THE OCEAN – La fine di tutte le ere

Pubblicato il 10/12/2020 da

I The Ocean, in questo tribolatissimo 2020, hanno finalmente completato la loro ‘Storia in Musica della Vita sulla Terra in 3 capitoli’ – titolo fittizio che ci permettiamo di usare in via del tutto eccezionale – pubblicando il nuovo “Phanerozoic II: Mesozoic | Cenozoic”, degna chiusura della trilogia geo-biologica aperta da “Precambrian” (2007) e proseguita con “Phanerozoic I: Palaeozoic” (2018). Un’altra fase della carriera del collettivo tedesco capitanato dal chitarrista e compositore Robin Staps pare essersi conclusa: una fase che ci ha mostrato i berlinesi in diversi modi, sia riprendenti spunto dal loro succitato capolavoro del 2007 – all’epoca il loro disco più progressivo e open-minded – sia seguendo quelle naturali e neanche tanto velate inclinazioni odierne che li vedono affiancarsi a compagini molto più quotate, Tool e Katatonia su tutte, perlomeno in termini di appeal emotivo. Robin, al solito, non si è risparmiato con le parole e questa chiacchierata ben si sposa con l’anima poliedrica, introspettiva, comunque sanguigna e dalla forte attitudine underground, di questo spesso dimenticato, enorme, musicista. Ascoltiamolo…

CIAO ROBIN, ECCOCI DI NUOVO AD OSPITARTI SU METALITALIA.COM. PURTROPPO CI TOCCA INTERVISTARTI DI NUOVO DURANTE UN PERIODO MOLTO DIFFICILE E RISUONA DAVVERO PROFETICO IL TORNARE INDIETRO ALL’ULTIMA DOMANDA DELLA NOSTRA PRECEDENTE CHIACCHIERATA, QUANDO TI CHIEDEMMO LUMI RIGUARDO L’ATTIVITA’ CONCERTISTICA E TU RISPONDESTI “NON RIESCO PROPRIO AD IMMAGINARMI UN GIORNO IN FUTURO SENZA LA POSSIBILITA’ DI FARE TUTTO QUESTO”, RIFERENDOTI AGLI ALTI E AI BASSI DELLA VITA ON THE ROAD. BE’, COS’ALTRO AGGIUNGERE, SE NON IMPROPERI?
– Già… Oggi viviamo esattamente in quel futuro, ma continuo a sperare sia tutto temporaneo. Qualche notte fa mi sono svegliato nel bel mezzo di uno strano sogno, nel quale i ricordi confusi ma gloriosi dei tanti giorni passati in tour venivano smorzati da un presente completamente senza vita, senza suono, e mi chiedevo: cosa succederebbe se non fosse passeggero? Cosa succederebbe se non se ne andrà via mai? Se le mutazioni del virus fossero più rapide della nostra corsa al vaccino, se passassimo senza sosta da una pandemia all’altra, per magari cinque/dieci anni? Cosa accadrebbe se il marzo 2020 entrasse negli annali della storia della musica come la data in cui la cultura del concerto underground dal vivo come la conoscevamo sparì per sempre?
Mentre la sopravvivenza sta diventando un’impresa davvero ostica per gli artisti, i club e le location, le agenzie di booking, i lavoratori dello spettacolo tutti, sempre più ogni mese in pandemia che viviamo, un senso generale di paranoia nei confronti degli sconosciuti ci sta lentamente sopraffacendo e si sta manifestando nelle nostre azioni e reazioni in vite quotidiane private di qualsiasi tipo di spazio per acculturarsi, che non siano le code al supermercato oppure gli incontri casuali sui mezzi pubblici. Stiamo tutti diventando sociopatici. Non ci guardiamo più uno con l’altro con empatia e curiosità, bensì con un categorico senso di sfiducia. In una realtà sociale dove il distanziamento è diventato un valore aggiunto universale, vediamo gli altri umani come potenziali catapulte di vibrioni, rischi camminanti da cui è meglio allontanarsi, e l’interazione socio-culturale come un lusso pericoloso e poco raccomandabile.
Con la privazione di tale ‘lusso’, inoltre, è scomparso più del mero intrattenimento. I concerti e le serate nei club erano i soli due ‘reami’ in cui, in piccola scala ma globale, erano possibili cose che non lo erano in una società vista nel suo insieme: un ‘reame’ in cui l’affiliazione ‘obbligata’ tra profili stereotipici basata su origine, ricchezza, etnia, stato sociale o sesso veniva sostituita da quella auto-imposta sulla musica, sull’arte e sui valori delle sottoculture. Una famiglia scelta e voluta per molti.

ESTRANIAMOCI UN ATTIMO DAL DRAMMATICO QUADRO SOCIALE CHE HAI DIPINTO PER PARLARE DEI THE OCEAN. CI DICESTI IN PASSATO CHE LA LINE-UP ATTUALE DEL COLLETTIVO E’ QUELLA PIU’ STABILE DELLA VOSTRA CARRIERA. COME HA INFLUITO SU TALE COESIONE LA PANDEMIA, ANCHE CONSIDERANDO IL FATTO CHE I THE OCEAN SONO SEMPRE STATI UN GRUPPO CHE HA FATTO DEI LIVE IL SUO CAVALLO DI BATTAGLIA. VI SIETE SENTITI PIU’ FRUSTRATI DALL’INATTIVITA’ OPPURE STIMOLATI NELLA RICERCA DI NUOVE COSE?
– Avevamo grandi piani per il 2020, un tour sudamericano in maggio, in agosto negli USA, i festival estivi…tutto annullato. Ciò ci ha lasciato un bel po’ di tempo per focalizzarci sul resto dei progetti, come ad esempio il photobook di 130 pagine dedicato a “Phanerozoic”, appena pubblicato, oppure il curare a fondo e meglio le band della Pelagic (l’etichetta discografica che Robin gestisce, ndR), far crescere il roster e la nostra squadra. Quindi, tutto sommato, è stato un anno abbastanza produttivo, questo. Più in generale, però, nonostante lo spirito della band sia ottimo, il 2020 è stato un anno d’inferno. Mattias (Hagerstrand, basso, ndR) ha avuto la psoriasi alle dita delle mani e non ha toccato lo strumento per mesi; Loic (Rossetti, voce, ndR) ha dovuto operarsi ad un orecchio. Stanno entrambi bene ora, ma saremmo stati fermi al palo comunque, perciò, in un certo senso, mi vien da dire che il Covid-19 è arrivato al momento giusto per noi…

LA PUBBLICAZIONE DELLA SECONDA PARTE DI “PHANEROZOIC” VENNE PROGRAMMATA PER IL 2020 UN PAIO D’ANNI FA, QUANDO FACESTE USCIRE “PHANEROZOIC I: PALAEOZOIC”. AVETE MAI PENSATO DI POSTICIPARE “MESOZOIC | CENOZOIC” AD UN PERIODO MIGLIORE, MAGARI IN CUI QUASI TUTTO SARA’ TORNATO ALLA NORMALITA’? PERCHE’ AVETE DECISO INVECE DI SEGUIRE IL PIANO ORIGINALE?
– Sì, ne abbiamo discusso molto attentamente. Non sapevamo se fosse una mossa saggia fare uscire un album nuovo in piena pandemia, ma fino ad ora pare lo sia stata. Sono rimasto sbalordito nel leggere reazioni entusiaste provenire da ogni dove. Un sacco di gente, a tutti gli effetti, si trova annoiata e costretta in casa, con tanto tempo per svagarsi sui social e cercare nuova musica da ascoltare. E pare che la nostra fanbase si sia allargata a dismisura con l’uscita di “Mesozoic | Cenozoic”, sono davvero contento. Certo, posticipare la pubblicazione avrebbe potuto essere la strategia migliore sotto un punto di vista meramente strategico, ma la realtà è che quando hai un disco pronto tu lo vuoi fare uscire! Non vuoi aspettare e vedere il materiale fermo a prendere polvere in un harddrive. Così, in soldoni, diciamo pure che l’abbiamo pubblicato seguendo anche ciò che sentivamo in pancia, non solo quello che ci diceva il cervello.

PRENDO SPUNTO DA UNA DI QUESTE ULTIME FRASI PER RIFORMULARE QUESTA DOMANDA: BATTERIA E CHITARRE DEL NUOVO ALBUM SONO STATE REGISTRATE ALL’EPOCA DELLE SESSION PER IL PRIMO “PHANEROZOIC”; COME SONO CAMBIATE LE CANZONI DA ALLORA A QUANDO LE AVETE COMPLETATE CON GLI ALTRI STRUMENTI E LA VOCE DI LOIC? E, APPUNTO, COME AVETE REAGITO AL RIPRENDERE IN MANO MATERIALE ORMAI VECCHIO?
– E’ sempre uguale, ogni volta. C’è sempre questa latenza di tempo, tra il processo di scrittura e la pubblicazione di un disco. E quando registri due album contemporaneamente, finendone e pubblicandone uno prima dell’altro, allora la latenza si allarga vieppiù, e nel nostro caso parliamo di tre anni! Devo dire però che il materiale del secondo “Phanerozoic” non mi è mai sembrato obsoleto quando l’abbiamo revisionato negli ultimi mesi per portarlo a termine. Abbiamo cambiato qualcosa nelle strutture e gli abbiamo dato un suono 2020, ed è stata un’esperienza soddisfacente sentirlo finalmente finito in tutto e per tutto. Gli arrangiamenti sono rimasti com’erano, siamo più che altro intervenuti sui toni, i suoni, le linee vocali e qualche transizione.

SOPRATTUTTO ASCOLTANDO I DUE “PHANEROZOIC” SI PUO’ CONVENIRE SUL FATTO CHE LE VOCI E LE PARTI DI SYNTH/KEYBOARDS SIANO DIVENTATE UN ELEMENTO CENTRALE DELLE VOSTRE COMPOSIZIONI. SPESSO, ORA, UN BRANO DEI THE OCEAN E’ RICONOSCIBILE PER UNA MELODIA VOCALE, PER UN RITORNELLO, OPPURE PER UN GIRO DI SYNTH, OGNI TANTO RIPRESO (O VICEVERSA) DA UN RIFF DI CHITARRA. TI TROVI D’ACCORDO?
– Sì, è vero che c’è più attenzione nella composizione delle voci e delle tastiere, ma troviamo spazio anche per altri tipi di suoni… Peter (Voigtmann, synth/tastiere, ndR) è riuscito a rimodellare il nostro sound da quando si è unito ufficialmente al gruppo, con “Phanerozoic I”. E’ stato il nostro tecnico luci dal vivo fin dal 2013, ma è anche un bravo batterista ed un musicista con un gran intuito per la progettazione del suono. I suoi campionamenti non sono solo strati di sottofondo, ma riescono a colorare il tono delle chitarre su disco. Crea la maggior parte dei suoi effetti in analogico ed in tempo reale, perciò davvero fornisce qualcosa in più allo show che prima non c’era.
D’altra parte, andando sulle voci, io e Loic abbiamo trascorso moltissimo tempo al lavoro sulle melodie e gli arrangiamenti vocali. Abbiamo provato più volte molti approcci diversi prima di approvare un’idea o darci una direzione; qualche volta siamo giunti in un punto completamente diverso da quello da cui eravamo partiti o che avevamo originariamente in mente. E’ stato un procedimento molto ispirato, sebbene ci abbia stancato parecchio.

TI CHIEDO DI PARLARCI UN PO’ DI DUE BRANI AGLI ANTIPODI CHE BEN DEFINISCONO GLI ESTREMI DI “PHANEROZOIC II: MESOZOIC | CENOZOIC”: MI RIFERISCO A “JURASSIC | CRETACEOUS”, IL PEZZO PIU’ LUNGO, E AD “EOCENE”, QUELLO PIU’ CORTO. MANCO A FARLO APPOSTA SONO I MIEI PREFERITI…
– “Jurassic | Cretaceous” è probabilmente una delle canzoni più complesse che abbia mai scritto. E’ stata una di quelle tracce che non riesci mai a completare, ma che allo stesso tempo mi ha tenuto costantemente motivato a lavorarci sopra… Gli arrangiamenti sono stati presi e capovolti più volte, alcune parti sono state aggiunte e poi scartate, ma finalmente il pezzo è stato completato e mi sono sentito sollevato dall’aver dato una fine produttiva a tutto questo fare e disfare (ride, ndR). “Eocene” invece è stata una sorta di ‘incidente’, diciamo così. Si basa su una parte del tutto simile ad una sezione di chitarra usata per “Jurassic | Cretaceous” e, mentre la stavo suonando in sala prove, Paul (Seidel, batterista, ndR) ha iniziato improvvisamente a venirmi dietro modulando un beat completamente differente dal mio, giusto perché si stava annoiando. All’inizio mi sono preso un po’ male in quanto Paul lo fa spesso in studio e gli ho detto di stare concentrato… Ma poi quel ritmo funzionava alla grande e pian piano è diventato una nuova canzone! “Eocene”, assieme alla seguente “Oligocene”, ha una funzione transizionale, per traghettare l’ascoltatore dalla prima metà del disco, pesante e musicalmente molto ricca, alla seconda, più ambient, elettronica e meno ‘suonata’.

I THE OCEAN HANNO IL LORO STILE ED UN AMBIENTE CONCETTUALE PERSONALI DA MOLTO TEMPO ORMAI. PERO’, NEL CORSO DELLA VOSTRA STORIA, SIETE STATI SPESSO ASSOCIATI A BAND QUALI CULT OF LUNA, MASTODON, MESHUGGAH, CONVERGE, KATATONIA, TOOL. PER MEGLIO COGLIERE LE VOSTRE INFLUENZE PRIMARIE, POTRESTI DIRCI I CINQUE ALBUM CHE DETERMINANO TUTT’OGGI LA CIFRA STILISTICA DEL GRUPPO?
– Certamente:
Swans – “Soundtrack For The Blind”
Helmet – “In The Meantime”
Breach – “Venom”
Neurosis – “Times Of Grace”
Refused – “The Shape Of Punk To Come”

PARLIAMO UN PO’ DEI TESTI: QUAL E’ IL TEMA PRINCIPALE CONTENUTO IN “PHANEROZOIC II”? AVETE CONTINUATO QUANTO INIZIATO CON IL PRIMO CAPITOLO, OVVERO UN’INTERPRETAZIONE DELLA CICLICITA’ DEL TEMPO E DEGLI EVENTI COME DESCRITTA DA NIETZSCHE, OPPURE SIETE ANDATI OLTRE?
– Sì, l’Eterno Ritorno è un topic centrale anche in “Phanerozoic II”, è il filo rosso che lega i due lavori. Il fulcro del disco, tutta la traccia “Jurassic | Cretaceous”, si fonda su quanto successe alla fine del Cretaceo, quando un gigantesco asteroide di circa 10 km di diametro colpì la Terra, causando un’onda supersonica, svariati tsunami e giganti incendi nelle foreste, che causarono l’oscuramento del Sole per mesi. La fotosintesi si interruppe e la Terra divenne in breve tempo una cella frigorifera; sia la catena alimentare terrestre che quella marina collassarono e più dell’80% della vita sul pianeta si estinse. I testi di questo brano proiettano quello scenario ai nostri giorni e tempi: un’immaginaria, imminente collisione su scala planetaria, che ricorda molto quella ipotizzata da Lars Von Trier nel suo “Melancholia”, quel film è stato una grossa fonte d’ispirazione per “Phanerozoic II”.

MOLTI DEI VOSTRI FAN SI STARANNO PROBABILMENTE CHIEDENDO QUALE SARA’ IL PROSSIMO ARGOMENTO O IL PROSSIMO CONCEPT CHE TRATTERETE IN FUTURO. LA STORIA DELLA VITA SULLA TERRA E’ TERMINATA, GLI ABISSI LI AVETE GIA’ SCANDAGLIATI, ELUCUBRAZIONI FILOSOFICHE FATTE… COSA E’ RIMASTO, INSOMMA?
– Oh, sono sicuro ci siano un sacco di altri argomenti interessanti rimasti, anche se penso che “Phanerozoic II” sia la fine di un libro con tanti, tanti capitoli. L’abbiamo chiuso, ora, e ci si sente bene. Non ho neanche iniziato a pensare al prossimo disco, per adesso, o ad un libro da leggere… Cerco di vivere il tempo presente e stare concentrato sulle cose più imminenti, e quest’anno tutto il mio tempo è stato dedicato all’album nuovo.

AVETE RAGGIUNTO L’AMBIZIOSO TRAGUARDO DEL NONO FULL-LENGTH ALBUM IN CARRIERA. ANDANDO INDIETRO NEL TEMPO, CI PUOI SVELARE QUALI SONO STATI I MOMENTI CRUCIALI DELLA VOSTRA STORIA? MAGARI UN PERIODO IN CUI AVETE CAMBIATO APPROCCIO AL SONGWRITING OPPURE ANCHE UN DIVERSO MODO DI INTENDERE IL MUSIC-BUSINESS, NON SO…
– Ci sono stati molti momenti cruciali nei vent’anni di storia dei The Ocean, troppi per menzionarli tutti. Proprio come un concept di un nostro disco, credo che la band si sia evoluta seguendo i tanti capitoli di un libro, con ogni capitolo definito da diversi paradigmi, protagonisti e svariate sfide da affrontare. I primissimi di tali capitoli erano baciati da una frenesia creativa e caotica, spesso confusa ma esuberante, e la mancanza di capacità, strumentazione e membri più dedicati al progetto ne ha tarpato un po’ le ali. Andando più avanti – più precisamente durante il periodo “Precambrian” – eravamo ancora caotici ma la visione del progetto ed il sentiero da percorrere si sono fatti più chiari, siamo cresciuti a livello compositivo e tecnico, la strumentazione era migliore e sono sopraggiunti collaboratori più ‘dentro’ alla band. Fondamentale è stato l’ingresso di Loic alla voce, perché l’approccio alla composizione è stato più plasmato e modellato per mettere in evidenza le sue doti canore in clean vocals. Inoltre la formazione era più stabile e ci siamo fatti le ossa e l’esperienza necessaria facendo tour infiniti in giro per il mondo, sempre mantenendo una line-up fissa. Con “Pelagial”, invece, il concetto di ‘cooperazione’ è venuto un po’ meno, in quanto l’album è stato composto interamente da me, era un’idea che mi girava in testa da molto tempo; dopo la sua pubblicazione, però, ci siamo sfaldati di nuovo e praticamente siamo rimasti solo io e Loic. I cinque anni trascorsi tra “Pelagial” e “Phanerozoic I: Palaeozoic” sono stati forse i più importanti dell’intera nostra storia: è stato un lustro di tour intensissimo, con un’audience in costante crescita e che ha portato alla attuale formazione, a mio giudizio la più solida e preparata di sempre. Tutti i litigi e le rivalità sono un ricordo del passato, siamo davvero un gruppo di buoni amici e tutti apprezziamo cosa significhino i The Ocean per noi stessi: un’opportunità per girare, suonare concerti in tutto il mondo ed essere pagati per farlo, che è comunque un incredibile privilegio.

CONCLUDIAMO L’INTERVISTA CON UNA DOMANDA PIU’ SPERANZOSA PER IL FUTURO: SE DOVESSI SCEGLIERE UNA SINGOLA LOCALITA’ DOVE POTER TORNARE A SUONARE ALMENO UN’ALTRA VOLTA NELLA TUA VITA, QUALE SAREBBE?
– Sceglierei forse di fare un altro tour in Cina! Sono passati sette anni da quando siamo stati lì e ancora la ricordo come un’esperienza incredibile. La scena metal là era ancora nel suo periodo infantile, diciamo così, e c’erano queste folle, di notevole massa fra l’altro, di fan curiosissimi e appassionati. Attraversare la Cina in treno, poi, è stato stupendo e i catering degli aftershow oppure gli street food provati da loro quando eravamo in giro sono tutt’oggi tra i cibi più favolosi che abbia mai assaggiato. Tornerei là in questo istante!

 

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