Autori di un debut album interessante e trasudante emozioni che, pur percorrenti strade diverse, confluiscono in una concezione molto personale di un black metal epico e a tratti estremamente melodico, i The Scars In Pneuma sono una band italiana che sembra poter aver molto da dire ora che ha fatto il proprio ingresso nel panorama metallico tricolore. “The Path Of Seven Sorrows” è infatti un disco che resta impresso grazie alla capacità di travolgere l’ascoltatore senza rinunciare nemmeno per un istante ad una musicalità piuttosto marcata, e ci è dunque sembrato interessante contattare Lorenzo Marchello, fondatore e compositore principale nonché voce e chitarra, per scambiare due parole sulla band e sui progetti futuri. Buona lettura!
CHE NE DICI DI PRESENTARVI AI LETTORI?
– The Scars In Pneuma (“Le cicatrici nell’anima” – dal greco antico “πνεύμα”, che significa “respiro”, “soffio vitale” e, in contesto religioso, “spirito”, “anima”) è un progetto che nasce su mia iniziativa ad inizio 2017, e nel quale mi occupo di voce e chitarra (ed anche basso sul disco), e nel quale mi affiancano Francesco Lupi alla chitarra e Daniele Valseriati alla batteria. Dopo circa un anno trascorso a comporre i pezzi ed a delineare l’identità musicale della band, abbiamo registrato il nostro debut album “The Path Of Seven Sorrows” la scorsa estate all’Elfo Studio di Piacenza col fonico Daniele Mandelli. L’album è stato pubblicato lo scorso 8 Febbraio 2019 da Promethean Fire (side-label di Kolony Records) sia in CD che in formato digitale.
COME DESCRIVERESTI IL VOSTRO DISCO, “THE PATH OF SEVEN SORROWS”, IN POCHE RIGHE?
– “The Path Of Seven Sorrows” è un viaggio in musica attraverso gli abissi dell’anima, che si sviluppa in sette brani di melodic black metal, nei quali si alternano passaggi decisamente estremi ad altri più calmi e riflessivi. Il disco è ispirato in buona parte da certo melodic black metal scandinavo (specialmente svedese) degli anni ’90, sia nel song-writing che nella produzione, ma si differenzia da esso per quanto riguarda le tematiche trattate nei testi e per gli ulteriori generi musicali del metal estremo che l’album va a toccare.
DI COSA PARLANO I TESTI?
– I testi trattano temi quali la futilità della nostra vita ed esistenza, il tempo che trascorre inesorabile ed i rimpianti che con esso ci portiamo dietro, le persone care che abbiamo perduto, la vendetta. In alcuni casi queste stesse tematiche vengono affrontate da un punto di vista, se così possiamo definirlo, epico: nella traccia “The Glorious Empire Of Sand”, ad esempio, si fa riferimento agli imperi del passato i quali, per quanto gloriosi ed estesi, sono inevitabilmente crollati, paragonandoli alle nostre singole esistenze: per quanto ci diamo da fare, per quanto ci impegniamo, tutti i nostri sforzi finiranno presto o tardi nel nulla, in quanto il destino è per tutti noi segnato.
CI SONO DIVERSE CORRENTI ALL’INTERNO DEL VOSTRO LAVORO, CON APERTURE ANCHE MOLTO ATMOSFERICHE, VOCI FEMMINILI. PARLACI DI COSA SONO PER TE QUESTE DIVERSE RAPPRESENTAZIONI.
– Sono rappresentazioni della mia anima, delle sensazioni che evoco quando compongo, e prendendo in mano la chitarra mi immedesimo in un pezzo, o nelle tematiche trattate all’interno di esso. Sono tutti elementi che partorisco in modo abbastanza naturale, le stesse parti di voce femminile che hai citato sono scaturite in maniera piuttosto spontanea, non avevo pianificato di avere una voce femminile sul disco, ma durante il processo compositivo mi è venuto naturale decidere di inserirle. Lo stesso vale per le parti atmosferiche. Chiaramente ci sono delle linee guida che ho deciso di seguire, specialmente dopo aver scritto i primi riff ed aver quindi intravisto la direzione che stavo prendendo, ma l’intero processo è del tutto naturale e spontaneo.
DOVE SI COLLOCA QUESTO DISCO ALL’INTERNO DI QUELLO CHE E’ IL METAL IN ITALIA OGGI?
– Bella domanda. Credo che “The Path Of Seven Sorrows” possa ritagliarsi un suo spazio all’interno della scena metal italiana, in quanto va a colmare, in un certo senso, un vuoto stilistico che c’è tra le molte band di atmospheric black metal, post black-metal e black metal tradizionale. Molte di queste band sono assolutamente valide, ma a parer mio “The Path Of Seven Sorrows” ha un qualcosa, a livello stilistico, che pur non essendo, volutamente, del tutto originale è comunque poco frequente nella scena italiana odierna.
COSA ASCOLTI MAGGIORMENTE IN QUESTO PERIODO?
– Principalmente black metal, ed un disco che ormai da mesi ho a ripetizione sul lettore è “Kong Vinter” dei Taake. Sto inoltre ripassando i vecchi album dei Blut Aus Nord (specialmente i primi due capitoli di “Memoria Vetusta”). Per quanto riguarda dischi più recenti, sto ascoltando molto il nuovo Selvans, davvero ottimo. In ambito non metal, mi è piaciuto molto “Everything Is Fine” del cantautore dark country/folk americano Amigo The Devil.
COSA INFLUENZA LA VOSTRA MUSICA? DA COSA TRAI ISPIRAZIONE, TRALASCIANDO ALTRI ARTISTI?
– Traggo ispirazione sia da elementi immateriali, quali mie esperienze personali e riflessioni di vario tipo sulla nostra esistenza, sia da elementi ‘fisici’ quali la natura, oppure l’architettura e le opere d’arte che i secoli ci hanno consegnato, in tutta la loro magnificenza.
COME MAI E’ STATO SCELTO QUEL PARTICOLARE DIPINTO DI GOYA COME COPERTINA? COSA RAPPRESENTA PER TE QUEL QUADRO?
– Il quadro, intitolato “Il fuoco di notte”, è stato scelto per lo stato d’animo che mi ha comunicato non appena l’ho visto, non per la storia che c’è dietro o per la vicenda storica che rappresenta. Semplicemente, mi piaceva questo dipinto molto scuro nelle tinte, con questo fuoco che squarcia il cielo notturno. Entrambi elementi (la notte ed il fuoco) che ricorrono spesso nei miei testi. Lo trovavo molto adatto alle atmosfere dell’album, sia per quanto riguarda la musica che i testi.
C’E’ UNA CANZONE CHE PIU’ DEFINISCE LA BAND ALL’INTERNO DELL’ALBUM?
– Probabilmente “The Glorious Empire Of Sand” in quanto è il pezzo più epico, sia dal punto di vista musicale che dei testi. E’ inoltre il pezzo più lungo e più vario dell’album, in quanto contiene al suo interno parti con chitarre pulite, riff epici, alternati a momenti tipicamente black metal. Credo inoltre che brano rappresenti molto bene la band, in quanto con tutta probabilità i brani futuri andranno in una direzione simile, ho già infatti scritto un paio di pezzi nuovi che sono sulla falsa riga, stilisticamente parlando, di “The Glorious Empire Of Sand”.
CHE COSA AVETE IN PROGRAMMA ADESSO?
– Portare il disco dal vivo il più possibile, in Italia ed all’estero, è la priorità. Sto inoltre lavorando ad alcuni nuovi brani per una prossima uscita, probabilmente uno split con un’altra band, che vorremmo far uscire nell’arco di pochi mesi. Al momento non posso fornire ulteriori dettagli perchè il tutto è ancora in fase di definizione, ma pubblicheremo a breve aggiornamenti a tal riguardo.
A CHE TIPO DI IMMAGINARIO FAI RIFERIMENTO, QUANDO COMPONI? A CHE MONDO APPARTENGONO I VOSTRI BRANI?
– Come accennavo prima, essendo questo disco qualcosa che viene dal profondo della mia anima, sia a livello di musica che di testi, mi piace – quando compongo – chiudere gli occhi ed immaginarmi certe situazioni (vissute o meno) e certe ambientazioni (una foresta, un tempio antico). Mi capita di riuscire davvero ad immedesimarmi in tali scenari, e di conseguenza credo che la musica che ne scaturisce rispecchi quello che io sento quando la compongo. Si potrebbe dire che i brani appartengono ad un mondo che è da me in parte vissuto ed in parte solo immaginato, ma che mi è comunque ben chiaro nella mente.
COSA TI HA FATTO DECIDERE DI COMPORRE BRANI BLACK METAL? COME AVETE INIZIATO A SUONARE ASSIEME?
– In tutta onestà, quando ho iniziato a comporre i pezzi per i The Scars In Pneuma, non mi sono posto alcuna limitazione particolare per quello che sarebbe stato il nostro genere. Chiaramente volevo rimanere nel metal estremo, ma mi sono concesso una certa libertà. Diciamo che il black metal è il genere che da diversi anni prediligo e che copre il 90% dei miei ascolti, e di conseguenza i riff che hanno iniziato a nascere erano maggiormente improntati su tale genere, pur non mancando richiami al death, al doom, ecc. come già accennato in precedenza. Tutti i membri della band suonano (o hanno suonato) insieme da lungo tempo, praticamente venticinque anni ormai, ed hanno condiviso esperienze in altri progetti musicali e band (vedi Ogen e Tragodia). Ritrovarsi per questo nuovo progetto è stata una cosa assolutamente naturale.
CI SARA’ UN TOUR A SUPPORTO DEL DISCO?
– Al momento non c’è nulla di confermato, anche se sto lavorando a tal riguardo e mi piacerebbe molto dare il giusto supporto al disco con un tour vero e proprio. Quello che è certo, come dicevo sopra, è che ci saranno presto singole date, in Italia come all’estero. La band non è nata come uno studio-project, l’intenzione di portare la musica dal vivo era nei piani fin dall’inizio, è quindi solo questione di tempo e presto annunceremo le prime date live.