L’heavy metal classico è vivo. Scalpita, lotta, produce album competitivi e ci inonda con l’entusiasmo di band che, seppur ancora giovani, hanno già esperienza a sufficienza per cambiare indirizzo stilistico a ogni nuovo disco. Per causa contingente e non solo – cambio di cantante – gli svedesi Trial sono passati da un metal progressivo, labirintico e dal forte taglio narrativo a composizioni più dirette e arrembanti, tra NWOBHM, power europeo e la recente ondata di band scandinave. Alla luce di quanto udito in “Feed The Fire”, i Trial non hanno perso smalto e con questo quarto album sono ripartiti a pieno regime, senza dover scontare alcun periodo di assestamento. La macchina della band gira di nuovo a pieno regime, il chitarrista e principale compositore Alexander Ellström ne è consapevole e ci aggiorna volentieri su quella che è la situazione attuale del gruppo e la sua storia recente.
CINQUE ANNI SEPARANO “MOTHERLESS” DA “FEED THE FIRE”. IN QUESTO PERIODO DI TEMPO IL VOSTRO PRECEDENTE CANTANTE LINUS JOHANSSON HA LASCIATO LA BAND E A SOSTITUIRLO È ARRIVATO ARTHUR W. ANDERSSON. CHE COSA HA PROVOCATO L’ABBANDONO DI LINUS E COME SIETE ARRIVATI AL SUO SOSTITUTO?
– È qualcosa che è andato crescendo per qualche tempo e si è concluso una volta finito il tour di supporto a “Motherless”. Quando abbiamo iniziato a provare le nuove canzoni, è apparso chiaro a tutti quanti che Linus non sarebbe andato avanti con noi. Ci siamo riuniti tutti assieme e di comune accordo ci siamo separati. Alla base ci sono motivazioni personali e la nostra capacità di andare avanti come band. Era la cosa giusta da fare in quel momento, per fortuna da entrambe le parti non vi è stata alcuna acredine. Quando ci siamo messi a cercare un nuovo cantante, siamo stati contattati da Arthur, che ci ha espresso il suo interesse per la band. Lo abbiamo invitato a venire da noi e suonare qualche canzone assieme, ci è voluto poco per capire che l’intesa tra di noi poteva funzionare e così si è unito ai Trial.
QUESTI DUE CANTANTI SONO PIUTTOSTO DIFFERENTI L’UNO DALL’ALTRO ED È EVIDENTE CHE IN “FEED THE FIRE” ABBIATE SVILUPPATO UNO STILE DIVERSO DAL PASSATO, PIÙ DIRETTO, MENO PROGRESSIVO E NON COSÌ OSCURO COME PRIMA. RITMICHE GALOPPANTI, CHITARRE GEMELLE E VOCALIZZI RELATIVAMENTE CATCHY SONO ORA IN PRIMO PIANO NELLA MUSICA DEI TRIAL. CI SPIEGHERESTI I MOTIVI DIETRO QUESTO CAMBIO DI APPROCCIO?
– Lo stile di “Feed The Fire” non è dovuto principalmente all’ingresso di Arthur in line-up. Dopo aver registrato “Motherless” e il tour successivo alla sua pubblicazione ci siamo trovati ad aver voglia di musica più diretta e veloce. Come affermi nella domanda, Linus e Arthur sono molto diversi tra di loro e quindi abbiamo cercato di valorizzare le doti del nostro nuovo cantante quando abbiamo scritto i pezzi. Per noi questo è un nuovo inizio e penso che non potremo far altro che crescere come band in futuro.
QUALI SONO STATE LE PRINCIPALI DIFFICOLTÀ NELL’ADATTARE IL SONGWRITING AL NUOVO STILE VOCALE ADOTTATO, ABBANDONANDO LE SONORITÀ PIÙ PROGRESSIVE E OSCURE DELLE COMPOSIZIONI DI “VESSEL” E “MOTHERLESS”?
– Non abbiamo avuto alcuna difficoltà in tal senso. Durante la composizione, non ci sforziamo mai di scrivere in una certa maniera. Canalizziamo semplicemente ciò che si sta accumulando dentro di noi da un po’ di tempo. Ci sono ancora elementi progressive in “Feed The Fire”, anche se non così tanti o così espliciti come i nostri due album appena precedenti. Cerchiamo ancora di essere fedeli a noi stessi e a ciò che ci rende Trial. Non restiamo fermi e finora abbiamo attraversato diverse fasi stilistiche. Chissà come suonerà il nostro prossimo disco, sicuramente sarà una naturale prosecuzione dei contenuti del nostro ultimo album, o almeno questo è quello che mi sento di dichiarare adesso.
COSA AVETE GUADAGNATO E COSA AVETE PERSO CON QUESTA NUOVA DIMENSIONE SONORA?
– Abbiamo guadagnato nuova energia. Alcune delle canzoni di “Motherless” sono molto complicate da suonare dal vivo, è faticoso e non sempre gratificante cercare di riprodurle fedelmente in concerto. Ci vogliono un gran impegno e concentrazione, sentivamo di non essere sempre così motivati a cercare di interpretarle come su disco. Con questi nuovi brani, più veloci e diretti, non abbiamo il cruccio di dover definire una certa atmosfera, possiamo suonare più sciolti e rilassati, perdendo appunto un poco di atmosfera, ma compensando con maggiore energia e impeto nel suonare.
ADDENTRANDOCI NELLE TRACCE DELL’ALBUM, L’IMPRESSIONE È CHE ABBIATE VOLUTO FAR INIZIARE “FEED THE FIRE” CON LE CANZONI PIÙ DIRETTE, SUONANDO PIÙ COMPLESSI E NARRATIVI SUL FINALE. ANDATE QUINDI A RICONQUISTARE PARZIALMENTE L’ANIMA PROGRESSIVE DEI DISCHI PRECEDENTI. CON L’INTENZIONE DI COLPURE DURO L’ASCOLTATORE, PENSO CHE “SULPHERY” SIA VERAMENTE UN’OPENER IDEALE: OLD-SCHOOL, ENERGICA, VELOCE E SENZA TROPPE DIVAGAZIONI. PERCHÉ AVETE SCELTO DI METTERE PROPRIO “SULPHERY” IN APERTURA?
– Volevamo iniziare il disco con qualcosa di esplosivo! “Sulphery” è veloce, dura, ma possiede anche un chorus facilmente memorizzabile e grandi melodie. Ci è parsa la soluzione più naturale per aprire il disco. Abbiamo sperimentato un po’ con l’ordine delle tracce, questa era quella che ci convinceva maggiormente. Ci piace ascoltare gli album dall’inizio alla fine, dobbiamo sentire che la ‘storia’ scorra perfettamente e non ci siano incertezze a riguardo. Per ‘storia’ intendo le sfumature della musica e i contenuti dei testi. Non vogliamo mettere assieme dei brani in modo disordinato, vorrebbe dire svilire in parte il nostro lavoro. Per carità, poi ognuno è libero di pensare che una traccia o l’altra sarebbero state meglio in un’altra posizione della tracklist. Noi percepivamo che questo fosse l’ordine migliore per far rendere al meglio tutte le canzoni.
SULL’ALTRO DELLO SPETTRO SONORO, MI È PIACIUTO IL TOCCO DOOM DI “THE FAUSTUS HOOD”. COME TRASMETTE IL TITOLO STESSO, AFFRONTA SONORITÀ OSCURE E DANNATE, È PIÙ CUPA DEL RESTO DEL DISCO. DI COSA PARLA E QUALE TIPO DI INFLUENZE AVETE AVUTO PER QUESTO BRANO?
– “The Faustus Hood” è un titolo derivato da un poema di Gregory Corso intitolato “Matrimonio”. Mi è parso interessante perché non era chiaro cosa volesse intendere con l’espressione ‘Il Cappuccio di Faustus”. Allora ho deciso di esplorare liberamente questo tema ed è venuta fuori una specie di filastrocca nella mia testa, una specie di affresco sonoro che in realtà non arriva nemmeno in questo caso a una conclusione, a una definizione chiara di cosa rappresenti “Il Cappuccio di Faustus”. C’è qualcosa di innocente e serio assieme nelle liriche. La musica è venuta così perché volevo un’intro pulita, che gradualmente si sarebbe evoluta in una canzone vera e propria. Successivamente abbiamo tolto l’intro e abbiamo deciso di far diventare “The Faustus Hood” un pezzo doom dal forte taglio sognante. Ripetitiva ma con una certa grandeur.
IL MOMENTO PIÙ PROGRESSIVO DELL’ALBUM COINCIDE CON LA TRACCIA FINALE, “THE CRYSTAL SEA”, CHE RICHIAMA LE MAGICHE ATMOSFERE DEL PROGRESSIVE METAL OTTANTIANO, QUELLO DI FATES WARNING E CRIMSON GLORY. COME AVETE LAVORATO SU QUESTA CANZONE E A COSA SI RIFERISCE IL ‘MARE DI CRISTALLO’ DEL TITOLO?
– Mi è venuto in mente il riff introduttivo un giorno che ero a casa e ho quasi istantaneamente registrato e arrangiato l’intro. Mi sono immaginato fin dall’inizio che dovesse essere un brano epico, ma per completarlo ho impiegato un po’ di tempo, la sua costruzione non è stata immediata come il suo avvio. Un giorno ho iniziato a canticchiare la linea vocale principale nella mia testa, ed è a quel punto che la canzone ha preso realmente forma. Con Andy, il nostro secondo chitarrista, ad aiutarmi a delineare la parte mediana della canzone, abbiamo capito quale fosse la linea da seguire. È stata una delle ultime tracce ad essere ultimata prima di entrare in studio. Dal punto di vista chitarristico è molto ricca, è stato un lavoro ponderoso e sfiancante comporre e arrangiare “The Crystal Sea”. Il titolo si riferisce al ‘mare di cristallo’ della Bibbia, interpretato come se fosse l’illuminazione durante il sentiero oscuro che stiamo percorrendo. Si tratta di desiderare di raggiungere la propria destinazione finale, compiere tutti i passi necessari per approdarci. Parliamo di sacrifici e, arrivando all’estremo di questo slancio, morire figurativamente di una morte dolorosa pur di raggiungere i proprio obiettivi.
I TRIAL RIESCONO A DISTINGUERSI NEL PANORAMA CLASSIC METAL PER IL PROPRIO GUITAR WORK, LE CHITARRE GEMELLE DISEGNANO MELODIE LUMINOSE PIUTTOSTO CARATTERISTICHE E IDENTIFICATIVE. AVETE DOVUTO MODIFICARE DI MOLTO IL VOSTRO SOLITO MODO DI SUONARE, PER ADATTARVI ALLE CANZONE DI “FEED THE FIRE”?
– No, nulla di particolare. Io ed Andy suoniamo assieme da una vita, conosciamo esattamente cosa piace all’uno e all’altro. È la combinazione dei nostri stili che produce le tipiche melodie chitarristiche dei Trial. Ci piacciono parecchio anche death e black metal, penso sia da quegli ambiti che derivi l’ispirazione per gran parte delle nostre melodie.
AVETE AVUTO INCERTEZZE SU QUALE FOSSE LA DIREZIONE STILISTICA DA SEGUIRE CON “FEED THE FIRE” E SE QUESTA POTESSE ESSERE APPREZZATA O MENO DAI FAN? OPPURE SENTITE CHE LA MAGGIOR PARTE DI COLORO CHE VI SEGUONO È IN SINTONIA CON LA SVOLTA DI QUESTO DISCO?
– Alcune incertezze e dubbi ci possono essere, inutile negarlo. Quando cambi il cantante, le persone tendono ad avere il loro ‘favorito’, per cui i fan tendono a dividersi su chi sia meglio, tra il precedente titolare e chi è subentrato. Probabilmente, per quello che leggo e sento, “Vessel” è il nostro album più apprezzato finora, per molti quello rimarrà il disco ‘definitivo’ dei Trial. In effetti, è la pubblicazione che ci ha messo sui radar di chi ascolta heavy metal, ci ha fatto fare un discreto salto in termini di notorietà. “Feed The Fire” segna il distacco dalla forte complessità di “Motherless”, per alcuni aspetti si avvicina a “Vessel”. Comunque non vogliamo restare bloccati su un certo fronte sonoro, oppure cercare a tutti i costi di ricreare il tipo di atmosfera e suono di una nostra pubblicazione del passato. Ogni album vive di vita propria e cammina con le sue gambe. E poi le persone hanno le idee e i gusti più disparati: se chiedi ai nostri fan quale sia il suo album dei Trial preferito, osserverai risposte diversissime tra loro. Mi sento di affermare che chi apprezza “Vessel” troverà probabilmente “Feed The Fire” più di suo gradimento di quanto non lo fosse “Motherless”.
L’HEAVY METAL È UN GENERE ‘CLASSICO’ E QUALCHE VOLTA PUÒ ESSERE DIFFICILE SCRIVERE MUSICA FRESCA E BRILLANTE IN QUESTO AMBITO, SENZA CHE ABBIA ECCESSIVI RICHIAMI ALLE BAND STORICHE. COME VI ACCORGETE CHE UNA VOSTRA CANZONE POSSIEDE LA SUA PERSONALITÀ ED È PRONTA PER ESSERE REGISTRATA?
– Non è semplice da spiegare. Ogni canzone che scriviamo diventa una ‘dei Trial’ nel momento stesso in cui iniziamo a provarla assieme. Se mi accorgo che quanto sto scrivendo non va del tutto in una certa direzione e non sento che si accosti bene al nome Trial, è quasi certo che non arriverò neanche a completarla, oppure la metterò da parte per altri progetti, oppure finirò per dimenticarla. Suoniamo musica che ci piace ascoltare, quindi tra i nostri ascolti c’è tantissimo metal anni ’80. C’è una linea sottile che separa il suonare freschi e interessanti e il suonare generici e confondibili. Su questo punto ci relazioniamo solo e soltanto con noi stessi, sappiamo che cerchiamo di seguire la nostra strada e non ci importa quello che gli altri possono pensare di noi.
NEL 2021 AVETE RAGGIUNTO IL TRAGUARDO DEI DIECI ANNI DI ATTIVITÀ: QUANTO SIETE CAMBIATI COME BAND IN QUESTI ANNI E QUALI SONO LE VOSTRE CARATTERISTICHE RIMASTE IMMUTATE NEL TEMPO?
– Proviamo e usciamo assieme come abbiamo sempre fatto. È stata una costante in tutti questi anni di Trial. Quello che è cambiato è la disponibilità di ognuno nel trovarsi e nel lavorare assieme sulla musica. I primi tempi della band, provavamo circa cinque giorni a settimana per svariate ore. Spendevamo gran parte del nostro tempo libero a creare altra musica e a occuparci di tutti gli aspetti che la riguardavano. Quindici anni più tardi, perché prima dei Trial già suonavamo assieme, le nostre vite sono cambiate e non vi più la disponibilità di tempo di prima. Musicalmente, siamo cresciuti e siamo più consapevoli delle nostre abilità.
COME GIUDICHERESTI LO STATO DI SALUTE DELL’HEAVY METAL NEL 2022? QUALI SONO LE USCITE CHE HAI APPREZZATO MAGGIORMENTE E I CONCERTI CHE HAI GRADITO DI PIÙ? PER LE APPARIZIONI LIVE DEI TRIAL, QUALI SONO I VOSTRI PIANI?
– Non è molto eccitante nel complesso, anche se ci sono ancora alcune band là fuori che sanno scrivere dell’ottimo heavy metal. Il vero boom dell’heavy metal è avvenuto una decina d’anni fa, quando abbiamo formato i Trial, in quegli anni sono state numerose le uscite di valore. Ma penso anche che arriverà un altro momento in cui l’heavy metal nel suo complesso e le nuove band emergeranno per il loro valore, e si spera che riusciranno a compiere qualcosa di rivoluzionario, a dare nuovo slancio al settore. Quando ascolto nuove band, voglio soprattutto ascoltare qualcosa che non è mai stato fatto prima. Dev’essere musica eccitante, non solo giocare sull’aspetto della nostalgia. Penso che quando si tratta di innovazione e di creare grandi canzoni heavy metal, molte delle band odierne non hanno un songwriting meritevole di attenzione, non prendono rischi, non creano nulla di nuovo. Per me va benissimo, ma se vogliamo portare avanti il genere, abbiamo bisogno di qualcuno che esplori nuovi territori. Questo è ciò che generalmente penso della situazione in generale, senza andare nello specifico di quello che facciamo noi o altri musicisti in particolare del medesimo genere. Di recente non sono stato a molti concerti a causa della pandemia. Non vedo l’ora di tuffarmi di nuovo negli eventi dal vivo. I dischi che mi piacciono ultimamente sono di generi diversi, sicuramente ti menzionerei le ultime uscite dei nostri colleghi della Metal Blade, Ram e Portrait. Per le nostre apparizioni dal vivo, avremo un primo concerto per la promozione di “Feed The Fire” a Göteborg, a cui seguiranno altri concerti per ora non confermati ufficialmente. Non posso dire molto in questo momento, ma speriamo di poter condividere presto alcune notizie e suonare davanti al nostro pubblico.