Gli appassionati di hardcore metallizzato hanno sicuramente sentito parlare dei Total Recall, formazione di veterani della scena milanese che da qualche anno a questa parte sta facendo molto bene con date in Italia, Germania, Francia e Regno Unito, suonando anche recentemente a supporto di The Secret, Inverno e If I Die Today.
Con la pubblicazione del secondo lavoro “The Void” la band ha inasprito ulteriormente la propria formula giocando la carta del concept fantascientifico, naturale rimando al film culto “Atto di forza” di Verhoeven e al racconto di Philip K. Dick cui esso è ispirato.
Cogliamo l’occasione per fare il punto della situazione con l’intera band, che ci racconta nel dettaglio attitudine, connotazioni e connessioni del progetto.
STEFANO (CHITARRA) E ANDY (VOCE) VENGONO DAL POST-METAL DEI RISE ABOVE DEAD, MENTRE LUCA (BASSO), STEF (CHITARRA) E DANNY (BATTERIA) HANNO UN BACKGROUND PIÙ VICINO ALL’HARDCORE. COSA VI ACCOMUNA MAGGIORMENTE? VI PONETE DETERMINATI LIMITI IN SEDE DI SCRITTURA?
Stefano: – Direi che il fattore che più ci accomuna sono state le bellissime esperienze vissute insieme con le nostre rispettive band dell’epoca e ovviamente gli innumerevoli palchi condivisi, sia in Italia che all’estero, che non hanno fatto altro che rafforzare il nostro rapporto negli anni e rendere ancora più naturale e spontaneo il momento in cui abbiamo deciso di mettere insieme le idee , creando una nuova band che fosse un po’ la fusione di tutti i nostri contributi compositivi.
POSSIAMO DEFINIRVI DEI VETERANI DELLA SCENA. CONSIDERATE LE VOSTRE ESPERIENZE E IL VOSTRO VISSUTO, PER UNA BAND SONO PIÙ IMPORTANTI AFFINITÀ ARTISTICA E DI GUSTI MUSICALI O AFFINITÀ PERSONALE E AMICIZIA?
Andy: – Personalmente la vedo più come un fattore di amicizia, che ci spinge ad andare avanti e restare uniti. Questo è il punto forte, la band è nata proprio per questo motivo. Abbiamo tutti gusti musicali differenti che ci permette, a mio parere, di costruire canzoni dove ognuno di noi può dire la sua.
COME AVETE APPROCCIATO LE LAVORAZIONI DI “THE VOID”? C’E’ UN TEMA DI FONDO CHE UNISCE LE CANZONI?
Stefano: – Per la scrittura di “The Void” abbiamo semplicemente deciso di far proseguire in modo naturale il corso compositivo già precedentemente rodato su “Always Together”, cercando ovviamente nuovi spunti e nuovi elementi stilistici per rendere il nuovo capitolo della band ancora più interessante del precedente. Non parlo solo del punto di vista musicale, ma anche dei testi e dell’elemento visual che arricchisce l’identità e la natura del concept dell’album.
AVETE UN APPROCCIO COLLABORATIVO ALLA SCRITTURA? COME VI SUDDIVIDETE I COMPITI?
Danny: – Preferiamo scrivere i pezzi tutti insieme, spesso in sala, che è il luogo in cui tutti ci esprimiamo in modo più semplice, quasi ‘primitivo’ – con un’accezione positiva, nel senso che entriamo in un flusso istintivo in cui l’aspetto fisico del suonare acquista significato.
Quando i pezzi sono più definiti, lavoriamo anche in studio e acquistano una nuova dimensione, in termini di struttura. Solitamente io e Luca ci occupiamo della parte ritmica – stiamo sperimentando di partire da quest’ultima per la stesura di alcuni nuovi pezzi, è un approccio interessante, non so se porterà risultati, ma nella mia esperienza ha funzionato in passato. I nostri due Ste lavorano in una ‘simbiosi del riff’ cercando di incastrarsi sulle parti ritmiche, portandole magari verso un’altra direzione. Infine Andre lavora ai testi e alle metriche, con il supporto degli altri se necessario e ovviamente da il suo apporto al resto.
Questo è il modo ingegneristico in cui la vedo, nella realtà a volte è più fluido!
LA DEMOCRAZIA PUO’ ESISTERE IN UNA BAND?
Danny: – Dipende dalla dimensione della band. Quando la band fa parte di una grossa etichetta o diventa una major, è un’azienda a tutti gli effetti, e le aziende non sono una democrazia.
Noi siamo fortunati, perché abbiamo ancora una dimensione che può e deve funzionare democraticamente. Sicuramente è meno efficiente, ma non abbiamo necessità di essere efficienti nel 100% dei casi.
MI SEMBRA CHE LA VOSTRA PROPOSTA SI SIA ‘INCATTIVITA’ ULTERIORMENTE, PROCEDENDO SULLA STRADA DI “ALWAYS TOGETHER” MA CON BRANI ANCORA PIÙ NEGATIVI ED OSSESSIVI. SIETE D’ACCORDO?
Stefano: – Come ho già accennato poco fa, l’intenzione comune di tutti sin dai primi giorni di stesura dei nuovi brani è stata quella di portare la band verso un ulteriore passo avanti, magnificando le nostre influenze per renderle con il tempo sempre più presenti e ben amalgamate tra loro.
Penso sia una sorta di evoluzione naturale che una band acquisisce man mano che si impara a conoscersi meglio a livello musicale e compositivo, ed è decisamente questa la dinamica che si è creata tra di noi.
COME SIETE ARRIVATI A LAVORARE CON L’EX CANCER BATS SCOTT MIDDLETON, CHE SI E’ OCCUPATO DI MASTERIZZARE IL DISCO?
Stef:– Sono un grande fan dei Cancer Bats fin dal loro primo album e nel 2016 ho avuto l’onore di aprire il loro show a Milano con la mia precedente band Die Trying, che era pesantemente influenzata dal loro sound. I ragazzi apprezzarono la nostra proposta e così rimasi in contatto con Scott aggiornandolo sulle mie avventure musicali.
Quando iniziammo a pianificare il progetto per “The Void”, Luca propose l’idea di chiedere a lui per la masterizzazione e fummo tutti d’accordo. Scott accettò molto volentieri e ne approfittò addirittura per proporci di registrare in futuro con lui in Canada, insomma si è innamorato dei TR. Ha aggiunto quel tocco di ferocia in più al meraviglioso lavoro di Ste Orkid, decisamente una bella accoppiata!
VOLETE PARLARE DEL RAPPORTO CON STEFANO ORKID SANTI, CHE HA CURATO DI NUOVO LE REGISTRAZIONI? PERCHÉ SIETE TORNATI DA LUI?
Stefano: – Dopo aver lavorato insieme su “Always Together” per noi è stata una scelta più che scontata quella di avvalerci nuovamente degli SPVN Studios di Stefano, che oltre ad essere un brillante ingegnere del suono, è ormai da quasi vent’anni un nostro grande amico, con cui condividiamo molte idee e direzioni stilistiche.
Questa volta abbiamo avuto la possibilità di dedicare più tempo anche all’evoluzione del nostro sound, sperimentando ad esempio con amplificatori di diversa natura e microfonazioni alternative, per ottenere un suono più compatto e più brutale. Lo considero un passo in avanti anche questo, e credo sia una delle cose più evidenti ad un primo ascolto del nuovo lavoro.
NEI FEATURING TROVIAMO DIEGO ‘DD’ CAVALLOTTI DI LACUNA COIL E INVERNO, E TIM ROGLER DEI DAGGER THREAT: IN CHE RAPPORTI SIETE CON LORO E COME SONO FINITI SUL DISCO?
Danny: – Abbiamo suonato (e spoiler: suoneremo ancora) con i Dagger Threat in Germania e siamo rimasti molto colpiti dalla loro presenza scenica, quindi abbiamo chiesto a Tim se volesse prendere parte al disco ed è stato molto felice di farlo.
Diego è un conoscente e amico di lunga data di alcuni membri della band, è una persona che stimiamo molto musicalmente e siamo molto felici che abbia fatto parte del disco.
DOVESTE METTERE UN ADESIVO SULLA COPIA FISICA DI “THE VOID” COSA SCRIVERESTE COME F.F.O.?
Danny: – Al posto di citare delle band scriverei “For fans of: sci-fi tales of the annihilation of the human race“.
COME MAI AVETE SCELTO DI PUBBLICARE UN E.P.? AVETE INTENZIONE DI PUBBLICARE MAGARI PIÙ FREQUENTEMENTE E IN QUESTO FORMATO?
Danny – Con i social, oggi gira tutto velocemente, chi ascolta musica si aspetta rilasci più frequenti e personalmente credo che sia interessante. Non significa sacrificare la qualità, significa abbracciare le possibilità che ti danno i nuovi mezzi, più democratici rispetto al passato: con un computer, una scheda audio, qualche software e tanta voglia di fare, oggi puoi produrre ottima musica, che è uno dei motivi per cui i rilasci sono più frequenti rispetto al passato.
Allo stesso modo, non significa che i Total Recall non si avvarranno di professionisti per farlo, ma credo che rilasceremo più frequentemente e in questo formato.
PERCHÉ AVETE SCELTO DI PUBBLICARE IL DISCO IN FORMATO FISICO PRIMA DI DIFFONDERLO IN DIGITALE? ORA CHE IL DISCO È FINALMENTE FUORI SIETE CONTENTI DELLA MOSSA? LO RIFARESTE?
Luca: – In realtà il tutto è stato dettato dal fatto che avevamo questi accordi con la nostra etichetta tedesca, inoltre col fatto che stavamo per partire per un tour UK/EU questa richiesta della label ci ha permesso di dare priorità all’accesso del supporto audio a chi fosse venuto ai nostri concerti, il che ci è sembrato anche giusto a dirla tutta.
Lo rifaremmo? Solo se dovessimo fare una release a ridosso di un tour promozionale. Ritengo sia corretto dare priorità ai fan che decidono di venire a supportare la band durante il tour rispetto a quelli che mettono i like ai post e scaricano i brani ma poi se ne rimangono a casa. Riguardo a quelli che vorrebbero venire al concerto ma il tour non passa dalla loro città, contattateci e faremo in modo di passare anche da lì la prossima volta.
C’E’ UN GAP TRA ITALIA ED IL RESTO DI EUROPA PER NUMERO DI APPASSIONATI, OPPORTUNITÀ E VALIDITÀ DELLE BAND NELLA SCENA HARDCORE?
Luca: – Il numero di appassionati secondo me è identico. Basta vedere un concerto con un package mainstream: di solito l’Italia genera sempre un sold-out, per cui gli ascoltatori ci sono in numero equivalente al resto dell’Europa.
Dove siano poi quegli ascoltatori quando i promoter cercano di proporre band italiane che suonano lo stesso genere quello è un altro discorso che non voglio nemmeno affrontare perché è così sin dal 1993, quando ho le prime memorie di musica dal vivo. Gap di opportunità non ne vedo. L’Italia dà le stesse opportunità delle altre nazioni europee, con la differenza che in alcune nazioni il pubblico si appassiona alle band della propria scena locale e non.
Di conseguenza, a ruota, si creano i presupposti per attirare l’attenzione dei media innescando un effetto domino che in più di un’occasione permette alla o alle band in questione di attirare l’attenzione internazionale. Perché questo in Italia non succede è un altro discorso, che parzialmente trova riscontro nelle prime righe della mia risposta.
Gap di validità ti direi pochissimo: la validità e solidità una band la acquisisce con l’esperienza sul palco e probabilmente fuori dall’Italia ci sono più occasioni per cimentarsi live, per una serie di motivi che parzialmente sono stati affrontati in questa risposta e che ritengo superfluo approfondire, anzi… inutile.
Come detto, è la solita storia. Questo non vuol dire non crederci, anzi, le band italiane che emergono lo fanno perché devono lavorare il quintuplo delle band straniere per imporsi al di fuori dei confini e si meritano ogni centimetro di terreno guadagnato. Avranno sempre il mio rispetto indipendentemente dal genere di musica che propongono.