Una release molto interessante del 2011 da poco concluso è stato l’ultimo lavoro dei Thy Catafalque: one-man-band ungherese attiva già da diversi anni che è stata notata soltanto di recente dalla prestigiosa etichetta Season Of Mist. L’avant-garde metal di questa band è un connubio interessante tra classico e moderno, con questa indole neoclassica che ben si sposa con varie parti più moderne e ricche di groove. Noi di Metalitalia.com abbiamo intercettando Tamás Kátai, l’autore di tutto questo, e con lui abbiamo intavolato una bella chiaccherata, approfondendo meglio tutto ciò che ispira le tematiche e la musica della sua band.
CIAO BENVENUTO SU METALITALIA.COM, DATO CHE QUESTA E’ LA TUA PRIMA INTERVISTA PER IL NOSTRO PORTALE, CHE NE DIRESTI DI INIZIARE CON UNA BREVE PRESENTAZIONE DELLA BAND PER I NOSTRI LETTORI CHE NON VI CONOSCONO ANCORA?
“Ciao a tutti. I Thy Catafalque nascono nel 1998. Ai tempi eravamo due persone, János Juhász alla chitarra ed io alla voce, alle tastiere e alle programmazioni. Abbiamo iniziato come black metal band con una demo quello stesso anno e nel 1999 abbiamo dato alla luce il nostro primo disco ‘Sublunary Tragedies’, seguito poi da ‘Microcosmos’ due anni dopo. Nel 2004 abbiamo realizzato il nostro terzo album, considerato una sorta di spartiacque ‘Tuno Ido Tárlat’ dove abbiamo definitivamente trovato il nostro stile con una sorta di avant-garde metal sperimentale. Nel 2009 la Epidemie Records ha fatto uscire ‘Róka Hasa Rádió’. Questo album è stato il primo con Attila Bakos come guest vocalist per tutte le parti pulite maschili oltre alla partecipazione di Ágnes Tóth dei The Moon And The Nightspirit. Nel 2010 sempre la Epidemie Recors ha ristampato ‘Tuno Ido Tárlat’ e nel 2011 è arrivata la firma con la Season Of Mist, con l’uscita dell’ultimo disco “Rengeteg”, di nuovo con Attila e Ágnes come guest. Da questo album János ha lasciato la band e quindi io ho composto e registrato tutte le parti strumentali… E questo è tutto fino ad ora”.
CREDI CHE “RENGETEG” SIA IL VOSTRO ALBUM DEFINITIVO? DA DOVE CONTINUI A TRARRE ISPIRAZIONE?
“Beh, non posso giudicarlo. Penso che il nostro primo album definitivo sia stato ‘Tuno Ido Tárlat’, che è stato un disco molto importante e con materiale di ottima fattura. ‘Róka Hasa Rádió’ fu in grado di mantenere la qualità del suo predecessore e mi piacerebbe pensare che anche ‘Rengeteg’ si assesti su quei livelli. Non posso comunque sceglierne soltanto uno tra questi tre, che credo siano a modo loro tutti definitivi. L’ispirazione semplicemente arriva, non ho idea da dove esattamente, ma sento il bisogno di comporre musica per la maggior parte del mio tempo, penso sempre a cose connesse alla musica. Amo l’arte in tutte le sue forme, che mi tengono occupata la mente”.
COME DICEVI, CON QUESTO ALBUM, I THY CATAFALQUE SONO DIVENTATI UNA ONE-MAN-BAND. QUALI SONO STATI LE RAGIONI DELLO SPLIT CON JANOS?
“Le ragioni sono molteplici. Intanto non stiamo più nella stessa città dal 2000, e nemmeno nello stesso Paese negli ultimi 5-6 anni, e questo ha il suo peso. Entrambi abbiamo avuto enormi cambiamenti nella nostra vita negli ultimi anni e Jànos non sentiva più il bisogno di far parte dei Thy Catafalque. Abbiamo anche sviluppato diversi gusti musicali. Un altro problema poi era la mancanza di riconoscimenti e di meriti per Jànos: la maggior parte delle recensioni dei nostri album parlavano di me e spesso si dimenticavano completamente di lui, e questo sicuramente ha finito per farlo stancare. Tuttavia io non ci potevo fare nulla. Personalmente ho sempre dato molto credito e riconoscimento al suo lavoro, ma questo non avveniva praticamente mai da parte della stampa… E questo non è stimolante”.
QUALI SONO I PRO E I CONTRO DELLO SCRIVERE MUSICA DA SOLO? MI PUOI SPIEGARE COME SCRIVI LE TUE CANZONI OGGI, E COME INVECE NASCEVA UNA CANZONE PRIMA DEL TUO SPLIT CON JANOS?
“E’ sempre andata così: registravamo i riff di chitarra di János, io li tagliavo, li incollavo, aggiungevo le mie cose e poco dopo l’album era nato. Ora è praticamente la stessa cosa, con la differenza che a suonare i riff sono io e quindi posso tornare indietro dopo la prima registrazione. Questa è una grossa differenza. Prima non c’era alcuna possibilità di tornare a registrare cose diverse sui riff di chitarra, mentre ora lo posso fare in qualsiasi momento. Ecco, questo aspetto lo annovero tra i pro. Ora come ora, il materiale è al cento per cento mio, il che può essere un bene ma, come tu ben sai, più occhi vedono più cose, e più input possono influenzare il risultato finale in modo più produttivo. Mi sento a mio agio in entrambe le maniere”.
QUANDO SCRIVI UNA CANZONE, INIZI DA UN CONCETTO VISIVO, DA UN RIFF O DA QUALCOSA DI DIFFERENTE ANCORA?
“Dipende. Alle volte un’espressione o il titolo di una canzone è tutto quello che ho in testa quando inizio a scrivere. In realtà quello che faccio è dipingere i miei sentimenti. Alle volte parto da un riff o da una melodia di tastiera, ma la cosa principale è che la musica e le parole siano uniti in una singola entità”.
QUALI IDEE E SENSAZIONI ISPIRANO LA TUA MUSICA?
“Sono ispirato dalla natura, dalla scienza e dalle arti in generale.”
IN CHE MODO IL POSTO IN CUI VIVI (O I POSTI DOVE HAI VISSUTO), CONDIZIONANO LA MUSICA CHE CREI?
“Lo condiziona parecchio. ‘Róka Hasa Rádió’ è stato creato pensando alla mia terra madre e alle mie memorie d’infanzia. Senza il mio vissuto a Makò, in Ungheria, questo album non sarebbe mai uscito in quella maniera, anzi, non sarebbe proprio stato fatto. E con l’ultimo album è la stessa cosa con la Scozia. Io ora vivo a Edinburgo da quattro anni e sono chiaramente influenzato dal clima di questo posto. Intendiamoci: non è la musica della Scozia ad influenzarmi, anzi, bensì i luoghi stessi, le montagne, i boschi i fiumi, le Highlands, le frontiere… Questo paese è magnifico, stupendo, e io lo amo e lo rispetto”.
QUALI SONO SECONDO TE LE MIGLIORI CANZONI DEL TUO ULTIMO DISCO?
“Per qualche motivo mi piace particolarmente la seconda parte di ‘Vashegyek’ e come si connette con ‘Holdkomp’ e poi tutta quest’ultima canzone. Mi piace quel mood industrial/retro-space di quel segmento di album, è così strano e speciale, è come fare un viaggio dal nucleo più interno della terra verso un luogo totalmente diverso nello spazio più aperto. Ma comunque devo dire che mi piacciono molto tutte le canzoni, con i loro personaggi e le loro caratteristiche distintive. E’ come, per farti un esempio, ‘Ride The Lightning’, dove tutte le canzoni sono così diverse e caratteristiche, ti ricordi di ciascuna di loro e allo stesso tempo l’album è solido. Questo è quello a cui puntavo”.
QUAL’E’ LA TUA CANZONE PREFERITA DI SEMPRE?
“La mia canzone preferita di sempre? Beh ce ne sono troppe, come faccio a sceglierne una?! Però lasciami dire che ora come ora sono perdutamente innamorato di ‘Sweetness’ dei Paradise Lost”.
PUOI TOGLIERMI UNA CURIOSITA’, “THY CATAFALQUE”, COME MAI HAI SCELTO QUESTO NOME PER LA TUA BAND?
“Quando abbiamo deciso di iniziare a formare una band, stavo studiando letteratura al college, ed ero totalmente rapito da Shakespeare. Questa espressione non proviene esattamente da lui, ma riflette molto tutto l’universo Shakesperiano, o almeno ciò che a me è rimasto più impresso. E’ piuttosto teatrale e estremamente evocativo come termine e simboleggia una perdita incurabile… Ora come ora credo che sceglierei qualcosa di diverso, ma mi va’ bene così”.
“RENGETEG” E’ USCITO TRAMITE LA SEASON OF MIST IN EUROPA. QUALI SONO I RETROSCENA DI QUESTA COLLABORAZIONE?
“Esatto, l’11 di novembre è uscito in Europa e a gennaio nel Nord America, sempre tramite la Season Of Mist. La storia è piuttosto semplice in realtà, ho registrato l’intero album e una volta terminato l’ho inviato alle varie etichette, tra le quali c’era anche la Season Of Mist che mi ha offerto subito un contratto dato che gli era piaciuto molto quello che aveva sentito, e così abbiamo concluso l’affare. La musica nel CD è esattamente la stessa che gli avevo inviato la prima volta, non è cambiato assolutamente nulla. Più semplice di così. Comunque non è così facile produrre qualcosa che possa attirare l’attenzione di una label oggi come oggi, figuriamoci poi da un’etichetta prestigiosa come la Season Of Mist. Sono davvero molto felice di lavorare con loro, non potevo trovare un posto migliore per i Thy Catafalque.”
C’E’ QUALCHE BAND CON CUI SENTI DI AVERE QUALCOSA IN COMUNE?
“Beh, vorrei dire l’altra mia band, i Gire. I Gire sono inattivi al momento, ma chiunque apprezzi i Thy Catafalque, potrebbe farlo anche con i Gire. La proposta é abbastanza simile per certi aspetti. Altre band con le quali penso di avere qualcosa in comune sono Solstafir, Negura Bunget o i Drudkh soprattutto nel rispetto della natura che influenza la nostra musica, oltre all’uso della lingua madre. Nutro profondo rispetto per questi gruppi e se dovessi scegliere una band dove andare, sicuramente la mia scelta ricadrebbe su una di quelle”.
NEL CORSO DELLA TUA CARRIERA HAI USATO DAPPRIMA L’INGLESE E POI HAI DECISO DI SCRIVERE NELLA TUA LINGUA MADRE. COME MAI QUESTA DECISIONE, CHE E’ SICURAMENTE PARTICOLARE?
“L’inglese va bene, ma semplicemente riesco a esprimermi in modo più naturale, libero e chiaro, nella mia lingua. I primi due album erano in inglese, e infatti sotto questo aspetto non mi piacevano. Non ritengo che i testi siano abbastanza buoni. L’ungherese funziona bene. So che il resto del mondo si perde una dimensione dei Thy Catafalque per questo motivo, da un lato mi dispiace, ma non posso certo essere al servizio di nessuno”.
COSA MI PUOI DIRE DEI TESTI DELL’ALBUM? CHE TEMI RIGUARDANO?
“Rengeteg è una vasta foresta senza sentieri in ungherese arcaico. Non usiamo più questa parola nelle conversazioni di tutti i giorni. Vuol dire zona boschiva, ed è un simbolo di mistero, di oscurità, ma anche di purezza e di vita. Una foresta ha il suo sistema di vita autonomo che è l’opposto dei nostri stili di vita cittadini. E’ il simbolo della natura che abbiamo disperatamente bisogno di ricominciare a rispettare. Dobbiamo essere più umili e rispettare la nostra casa, non una nazione, non un Paese, ma la nostra vera casa, che è la natura. Quando parlo di tornare alla foresta non lo intendo necessariamente in maniera letterale, ma per quello che riguarda il nostro atteggiamento mentale. Questa è la mia teoria, il mio pensiero, e sicuramente si sente molto attraverso tutti i testi”.
COSA MI PUOI DIRE DELLA MUSICA CHE HAI ASCOLTATO CRESCENDO? E ATTUALMENTE CHE COSA ASCOLTI?
“Il primo album che mi sono copiato era ‘Die Mensch-Maschine’ dei Kraftwerk e lo adoro ancora. L’ho ascoltato mille volte, mi ha accompagnato negli ultimi vent’anni. Al momento mi piace molto la musica classica. Soprattutto l’epoca barocca, ma anche altre. Mi piace un sacco ascoltare questa musica e andare a concerti di musica classica, é la mia nuova passione”.
CI SONO NUOVI O VECCHI GRUPPI CHE HAI ASCOLTATO, O CHE TI PIACCIONO, CHE TI HANNO ISPIRATO IN QUALCHE MANIERA DURANTE IL PROCESSO DI SCRITTURA?
“Non riesco ad ascoltare niente per lungo tempo mentre scrivo, quindi non ho ascoltato nulla a parte la musica classica che è totalmente in una diversa dimensione. Prima di cominciare a comporre Rengeteg ascoltavo un sacco di vecchia roba metal, e me la godevo molto: Morbid Angel, Entombed, Dismember, Carcass, Bolt Thrower, Asphyx… i classici, insomma”.