TOM G. WARRIOR – Il profeta del metal estremo

Pubblicato il 30/04/2020 da

Sono le otto e mezza di una fredda mattina di marzo, quando Tom G. Warrior ci risponde al telefono – con una puntualità e un’alacrità perfettamente in linea con la Svizzera, il paese che ha dato i natali a questo mito del metal estremo. Certo, parlando di luoghi comuni, potremmo citare anche il vecchio adagio “nemo propheta in patria”,  date le difficoltà e il rigetto che patì ai tempi dei suoi esordi. Ma oggi, a trentotto anni dalla fondazione degli Hellhammer, non solo il suo status è cristallino e consolidato, ma la passione e la domanda del pubblico verso il suo passato è notevole, come testimoniato dal successo del progetto Triumph Of Death, con cui Tom ha portato infine sui palchi le canzoni del suo seminale primo gruppo. Sono pochi giorni, poi, che è uscita una curata ristampa dell’unico EP mai pubblicato dalla band, mentre a maggio sarà la volta dell’uscita di “Requiem”, la registrazione del concerto tenuto dai suoi Triptykon in quel del Roadburn l’anno scorso.  Un periodo fitto di impegni e soddisfazioni, insomma, che ci ha dato l’occasione per una chiacchierata a tutto tondo sulla sua carriera.

 

HAI DECISO DI RIPORTARE IN VITA, PER CERTI VERSI, GLI HELLHAMMER. PRIMA CON IL TOUR DEI TRIUMPH OF DEATH, CHE NELLE TUE STESSE PAROLE È UN OMAGGIO RISPETTOSO ALLA TUA STORICA BAND, E ORA CON QUESTA EDIZIONE RIMASTERIZZATA DEL VOSTRO UNICO EP. COSA TI HA PORTATO A TUTTO QUESTO? NOSTALGIA? LA CONSAPEVOLEZZA DI QUANTO I FAN LO DESIDERASSERO?
– Mi permetto di correggerti su un punto. Ho pensato di suonare le canzoni degli Hellhammer dal vivo per molti anni, dato che nessuno aveva mai potuto sentirle; prima di farlo ho parlato con molti amici e musicisti, volevo sapere cosa ne pensassero, perché volevo fare qualcosa che non offendesse la memoria degli Hellhammer. Il responso è stato entusiasta, quindi l’anno scorso siamo partiti con il progetto Triumph Of Death. All’opposto, questa ristampa non ha nulla a che vedere con me; quando io e Martin Ain firmammo il contratto con la Noise nel febbraio del 1984 eravamo inesperti e impreparati, quindi sottoscrivemmo condizioni molto negative, per noi. E il punto peggiore è che cedemmo completamente i diritti sulla nostra musica, così Noise ottenne il controllo sulle composizioni degli Hellhammer e sul catalogo più vecchio dei Celtic Frost. La Noise Records andò in bancarotta alla fine degli anni Novanta e fu rilevata da Universal, che deteneva talmente tanti diritti che l’antitrust tedesca la costrinse a venderne una parte per evitare un monopolio, così i diritti delle mie band, assieme a svariate altre, furono ceduti agli inglesi di BMG Management. Per questo, io tuttora non ho diritti sulle canzoni degli Hellhammer, né alcuna possibilità di controllo commerciale; semplicemente, quando ho deciso di partire in tour con i Triumph Of Death, la BMG ha colto l’occasione per ristampare il nostro EP, cosa di cui sono contento: per molto tempo non è stato disponibile, e penso fosse un peccato, data la rilevanza storica degli Hellhammer. In aggiunta, sono molto contento che mi abbiano coinvolto come art director della ristampa; non era dovuto, ma me l’hanno chiesto appena hanno messo in campo il progetto, lasciandomi totale libertà artistica. Ribadisco che non era dovuto, dato che non ho alcun diritto, e non ne ricavo un centesimo, ma ho apprezzato.

IN EFFETTI LE INFORMAZIONI INVIATE ALLA STAMPA FACEVANO PENSARE A UN TUO PROGETTO, MI SPIACE PER IL FRAINTENDIMENTO.
– Ma figurati, penso sia normale che venga questa idea, dato che sto anche suonando dal vivo quelle canzoni. Ma, appunto, è andata al contrario, ed è stata l’etichetta a cogliere un’occasione.

COME HAI APPENA DETTO, GLI HELLHAMMER SONO UNA BAND IMPORTANTISSIMA E SEMINALE. QUALI SONO, IN RETROSPETTIVA, I TUOI RICORDI DI QUEGLI ANNI?
– Sono complessivamente dei bei ricordi, perché sono stati anni magici. Anche senza cedere alla nostalgia, sono stati anni speciali, con persone e amici speciali, all’interno di una scena fantastica, che di fondo stava rinascendo sulle orme della NWOBHM. Erano anni in cui stava prendendo forma il metal estremo, e tra quel genere e il punk c’era musica fantastica, in giro, compresi dei prototipi che mischiavano le due cose, come Motörhead e Venom. Al tempo stesso ho delle sensazioni contrastanti, perché non sono stati anni facili; eravamo molto giovani, e diverse persone coinvolte negli Hellhammer hanno avuto situazioni difficili nella vita privata, molti problemi, quindi gli Hellhammer erano una fuga e un rifugio, per noi.

HAI PROGETTI PER IL FUTURO DEI TRIUMPH OF DEATH? CONTINUERAI A SUONARE DAL VIVO, O MAGARI SCRIVERETE ANCHE NUOVE CANZONI CON QUESTA FORMAZIONE?
– Avevamo già parecchie date fissate, ovviamente per l’emergenza Covid-19 siamo fermi, noi come tutte le altre band, ma ci divertiamo immensamente a suonare dal vivo queste canzoni. Di certo abbiamo intenzione di andare avanti a lungo, perché è un vero piacere, non si tratta di avere successo commerciale, o di soddisfare le esigenze di un’etichetta: saliamo su un palco, suoniamo vecchio heavy metal, ci divertiamo, entriamo in contatto con il pubblico. Il progetto per quest’anno, dato anche che siamo fermi, è di lavorare sulle registrazioni dei concerti che abbiamo tenuto e pubblicare 2 o 3 EP live; poi abbiamo avuto contatti con Century Media, che sarebbe entusiasta di pubblicare un nuovo disco, ma anche questo discorso lo affronteremo con calma e rispetto. Di certo non vogliamo entrare in studio a ri-registrare vecchi brani, che troverei un gesto sacrilego. La musica degli Hellhammer per me è sacra, quindi se lo faremo, stiamo pensando di scrivere e registrare un paio di brani ‘nello stile di’, e solo se penserò che siano buoni, onesti e autentici, magari parleremo di un nuovo album. Comunque è ancora solo un’idea, l’unica certezza è che pubblicheremo del materiale dal vivo.

SONO OTTIME NOTIZIE! CONFERMO CHE AVENDOVI VISTO DAL VIVO, SI POTEVA PERCEPIRE QUANTO VI DIVERTIATE SUL PALCO, E QUANTO SI TRATTI DI UN OMAGGIO SENTITO E DI CUORE ALLA MEMORIA DEGLI HELLHAMMER.
– È un piacere sentirtelo dire, nono solo per la musica in sé, ma perché sul palco sentiamo anche noi il calore del pubblico. E vediamo anche tanti ragazzi giovanissimi, ai nostri concerti, è fantastico vedere come questo prototipo di black metal unisca generazioni diverse.

FORSE PERCHÉ, SEMPLICEMENTE, È MUSICA POTENTE E ONESTA. PARLO DELLA MIA ESPERIENZA, DI QUANDO AVEVO QUATTORDICI ANNI E MI SONO AVVICINATO ALLA TUA BAND E AGLI ALTRI ESEMPI DI METAL ESTREMO PRIMORDIALE: SE STAI SCOPRENDO LA TUA DIREZIONE MUSICALE NON PUÒ NON RENDERTI EUFORICO.
– Assolutamente. Per noi è quasi un onore pensare che anche i giovani di oggi, che nemmeno erano nati quando suonavamo questa musica, siano curiosi e ci apprezzino.

HAI FATTO CENNO ALLA CENTURY MEDIA, CHE A BREVE PUBBLICHERÀ LA REGISTRAZIONE DI “REQUIEM”, IL CONCERTO CHE AVETE TENUTO COME TRIPTYKON AL ROADBURN DELL’ANNO SCORSO. È STATO UN CONCERTO UNICO, CHE HA UNITO DUE VECCHIE TRACCE DEI CELTIC FROST CON UNA NUOVA SUITE E LA PRESENZA SUL PALCO DELLA METROPOLE ORKEST. COM’È STATA L’ESPERIENZA?
– È stata un’esperienza complessa. Come detto prima, quando saliamo sul palco con i Triumph Of Death tutto quello che conta è divertirsi, senza nessuna pressione, mentre suonare coi Triptykon, e in particolare accompagnati da un’orchestra, si pone al capo opposto, come esperienza dal vivo. Ci sono molta pressione e aspettative, un’immensa responsabilità; il progetto stesso è stato difficile, ci sono voluti due anni di preparativi, e in aggiunta abbiamo suonato per la prima volta lì, direttamente dal vivo, senza un lavoro precedente in studio. Ho sentito molta pressione sulle mie spalle, ma non potevo fare altro che godermi l’esperienza, ecco perché dico che è stato diversissimo dal tour che sto portando avanti. In retrospettiva, sono felicissimo e orgoglioso di averlo fatto, mi sono anche goduto la serata, ma al tempo stesso sono lieto di non doverlo fare ogni sera.

QUINDI I TRIPTYKON SONO ANCORA ATTIVI AL 100%? A PARTE QUELLO SHOW SPECIALE E GLI ALTRI CONCERTI CHE DI TANTO IN TANTO SUONATE, CI SONO PROGRAMMI PER LA BAND?
– No, no: i Triptykon sono vivi e vegeti, avevamo anzi già diverse date programmate, che ovviamente sono saltate anch’esse. Ma coglieremo l’occasione per lavorare seriamente a un nuovo disco in studio, cercando di registrarlo entro l’anno, nei limiti di quanto concesso da questa situazione. I Triptykon sono la mia vita, mentre i Triumph Of death sono un side-project, un modo per suonare con gli amici.

È LA SECONDA VOLTA CHE FACCIAMO CENNO AL COVID-19, COM’È LA SITUAZIONE DA VOI (L’INTERVISTA SI È SVOLTA IL 23 MARZO, NDR)?
– So che da voi la situazione è drammatica, ma anche la Svizzera è stata colpita pesantemente, il governo sta provando a prendere ogni misura possibile per allentare i rischi, e siamo in lockdown totale. Non ci si può assembrare nei negozi, e nemmeno stare vicino a più di una persona, quando si esce di casa. È un periodo assurdo, ce ne ricorderemo senz’altro.

RITORNANDO A PARLARE DI MUSICA, COME DEFINIRESTI LA CONTINUITÀ TRA LE TUE BAND, AL DI LÀ DEI CRITICI CHE STRONCARONO GLI HELLHAMMER COME PURO RUMORE? SONO TUTTI GRADINI DI UNA STESSA EVOLUZIONE E RICERCA?
– Sì, penso sia così. Ovviamente gli Hellhammer erano primitivi e basilari, avevamo appena imbracciato gli strumenti, non avevamo alcuna esperienza né musicale, né professionale, per così dire. Appena ci siamo sentiti più sicuri abbiamo messo in piedi una band che segnasse un passo più sofisticato, pur mantenendo la durezza e l’oscurità degli Hellhammer, e ovviamente mi riferisco ai Celtic Frost. Quindi sì, è un’evoluzione costante, e la terza incarnazione della mia carriera, cioè i Triptykon, è in realtà molto più connessa agli Hellhammer che ai Celtic Frost, perché suoniamo musica più tenebrosa e più estrema rispetto ai Celtic Frost, che avevano una loro direzione sperimentale. Certo, suoniamo musica molto più complessa rispetto a trentacinque anni fa, ma lo spirito lo sento analogo ad allora, gli Hellhammer sono ancora la pietra angolare della mia musica.

QUINDI DIRESTI SENZA DUBBI CHE LA MUSICA È TUTTORA IL CENTRO E IL PRINCIPALE SCOPO DELLA TUA VITA?
– Certo, e non riesco a pensare a nulla di diverso. È la mia passione e l’ho scelta da sempre come mia strada, quindi finché sarò in grado di suonare e avrò il supporto del pubblico andrò avanti.

 QUAL È LA TUA PERCEZIONE DEL METAL ESTREMO CONTEMPORANEO?
– È una domanda complessa, che mi porta a diverse considerazioni. Penso ci sia molta musica estrema eccellente, in giro, con un livello tecnico e una complessità che trentacinque anni fa ci sognavamo. Al tempo stesso ho la sensazione che l’estrema tecnica e il perfezionismo di alcune band stia uccidendo il metal estremo: c’è troppa enfasi su queste componenti, rispetto alla passione e al sentimento. Ecco perché dico che ho un atteggiamento ambivalente. Ascolto comunque ancora molta musica, vivendo in questo ambiente mi sento in dovere di restare in contatto e aggiornato. 

AL DI LÀ DELLA MUSICA, SO CHE SEI ANCHE IL CURATORE DEL MUSEO DI HR GIGER A GRUYÈRES, CHE PER INCISO È UN EDIFICIO E UNA COLLEZIONE MERAVIGLIOSA. IN COSA CONSISTE IL TUO LAVORO PER IL MUSEO?
– Hans Ruedi Giger mi chiese di essere il co-curatore del museo diversi anni fa, e ovviamente è stato ed è un onore immenso. Mi occupo ancora di portare avanti quanto da lui disposto per la collezione, e tenuto conto che Giger è stato uno dei miei più gradi mentori artistici, è veramente speciale lavorare ancora sulle sue opere e sulla sua eredità.

VISTO CHE ABBIAMO PARLATO MOLTO DEGLI ANNI D’ORO DEL METAL, CHIUDEREI CON UNA DOMANDA ALTRETTANTO ‘OLD SCHOOL”’: HAI UN MESSAGGIO SPECIALE PER I TUOI FAN IN ITALIA? SO CHE PASSI SPESSO DALLE NOSTRE PARTI.
– Ovviamente sono onorato di avere ancora tanti fan, è qualcosa di stupefacente, tenuto conto che sono in giro da trentanove anni! Non è qualcosa che avrei mai potuto dare per scontato, avere ancora gente che mi ascolta, che dà una possibilità alla mia musica, che segue me e le mie band. Suonare era il mio sogno da ragazzino, e in Svizzera, agli esordi, non ho avuto alcun sostegno; avere ora un’audience internazionale e aver realizzato questo sogno mi porta solo a dire un sincero grazie a tutti i miei fan, dal cuore.

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