E’ sempre molto stimolante realizzare un’intervista con un artista in occasione della riedizione di materiale storico.
Liberi dalle necessità promozionali che rendono l’ultimo album sempre il migliore e tutte le lavorazioni una passeggiata di piacere, queste occasioni sono quelle in cui è possibile ascoltare dei grandi nomi sbottonarsi un po’, parlare anche degli errori del passato, contestualizzare la propria carriera alla luce degli anni successivi.
Tony Martin, che ha cantato in cinque album dei Black Sabbath a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, oggi ha la sua carriera solista, ma la pubblicazione del boxset “Anno Domini 1989 – 1995” ci ha permesso di realizzare questa intervista, in cui abbiamo avuto il piacere di ripercorrere tutti gli anni passati al fianco di Tony Iommi, tra aneddoti del passato e progetti futuri.
CIAO TONY, È UN PIACERE OSPITARTI SULLE NOSTRE PAGINE, COME STAI?
– Grazie, devo dire che sono molto impegnato ma è un piacere poter dare una mano nella promozione di questo boxset, “Anno Domini”. Sono molto felice!
BENISSIMO, ALLORA ENTRIAMO SUBITO NEL VIVO DELL’INTERVISTA. GLI ALBUM PRESENTI IN “ANNO DOMINI” ERANO FUORI CATALOGO DA ANNI E I FAN DEI BLACK SABBATH CHIEDEVANO DA TEMPO UNA RIPUBBLICAZIONE.
SAPPIAMO CHE TU E TONY IOMMI PIANIFICAVATE DA ANNI QUESTA USCITA E FINALMENTE LA SITUAZIONE SI È SBLOCCATA.
– C’è voluto del tempo perché bisognava rispettare i contratti e gli obblighi di tutti. C’è stato un momento, più o meno qualche anno fa, in cui il progetto si era arenato e sembrava che fosse troppo complicato portarlo a termine. Non è stato facile, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Sono molto grato alla BMG, l’etichetta, e al management di Tony per questo risultato. Hanno fatto davvero un buon lavoro e avremmo voluto riuscirci anche prima, ma si tratta di un contesto che necessita di tempo.
VISTO CHE ABBIAMO QUESTA OPPORTUNITA’, CI PIACEREBBE RIPERCORRERE CON TE TUTTE LE TAPPE FONDAMENTALI DELLA TUA STORIA CON I BLACK SABBATH.
INIZIAMO DAL PRINCIPIO: QUANDO SEI STATO CHIAMATO PER UNIRTI ALLA BAND, AL TUO POSTO C’ERA UN ALTRO CANTANTE, RAY GILLEN, CHE DI FATTO AVEVA GIA’ REGISTRATO PARTE DELLE CANZONI DI “THE ETERNAL IDOL”. TUTTA LA LAVORAZIONE DI QUEL DISCO FU COMPLICATA E LA LINE-UP VENNE CAMBIATA IN CORSO D’OPERA.
QUANTO FU DIFFICILE PER TE ENTRARE A FAR PARTE DI UNA BAND DEL CALIBRO DEI BLACK SABBATH NEL MEZZO DELLA PRODUZIONE DI UN ALBUM?
– In realtà è partito tutto da prima ancora. I primi contatti per entrare nei Black Sabbath li ho avuti nel 1986. La band all’epoca aveva Glenn Hughes come cantante e mi contattarono perché stavano avendo qualche problema con lui, anche se non mi hanno mai detto esattamente di cosa si trattasse. Mi chiesero se fossi interessato a cantare nella band e di restare in standby per vedere come si sarebbe evoluta la situazione con Glenn. Quella è stata la prima occasione in cui è stato fatto il mio nome, poi però chiamarono Ray Gillen per finire il tour e per lavorare a “The Eternal Idol”.
Nel 1987, Ray Gillen lasciò la band per entrare nei Blue Murder, e così mi chiesero di andare a Londra per un’audizione, che andò molto bene e mi presero come cantante. Per “The Eternal Idol” mi dissero che era già tutto pronto e che avrei dovuto semplicemente ricantare le linee vocali che Ray aveva già registrato. A me andava bene così, ne ero felice, perché ancora non sapevo bene come funzionassero le cose con i Black Sabbath: per me, quindi, è stato un ottimo modo per imparare e studiare, per capire tutto ciò di cui avevo bisogno.
Mi dissero che avevo una settimana per concludere le registrazioni, ma quell’anno ci furono molti problemi legati al maltempo e fummo costretti ad interrompere le registrazioni dopo tre giorni, per poi riprenderle dopo qualche giorno di pausa. Certo, sentivo la pressione di dover fare un buon lavoro con la mia voce, ma per il resto non ho dovuto fare altro che copiare quello che aveva fatto Ray Gillen. Ci sono stati problemi in quegli anni con altri componenti della band, ma per me è andato tutto abbastanza liscio.
GLI ANNI OTTANTA SONO STATI UN PERIODO TURBOLENTO PER I BLACK SABBATH: TONY IOMMI HA REGISTRATO UN ALBUM CON IAN GILLAN, UNO CON GLENN HUGHES, POI NELLA BAND SONO ENTRATI ANCHE DEI CANTANTI CHE NON HANNO MAI REGISTRATO UN ALBUM, COME RON KEEL, O LO STESSO RAY GILLEN… SOLO QUANDO SEI ARRIVATO TU LA BAND HA TROVATO UNA CERTA STABILITA’, ALMENO PER QUANTO RIGUARDA IL RUOLO DI CANTANTE. QUAL E’ IL SEGRETO DELL’ALCHIMIA CHE SEI RIUSCITO AD INSTAURARE FIN DA SUBITO CON IOMMI?
– Vedi, io sono un tipo tranquillo. Non porto rancore, non sono uno che si arrabbia facilmente, sono uno con cui è facile lavorare. Quindi quando mi hanno assunto, non hanno trovato solo un cantante, ma anche una persona emotivamente stabile. Non sono uno di quelli che ha problemi di ego e quindi avranno pensato, “beh, comunque vada, non sarà uno che si lamenta troppo!”.
Poi penso si vedesse che stavo facendo veramente tutto il possibile per fare un buon lavoro: non è stato facile, perché avevano dieci anni più di me e venticinque anni di esperienza alle spalle. Per quanto potessi impegnarmi, non era un gap che potessi colmare facilmente e ci sono stati degli ostacoli contro cui mi sono dovuto scontrare, ma ho fatto davvero del mio meglio.
Per mia fortuna “The Eternal Idol” aveva funzionato e quindi il passo successivo è stato quello di entrare in studio e vedere come me la sarei cavata anche nella parte di scrittura. Nel mentre nella band era entrato Cozy Powell e per me anche quello è stato uno shock, perché lui era un’altra leggenda: mi ascoltavo “Dance Of The Devil” quando ero un ragazzino. Sono tutti nomi che conosci da sempre, ma lavorarci assieme è una cosa completamente diversa, non puoi crederci.
COSA RICORDI DELLE TUE PRIME ESIBIZIONI CON LA BAND? TI SEI SENTITO SUBITO BEN ACCOLTO DAI FAN DELLA PRIMA ORA, O HAI PERCEPITO UNA QUALCHE OSTILITA’?
– Sai, comunque devi indossare i panni di un altro, in qualche modo devi riuscire a farti andar bene la sua taglia… Ho fatto il possibile per dare ai fan qualcosa che fosse riconoscibile e che potessero apprezzare, l’ho fatto chiedendo di cantare il maggior numero possibile di canzoni dei Black Sabbath.
Ricordo che dissi a Tony “fammi cantare qualunque cosa“, che è una cosa un po’ stupida da dire, perché da quel momento lui iniziò a farmi cantare un sacco di canzoni dal passato e a me faceva piacere, ma di certo non era facile cantare canzoni provenienti da tutte le ere della band, cantate in origine da cantanti così diversi. Ciascuno aveva il suo range vocale e cantare una canzone di Dio è molto diverso rispetto ad una di Ozzy, o a una delle mie.
E’ stato difficile riuscire a far convivere tutto quanto, ma la mia voce è piuttosto versatile e riesco a cambiarla per adattarla alle varie situazioni. I fan apprezzavano questa cosa, non ho avuto brutte esperienze con loro, gli show andavano bene, anche se a volte, soprattutto all’inizio, dovevo ancora imparare bene ad interagire con quello che accadeva sul palco. All’inizio mi limitavo a tirare fuori la voce e star dietro alla band, ma ha funzionato.
DOPO “THE ETERNAL IDOL”, AVETE PUBBLICATO “HEADLESS CROSS”, UN DISCO CHE PUO’ TRANQUILLAMENTE RIVALEGGIARE CON I GRANDI CLASSICI DEI BLACK SABBATH. POSSIAMO DIRE CHE IN QUELL’ALBUM HAI INIZIATO VERAMENTE AD ESPRIMERE IL TUO POTENZIALE CON LA BAND?
– Sì, perché è stata la prima volta in cui mi sono trovato a scrivere ed è stato eccitante, perché a quel punto non ero più solo un cantante, ma una parte integrante del processo compositivo. E’ stato fantastico, perché mi trovavo a comporre assieme a musicisti come Tony Iommi, Cozy Powell e Neil Murray, e devo dire che è stato semplice entrare in questo mondo, stavo trovando la mia dimensione ideale.
E’ stato un momento felice, ci facevamo delle grandi risate e le composizioni nascevano molto facilmente. Io non scrivo poesie, per me la musica viene sempre prima, quindi, fondamentalmente aspettavo che qualcuno di loro portasse le proprie idee musicali e su queste io agganciavo i miei testi e le mie melodie vocali. Ho iniziato a scrivere i miei testi, perché non mi trovavo a mio agio all’idea di cantare qualcosa di scritto appositamente per me da altri, come faceva Geezer Butler con Ozzy. Oppure prendi Ronnie James Dio, scriveva dei grandi testi fantasy, ma comunque non potevo entrare nella sua testa per replicare qualcosa di simile.
Io avevo i miei interessi: mi piacevano le storie gotiche, tipo Frankenstein o Dracula, e poi, essendo inglese, mi piaceva Shakespeare, con quell’inglese arcaico che nessuno parla più. Ho pensato che sarebbe stato interessante usare quello stile sulla nostra musica e in effetti ha funzionato. Una volta finito “Headless Cross” ho capito che scrivere mi piaceva e che avrei continuato a farlo anche in futuro.
DOPODICHE’ E’ ARRIVATO “TYR”, UN ALBUM MOLTO DIVERSO DAL SOLITO, DEDICATO AD UN DIO NORRENO.
– Dopo “Headless Cross” mi sentivo più sicuro. Ho iniziato a sperimentare di più e per me è stata una fortuna avere nella band un musicista come Geoff Nicholls (storico tastierista dei Black Sabbath, ndR), che suonava con la band fin dai tempi di “Heaven And Hell”.
Geoff era bravissimo a creare atmosfera: i Black Sabbath non sono una band basata sulle tastiere, il centro di tutto è la chitarra, ma quelle atmosfere mi permettevano di creare armonie vocali, oppure consentivano a Tony di suonare un assolo su una base di tastiere. Se prendi una canzone come “Anno Mundi”, ci sono cinquanta tracce vocali diverse, che sono una marea.
La band mi dava carta bianca, basta che il sound finale fosse chiaramente Black Sabbath. Stavamo sperimentando di più e secondo me stavamo facendo davvero un bel lavoro, quindi è stato uno shock per me quando Tony decise di riunirsi a Ronnie James Dio.
ECCO, VOLEVAMO CHIEDERTI QUALCOSA PROPRIO SU QUESTO ARGOMENTO. TU SEI RIENTRATO NELLA BAND CON “CROSS PURPOSES”, MA NEL MEZZO C’E’ STATO “DEHUMANIZER”, IL DISCO CHE HA VISTO IL RITORNO DI RONNIE JAMES DIO. CONCLUSO QUELL’EPISODIO, TONY TI HA RICHIAMATO. COME E’ STATO RIPRENDERE IL TUO RUOLO DOPO ESSERE STATO LICENZIATO? E COME TI SEI TROVATO A LAVORARE CON GEEZER BUTLER, CHE SUONA IL BASSO IN “CROSS PURPOSES”?
– Tony mi chiamò quando ancora stavano lavorando a “Dehumanizer”, mi chiese se fossi disponibile a tornare, ma io gli dissi di no, perché all’epoca stavo lavorando ad un mio album solista. Passò un po’ di tempo, quindi, e poi mi chiamò ancora. Mi disse che aveva dei problemi con Ronnie e se fossi disponibile a fare un salto in studio, per fare un tentativo e vedere se potessi dare una mano in qualche modo. Il punto è che questo avrebbe significato registrare tutto il disco da capo, quindi consigliai a Tony di proseguire e di finire il disco, che all’epoca ancora non si chiamava “Dehumanizer”, e magari avremmo potuto lavorare assieme a quello successivo. Quando io, Tony e Geezer ci siamo messi al lavoro su “Cross Purposes”, ci conoscevamo già, quindi non è stato niente di particolare o di diverso. La prima volta che ho conosciuto Geezer è stato nel ’86 o nell’87, quando ancora c’era Bev Bevan alla batteria, quindi anche quella non è stata una novità. Poi ci siamo reincontrati all’epoca di “Dehumanizer”, come ti dicevo, e di nuovo per “Cross Purposes”. E’ un musicista straordinario e per me è stato un onore lavorare con due membri originali della band.
ARRIVIAMO ORA ALL’ULTIMO CAPITOLO DELLA TUA STORIA CON I BLACK SABBATH: “FORBIDDEN” E’ UN ALBUM CHE HA AVUTO MOLTI PROBLEMI E RAPPRESENTA UNO DEI CAPITOLI MENO AMATI DAI FAN.
SAPPIAMO CHE CI SONO STATI PROBLEMI CON IL PRODUTTORE, ERNIE C DEI BODY COUNT, TANT’E CHE IN QUESTO BOXSET L’ALBUM E’ STATO COMPLETAMENTE REMIXATO, MA A PARTE QUESTO C’E’ ALTRO CHE SECONDO TE NON HA FUNZIONATO?
– Il punto è che se cerchi di cambiare una band come i Black Sabbath, stai sbagliando strada. I Black Sabbath sono Tony Iommi, è tutto basato sulla sua chitarra.
Quindi, se non hai una batteria potente e un basso registrato come si deve, capace di supportare quel sound, tutto suona sbagliato.
Io capisco quello che volevano fare: c’era stato quell’esperimento di successo degli Aerosmith con i Run DMC e ad un certo punto sembrava che il rap fosse la strada da seguire, ma con i Black Sabbath? A me non piaceva… Nemmeno a Cozy Powell, e pure Geoff Nicholls non era molto sicuro. Ma ci dicevano che sarebbe stata una buona idea, che avrebbe funzionato e noi ci abbiamo provato.
All’inizio ci siamo fatti una risata e tutto sembrava filare liscio, ma ad un certo punto le cose hanno iniziato a peggiorare. Io avevo una videocamera e mi piaceva andare in giro a fare delle riprese amatoriali mentre lavoravamo, e ho ancora dei nastri in cui c’è Ernie C che cerca di spiegare a Cozy Powell come deve suonare la batteria! E’ strano, troppo strano. Se li guardi, ti sembra di poter leggere i pensieri di Cozy, lo guarda e sembra pensare “ma guarda che io so perfettamente come si suona una batteria!’” Erano brave persone, anche gentili, ma con i Black Sabbath non funzionavano, tutto qui. E la prova è che l’album è andato male, anche se oggi c’è gente che l’ha rivalutato e ora lo adora.
Personalmente non lo capisco, ma è bello così. E’ andato tutto storto, anche quando ci arrivò la copertina ci dicevamo “ma che è questa roba…”. Alla fine era diventato tutto piuttosto deprimente: ad un certo punto non sapevo nemmeno se sarei comparso sull’album, perché sapevo che ci sarebbe stato anche Ice-T a cantare, ma nessuno mi diceva quanto: una canzone? Due? TUTTE? Mi dicevano “non lo sappiamo ancora, tu fai il tuo lavoro e poi decideremo verso la fine”.
Alla fine l’abbiamo concluso e posso dire che abbiamo fatto del nostro meglio con quello che avevamo a disposizione, ma se lo riascolti ora, in questa nuova versione remixata, è molto meglio, completamente differente. L
e chitarre sono più evidenti, un po’ meno le tastiere, hanno alzato il volume della batteria e finalmente il tutto suona come dovrebbe suonare un album dei Black Sabbath! Ora mi piace, ma all’epoca no, non mi piaceva affatto.
TONY, ABBIAMO PARLATO TANTO DEL PASSATO, MA NON POSSIAMO NON CHIEDERTI ANCHE QUALCOSA SUL FUTURO. TANTI FAN ANDREBBERO IN VISIBILIO ALL’IDEA CHE TU E TONY IOMMI FACCIATE ANCORA QUALCOSA ASSIEME. SAPPIAMO CHE NON POTREBBE USCIRE CON IL NOME DI BLACK SABBATH, MA SAREBBE COMUNQUE UNA COSA GRANDIOSA.
– Sarebbe fantastico, vero? Io l’ho già detto più volte, sarei disponibilissimo, ma dipende da Tony. Credo che ormai coi tour abbia chiuso, onestamente. Ma se volesse scrivere qualcosa di nuovo, ne sarei felice. Certo, come hai detto, non potrebbe mai uscire come Black Sabbath, perché ci sono contratti in essere che non lo permetterebbero mai.
Pensa che io ho ancora del materiale inedito, mai pubblicato, ma non possiamo usarlo, perché sarebbero nuove canzoni dei Black Sabbath e non importa che si tratti di materiale storico, del passato, rientrerebbe comunque nella categoria del nuovo materiale. E’ tutta politica… Non hai idea di quante cose non accadono solo per queste questioni contrattuali, ed è un peccato perché c’è tanto materiale che le persone potrebbero godersi e invece resta chiuso in un cassetto. Sarebbe bello allora fare qualcosa di nuovo con Tony, non so se succederà mai, ma io ci starei subito.
SPERIAMO! INVECE CI SONO NOVITA’ SULLA TUA CARRIERA SOLISTA? IL TUO ULTIMO ALBUM, “THORNS”, CI AVEVA MOLTO COLPITO E NON VEDIAMO L’ORA DI ASCOLTARE IL SUO SUCCESSORE.
– A dir la verità “Thorns” non è ancora finito! Volevo pubblicarne una versione in vinile, l’etichetta mi ha detto che non c’erano problemi, ma avrei dovuto tagliare qualche canzone, perché tutte non ci stanno in un singolo vinile. Io però non volevo tagliare niente e quindi mi hanno detto che l’unica soluzione sarebbe quella di pubblicare un doppio vinile, aggiungendo delle nuove canzoni.
Nel mezzo c’è stata la pandemia, che ha bloccato tutto, ma è un progetto che voglio concludere. In pratica ho già abbastanza materiale per un ipotetico “Thorns 2”. Ora però sono concentrato sulla promozione di questo box, poi ho altri impegni programmati e l’etichetta vorrebbe anche ripubblicare l’altro mio album solista, “Scream”. Insomma, ci sono tante cose in ballo. Per fortuna mi sento ancora in salute. Sono vecchio, ma in salute!
TONY, VISTO CHE HAI CITATO “SCREAM”, MAGARI NON TI RICORDERAI QUESTO EPISODIO, MA HO AVUTO OCCASIONE DI VEDERTI DAL VIVO PROPRIO NEL TOUR DI “SCREAM”, NEL 2005, IN UN CONTESTO PARTICOLARE, PERCHE’ SI TRATTAVA DI UN PUB/PIZZERIA NELLA PROVINCIA DI COMO…
– Per caso ti riferisci al Black Horse Pub?
SI’ ESATTO! IL BLACK HORSE A CERMENATE!
– Ma sai che quello show l’abbiamo addirittura registrato? E mi sarebbe anche piaciuto pubblicarlo! Ma anche in questo caso c’è un problema legale dietro. Come ricorderai, in quel tour con me suonava anche Geoff Nicholls e quindi avevamo deciso di suonare dal vivo anche alcuni classici dalla fase con Ronnie James Dio, dove appunto suonava anche Geoff, e non posso pubblicare quel materiale.
Quindi probabilmente tu sei uno di quelli che sento gridare in quella registrazione (risate, ndR)
RICORDO UNA COSA IN MANIERA MOLTO VIVIDA: IN QUEL TOUR, APPUNTO, SUONAVI ANCHE CON GEOFF NICHOLLS E RICORDO CHE ERI MOLTO CONTENTO, QUASI ORGOGLIOSO, DI AVERE NELLA TUA BAND UN MUSICISTA COME LUI.
– Assolutamente, Geoff era un amico, è molto triste pensare che non sia più tra noi. Ha condiviso con me una parte molto importante nella mia carriera musicale. Lui aveva un senso musicale incredibile, era sempre curioso, sempre allegro, tutte qualità che sono fondamentali in una band, non solo per la creatività, ma anche per le relazioni interpersonali. Mi manca molto, penso spessissimo a lui ed è stato fantastico averlo sul palco con me in quel periodo.