Tamás Kátai: è lui mente pensante, braccia suonanti e cuore pulsante dei Thy Catafalque, one man band avant-garde ungherese, con base in Scozia, che a tre anni di distanza dall’ultima release ha dato alle stampe un lavoro davvero sensazionale, ancor più evoluto e al contempo oscuro e dalle tinte black metal. Come avvenuto anche tre anni or sono, noi di Metalitalia.com non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di scambiare alcune battute via mail con il tuttofare di questo progetto. Dato che gli argomenti di conversazione non sono mancati, non ci dilunghiamo ulteriormente e vi lasciamo alle parole di Tamás.
CIAO E BENTORNATO SU METALITALIA.COM, E’ PASSATO QUALCHE ANNO DALLA PUBBLICAZIONE DI “RENGETEG” MA, VISTA LA DIVERSITA’ DELLA MUSICA, SEMBRA ESSERE PASSATA UNA VITA. COSA E’ SUCCESSO IN QUESTO LASSO DI TEMPO? E’ ACCADUTO QUALCOSA IN PARTICOLARE CHE HA CAMBIATO LA TUA VITA O CHE HA FATTO CAMBIARE COSI’ TANTO LA TUA MUSICA?
“Ciao di nuovo. In effetti, non ci sono più le clean vocals di Attila Bakos, che ha deciso di concentrarsi sul suo progetto solista, e questo naturalmente comporta una grossa differenza da un punto di vista musicale. Ma a parte questo, sentivo che era arrivato il momento di scostarsi dall’aspetto più folk metal, e di ricominciare a sperimentare. Questo disco è sicuramente meno diretto, meno impattante di ‘Rengeteg’; è più freddo, più rigido. Alcune delle canzoni sono piuttosto pesanti. Ma ci sono anche violini e contrabbasso. Soprattutto, meno parti cantate significa sicuramente musica meno accessibile”.
I MIEI BRANI PREFERITI DI “SGURR” SONO ANCHE I PIU’ LUNGHI. TI ANDREBBE DI RACCONTARMI INTANTO IL SIGNIFICATO DEI TITOLI? POI MI PIACEREBBE SAPERE: CHE COSA RACCONTANO?
“‘Oldódó Formák A Halál Titokzatos Birodalmában’ significa qualcosa tipo ‘Forme Dissolventi Nel Misterioso Reame Della Morte’, e parla dell’acqua, da un punto di vista fisico e simbolico. Nella canzone ci sono due sequenze narrative che descrivono la natura dell’acqua da un punto di vista scientifico. Il resto del testo parla dell’acqua in una maniera più metafisica e poetica. ‘Sgùrr Eilde Mòr’ invece è il nome di una montagna realmente esistente nelle Highland scozzesi. La canzone parla di un cacciatore che uccide un cervo, e a seguito di questo le montagne richiedono la sua vita. E’ nata dal mio incontro con un cacciatore in Ungheria, che mi ha chiesto com’erano le Highland e che mi ha detto che sperava di poterci andare un giorno, perché è piuttosto economico cacciare i cervi da quelle parti. Io faccio molte camminate, ho incontrato molti cervi, e l’ultima cosa che mi verrebbe in mente è di recarmi in quei posti per uccidere una di quelle magnifiche creature per divertimento, o ‘per sport’, come dicono. E’ un tipo di atteggiamento che mi disgusta, queste persone sono ipocriti assassini e niente più”.
COME NASCE UN BRANO DI 15 MINUTI? DA DOVE INIZI A SCRIVERLO?
“Non decido mai in anticipo che una canzone diventerà così lunga. Quando comincio a scrivere, a volte i motivi musicali si costruiscono da soli. Uno dopo l’altro. Ho la sensazione che diventino sempre più interessanti e semplicemente vado avanti a costruirne la struttura. E’ un processo abbastanza piacevole, ma ci sono anche occasioni in cui quattro minuti sono sufficienti e sono sicuro che è tutto quello che voglio dire, che non ci sia niente da aggiungere. Non ci sono regole, davvero, sta tutto nella mia intuizione del momento e in quello che è il mio scopo con quella particolare canzone”.
IN “SGURR” SEI TORNATO, IN CERTI FRANGENTI, A SUONARE BLACK METAL, A MIO AVVISO ANCHE MOLTO BENE. PENSI CHE POTRESTI MAI SCRIVERE TUTTO UN DISCO SULLA FALSARIGA DI “JURA” O DELLA TITLE TRACK?
“Sì, perché no. Tutto dipende da quello di cui voglio cantare. Ho un sacco di cose in testa, e il black metal e i temi black metal sono solo una parte del tutto. Penso che sarei capace di concentrarmi su questo tipo di espressione per un intero album, ma probabilmente nel frattempo perderei l’interesse. Ma chi può saperlo? Amo il black metal, abbiamo cominciato come band black metal nel 1998, questo tipo di musica scorre da sempre nelle mie vene e sono sicuro che mi piacerà sempre ascoltarlo e suonarlo”.
IN “KERINGO” INVECE HAI SUONATO QUALCOSA CHE MI HA RICORDATO SONORITA’ PIU’ POST ROCK, TIPO MOGWAI, RED SPAROWES… TI PIACCIONO ANCHE GRUPPI CHE SUONANO QUESTO GENERE OPPURE E’ STATO UN CASO?
“Conosco i Mogwai (sono scozzesi) e i Red Sparowes, ma non li ascolto, veramente non ascolto molto post-rock in generale, anche se mi piace come stile. ‘Keringo’ significa ‘valzer’ e se la ascolti bene la canzone è un valzer; puoi ballarci sopra un valzer mentre la ascolti”.
A QUESTO PUNTO E’ INUTILE CHIEDERTI SE IL PROSSIMO MATERIALE CHE SCRIVERAI SARA’ PIU’ VICINO ALLO STILE DI “SGURR” O A QUELLO DI “RENGETEG”, GIUSTO?
“Veramente ho già due nuovi album quasi pronti. Ho finito ‘Sgùrr’ lo scorso Novembre (2014 ndR), e lavoro più o meno continuamente, ci sono un sacco di brani che non ho usato nel disco. Ci sono persino brani che non ho usato in ‘Rengeteg’, con Attila ancora alla voce. Perciò diciamo che vengono da entrambe le ere, sono un misto tra le due. Sto anche lavorando a materiale più ‘pop’ in inglese. Voglio dire, è roba vergognosamente accessibile e catchy. Chissà che non diventi il prossimo step dei Thy Catafalque. Non ci sono regole, mi piace fare qualsiasi cosa voglia fare. Ah, sto anche lavorando a del materiale strumentale, una sorta di musica da camera sulla base di un pianoforte, con l’aggiunta di violino e contrabbasso; qualcosa come il mio album ‘Erika Szobája’ del 2005. Una specie di musica classica”.
MI PARE DI CAPIRE CHE L’ARTWORK DI “SGURR” SIA PIUTTOSTO IMPORTANTE, PURTROPPO NON SONO ANCORA RIUSCITO A VEDERLO MA POTRESTI PARLARNE E SPIEGARE IL SUO SIGNIFICATO?
“Ci sono due edizioni del disco: un doppio vinile e un CD digibook di 36 pagine. E’ abbastanza grande, 19×19 cm. Tutte le foto all’interno sono state fatte da me, la maggior parte in Scozia e una o due in Ungheria. La copertina è basata su un’immagine realizzata con idropittura che simboleggia l’acqua e tre triangoli stilizzati che simboleggiano le montagne. L’artwork spiega e rafforza la musica e le parole. Credo nell’unità di queste tre componenti: musica, testi e artwork. Insieme forniscono il vero significato, la vera atmosfera di un disco”.
UNA CURIOSITA’, RIESCI A VIVERE GRAZIE ALLA TUA MUSICA O HAI BISOGNO DI ALTRI LAVORI?
“Ehi, no, ho tre lavori. Mi sveglio alle 5.10 ogni mattina. I guadagni della musica non sono altro che una sorta di paghetta”.
QUANTO TI INTERESSANO LE CRITICHE CHE LE ALTRE PERSONE FANNO ALLA TUA MUSICA? QUANTO CREDITO DAI ALLE CRITICHE POSITIVE E NEGATIVE?
“Certamente mi importa delle critiche, ma bisogna sempre considerare da dove arrivano. Quando ti arriva un commento che descrive la tua musica come una merda in due frasi, non puoi davvero prenderlo seriamente. Leggere le opinioni può confondere un sacco. Per esempio, ho letto tantissimi commenti diversi su ‘Sgùrr’: alcuni si lamentano della mancanza di clean vocals e rivorrebbero indietro il mondo musicale degli ultimi due album, altri dicono che è tutto esattamente come prima e si lamentano della mancanza di un cambiamento. Chi dovrei ascoltare? Queste opinioni sono una l’opposto dell’altra. La migliore tattica è non ascoltare nessuno e scegliere quello che credi vada bene. L’ho sempre fatto e sono in pace con me stesso. Tuttavia, le recensioni positive mi spingono ad andare avanti, e cerco di concentrarmi su queste piuttosto che su quelle negative”.
HA IMPORTANZA PER TE LA DIMENSIONE LIVE? CREDO CHE SIA PIUTTOSTO DIFFICILE RICREARE LE ATMOSFERE DELLA TUA MUSICA DAL VIVO.
“Ho suonato molto dal vivo con la mia altra band, Gire, in Ungheria, ed é stato incredibilmente divertente. Mi sono goduto ogni momento. Abbiamo suonato per 12 anni, anche in grandi venue, abbiamo aperto per band come Katatonia o Soulfly. Con i Thy Catafalque non ho queste grandi ambizioni. Ultimamente sono diventato più un compositore che un performer. Non sento più la necessità di esserlo”.
PIANI PER IL FUTURO?
“Vivere la vita, viaggiare, sperimentare il mondo, essere felice”.