THE VINTAGE CARAVAN – Vintage sì, ma mai vecchi

Pubblicato il 25/05/2021 da

Il nuovo album dei The Vintage Caravan, “Monuments”, è un concentrato della migliore scuola hard rock degli anni Settanta. Esattamente come succedeva in quel decennio, le etichette finiscono per sfumare e confondersi, tanto che, nell’album, troviamo le influenze più disparate, dall’heavy metal degli albori, fino al progressive rock. Una grande attenzione al passato glorioso di questi generi, certo, ma per i The Vintage Caravan è importante vivere anche nel presente, assorbendo e nutrendosi non solo della musica con la quale il trio è cresciuto, ma anche di tutte le opere di qualità che ancora oggi vengono prodotte quotidianamente. Ci tiene a precisarlo il nostro interlocutore, Óskar Logi Ágústsson, chitarrista e cantante della band, che ci racconta più nel dettaglio la genesi di questo eccellente nuovo lavoro.

CIAO OSKAR, INIZIAMO QUEST’INTERVISTA FACENDO UN PASSO INDIETRO FINO AL VOSTRO PRECEDENTE ALBUM, “GATEWAYS”. TI VA DI FARE UN BILANCIO A DISTANZA DI TRE ANNI? SIETE ANCORA PIENAMENTE SODDISFATTI DEL RISULTATO FINALE?
– Ciao e grazie per quest’intervista. Amo ancora molto “Gateways” e sono molto contento di come sia stato recepito e dei risultati che ci ha portato. E’ stato il punto più alto della nostra carriera, almeno fino a questo momento, visto che ora abbiamo un nuovo album che consideriamo ancora migliore e che ci ha fatto evolvere ulteriormente. “Gateways” è uscito esattamente come doveva essere e ci ha portato ad un livello più alto.

LA PUBBLICAZIONE DELL’ALBUM HA SEGNATO ANCHE LA CONCLUSIONE DEL VOSTRO CONTRATTO CON LA NUCLEAR BLAST. COM’E’ ANDATA LA TRANSIZIONE DALLA VOSTRA VECCHIA LABEL ALLA NAPALM RECORDS?
– Non è successo niente di particolare, semplicemente il nostro vecchio contratto era scaduto e ci siamo spostati sotto Napalm Records. Sono molto soddisfatto di come stiano andando le cose, l’etichetta è molto felice di lavorare con noi e il sentimento è reciproco. Spero davvero di poter continuare a lavorare con loro anche in futuro.

PASSIAMO ALLORA A PARLARE DI “MONUMENTS”, UN GRANDISSIMO ALBUM, FORSE IL MIGLIORE DELLA VOSTRA CARRIERA. COME VI SIETE APPROCCIATI ALLA COMPOSIZIONE E COME AVETE SVILUPPATO IL VOSTRO STILE NELLE NUOVE CANZONI?
– Grazie per le belle parole! Ci siamo impegnati proprio per questo, scrivere il nostro migliore album. Volevamo che le canzoni si sviluppassero con naturalezza, quasi come se stessero nascendo da sole, seguendo una volontà propria. E volevamo che anche i testi fossero molto aperti e personali, tanto da finire, in alcuni casi, per avere un impatto sulla musica stessa. Infine volevamo che anche la parte di registrazione fosse altrettanto importante: in un certo senso abbiamo utilizzato lo studio quasi come se fosse un vero e proprio strumento musicale. L’album è stato scritto in un tempo piuttosto ridotto, la maggior parte era già stata completata nei quattro mesi precedenti alle sessioni in studio. Abbiamo la fortuna di lavorare bene quando ci troviamo sotto pressione!

LA VOSTRA MUSICA HA DELLE RADICI CHE AFFONDANO NEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA. QUAL E’ SECONDO VOI LA RAGIONE PER CUI LA MUSICA DI QUEGLI ANNI E’ COSI’ AMATA ANCORA OGGI? CREDI CHE SIA SOLO QUESTIONE DI NOSTALGIA?
– Io sono molto legato alla musica che va dagli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta. Molte di queste canzoni le ho imparare grazie a mio padre e mio fratello, che mettevano su questi dischi quando ero a casa con loro. Ne ero attratto e in breve tempo non mi sono sentito più in sintonia con la musica che invece veniva ascoltata abitualmente dagli altri ragazzi della mia età. Detto questo, però, la nostra musica è ricca di influenze molto diverse, che comprendono anche tanta musica contemporanea. Per dirti, l’album che ho ascoltato di più nel 2018 e nel 2019 è stato quello di Billie Eilish! Non vogliamo essere quel tipo di band che sembra essere stata congelata nel 1971 e poi scongelata al microonde nel 2021. Abbiamo il nostro sound e vogliamo portare avanti la nostra visione del rock and roll. Le etichette sono una cosa interessante, per certi versi. Se fossimo stati presentati come una band grunge, ora forse ci considererebbero una band grunge. In fondo se i Soundgarden sono grunge, possiamo esserlo anche noi (ride, ndR)!

INVECE POSSIAMO DIRE CHE LA VOSTRA MUSICA SIA STATA INFLUENZATA ANCHE DAL VOSTRO PAESE D’ORIGINE? IN FONDO C’E’ UNA SCENA MOLTO FLORIDA DI BAND DAL COSIDDETTO SOUND ‘VINTAGE’ CHE PROVENGONO DA PAESI NORDICI. SVEZIA, NORVEGIA E ANCHE ISLANDA, APPUNTO.
– In Islanda è molto difficile riuscire a campare suonando materiale originale. La maggior parte delle persone suona quello che gli va, perché tanto anche se decidesse di andare dietro alle mode del momento, non ci sarebbero tante possibilità di fare soldi. Questo significa che ognuno suona quello che ama, quello che sente. Non saprei dirti se la cosa vale anche per le altre band che suonano ispirandosi agli artisti che amo. Quello che so è che bisogna suonare ciò che senti nella tua anima, affinché tu possa arrivare al cuore di chi ti ascolta. Per certi versi, sì, la nostra musica è influenzata anche dal nostro Paese, soprattutto nei testi. La Natura qui riesce a darti quella pace mentale che ti aiuta nella scrittura. Spesso vado in estate nella baita dei miei genitori e lì scrivo. Per farti un esempio c’è una canzone in “Monuments” che si intitola “Crystallized” e che racconta dei nostri inverni rigidi, del tempo imprevedibile e di come questo costi la vita a molte persone ogni anno.

PRIMA HAI DETTO, GIUSTAMENTE, CHE LA VOSTRA MUSICA HA MOLTISSIME INFLUENZE. IN EFFETTI PUO’ ESSERE APPREZZATA DAI FAN DEL PROGRESSIVE, DA UN PUBBLICO METAL, DAGLI ESTIMATORI DEL ROCK CLASSICO E COSI’ VIA. IL SOUND DEI THE VINTAGE CARAVAN E’ IL RISULTATO DEI VOSTRI SINGOLI ASCOLTI? C’E’ QUALCHE STILE MUSICALE CHE APPREZZI PARTICOLARMENTE MA CHE NON INSERIRESTI MAI IN UN ALBUM DEI THE VINTAGE CARAVAN?
– Penso che tutto ciò che amiamo e ascoltiamo finisca per fondersi in uno strano miscuglio che poi diventa la nostra musica. Ascoltiamo tantissimi generi musicali: blues, folk, disco, funk, pop, rap, jazz, puoi pescare quello che vuoi. La buona musica è buona musica e basta. Penso sia importante avere una mentalità aperta quando si tratta di comporre nuova musica. A noi piace suonare cose molto diverse quando proviamo, a maggior ragione se si tratta di cose che non suoniamo spesso o che ci sembrano lontane dai nostri standard. Al tempo stesso, però, ci piacciono i riff di chitarra elettrica, quindi per quanto potremo spaziare, in qualche modo finiremo comunque da quelle parti. Mi è capitato di scrivere canzoni poco adatte ai The Vintage Caravan, chissà, magari un giorno le userò per un album solista. Non voglio però che questo mi distragga: mi interessa che le nostre idee possano continuare a far evolvere i The Vintage Caravan, che rimangono la mia priorità.

PRIMA HAI DETTO COME TALVOLTA I TESTI DELLE CANZONI VADANO AD INFLUENZARE LA MUSICA. DI COSA SCRIVETE ABITUALMENTE NEI VOSTRI PEZZI?
– Come di dicevo abbiamo voluto essere molto aperti e personali, ogni canzone è un monumento in memoria di un certo periodo delle nostre vite. Dei testi ci occupiamo io ed Alexander (il bassista del gruppo, nrR). Entrambi abbiamo attraversato dei momenti molto difficili nella nostra vita privata e molti dei testi derivano proprio da queste esperienze. I testi delle canzoni per noi non sono una parte secondaria, anzi, hanno un ruolo importante nel renderci quello che siamo. Ad esempio “This One’s For You” parla della morte di mio fratello, una cosa difficilissima da cantare, per me. Ma la canzone doveva rispecchiare il messaggio del testo, quel testo aveva bisogno di quella musica e questo ha influenzato senza dubbio il sound della canzone.

PARLANDO PROPRIO DELLE SINGOLE CANZONI, VOLEVAMO CHIEDERTI QUALCOSA DI “CLARITY”. E’ UN BRANO SPLENDIDO, UNO DEI MIGLIORI DELLA VOSTRA INTERA CARRIERA. TI VA DI DARCI QUALCHE DETTAGLIO SU QUESTO SPECIFICO BRANO?
– Sono molto contento che vi sia piaciuta! Quel brano è figlio di Alexander, una canzone inusuale per noi e sono felice di averla registrata. È venuta fuori con grandissima naturalezza in studio, il nostro amico Magnús Jóhann è passato lì da noi per registrare alcune parti di pianoforte e hammond, mentre abbiamo invitato altri amici per cantare sul finale della canzone. Parla di un episodio molto personale nella vita di Alex, non saprei entrare del tutto nei dettagli se anche volessi dirti di più, ma per me è stato toccante cantare le sue parole.

UN’ALTRA COSA CHE VORREMMO CHIEDERTI E’ LEGATA ALLA VOSTRA SCELTA DI ESSERE UN TRIO. QUESTA FORMAZIONE MINIMALE E’ LA MIGLIORE POSSIBILE PER VOI? SENTITE MAI LA NECESSITA’ DI AGGIUNGERE ALSTRI STRUMENTI O MUSICISTI (SOPRATTUTTO DAL VIVO)?
– Escludendo l’album di debutto abbiamo sempre inserito delle tastiere nelle nostre canzoni, per vivacizzarle un po’ e dare corpo al nostro sound. Quello che finisce sull’album, però, non deve essere necessariamente ricreato allo stesso modo in sede live. Questo ci permette di sperimentare in maniera più libera in studio, senza cambiare la nostra essenza. Non aggiungeremo altri membri alla band, ne sono sicuro. Abbiamo avuto qualche session per degli show speciali, in concomitanza con la pubblicazione di un album, ad esempio, ma siamo in grado di gestire il tutto anche senza. Alla fine restiamo un trio rock, il mio formato preferito: ad esempio quando i Grand Funk Railroad inserirono un tastierista in pianta stabile nella band la loro musica non ebbe chissà quale miglioramento. Anzi, per quanto mi riguarda da quel momento ho perso interesse nella loro musica e non sono riuscito mai ad entrare in sintonia con quegli album. Quando ci siamo trovati a suonare brani come “Farewell”, da “Gateways”, ci siamo limitati ad usare la registrazione dell’intro di hammond. Ha funzionato bene così.

PURTROPPO L’EMERGENZA DETTATA DAL COVID-19 HA CAUSATO LO SLITTAMENTO DEL VOSTRO PROSSIMO TOUR CON GLI OPETH AL 2022. COSA POSSIAMO ASPETTARCI DA QUESTE DATE? IN ITALIA SONO STATE SCELTE LOCATION INUSUALI PER UN CONTESTO ROCK/METAL (IL TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI DI MILANO E IL TEATRO ROMANI DI OSTIA ANTICA, NDR).
– Sì, è vero, ma anche nel primo tour con gli Opeth abbiamo suonato spesso in location di questo tipo, quindi non credo ci saranno differenze sostanziali e comunque si tratta di una decisione che non è legata direttamente alla pandemia. Sono molto eccitato all’idea di riprendere a suonare dal vivo, davanti a persone in carne e ossa. Sarà anche bello poter condividere nuovamente il palco con gli Opeth, che sono diventati dei nostri buoni amici. Dopodiché, incrociando le dita, dovremmo riuscire a realizzare anche un tour da headliner, intorno a febbraio/marzo del 2023.

A PROPOSITO DELLA PANDEMIA, CREDI CHE QUESTA SITUAZIONE PORTERA’ A DEI CAMBIAMENTI PERMANENTI NELL’INDUSTRIA MUSICALE?
– Penso solo che quando finalmente si potrà riaprire tutto saremo tutti felicissimi e ci divertiremo. Andrò a tutti i concerti possibili! Anzi, spero che questa situazione porti la gente ad apprezzare ancora di più la bellezza di uno spettacolo dal vivo. Voglio essere positivo su tutta questa faccenda: si tratta di una fase, ma passerà e ne usciremo presto!

SARESTI A FAVORE DI UN ‘PASSAPORTO VACCINALE’ PER ACCEDERE AI CONCERTI, COME QUALCUNO HA SUGGERITO?
– Non ho un’idea chiara su questo, quello che so è che voglio che i concerti ritornino, a qualunque costo.

CHIUDIAMO CON QUALCHE NOTA POSITIVA: VISTO CHE DOVREMO ASPETTARE ANCORA PIU’ DI UN ANNO PER VEDERVI DAL VIVO, AVETE IN PROGRAMMA ALTRE NOVITA’ DA SVILUPPARE NEL FRATTEMPO?
– Ci terremo sicuramente impegnati, puoi starne certo. Vogliamo restare in contatto con i nostri fan: lo faremo attraverso la rete, anche con degli show in streaming. Spero che il nostro album possa suonare nell’animo di chi ci ascolta e possa aiutarli a passare questo periodo di quarantena. E quando finalmente potremo stare assieme di nuovo, festeggeremo senza fermarci per il resto della nostra vita!

 

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