I To Kill sono stati una delle più grandi band hardcore italiane. Sono conosciuti in tutto il mondo, lo stesso mondo che da quando annunciarono il loro addio alla scena difficilmente ha trovato con chi sostituire il vuoto musicale lasciato da questi italiani. Se ne andarono perché nel pieno della maturazione lavorativa (con la musica non si campa, facciamocene una ragione) le loro strade non permettevano incroci necessari a tenere in vita il gruppo. Promisero di tornare, poiché non si fece in tempo a salutare degnamente i fan. Oggi sono tornati. Oggi i To Kill tornano su due palchi italiani, Ravenna il 25 aprile, Roma il giorno seguente (evento Facebook), per salutare degnamente i fan con l’unica maniera possibile: due show di puro e adrenalinico hardcore. Li abbiamo contattati per capire meglio i connotati di questo rientro, e li abbiamo trovati come al solito: affamati di palco. Ecco il resoconto della nostra chiacchierata con Jai Fournier, batterista del gruppo.
ALLORA, COM’È STATO RITROVARSI, ALMENO PER QUASI TUTTO IL GRUPPO, VISTO CHE A QUANTO CI È DATO A SAPERE JOSH, IL CANTANTE, È ANCORA IN GIRO PER IL MONDO A SALVARE BALENE?
“In realtà non ci siamo mai molto ‘persi’: siamo uniti da un rapporto che va oltre la musica, siamo ormai come una famiglia da una vita, l’affetto e l’amicizia non sono mai venuti meno, anche nei periodi di attrito, che credo siano normali quando un gruppo si scioglie. Josh è lontano e spesso non raggiungibile per tanto tempo, ma anche con lui il rapporto è sempre vivo. Sarà molto strano ritrovarsi in una sala prove tutti insieme, quello sì. Poi vabbe’, sul palco neanche ti dico”.
AVETE ABBASSATO IL VOLUME DELLE VOSTRE PROVE O È ANCORA ALTO FINO A SPACCARVI LE ORECCHIE, COME AVETE DICHIARATO IN PASSATO IN UN’INTERVISTA?
“No no, tutto a cannone come non ci fosse un domani. Noi concepiamo i To Kill solo a volume esagerato, altrimenti proprio non ci vengono le canzoni, non siamo capaci”.
CHE FEELING SI PROVA A RIPRENDERE IN MANO GLI STRUMENTI PER SUONARE ROBA VECCHIA? È STATO COME TORNARE A PEDALARE IN BICICLETTA? AVEVATE RIMOSSO QUALCOSA?
“Ti dirò che eravamo tutti piuttosto terrorizzati ma è bastata la prima prova per tranquillizzarci un po’: tutto sommato siamo ancora in grado, non siamo proprio diventati dei babbioni. Abbiamo sempre suonato, chi più chi meno, dallo scioglimento dei To Kill, quindi non è stato proprio come ricominciare da zero. Certo per ora non abbiamo gli automatismi che avevamo nei periodi in cui facevamo centocinquanta date all’anno, ma non so se quelli torneranno, sinceramente. Di certo daremo tutto quello che abbiamo”.
CON “ANTARCTICA”, IL VOSTRO ULTIMO ALBUM PUBBLICATO, I FAN DEL GENERE ASCOLTARONO, RISPETTO ALL’HARDCORE PURO DEGLI ESORDI E ALLA VERSIONE METALLIZZATA DEL FANTASTICO “WHEN BLOOD TURNS INTO STONE”, UN MOSH-CORE CORREDATO DA ALCUNE PARTI DI CLEAN VOCALS. IL VOSTRO SUONO CAMBIÒ QUINDI, COMPLETÒ FORSE UN’EVOLUZIONE: C’ENTRA QUALCOSA QUESTO FATTO CON IL VOSTRO SCIOGLIMENTO?
“Quando abbiamo scritto ‘Antarctica’ non abbiamo detto ‘Oh, questo facciamolo diverso’, semplicemente ci siamo accorti che i pezzi che scrivevamo erano diversi, forse più metal, sicuramente più elaborati. Invece di snaturarci e cercare di fare qualcosa che avevamo già fatto, abbiamo solo assecondato la direzione che stavamo prendendo naturalmente. Lo scioglimento non ha nulla a che vedere col sound del gruppo, ma solo con le esigenze di vita che stavano cambiando, direi per tutti e cinque. Non avremmo mai voluto continuare senza l’entusiasmo del primo giorno, o dovendo cambiare mille formazioni, quindi abbiamo preferito smettere”.
TU TI SEI SEMPRE OCCUPATO DI SCRIVERE I TESTI, NON DISDEGNANDO DI PRENDERE POSIZIONI SU TEMI FORTI. OGGI CI SAREBBE MOLTO MATERIALE SU CUI PRENDERE POSIZIONE FRA GUERRE, CARESTIE, OCCUPAZIONI, L’USO E ABUSO DI INTERNET E VIA DICENDO. A QUALI ARGOMENTI DEDICHERESTI UN PAIO DI TESTI OGGIGIORNO?
“Se oggi dovessi scrivere un testo, mi piacerebbe scrivere qualcosa sul rapporto tra evoluzione tecnologica, scienza e ignoranza diffusa sui temi scientifici. Come diceva Carl Sagan, viviamo in una società che dipende grandemente (evviva, aggiungo io) dalla tecnologia e dalla scienza e siamo ignorantissimi sui temi scientifici: questa è la ricetta perfetta per il disastro”.
C’È QUALCUNO CHE HA PRESO IL VOSTRO POSTO NELLA SCENA HARDCORE ITALIANA? E QUINDI: SEGUITE ANCORA L’HARDCORE?
“Credo che ci sia il rischio che la mia risposta possa virare verso tutti quei conservatorismi tipici che non passano mai di moda, tipo ‘eh, ma la scena è diversa ora, come si stava bene una volta’, oppure ‘le nuove generazioni non hanno passione’. In realtà direi semplicemente – e parlo per me – che l’hardcore mi piace ancora, e non ho nessuna ansia da prestazione in merito. Ascolto un sacco di gruppi, non trovo quasi mai robe veramente interessanti (ma probabilmente dipende anche da me, sto diventando un vecchio bilioso) e vado ai concerti che mi interessano, senza la foga di dover presenziare anche quando non mi interessa granché come mi capitava anni fa. La maggior parte dei nostri amici proviene da quel mondo, non credo che ne usciremo mai completamente, magari avremo un ruolo diverso, staremo solo a guardare cosa succede, ascolteremo quello che ci piacerà ascoltare e basta. Per quanto riguarda altri gruppi che possano prendere il nostro posto, credo che in qualsiasi caso risulterei un po’ presuntuoso visto che non so dirti bene neanche quale ruolo abbiamo avuto, forse ci vorrà qualche altro anno per capirlo. Sicuramente ce l’abbiamo messa tutta, e questa è la cosa più ‘hardcore’ che mi viene in mente”.
GUARDANDO AL PASSATO LA VOSTRA DISCOGRAFIA, C’È UN LAVORO CHE GUARDATE CON PARTICOLARE AFFETTO PER UNO SPECIFICATO MOTIVO?
“Ogni disco ha un set di ricordi e di storie, siamo quindi molto legati a tutti…anche ad ‘Antarctica’, che abbiamo suonato pochissimo dal vivo, ma che si porta dietro una bella fase di crescita di ognuno di noi e del gruppo. Credo che il disco che abbiamo suonato di più e forse con più passione sia ‘When Blood Turns Into Stone’, che è il disco che abbiamo scritto nel momento di massimo impegno. Personalmente, se dovessi sceglierne uno sceglierei quindi quello; certo la produzione sarebbe da rifare, non sono molto soddisfatto del risultato e se fosse possibile tornare indietro nel tempo mi piacerebbe risuonarlo e fare un mix diverso”.
GENTE CHE PRENOTA BIGLIETTI AEREI ANCHE DA ALTRI CONTINENTI SE NON ANDIAMO ERRATI: QUANTO PERCEPITE L’AMORE VERSO QUELLO CHE SONO STATI I TO KILL NELLA SCENA HARDCORE MONDIALE?
“Devo dire che le mail di persone che viaggiano ore per vederci mi riempiono il cuore di gioia e mi commuovono un po’, come puoi immaginare. Mi andrebbe bene anche fosse solo una testimonianza di affetto personale e non un interesse per il gruppo. Significa che siamo stati in grado di farci volere bene, e non è poca roba”.
CHE NE È STATO DEI CHASING PLANETS, ALTRO GRUPPO DOVE SUONAVANO ¾ DEI TO KILL FATTA ECCEZIONE PER JOSH?
“Diciamo che abbiamo smesso di suonare e siamo in una fase di immobilità. Ci siamo sciolti, prima di cominciare veramente a spingere sull’acceleratore. Vediamo se ci andrà di ricominciare, mai dire mai”.
RECENTEMENTE CI È CAPITATO DI VEDERE UN VIDEO DEI CHASING PLANETS SU YOUTUBE, BAND CHE SUONA TUTT’ALTRO GENERE MUSICALE RISPETTO AI TO KILL. QUANTO TI MANCA LA PICCHIATA DURA, REPENTINA E CONTINUATA DELL’HARDCORE QUANDO SIEDI DIETRO IL KIT?
“Mi manca tantissimo e vorrei scriverlo maiuscolo se non fosse una pratica piuttosto fastidiosa. Io non credo di essere un grande batterista in assoluto, ma so di essere un buon batterista di musica heavy (sono due sport piuttosto diversi, sì), quindi suonare senza spaccare tutto è un po’ soffocante, lo ammetto. Risuonare i pezzi dei To Kill mi fa sentire a casa”.
OK, COSA DOBBIAMO ASPETTARCI PER LO SHOW D’ADDIO? RICCHI PREMI E COTILLON?
“Aspettatevi semplicemente i To Kill di sempre, onesti e senza troppi fronzoli. Abbiamo deciso di non fare bis, di pubblicare la scaletta del concerto prima delle date, per evitare di fare le rockstar, che si fanno acclamare. Vogliamo divertirci insieme alle persone che hanno reso i To Kill possibili”.
QUAL È IL RICORDO PIÙ BELLO DELLA VOSTRA ESPERIENZA, DAL MERO PUNTO DI VISTA MUSICALE?
“Ci siamo tolti quasi tutte le soddisfazioni che volevamo toglierci, negli anni. Abbiamo suonato con tanti dei gruppi che ascoltavamo nel walkman andando a scuola, abbiamo suonato davanti a molte più persone di quante avremmo mai sognato e saremo per questo eternamente grati. Se dovessi scegliere un solo concerto forse sarebbe il Fluff Fest, dove abbiamo suonato come headliner del venerdì; se dovessi invece scegliere un solo tour forse quello con Parkway Drive, Bury Your Dead e Suicide Silence, ma solo perché è stato il più grande a cui abbiamo preso parte. Ci sono stati tantissimi tour e concerti più piccoli che ci hanno emozionato enormemente. That’s the magic of hardcore, d’altronde”.
CHI DI VOI NON HA ABBANDONATO IL FARE MUSICA? AVETE ALTRE BAND IN PIEDI?
“Al momento solo io e Fausto suoniamo in band vere e proprie, ma ogni tanto anche con gli altri viene voglia di suonare insieme e non è detto che qualcosa non esca fuori. Io suono in un gruppo punk rock che si chiama Bedtime For Charlie, con degli amici fraterni, mentre Fausto in un gruppo hardcore un po’ thrashone che si chiama Crop Circles. Sono due gruppi che non hanno l’obiettivo di conquista del globo come i To Kill, ma ci diverte e ci fa stare bene”.
IL 26 APRILE, QUANDO VI SVEGLIERETE NEL TARDO POMERIGGIO, CHE NE SARÀ DEI TO KILL? ETERNA SEPOLTURA E VIVO E VIBRANTE RICORDO DOPO LA COMMEMORAZIONE?
“Saremo sempre grati ai To Kill, quell’entità che ha permesso a cinque debosciati di girare il mondo in lungo e in largo e di suonare davanti a un sacco di gente tatuata e sudata”.
OK, C’È ALTRO DA DIRE OLTRE AD ACCORRERE IN MASSA A SALUTARVI? COSA CI PROMETTETE DURANTE I VOSTRI DUE ULTIMI SHOW?
“Io ho un’ansia indicibile, ma quella proprio nella vita: se venite mi aiutate a metabolizzarla”.
ALTRO DA DIRE?
“Grazie mille, è stato un piacere. Un abbraccio”.