Un pezzo di underground vero, mordace, combattivo e creativo. Questo sono i pugliesi Torba, giunti con il secondo disco “Inferno” a un crogiolo di sonorità sludge/hardcore avvelenate di noise assai avvincente.
Produrre gran rumore, negatività, velenosità può essere esercizio manieristico e più formale che di sentimento: non è il caso dei Torba, capaci di distinguersi in un settore inflazionato come quello di riferimento grazie a qualità compositive sopra la media e il saper incrociare approcci diversi da una traccia all’altra, se non addirittura all’interno del medesimo brano. Con suggestioni che puntano ora a Tragedy e From Ashes Rise, ora a Celeste e Trap Them, per poi tornare indietro nel tempo all’approccio di nudo rancore di Negazione e Raw Power, i ragazzi leccesi hanno lasciato un segno nei nostri padiglioni auricolari, ponendosi come alfieri di uno stile tanto sporco ed abrasivo, quanto profondo e denso di significati.
Li abbiamo volentieri raggiunti per una amabile conversazione sui temi toccati nella loro musica e altro ancora che gravita attorno all’attività della band.
PERCHÉ TORBA? QUALI CARATTERISTICHE HA LA TORBA CHE VI PIACCIONO COSÌ TANTO DA AVER DECISO DI DARE AL VOSTRO GRUPPO QUESTO NOME?
– Quando abbiamo messo su il progetto, abbiamo pensato a svariati nomi, volevamo un nome che fosse il più corto possibile, essenziale e d’impatto. Tra tutti i vari nomi è uscito Torba (consigliatoci tra l’altro dal nostro carissimo amico Stefano Bovino, che noi consideriamo il quarto membro della band e che ha prestato la sua voce nel brano “Inferno” del nuovo album). Diciamo che la torba può essere considerata sia l’inizio che la fine di un processo biologico, ideologicamente questo significato secondo noi è molto profondo. E poi suona bene!
UN MONDO IN BIANCO E NERO, CON QUALCHE TONALITÀ DI GRIGIO NEL MEZZO, È QUANTO CI PROPONETE CON LA VOSTRA MUSICA. UN MONDO FATTO SOSTANZIALMENTE DI TANTA TURPE SOFFERENZA, DISPERAZIONE E DRAMMA. BANALMENTE, VI CHIEDO PERCHÉ LA VOSTRA MUSICA SUONA COSÌ: TORVA, CUPA, DISPERATA E CON UN PIZZICO DI MELODIA SUL FONDO CHE ACCRESCE, INVECE CHE TOGLIERE, IL CARICO DI NEGATIVITÀ EMANATO.
– Onestamente non ci diamo degli standard, parte tutto dallo stomaco, e non abbiamo linee da seguire proprio perché vogliamo che la nostra musica sia la più sincera, cristallina e reale possibile, esprimendo concretamente quello che abbiamo dentro. Potrebbe sembrare negatività, ma usiamo questo strumento solo per liberarcene, per sputare questo veleno che abbiamo dentro, come se la musica ne fosse la cura.
“INFERNO” SEGUE IL VOSTRO ESORDIO OMONIMO E MI PARE VADA AD AMPLIARE IL VOSTRO SUONO MANTENENDO INTATTE LE QUALITÀ DEL DEBUTTO: LA MISCELA DI SLUDGE, NOISE, HARDCORE SI È FATTA UN FILO PIÙ PSICOTICA E ‘STORTA’, SENZA VENIRE MENO ALLA FEROCIA E ALLA PESANTEZZA DELL’ESORDIO. SECONDO VOI, CHE TIPO DI TRASFORMAZIONE AVETE AVUTO TRA PRIMO E SECONDO ALBUM?
– Veniamo tutti e tre da un background musicale abbastanza vario e, appunto, ci viene spontaneo e naturale miscelare questi tre generi, che probabilmente racchiudono quello che più ci piace ascoltare e suonare. Quest’album a differenza di quello precedente è stato concepito in maniera più dilatata e probabilmente questo ci ha dato modo di scrivere parti un po’ più ragionate, pur sempre rispettando la spontaneità, che per noi è essenziale.
HO APPREZZATO IL CANTATO IN ITALIANO, CHE RIESCE A DARE UNA PARTICOLARE ANGOLATURA AL SENSO DI STRAZIO E DISPERAZIONE GIÀ INSITI NELL’APPROCCIO SONORO. QUANTO È IMPORTANTE PER VOI CANTARE NELLA NOSTRA LINGUA E QUANTO PESA NEL MODELLARE IL SUONO DEI TORBA?
– Vorrei poterti dire siamo italiani e cantiamo in italiano, ma non ci frega un cazzo nemmeno di quello. Ci siamo detti semplicemente “ok, usiamo l’italiano“, tutto qui.
“DEPLORAZIONE” E “E IL SUO REGNO AVRÀ FINE” SONO LE TRACCE PIÙ LUNGHE E SFACCETTATE DELL’ALBUM, QUELLE CHE DEFINISCONO COMPIUTAMENTE LA VOSTRA ATTUALE IDENTITÀ. DI COSA PARLANO? COME SONO NATE E SI SONO SVILUPPATE?
– Le due tracce, anche se molto diverse a livello compositivo, racchiudono più o meno lo stesso significato, ovvero un senso di impotenza e frustrazione nei confronti di molte dinamiche che rappresentano il genere umano, che consideriamo ormai sull’orlo del declino. Avremmo tutti le potenzialità per cambiare, ma le usiamo solo per gonfiarci di ego.
NEL CORSO DEL DISCO ESCE ANCHE LA VOSTRA FASCINAZIONE PER LE COLONNE SONORE DI FILM HORROR, OMAGGIATE IN MODO PARTICOLARMENTE ESPLICITO DURANTE “IL MOSTRO”. PENSI CHE QUESTO TIPO DI ATMOSFERE POSSA ESTENDERSI NELLE VOSTRE COMPOSIZIONI IN FUTURO, E DIVENTARE ANCORA PIÙ CARATTERIZZANTE NEL DEFINIRE L’IDENTITÀ DEI TORBA?
– Diciamo che non prendiamo molto in considerazione il genere di film da dove attingere, succede che magari uno di noi mentre guarda una pellicola, di qualsiasi genere esso sia, viene colpito da un concetto e si prova ad inserirlo in un brano: se questo funziona allora lo si prende in considerazione, come nel caso di “Il Mostro” tratto dal film “M – Il Mostro di Düsseldor”f o di “Ragnatele” dello scorso album, tratto da un episodio di “True Detective”.
L’ARTWORK A SFONDO RELIGIOSO NON È ESATTAMENTE UNA NOVITÀ IN CONTESTI HARDCORE, EPPURE QUESTA RAGAZZA CON IN MANO LA CORONA DEL ROSARIO EMANA QUALCOSA DI SOTTILMENTE PERVERSO, È UN’IMMAGINE CHE RIMANE IMPRESSA. PERCHÉ AVETE SCELTO QUESTO SOGGETTO E COSA VI CONVINCEVA MAGGIORMENTE DI QUESTA COMBINAZIONE DI IMMAGINI?
– L’artwork dell’album è stato creato dal fotografo Andrea Buia, un artista molto preparato, oltre ad essere un nostro carissimo amico. Si è occupato anche del concept, gli abbiamo consegnato testi e brani e lui è riuscito a mettere in degli scatti sia la nostra musica che i testi. Noi lo consideriamo un membro della band in questo disco, sapevamo di andare a colpo sicuro e ha colpito nel segno fin dal primissimo scatto. Segnatevi il nome, se cercate un artista preparato e visionario.
ALL’USCITA DI “INFERNO” HANNO COLLABORATO TRE DIVERSE ETICHETTE DISCOGRAFICHE, SHOVE RECORDS, IVAR RECORDS, SONATINE PRODUZIONI. COME NASCONO QUESTE COLLABORAZIONI E QUANTO SONO IMPORTANTI PER PERMETTERE A DISCHI DI NICCHIA COME IL VOSTRO DI ESSERE PUBBLICATI?
– In una piccola realtà come la nostra, avere un supporto concreto che aiuti una band a produrre o co-produrre un disco è molto importante, e non parliamo solo ed esclusivamente del lato economico, ma anche per la promozione o anche solo per farlo arrivare più lontano possibile. La collaborazione con Manuel di Shove Records è cominciata già dal primo disco, una persona con attitudine da vendere e correttezza ai massimi livelli; con Francesco di Sonatine Produzioni, invece, la collaborazione è partita da questo album, ci ha colpito molto la sua precisione ed è stata molto importante e decisiva la sua collaborazione. Ivar Records infine, è una nostra piccola realtà che stiamo cercando di far crescere pian piano e vorremmo diventasse un collettivo. Ci stiamo lavorando.
COSA PENSATE ABBIA DI SPECIALE E UNICO LA SCENA HARDCORE ITALIANA, IN PARTICOLARE QUELLA PIÙ CONTAMINATA COL METAL? RITENETE VI SIANO SPECIFICITÀ CHE BAND DI ALTRI PAESI NON HANNO?
– Di questi tempi – come in passato in Italia, del resto – ci sono molti validi progetti che non hanno nulla da invidiare a band estere molto più grosse. Probabilmente l’hardcore, essendo un genere che ruota intorno a rabbia e disagio, trova terreno fertile in questo paese pieno di contraddizioni e frivolezza. Noi, infatti, usiamo questa violenza compositiva come una valvola di sfogo.
QUALI SONO OGGI LE PRINCIPALI DIFFICOLTÀ CHE DEVE AFFRONTARE UNA BAND UNDERGROUND COME LA VOSTRA? CI POSSONO ESSERE DEI VANTAGGI – PARADOSSALMENTE – IN TERMINI DI SPINTA CREATIVA, DAL DOVER AFFRONTARE SEMPRE NUOVI OSTACOLI PER PORTARE AVANTI LA PROPRIA ATTIVITÀ?
– Oggi, a differenza di diversi anni fa, la difficoltà principale che deve affrontare una band underground è sostanzialmente riuscire a mantenere un attività costante di live e questa difficoltà è condivisa dalla stragrande maggioranza di band con cui ci confrontiamo suonando in giro. Mentre se vogliamo vedere un vantaggio, forse è che facciamo e abbiamo sempre fatto quello che ci appartiene, senza preoccuparci di dover piacere per forza a tutti.
LA PROVENIENZA GEOGRAFICA DA UNA REGIONE – LA PUGLIA – NON PROPRIAMENTE AL CENTRO DELLA SCENA HARDCORE/METAL ITALIANA ED INTERNAZIONALE, QUANTO PENSATE ABBIA PESATO NEL FARVI DIVENTARE QUELLO CHE SIETE OGGI?
– Viviamo sicuramente in una parte dell’Italia in cui le possibilità non sono delle migliori, soprattutto anche ricollegandoci alla domanda di prima per l’attività live. Molti posti storici qui da noi dopo la pandemia hanno chiuso i battenti, quindi poter suonare in zona è diventato estremamente complicato. Qualcuno che si immola per la causa è fortunatamente rimasto, e speriamo che col tempo possa crescere e portare quello che qui manca. Mentre ci sentiamo di dire che qualcosa dal punto di vista della scena forse sta tornando qualcosa di importante, stanno nascendo diverse band, speriamo che sia una svolta decisiva, perchè ‘dellu sule, lu mare e lu jentu’ qui ci siamo un po’ tutti rotti i coglioni.
PER CHIUDERE, QUALI SONO I TRE DISCHI CHE VI SONO PIACIUTI MAGGIORMENTE IN QUESTI PRIMI MESI DEL 2023?
– “Endocannibalismo” degli Stormo, “The Gray In Between” dei Jeromes Dream, “Solace” dei Rezn.