TOMB MOLD – Il paese delle ombre colorate

Pubblicato il 25/11/2023 da

Album dopo album, i death metaller canadesi Tomb Mold hanno aperto la strada a una sorta di visione cinematografica della loro proposta e delle sue strutture, definendo pian piano un proprio perimetro di assoluta riconoscibilità. Partendo da quell’alveo confortevole di marca finnish death metal del debut album “Primordial Malignity”, la band ha iniziato a esplorare altri territori musicali, raggiungendo un punto di equilibrio tra uno stile comunque heavy e serrato e vari piccoli interventi di fusion e progressive che non hanno fatto altro che confermare la cifra emotiva della musica e rafforzarne la personalità.
Attorno alla pubblicazione del nuovo album “The Enduring Spirit”, il primo dal fortunato “Planetary Clairvoyance” (2019), abbiamo fatto quattro chiacchiere con la formazione al completo, ovvero il chitarrista e principale compositore Derrick Vella (ultimamente anche attivo negli acclamati death-doom metaller Dream Unending), il chitarrista Payson Power e il batterista/cantante Max Klebanoff.

CI AVETE MESSO PIÙ TEMPO DEL SOLITO PER TORNARE CON UN NUOVO DISCO. SI È SOLO TRATTATO DI DARE AGLI ALBUM DEI DREAM UNENDING LA PRIORITÀ SUL RESTO O SIETE INCAPPATI IN UNA SORTA DI BLOCCO DELLO SCRITTORE PER I TOMB MOLD, DOPO AVER SCRITTO COSÌ TANTE CANZONI IN UN LASSO DI TEMPO PIUTTOSTO BREVE?
Derrick: – Nessuna delle due, onestamente! Avevo scritto circa dieci canzoni nell’estate del 2020, ma, tra la pandemia e altre circostanze nella nostra vita privata, non abbiamo iniziato a lavorarci fino alla fine del 2021. Non avevamo fretta, ci siamo presi delle pause, cercando di venire incontro alle esigenze di tutti. Non avevamo obblighi o scadenze, quindi è stato giusto prenderci il nostro tempo.

PENSATE CHE IL VOSTRO PROCESSO DI COMPOSIZIONE ABBIA SUBITO DELLE MODIFICHE, AL DI LÀ DEL MAGGIOR TEMPO CHE AVETE DECISO DI CONCEDERVI?
Derrick: – (Ci pensa, ndr) Non sono sicuro che il mio processo di composizione sia cambiato molto rispetto all’ultimo album: di solito mi presento con le canzoni e lascio che Max e Payson scrivano la maggior parte delle loro parti. Penso che rispetto a prima sia un po’ cambiato il mio modo di suonare la chitarra: è meno rigido e attento alle regole. Inoltre dialogo molto di più con il basso.
Ma, per quanto riguarda la scrittura iniziale delle canzoni, cerco semplicemente di lasciare che le idee mi vengano in mente in modo naturale. Non provo mai a forzare. Posso restare fermo per giorni, poi trovo che tutto a un tratto dei nuovi spunti si materializzino a raffica.
Payson: Da parte mia c’è invece stato uno sforzo consapevole nel provare cose diverse questa volta, privilegiando soprattutto idee e partiture strane per cercare di creare qualcosa di veramente diverso rispetto al passato.
Max: – So che potrà suonare strano, ma dal canto mio ho fatto il possibile per fare puntualmente il cosiddetto passo più lungo della gamba. Scrivere parti di batteria che potevo suonare a malapena in modo da spronarmi a migliorare e a proporre qualcosa di nuovo. È stato un modo semplice per stabilire degli obiettivi su dove avrebbero dovuto arrivare le mie capacità esecutive nel momento in cui l’album doveva essere registrato.

IL NUOVO ALBUM È MOLTO VARIOPINTO NEI TONI, HA UN CHE DI CINEMATOGRAFICO, QUESTA VOLTA. SIETE D’ACCORDO?
Derrick: – Penso che sia stata la lavorazione di “Planetary…” a portarmi inizialmente su quei registri. Se ci pensi, su quel disco abbiamo delle introduzioni lente, grandi pause per chitarra classica e batteria, vari altri intermezzi, oltre alle solite parti rabbiose. Il flusso è diventato più dinamico.
È qualcosa che ho cercato di fare anche nei dischi dei Dream Unending. Di solito ho una visione d’insieme di come un album debba svilupparsi, e i miei compagni di band sono così gentili da aiutarmi nel realizzarla.
Payson: – Sicuramente un parallelismo con il cinema rende l’idea. Lo sviluppo delle canzoni e dei testi non è per forza di cose tortuoso, ma al tempo stesso penso che evitiamo di renderlo troppo lineare e banale. C’è spazio per far respirare le varie idee e il tutto porta a un viaggio singolare.
Max: – “The Enduring Spirit” possiede lo sviluppo narrativo più spiccato e al tempo stesso coerente di tutti i nostri album, in parte dovuto al fatto che ora sono l’unico paroliere, a differenza dei nostri album precedenti, dove i testi erano il risultato di una collaborazione tra me e Derrick. È importante quando si assembla un album che venga stabilita una sequenza ideale dei brani, in modo da dargli uno sviluppo che si avvicini appunto a una trama di un film; in passato magari abbiamo cercato di mettere troppe cose in un singolo pezzo, mentre oggi ci prendiamo più tempo e la narrazione è più fluida.
La linea narrativa di “The Enduring Spirit” è anche il motivo per cui abbiamo insistito nel non pubblicare singoli o tracce in anteprima: in questo modo abbiamo costretto le persone ad affrontare l’album dall’inizio alla fine già al primo approccio.

VI PIACE IL TECNICISMO IN MUSICA, MA CERTAMENTE SINORA VI SIETE COMUNQUE CONCENTRATI SU UN SONGWRITING PIUTTOSTO ORECCHIABILE, ALMENO NEGLI ULTIMI ALBUM. COME TROVATE UN COMPROMESSO FRA IL DESIDERIO DI METTERVI ALLA PROVA COME MUSICISTI E IL CONCETTO DI CANZONE?
Derrick: – Ho sempre pensato che ci fosse una sorta di retrogusto pop nel mio modo di scrivere. Con il tempo ho imparato a non rinnegarlo e ad abbracciarlo. In questo senso è importante l’influenza di Cynic o Sadist, ma l’album è anche un riflesso di ciò che stavo ascoltando nel momento in cui lo scrivevo. Dischi di quelle band, ma anche Toto, Van Halen, Morbus Chron, Afterbirth, Atheist. Un sacco di… musica emozionante, per dirla in breve!
Payson: – Posso dire che con i miei assoli ogni esplosione di melodia è assolutamente intenzionale. La melodia è sempre stata un’arma non così segreta nei Tomb Mold. Ci piacciono i contrasti, diventare armonici dopo una parte molto rabbiosa. In questo senso i vecchi Cynic sono dei maestri. Penso che in carriera abbiamo sempre attinto letteralmente da tutto ciò che ascoltiamo, quindi ecco il motivo del nostro suono così variopinto.

LA BAND È SEMPRE APPARSA PIUTTOSTO DIY, NEL SENSO CHE AVETE SEMPRE DATO L’IMPRESSIONE DI CURARE IN PRIMA PERSONA I VOSTRI INTERESSI. AL TEMPO STESSO, LA VOSTRA MUSICA È PIUTTOSTO SOFISTICATA E NECESSITA DI UNA CERTA QUALITÀ DI PRODUZIONE E COSÌ VIA. COME TROVATE UN EQUILIBRIO TRA IL FAI DA TE E UNA SPICCATA AMBIZIONE ARTISTICA?
Payson: – Beh, sinora siamo stati in grado di godere del meglio di entrambi i mondi per quanto riguarda la produzione della nostra musica. Alternarci tra Max che ci registra in sala prove e poi registrare in un bellissimo studio con il nostro amico e ingegnere del suono Sean Pearson è davvero divertente per noi, dato che i metodi sono così diversi.
Max mixa e masterizza anche le nostre uscite su cassetta e sta migliorando sempre di più, esattamente come la nostra musicalità. Avere Sean e Arthur Rizk a capo della produzione del nostro ultimo album ci ha portato a ottenere la resa sonora dei nostri sogni. È stato gratificante avere i mezzi per poter puntare al massimo quando si è trattato di registrare nuova musica, pur mantenendo un piede saldamente piantato nell’underground da cui tutti siamo venuti fuori.
Max: – Penso che il nostro approccio sia sempre molto onesto. Partendo da qui, mantenere il controllo creativo durante l’intero processo di scrittura/registrazione/produzione/pubblicazione è essenziale per mantenere quel senso di onestà. Non siamo assolutamente una band perfetta o ultra professionale. Facciamo ciò che amiamo alle nostre condizioni e per farlo insistiamo nel fare la maggior parte delle cose da soli.
L’equilibrio tra la nostra etica del fai-da-te e gli impegni più professionali non è mai perfetto, ma questa intesa fra noi e i nostri collaboratori è ciò che ci rende contenti e va a rafforzare la nostra determinazione creativa.

SIETE SULLE SCENE DA CIRCA UN DECENNIO E SIETE PASSATI DA UN PURO DEATH METAL DI MATRICE FINLANDESE AL SUONO PIÙ RICCO, IMPREVEDIBILE E VARIO DELL’ULTIMO ALBUM. VI SENTITE ANCORA GUIDATI DALLA STESSA AMBIZIONE? NEL FRATTEMPO ANCHE IL PANORAMA MUSICALE È CAMBIATO PARECCHIO, CON L’APPROCCIO E IL SUONO “VECCHIA SCUOLA”CHE SONO DIVENTATI UNA MODA.
Derrick: – Ogni tanto ho paura di pubblicare un album di cose già sentite, ma per fortuna non credo che lo abbiamo fatto, per ora. Penso anche che ogni anno che passa diventiamo tutti un po’ più bravi con i nostri strumenti, quindi il bisogno di spingere oltre il nostro modo di suonare e scrivere canzoni è sotto i nostri occhi costantemente. Sono sicuro che siamo inconsciamente influenzati dalle tendenze dell’underground, ma penso che ormai abbiamo trovato la nostra direzione e ci preoccupiamo sempre meno di cosa avviene attorno a noi.
Max: – Sento che abbiamo ancora lo stesso approccio alla nostra musica di quando abbiamo iniziato. Arrivo a dire che per noi “The Enduring Spirit” ha più cose in comune con “Primordial Malignity” che con “Planetary Clairvoyance”.
Forse è perché questo album rappresenta un po’ la rinascita dei Tomb Mold, proprio come “Primordial…” rappresentò la nascita della band. Chi lo sa? Detto questo, credo che non riusciremo mai a guardarci troppo indietro e a proporre cose che abbiamo già suonato. Ci spingiamo sempre avanti, perché la vita ricomincia ogni giorno!

COME AVETE IMPARATO A SUONARE? VI SIETE AFFIDATI ALLA TEORIA MUSICALE O A UN ALTRO METODO?
Derrick: – Utilizzo un po’ di teoria, ma non troppa. Ho preso lezioni da bambino e ora mi capita di riprendere lezioni da adulto. Non penso molto alla teoria finché non devo realizzare un assolo, anche se di solito vado a orecchio, trovo le note che mi piacciono, costruisco alcuni fraseggi e spero che il tutto non suoni troppo male. A volte vorresti imparare un po’ di scala e modalità da applicare a un suono già codificato, come potrebbe essere il nostro, ma è meglio non forzare troppo in quel senso.
Payson: – Anch’io mi affido ogni tanto alla teoria, ma per la maggior parte mi fido del mio orecchio. Il death metal è molto libero quando si tratta di composizione, quindi non c’è da preoccuparsi di scrivere qualcosa di ‘sbagliato’. Ho sentito persone dire che la teoria musicale può essere una cosa negativa per la creatività e non sono completamente d’accordo: semplicemente dipende dal contesto in cui questa viene impiegata.
Max: – La musica è una parte importante della mia famiglia da molte generazioni. I miei genitori mi hanno fatto prendere lezioni di piano fin dalla tenera età, quindi la teoria è stata la base per gran parte della mia formazione musicale.
Detto ciò, non penso molto alla teoria quando scriviamo nuove canzoni. Credo di essere sempre stato in grado di suonare quello che volevo senza pensarci troppo perché ho avuto un insegnante di batteria che ha fatto un grande sforzo per farmi sviluppare una spiccata tecnica espressiva piuttosto che limitarsi a ripetere lick dopo lick o fill dopo fill.
Qualche anno fa mi sono un pochino arenato nel mio modo di suonare, nel senso che ho smesso di imparare cose nuove, ma “The Enduring Spirit” mi ha messo davanti a nuove sfide e ho iniziato una routine che ora sta portando tanti nuovi frutti.

IN CHE MODO IL LUOGO IN CUI VIVETE – O I LUOGHI IN CUI AVETE VISSUTO – INFLUENZANO LA MUSICA CHE CREATE O I VOSTRI GUSTI MUSICALI?
Derrick: – Per me il posto in cui ho abitato ha sempre giocato un ruolo importante. Quando ho abbozzato le canzoni che sarebbero diventate il nuovo album, ero circondato dal sole e da un clima caldo. Ero fuori tutto il giorno, correvo per la città in cui sono cresciuto. Volevo prendere tutta quella luminosità che stavo sperimentando e inserirla nelle canzoni dei Tomb Mold. Ho subito sentito che sarebbe stato un cambiamento piuttosto drastico rispetto a “Planetary…” nel tono e nel mood, ma al tempo stesso non mi sentivo come se stessi forzando qualcosa. I brani sono diventati semplicemente un’estensione naturale di come mi sentivo. C’è infatti una certa urgenza ed euforia nelle nuove canzoni.
Payson: – Dal canto mio, l’’inverno in Canada è lungo e buio, di conseguenza la sera mi offre molto tempo per dedicarmi alla lavorazione dei brani. Questa è l’influenza che io percepisco a livello di ambientazione.

QUAL È STATO IL PRIMO ALBUM CHE AVETE ACQUISTATO CON I VOSTRI SOLDI?
Derrick: – Io ho acquistato un disco di Weird Al per corrispondenza.
Payson: – “Achtung Baby” degli U2, in un negozio della mia città natale, Truro nella Nuova Scozia.
Max: – Credo sia stato “Close to the Edge” degli Yes, in un negozio della catena HMV. L’ho anche fatto autografare da Bill Bruford.

QUALI SONO INVECE GLI ALBUM CHE VI HANNO INSEGNATO DI PIÙ SUL FARE MUSICA, INTENSO COME MIXAGGIO, PRODUZIONE, PERFORMANCE?
Derrick: – Mi sento di citare un mio album, ovvero “Song of Salvation” dei Dream Unending. Ho imparato molto nel processo di mixaggio di quel disco, nel quale ho collaborato con Arthur Rizk. In quei pezzi ho seguito un approccio che definirei massimalista, mettendo tante chitarre in ogni angolo. Dal canto suo. Arthur ha trovato il modo di evidenziare tutto senza che il risultato finale sembrasse un disastro.
Ho anche imparato come spegnere una parte della mia mente quando sono in studio, in modo da calarmi completamente nel processo di registrazione. C’era molto da registrare e avevo solo tre giorni e mezzo per farlo. La mia mano era gonfia e le mie dita erano a brandelli. Sono riuscito a superare questa sfida e sono uscito da quell’esperienza sentendomi veramente soddisfatto della mia determinazione.
Payson: – Penso ai Pink Floyd e al loro “Live At Pompeii”, che avrò ascoltato un milione di volte. Sono anche stato ossessionato dai filmati delle registrazioni ad Abbey Road per “Dark Side of the Moon”, in particolare per le tracce isolate di chitarra.
In secondo luogo, direi “Hemispheres” dei Rush. Sono stato ossessionato per anni dal modo in cui suonava quel disco. Il disco dei Tomb Mold da cui ho imparato di più è invece stato “Manor Of Infinite Forms”: quando registrammo “Planetary…” un anno dopo ero un musicista molto diverso, molto più preparato.

QUAL È L’ULTIMO ALBUM CHE VI HA SCIOCCATO?
Derrick: – “Four Dimensional Flesh” degli Afterbirth. Songwriting impeccabile, tante eccitanti sorprese e un sound davvero emozionale.
Payson: – “Onomatomani[a]kus” dei Marmalade Butcher. Un’opera più che frenetica, non so come riescano a ottenere un simile maelstrom.
Max: – “The Sacrificial Code” di Kali Malone. Un disco perfetto, estremamente immersivo, ascoltabile in ogni momento.

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.