Dopo l’ottimo EP d’esordio dal titolo omonimo, i milanesi Three Steps To The Ocean hanno da poco reso disponibile il loro primo full-length album, “Until Today Becomes Yesterday”. In un periodo nel quale il post-core e le sue derivazioni stanno avendo sempre maggior successo e riscuotendo ampi consensi, la proposta interamente strumentale del quartetto nostrano resta comunque una mosca bianca, dotata di gran classe e spiccata sensibilità artistica. Abbiamo scambiato le solite quattro chiacchiere con Andrea Sacchetti, chitarrista del gruppo, che ci permettono di scoprire i TSTTO ancora più a fondo…
CIAO, ANDREA! SONO PASSATI PRATICAMENTE DUE ANNI DALLA VOSTRA PRIMA COMPARSA SU METALITALIA.COM: QUANTO E COME SONO CRESCIUTI I THREE STEPS TO THE OCEAN, A PARTE ANAGRAFICAMENTE, IN QUESTO LASSO DI TEMPO?
“Non so dirti come e quanto siamo cresciuti in questi anni. Ascoltando il disco sicuramente ci sono differenze stilistiche e sonore rispetto all’EP, differenze che rispecchiano i cambiamenti che sono intercorsi all’interno della band. Avevamo voglia di fare canzoni più cupe, di utilizzare maggiormente l’elettronica e di spingerci oltre la tipica cavalcata post-rock. Abbiamo cercato di evolverci e di utilizzare soluzioni stilistiche diverse. Anche a livello di strumentazione siamo cambiati molto: rispetto alla strumentazione utilizzata per registrare l’EP, l’unica cosa che è rimasta invariata è la mia chitarra; il resto, tra amplificatori/batteria/casse/basso/effetti, ha subito continue modifiche, e per la gioia dei nostri conti in banca continueremo su questa strada. Personalmente ho intrapreso la ‘ricerca del Sacro Graal del chitarrista ignorante’, cioè: la distorsione perfetta. Così come me, anche gli altri del gruppo sono alle prese con il proprio demone sonoro. Ah…e poi abbiamo la barba più lunga: quest’anno tira un casino!”.
PRIMA DI ADDENTRARCI ALLA SCOPERTA DEL VOSTRO DEBUTTO, CI RACCONTI COME SONO NATE LE COLLABORAZIONI CON LA FROHIKE RECORDS E LA FORGOTTEN EMPIRE, CHE RILASCIANO IL VOSTRO LAVORO RISPETTIVAMENTE IN ITALIA E NEGLI USA?
“Con Forgotten Empire siamo in stand-by. La collaborazione era iniziata molto seriamente: contratti firmati, promesse, etc. etc., ma quando è arrivato il momento di cacciare i soldi e di fare realmente qualcosa son sorti i primi problemi, che sono sfociati in un nulla di fatto. Abbiamo quindi preso la decisione di auto-produrci e, grazie all’aiuto di Frohike, siamo riusciti ad avere il prodotto fatto e finito esattamente per quando lo volevamo. L’incontro con Simone e Marta della Frohike Records risale a prima della registrazione del nuovo disco. Si erano interessati a noi grazie all’EP e ne avevano acquistate alcune copie per la loro distribuzione. Nel momento in cui ci siamo ritrovati da soli, abbiamo pensato di proporgli questa collaborazione e le cose sono andate bene: poche parole, niente inutili contratti ma tanti fatti. Si tratta di due persone che ci mettono cuore in quello che fanno”.
“UNTIL TODAY BECOMES YESTERDAY” PARE L’IDEALE PROSECUZIONE DEL DISCORSO INTRAPRESO SULL’EP D’ESORDIO. PIU’ MATURO E PIU’ VARIO, BEN RAPPRESENTA UNA BAND CHE HA CHIARO COME VUOLE SUONARE MA CHE PARE AVERE ANCHE TANTA VOGLIA DI SPERIMENTARE. COME VI SIETE APPROCCIATI ALLA SUA COMPOSIZIONE? IN QUANTO TEMPO E’ NATO?
“Non abbiamo avuto un approccio particolare alla composizione dell’album, ma abbiamo solo seguito quelle che erano le nostre esigenze. Dalla pubblicazione dell’EP ad oggi non abbiamo mai smesso di comporre: ci sono stati periodi in cui non riuscivamo a farlo con continuità per diversi problemi, la maggior parte dei quali logistici e legati alla ricerca (speriamo definitivamente terminata) della sala prove, ma abbiamo continuato a scrivere musica. Alcune canzoni dell’album sono state scritte poco dopo l’EP, altre appena prima di cominciare le sessioni di registrazione ed altre ancora sono state completate mentre eravamo in studio”.
OGNI STRUMENTO, NELLA VOSTRA PROPOSTA, TROVA MAGICAMENTE UNO SPAZIO BEN DEFINITO E PERSONALE, SENZA MAI SFOCIARE NEL SOLISMO FINE A SE STESSO, MA SEMPRE RESTANDO A DISPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA E DELL’INSIEME. CREDO CHE QUESTO SIA UN PO’ IL VOSTRO PUNTO DI FORZA. COME FATE A GENERARE QUESTA SORTA DI ‘ALCHIMIA PERFETTA’?
“Sicuramente essere degli ignoranti senza tecnica aiuta a non cadere nel solismo fine a se stesso; non ne saremmo capaci. Poi esiste, da parte di tutti i componenti, una spiccata vena di ‘rompicoglionismo’ per cui tutti vanno a ficcare il naso sull’operato di tutti. Inevitabilmente le idee si fondono e si crea una sorta di coscienza collettiva in grado di creare quell’idea di insieme di cui parli. Oppure ho appena detto una cagata e la verità è che siamo degli ignoranti a cui piacciono le aperture potenti e basta. Il resto è solo un tentativo di arrivarci (ok, buona la seconda!, ndR)”.
VI TROVATE MEGLIO A COMPORRE TRACCE DI LUNGA DURATA O DI PIU’ BREVE MINUTAGGIO? E QUANDO VI RENDETE CONTO CHE UNA CANZONE HA FINITO DI DIRE QUEL CHE HA DA DIRE?
“Be’, vedendo la nostra breve discografia è evidente che ci troviamo molto bene con le canzoni di lunga durata. O meglio, fino ad ora la maggior parte delle canzoni che ci soddisfano sono di lunga durata. Questo non vuol dire che ci imponiamo che un pezzo debba durare per forza tot minuti. Le due canzoni più corte presenti nell’album e le ‘Outer Sessions’ sono la prova che se ci impegniamo riusciamo a stare sotto i sette minuti. A parte gli scherzi, non decidiamo mai a priori la lunghezza di un brano. Le canzoni più brevi dei Three Steps To The Ocean sono tutte suonate con chitarra acustica e sono quasi tutte improntate più sull’uso dell’elettronica. Questo limita un po’ le capacità di ampliarle verso minutaggi superiori, ma non è una regola. Andiamo molto ad istinto”.
VENENDO AL TITOLO DELL’ALBUM E A QUELLI DELLE CANZONI, SONO CURIOSO DI SAPERE IN CHE MODO LI SCEGLIETE… VOGLIO DIRE, COMPONETE LA MUSICA E POI TROVATE UN TITOLO ADATTO O DECIDETE PRIMA SU QUALE ARGOMENTO COMPORRE MUSICA?
“Fino ad oggi abbiamo sempre composto prima la musica e poi cercato i titoli, anche se a dire il vero prima di cercare i titoli cerchiamo di avere un numero di canzoni tale da poter essere accomunate da un filo conduttore. Infatti, possono passare anche mesi senza che le canzoni abbiano un titolo. Per quest’album è successo che, una volta deciso quali canzoni registrare, ci siamo concentrati sulla costruzione di una storia, che è poi quella che si legge dentro il digipack. Sulla base di questo concept abbiamo deciso i titoli. Non abbiamo comunque un argomento fisso su cui comporre musica, ma sicuramente sappiamo cosa vogliamo far provare a chi ci ascolta e soprattutto a noi stessi mentre suoniamo”.
SBAGLIO O IL TEMA DELL’OCEANO E’ ANDATO UN PO’ PERSO? CI SPIEGHI, MAGARI CON UN BREVE TRACK-BY-TRACK, LE TEMATICHE DEL DISCO? PARADOSSALMENTE, I VOSTRI TITOLI METTONO PIU’ CURIOSITA’ DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI TESTI DI CANZONI CHE SI LEGGONO IN GIRO…
“Sì, abbiamo abbandonato quel concept. Inizialmente, l’idea era quella di fare un disco collegato all’EP, ma col passare del tempo abbiamo preferito cambiare totalmente rotta, non utilizzare le canzoni vecchie e staccarci dal ‘filone oceanico’. Le nuove tracce, inoltre, ci sembravano più contorte e non più in linea con le sensazioni che l’EP ci trasmetteva. Possiamo definirlo una specie di concept-album che ruota attorno alla linea del cambio di data. Tutte le canzoni del disco sono più o meno collegate al paradosso che si innesca attraversandola e sulla base di questa idea abbiamo elaborato una storia con l’aiuto di un’amica, rimbalzandocela l’un l’altro, aggiungendo particolari, inventando una situazione con al centro un individuo dai tratti incerti. Il contesto fisico di questa storia sono le Isole Diomede (‘Diomede’), due piccolissime isole nel mezzo dello stretto di Bering, separate da tre chilometri di mare nel mezzo del quale passa la linea del cambio data. Una delle due isole è territorio russo, l’altra è territorio americano. Il protagonista della nostra storia immagina e spera – ricordando tale Lynne Cox (‘Remember Lynne Cox’), nuotatrice che nuotò da un’isola all’altra durante il periodo della Guerra Fredda – di poter varcare al contrario la linea del cambio data e tornare quindi al giorno prima, con ciò che ne consegue, varcando quindi confini spaziali, temporali, culturali…tornando al passato, insomma. Il 31 dicembre 1844 (‘December 31st 1844’), invece, nella storia delle Filippine è un giorno che non è mai esistito: successe che il governo allora al potere decise, in concomitanza con l’indipendenza del Paese, di spostare i suoi interessi economici dal Sud America al Sud-Est Asiatico. Per fare ciò, si trovò a dover ‘valicare’ la linea del cambio data per adattare quindi la sua data a quella dei nuovi partner economici. Questa passò quindi direttamente dal 30 dicembre 1844 al 1° gennaio 1845, saltando quindi il giorno 31. Ci piaceva l’idea di dare alla prima traccia del disco un titolo che rappresentasse un paradosso temporale: simboleggia appunto uno spazio temporale che in un certo qual modo esiste e non esiste contemporaneamente. Chi compra il disco scopre anche come va a finire. Tutti i titoli delle canzoni si riferiscono, in maniera più o meno esplicita, a questo paradosso spazio-temporale, seppur non direttamente alla storia che abbiamo creato”.
COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON JAMES PLOTKIN PER LA MASTERIZZAZIONE DEL DISCO?
“Lo abbiamo contattato in seguito ad un consiglio della KNVBI Records. James si è rivelato non solo un grande professionista, ma soprattutto una persona rispettosa del lavoro altrui. Gli abbiamo chiesto un certo tipo di approccio e lui lo ha rispettato alla lettera, pur inserendo il suo marchio. E’ stato gratificante leggere i complimenti da parte sua per il lavoro che avevamo svolto in studio e l’apprezzamento sulle dinamiche del disco, una delle nostre fisse durante le sessioni di registrazioni…le dinamiche! I ragazzi della Sauna (studio di registrazione, ndR) lo sanno bene”.
AVETE ALLE SPALLE GIA’ UNA BUONA SERIE DI DATE E IMPORTANTI ESPERIENZE ALL’ESTERO: MA E’ DIFFICILE PER UNA BAND STRUMENTALE TROVARE LOCATION IN CUI SUONARE? VOGLIO DIRE, QUALCUNO VI HA MAI DETTO NO SAPENDO CHE NON AVETE IL CANTANTE?
“No, non ci è mai stata data come risposta ‘NO, perché non avete il cantante’. Anche perché quando non ti vogliono far suonare non ti rispondono proprio!”.
PER IL FUTURO, SEMPRE SOTTO L’ASPETTO DEGLI APPUNTAMENTI LIVE, COME VI STATE MUOVENDO?
“Abbiamo ricominciato con i concerti il 10 ottobre al Circolone di Legnano ed è stata una gran bella serata; avevamo un mini-tour di tre giorni che magicamente si è trasformato in un’unica data a Genova il 23 ottobre scorso. La prossima data in programma sarà insieme agli Zu all’ex-Le Piccole Iene (ora Rock‘n’Roll Arena) di Romagnano Sesia (NO) il 4 dicembre (l’intervista si è svolta a metà novembre, ndR). Ci stiamo muovendo, non senza fatica, per cercare concerti in giro per l’Italia (saremo a Bari il 15 gennaio e stiamo aspettando di chiudere altre date nel centro-sud) ed Europa per inizio anno. Speriamo di riuscire a chiudere tutte le date che vorremo fare. Se qualcuno è interessato a un nostro live ed ha contatti per aiutarci nell’organizzazione, ovviamente può scriverci senza alcun problema”.
BENE, SIAMO ARRIVATI ALLA CONCLUSIONE. TI RINGRAZIO PER LA DISPONIBILITA’ E TI LASCIO IL COMPITO DI CHIUDERE L’INTERVISTA…
“STAY BRUTAL!!”.
Francesco (programming/elettronica): “Venite ai nostri concerti anche se non siamo TRVE!”.