partecipazione di amici di vecchia data come Kvasir e Saevum degli Abhor, mi è stato chiesto di partecipare all’ultimo lavoro “Dodekaprofeton” e io l’ho fatto con piacere proprio in virtù del profondo rispetto che mi lega a questi due artisti, prestando la mia voce nel brano “Jonah”. Specie io e Saevum siamo uniti da una lunghissima frequentazione epistolare dove abbiamo ragionato di esoterismo e tutto quanto concerne il mondo del sottile. L’intero album è cantato in inglese e proprio Saevum, l’autore di tutti i testi, mi diede il consenso a recitarlo in italiano aggiungendo di mio pugno alcune parti gutturali ispirate al vocalismo creativo e in questo modo ho potuto dare un mio contributo più viscerale. Non potevamo certo immaginarci che durante gli ultimi ritocchi del disco avremmo perso Marco De Rosa, lasciandoci addosso un vuoto indescrivibile. A conti fatti, considerando il risultato finale, credo di poter dire che si tratti di un lavoro molto emozionante e intenso, una specie di testamento se vogliamo.

PARLANDO PIÙ NELLO SPECIFICO DELL’ALBUM, CI SONO INSOMMA ZOLFO E MERCURIO (RAPPRESENTATI DALLE DUE BAND), COME PREVISTO IN QUALUNQUE PROCESSO DI DISSOLUZIONE-COAGULAZIONE. MA C’È ANCHE UN TERZO ELEMENTO FONDAMENTALE, IN QUESTO LAVORO, OSSIA L’APPORTO DI ROBERTA ROSSIGNOLI. CI VUOI DESCRIVERE IL SUO CONTRIBUTO?
– Per la prima volta la dott.ssa Rossignoli, un membro dell’Ordine della Terra, scrive di suo pugno i testi per un lavoro dei The Magik Way e sinceramente l’occasione del concept con i Malvento ci sembrava assolutamente pertinente, trattandosi di una fusione continua e totale, musicale, estetica, contenutistica. In passato aveva già lavorato al concept del DVD “Ananke” (2017) ma mai prestandosi direttamente come autrice. Lascio a lei il compito di descrivere nel dettaglio il lavoro svolto.

Roberta Rossignoli: – Il processo di trasformazione alchemico, che si basa sulla pratica del Solve et Coagula, inizia con la distruzione della materia, che viene separata dalle sue intrinseche impurità per raggiungere, una volta ricostruita e superata, una nuova forma. E’ dunque il momento della Nigredo, od Opera al Nero, ad avere ispirato i due testi che ho proposto all’Ordine. Ho cercato di raccontare in prima persona l’esperienza della morte, o meglio, dell’autodistruzione, che l’adepto affronta per raggiungere il superamento di Sé e dei propri limiti anelando, nel suo percorso iniziatico, ad uno stadio superiore, attraverso quello che Jung chiama processo di individuazione, in perfetta unità con le leggi della Natura. La discesa nelle oscure profondità del mondo sotterraneo, nel mondo delle Ombre, e quindi, fuor di metafora, nei recessi del proprio inconscio, non può che essere dominato dal nero della putrefazione. Solo attraverso questa morte iniziatica l’uomo conosce se stesso per rinascere come Homo Novus, diventando egli stesso la Grande Opera. Già Plutarco (Moralia) propone una corrispondenza etimologica azzardata e conturbante tra i verbi teleutan (morire) e telestai (essere iniziato). L’interazione per la prima volta diretta e senza veli con i The Magik Way, anche se le nostre collaborazioni sono state costanti e vivaci nel corso dei decenni, è stata per me una sorta di viaggio introspettivo, affascinante e mistico. L’esperienza iniziatica è per sua stessa natura ineffabile, sfuggendo alle categorie logiche dell’interpretazione: i miei versi, che con fatica la sfiorano, attraverso intricate foreste simboliche, fanno essi stessi parte di un rituale di passaggio verso un grado di conoscenza superiore.

COME SUGGERITO DALLA PRECEDENTE DOMANDA, E COME ACCENNATO IN FASE DI RECENSIONE, “ARS REGALIS” SEMBRA COSTRUITO A GUISA DI (E SEMBRA RICHIAMARE NEI SUOI TESTI) UN VIAGGIO INIZIATICO. È CORRETTO?
Roberta Rossignoli:
– Certamente. Il tema di base di questi lavori è il viaggio iniziatico, affrontato nella sua valenza alchemica e fortemente influenzato dalla interpretazione che le più belle pagine della letteratura classica ci hanno offerto del tema della catabasi. “Omnia ab uno et in unum omnia” (“Tutto è nell’uno e l’uno è in tutto”) ne è il mantra, nell’accezione sanscrita del termine, cioè “strumento che modifica il pensiero”. Un richiamo al ciclo inesorabile di morte e rinascita, un inno alla Grande Madre, da cui tutto è generato e a cui tutto va ricondotto.

ANCHE UN TITOLO COME “V.I.T.R.I.O.L.” NON LASCIA DUBBI RISPETTO AL CONTENUTO ESOTERICO DEL VOSTRO LAVORO, CHE SEMBRA SPOSTARSI LUNGO LA SEQUENZA DEI BRANI DALLA DIMENSIONE MATERIALE/ALCHEMICA, VERSO QUELLA SPIRITUALE. C’È, INSOMMA, UNA SERIE DI PIANI DI LETTURA E PERCEZIONE CHE SI INTRECCIANO…
Roberta Rossignoli:
– Questo è il primo brano contenuto nello split-cd. V.I.T.R.I.O.L. (Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem) è un noto acronimo ermetico. Come negli antichi riti misterici, l’iniziato attraverso la discesa nelle infere e oscure profondità della Terra, che è allo stesso tempo Ventre, Tomba, Culla, sperimenta e supera i propri limiti. Nell’esperienza alchemica, il fine ultimo è la scoperta della pietra filosofale. Come Enea, attraverso le parole di Virgilio, deve essere in grado di spezzare il ramo d’oro per entrare nel mondo dell’Ade (Eneide VI), così l’iniziato è chiamato a cercare la pietra celata (Occultum Lapidem), attraverso la prova terribile della Morte.  La forza espressiva del testo credo risieda nella resa della tensione dell’iniziato che, nella solitudine della sua tomba fittizia, affronta le tenebre con l’angoscia che è propria dell’uomo imperfetto, che ancora teme la fredda terra. Solo la separazione dalla materia impura gli concederà di tornare alla vita come essere nuovo, nuovo seme che solo se sepolto può rigenerarsi e rigenerare.

QUAL È IL TUO RAPPORTO PERSONALE CON L’ESOTERISMO E L’OCCULTISMO?
– Complesso, interrogativo, che mira alla liberazione di me stesso da me stesso. Io considero l’Alchimia (nell’accezione pratica e filosofica) la chiave dell’esistenza e il superamento di essa. Non c’è nulla di esoterico né di occulto nel riconoscere il ciclo di vita e morte. E’ davanti a noi, pre-esiste a tutti noi. Ogni cosa è contenuta in esso, ma certamente dipanare i dubbi è un compito pesantissimo che richiede la vita intera e il sacrificio della stessa.

POSSIAMO CONSIDERARE THE MAGIK WAY UNA FORMA DI CANALIZZAZIONE IN MUSICA DELLA TUA/VOSTRA CONCEZIONE FILOSOFICA?
– Sicuramente e diciamo pure ‘vostra’. Siamo un’entità plurale, agiamo in gruppo. Non credo che veicoleremmo mai contenuti che non siano strettamente legati alla nostra filosofia, che è comunque filosofia del divenire giacché non amiamo le risposte, ma le domande e non ci poniamo mai in una condizione di conoscenza acquisita. La Conoscenza è il motore, l’illusione nietzschiana, l’unica elevazione possibile dall’impurità del vile metallo. Persino la nostra ricerca musicale, sonora, visuale, letterale ha una stretta connessione con il nostro mondo, anzi crediamo che il suono sia un ente importantissimo, un grande veicolo introspettivo.

AVETE ALTRI PROGETTI O COLLABORAZIONI IN CANTIERE?
– E’ di questi giorni la notizia della nostra partecipazione ad una compilation “altra” sui Death SS, una compilation dal titolo “The Other Face of Evil” prodotta dall’etichetta EK Product. La compilation che spazia senza soluzione di continuità dall’EBM al Neo-Folk/Ambient ci vede ospiti come sempre almeno parzialmente fuori dal coro. L’occasione ci è parsa ideale per affrontare un tema che da molto tempo volevamo toccare, quello dell’evocazione spiritica ma vista attraverso una duplice lettura: musicale e video. L’omaggio proposto, “Baron Samedi” , è stato profondamente modificato e traslato da una condizione iniziale legata al culto caraibico/tribale ad uno più tarantolato/occidentale, variato nel ritmo, ma non nella sequenza di accordi che ci ha consentito una reinterpretazione, pur rimanendo ancorati ad un  sentimento di profondo rispetto per l’originale. “Baron Samedi” narrato anche attraverso il linguaggio video nasce dalla regia di Azàch che, grazie ai movimenti di macchina di Alberto Malinverni (da tempo nostro prezioso collaboratore), disegna una divinità primordiale, senza tempo, trasversale a tutte le credenze legate ai rituali negromantici, nell’atto di sacralizzare e plasmare l’evocato con organi e fluidi: tutto ciò al limite dei piani percettivi tra i deceduti e i non morti. Il video vede tra l’altro il ritorno in veste di performer di Diabolic Obsession (fondatore dei The Magik Way) e lo straordinario cameo dello stesso Steve Sylvester, autore del brano, il quale si è prestato con grande disponibilità.

PENSI CHE PORTERETE QUESTO PROGETTO IN GIRO IN SEDE LIVE?
– Vorremmo tanto, specie considerando che potremmo curare sia la parte musicale che quella visual e per così dire meta-teatrale/percettiva. Da moltissimi anni abbiamo scelto di non partecipare a festival, di non fare “live” almeno nell’accezione classica del termine. Se i tempi e i mezzi ce lo consentiranno verrà senz’altro il momento in cui creeremo qualcosa per le tante persone che ci stimano e che giustamente si chiedono da anni se mai avranno la possibilità di vederci dal vivo. Realizzare una performance “totale”, esclusiva, per noi rappresenterebbe un ideale abbraccio a tutti loro, vivendo la possibilità di condividere un momento tutti insieme.

 

 

 

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