Stacanovisti come poche altre death metal band del momento, i Tomb Mold dalla loro fondazione non hanno mai perso occasione di pubblicare nuova musica e, soprattutto, di migliorarsi, rendendosi protagonisti di una carriera che ad oggi è un vero esempio di determinazione. Ascoltando in serie “Primordial Malignity”, “Manor of Infinite Forms” e l’ultimo “Planetary Clairvoyance”, è facile rendersi conto di quanto i canadesi abbiano investito su se stessi e siano rapidamente maturati, al punto da diventare un nome sulla bocca di tutti gli appassionati dell’attuale filone death metal old school. Il chitarrista Derrick Vella, contattato via mail per un rapido botta e risposta, ci racconta che aria tira in seno alla formazione di Toronto, fresca reduce da un tour europeo che l’ha vista prendere parte anche al celebre Kill-Town Death Fest di Copenhagen.
TRE ALBUM IN TRE ANNI NON È UNA COSA DA POCO. UN RITMO TANTO SERRATO ERA NEI VOSTRI PIANI SIN DALL’INIZIO O È SEMPLICEMENTE STATO UN CASO?
– Ci siamo semplicemente fatti guidare dall’ispirazione del momento. Ci siamo sentiti ispirati, abbiamo composto musica e l’abbiamo registrata. L’etichetta ha fatto il resto. Non saremo attivi per sempre, quindi stiamo cercando di sfruttare al meglio il tempo che possiamo dedicare a questa band.
IMMAGINO DUNQUE CHE IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE NON SIA AFFATTO STRESSANTE PER VOI, ALMENO AL MOMENTO. COME RIUSCITE A CONFEZIONARE BRANI DI TALE VALORE COSÌ IN FRETTA?
– Non so risponderti per quanto riguarda il ‘valore’, perché si tratta di opinioni soggettive. Penso che per noi sia importante comporre canzoni guidate da riff orecchiabili e da assoli che abbiano un certo gusto. Soluzioni di questo stampo ci vengono con naturalezza e quindi non facciamo altro che sfruttare il momento e sfornare quante più canzoni possibile. Se chiedi ad un qualsiasi fan del death metal di canticchiarti l’incipit di “Override of the Overture”, quasi sempre il tuo interlocutore sarà in grado di farlo. Noi vogliamo che lo stesso avvenga per i nostri pezzi, anche se è vitale che il risultato finale soddisfi prima di tutto la band. Sarebbe sbagliato scrivere musica per compiacere qualcuno e non se stessi in primis.
NONOSTANTE ABBIATE COMPOSTO E PUBBLICATO DISCHI CELERMENTE, SI NOTA UNA CERTA EVOLUZIONE NEL SOUND. COSA PENSI CHE DIFFERENZI IL NUOVO “PLANETARY CLAIRVOYANCE” DAI VOSTRI PRECEDENTI ALBUM?
– Negli ultimi tempi sento di essermi tolto un peso. Agli inizi cercavamo soprattutto di comporre musica in linea con i dettami della vecchia scuola finlandese, mentre oggi sento di potere scrivere qualsiasi cosa. Non ci poniamo limiti e il processo di songwriting si sta facendo davvero eccitante. Credo che “Planetary…” sia la diretta conseguenza di questo nuovo approccio: è un lavoro più veloce, più tecnico, ma anche più orecchiabile. Se ci fossimo fermati dopo “Manor of Infinite Forms” avrei provato un senso di incompiutezza.
SIETE CANADESI, MA IL CANADA NON HA MAI AVUTO UN PROPRIO SOUND DEATH METAL…
– Sono d’accordo. C’è da tempo una vasta scena techno-death nella zona del Quebec, ma anche quelle band non suonano troppo simili le une alle altre. Inoltre i grandi gruppi canadesi, come Gorguts, Voivod e Cryptopsy, si sono sempre distinti per una proposta singolare e lontana da tutto. Io abito a Toronto e trovo grande ispirazione nell’essere circondato da una scena musicale molto dinamica e variegata. In generale mi piace che in Canada non esistano delle correnti stilistiche ben definite.
LA VOSTRA FORMAZIONE È CAMBIATA NEL 2018, PRIMA CHE INIZIASTE A LAVORARE AL NUOVO ALBUM. SIETE PASSATI DALL’ESSERE UN DUO AD AVERE UNA LINE-UP A QUATTRO. SIETE PRATICAMENTE DIVENTATI UNA VERA E PROPRIA BAND.
– Esattamente. Steve al basso e Payson alla chitarra ci hanno portato a raggiungere una vera stabilità. Inoltre con Payson ora abbiamo due chitarre in grado di cimentarsi con le parti soliste e ciò ha senza dubbio aggiunto qualcosa al nostro sound.
A LIVELLO DI PRODUZIONE INVECE VI SIETE MANTENUTI SU UN SUONO NON TROPPO PULITO…
– Assolutamente. Ci piace che il disco suoni live, intenso e un po’ crudo. Troviamo pace in quel tipo di caos.
COSA PUOI DIRMI RIGUARDO AI TESTI? DI COSA PARLANO I BRANI DEI TOMB MOLD NEL 2019?
– Questo album è una sorta di concept che ruota attorno all’idea di fine. La fine della vita di qualcuno, di una civiltà, dell’universo per come lo conosciamo… Ogni brano tratta questo tema da un’angolazione diversa.
I TOMB MOLD NON SONO PIÙ UNA BAND ESORDIENTE. PER MOLTI NON SIETE UNA NOVITÀ, EPPURE SEMBRA CHE IL VOSTRO SEGUITO STIA DIVENTANDO SEMPRE PIÙ VASTO. PENSATE MAI AL ‘SUCCESSO’ E A GUADAGNARE ALTRI FAN?
– No, non abbiamo mai pensato a queste cose e, di conseguenza, non abbiamo mai provato alcun tipo di pressione. Suoniamo ciò che vogliamo suonare. Se a qualcuno piace, ottimo, altrimenti va bene lo stesso.
PENSI CHE OGGIGIORNO VI SIA MAGGIORE ATTENZIONE PER BAND DEATH METAL COME LA VOSTRA? SENTI CHE È CAMBIATO QUALCOSA NELLA SCENA MUSICALE CHE HA PORTATO AD AVERE UN PUBBLICO E UN MERCATO MAGGIORMENTE RICETTIVI PERUN CERTO TIPO DI PROPOSTA?
– Ho notato che la cultura ‘do it yourself’ è arrivata anche nel circuito death metal e ciò sta sicuramente aiutando le band a suonare di più, a rendersi più visibili e, al contempo, ad avere sempre meno bisogno dell’aiuto di grandi etichette e promoter. Questo è senza dubbio un cambiamento positivo. Tutto è più accessibile e le band sono più umili e intraprendenti. Il pubblico in crescita è una diretta conseguenza di questa nuova situazione.
COSA AVETE IN PROGRAMMA PER IL 2020? UN ALTRO ALBUM? SAREBBE IL QUARTO IN QUATTRO ANNI…
– Chissà! Aspettiamo qualche mese e vediamo!