THE WINERY DOGS – Il triangolo sì!

Pubblicato il 15/10/2013 da

Se anche l’uscita del nuovo, omonimo, disco dei suoi ex compagni ha in qualche modo scosso, o colpito, l’esule Mike Portnoy, di sicuro lui è il primo che non ama darlo a vedere. Pochi rammarichi e attenzione fermamente posta sul presente: così si pone il tatuato drummer nei confronti di questa intervista e della sua attuale band, il power trio denominatosi The Winery Dogs. Se questo bel progetto (o band, come dice lui) durerà o meno, potremo saperlo solo col tempo, ma è indubbio che per ora il buon Portnoy ci sembri tranquillo e rilassato in questa (più compassata) veste di batterista rock anziché propriamente metal. Lasciandoci gli sterili dubbi alle spalle, gli lasciamo la parola, curiosi di sentire dalle parole stesse del vulcanico batterista quali sono le sue impressioni su questa nuova, inedita, fase della sua carriera…  

THE WINERY DOGS - band - 2013

 

CI RACCONTI DI COME E’ COMINCIATA LA TUA AVVENTURA CON I THE WINERY DOGS? COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO VOI TRE?
“Tutto è cominciato con me e Billy Sheehan. Stavamo già lavorando insieme, avevamo già l’idea di formare un qualche progetto, e parlando saltò fuori l’idea di formare un power trio. Fu lì che il mio amico Eddy Trunk mi suggerì il nome di Richie Kotzen. E fu davvero il nome adatto, perché Richie è una rarissima combinazione di cantante, chitarrista e songwriter, il che era esattamente ciò che andavamo cercando. Capimmo subito che fare qualcosa assieme sarebbe stato…  be’, semplicemente perfetto”.

HAI PARLATO DI UN POWER TRIO, MA IO TI PONGO LA DOMANDA SULLA TIPOLOGIA DEI THE WINERY DOGS SOTTO UN’ALTRA OTTICA: CONSIDERI QUESTO GRUPPO COME UNA BAND, UN SUPERGRUPPO O UN PROGETTO?
“I The Winery Dogs sono da considerarsi un vero e proprio gruppo, una band con un speriamo lungo futuro davanti a sé. Ciascuno di noi ha cominciato questo nuovo cammino con l’idea di fare anche altri dischi oltre al primo, e ciascuno di noi considera questa band come un prossimo, significativo, passo della propria carriera”.

RIPRENDO IL CONCETTO DI POWER TRIO… TI PIACE QUESTO FORMATO PER TE COSI’ NUOVO? NON TI E’ SEMBRATO STRANO ALL’INIZIO SUONARE CON SOLI DUE ALTRI MUSICISTI?
“Più che strano… nuovo! Quello senza dubbio. Ma anche se appunto all’inizio mi sembrava un po’ atipico, ho apprezzato questo formato fin da subito. Sono felice di poter far parte di un power trio. C’è un’alchimia particolare, molto rilassata, che rende le cose più facili. C’è anche tanto ‘spazio’, sia dal punto di vista musicale che da quello personale… Ognuno di noi ha lavorato in passato con altre personalità un po’ ingombranti, e tutti i discorsi su come prendere le decisioni, o ‘chi è il capo’, sono più semplici con solo due altre persone. Si è trattato di un cambio di alchimia davvero piacevole, almeno per me”.

I THE WINERY DOGS SONO NATI SUBITO CON QUESTA CONNOTAZIONE HARD ROCK, O IL GENERE E’ QUALCOSA CHE SI E’ DEFINITO IN SEGUITO? AVETE DISCUSSO SU COSA SUONARE PRIMA D’INIZIARE O AVETE LASCIATO LA DEFINIZIONE DELLO STILE MUSICALE DICIAMO PIU’… ‘LIBERA’?
“No, non ne abbiamo parlato per nulla, e nemmeno avevamo una direzione iniziale da seguire. Ci siamo solo seduti assieme per vedere cosa ne usciva. Sapevamo di essere tre individui con forti personalità e grandi doti strumentali, e avevamo la certezza che in qualche modo qualcosa di buono ne sarebbe uscito. Quando appunto ci siamo ritrovati per parlarne, la musica ha cominciato da sola a convergere in una direzione, e il genere hard rock di cui parli si è quindi definito così, senza alcuna forzatura”.

TE L’HO CHIESTO CHIESTO PERCHE’, IN TUTTA SINCERITA’, QUI SEMBRI IL PERSONAGGIO ‘FUORI POSTO’… ENTRAMBI GLI ALTRI DUE VENGONO DALLA SCENA HARD & ROCK, MENTRE TU PROVIENI DA LIDI DECISAMENTE PIU’ METAL… MA TI SENTI VERAMENTE FUORI POSTO O E’ SOLO UN IMPRESSIONE ESTERNA?
“In realtà mi sento veramente molto come se fossi a casa mia, anche perché proprio questo è lo stile col quale ho cominciato. Soprattutto come ascoltatore, in quei tempi prima che il progressive metal anche esistesse, e il metal stesso stava solo nascendo. Quando ero bambino, negli anni ’60, ascoltavo cose come i Beatles, gli Stones e i The Who, ed è quindi chiaro che proprio il rock di quegli anni fu una forte influenza per me. Certo, poi come ben sai ho passato venticinque anni della mia vita, dalla giovinezza in poi, con una famosa progressive metal band. Ma non per questo l’hard rock, o ancora meglio il rock delle origini, sono generi a me sconosciuti o scomodi da suonare! E’ un po’ come se avessi chiuso un cerchio (‘I’ve become full circle’, letteralmente, ndR), ritornando alle mie vere radici musicali”.

CI DICI QUALCOSA SUI TUOI COMPAGNI? LAVORANDO CON LORO HAI SCOPERTO ASPETTI NASCOSTI DELLA LORO PERSONALITA’, O PECULIARITA’ CHE NON TI ASPETTAVI?
“Quando sei in una nuova band, con nuovi compagni c’è sempre un sacco da imparare a proposito delle personalità di ciascuno. Però, è anche vero che ognuno di noi è stato in molti altri gruppi, e ogni volta ha dovuto compiere questo gioco, di capire le personalità degli altri, e conviverci. Qui è stato lo stesso, abbiamo imparato a conoscerci, a capire le rispettive qualità, i punti di forza e le debolezze, e trovare un equilibrio nel quale sia possibile lavorare”.

SIETE STATI DEFINITI IN QUALCHE NOTA PROMOZIONALE COME ‘VETERAN ROCKERS’. LA COSA CI HA DIVERTITO… TU TI RITIENI TALE?
“Be’, immagino che un po’ sia vero: siamo tutti e tre ‘veterani’, nel senso che lavoriamo professionalmente nell’ambito della musica rock da venticinque o anche trent’anni… non è mica una cosa negativa! Mi ricordo che quando ero un teenager i rocker veterani erano rappresentati da gente come i Rolling Stones, e a quei tempi loro erano nel music business dallo stesso tempo in cui io ci sono adesso. Quindi, mah… che dire? Penso che ora noi siamo i rocker veterani, e loro… sono i nonni! O, per essere meno rudi… dei super veterani (grandi risate, ndR)!”.

TORNANDO AL DISCO, UNA COSA CHE COLPISCE E’ CHE LE VOSTRE PERSONALITA’ MUSICALI SONO PERFETTAMENTE RICONOSCIBILI NEL TESSUTO MUSICALE DEL VOSTRO DEBUTTO. COME AVETE LAVORATE ALLE COMPOSIZIONI?
“Era una cosa importante e condivisa fin dal principio. Volevamo sicuramente creare qualcosa di fresco e nuovo, che risultasse come il lavoro omogeneo di una band affiatata, ma allo stesso tempo era importante che ognuno di noi tre portasse la propria identità in senso musicale nel progetto, mantenendo le rispettive personalità intatte. Penso che ci siamo riusciti! Infatti, ‘The Winery Dogs’ suona come il prodotto di una band con quel monicker, ma potrebbe benissimo essere il disco di un progetto Portnoy-Sheehan-Kotzen. Era un nostro obiettivo specifico, e penso che l’abbiamo raggiunto”.

SEI UN MUSICISTA AFFERMATO E CON UNA CARRIERA IMPONENTE ALLE SPALLE… IN CHE TERMINI QUESTO NUOVO GRUPPO TI HA DATO LA LIBERTA’ DI ESPRIMERE QUALCOSA DI NUOVO?
“Creare qualcosa dal nulla è già di per sé una sfida, ma è anche qualcosa che, appunto, ti dà molta soddisfazione, soprattutto quando poi riscuoti un certo tipo di consensi – e devo dire che noi li stiamo riscuotendo. Ovunque siamo andati finora l’accoglienza è stata sicuramente calorosa ed entusiasta. Per me in prima persona però The Winery Dogs è un’opportunità per creare qualcosa che non avevo mai fatto prima nella mia carriera, in compagnia di due grandi artisti che rispetto enormemente. E questa è la libertà più grande che questa band mi sta dando”.

I TRE VIDEO CHE AVETE PRODOTTO SONO MOLTO SIMILI COME AMBIENTAZIONE, TANTO CHE IN MOLTI SUGGERISCONO CHE SONO STATI GIRATI NELLO STESSO GIORNO. MA E’ VERO? COME MAI VIDEO COSI’ SIMILI?
“Be’, chiaramente sono stati registrati nella stessa sessione, si è trattata di una registrazione di una performance abbastanza low-budget. Ma non pensavamo inizialmente di ottenere il successo che poi abbiamo avuto, e quindi inizialmente l’unica richiesta in questi termini era un paio di performance live per l’electronic press kit dell’edizione giapponese… A quello scopo registrammo ‘Desire’ e ‘I’m No Angel’. Poi rimaneva del tempo libero, e pensammo di registrare anche ‘Elevate’… senza averla preparata! E’ divertente quando riguardiamo quel video, perché nemmeno ci ricordavamo tutte le parti…”.

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