Con l’ultima tappa italiana del tour che vede Insomnium e Tribulation alternarsi sui palchi di mezza Europa non ci siamo fatti scappare l’occasione di fare due chiacchiere con questi ultimi riguardo al nuovo “Down Below”. Arriviamo quindi in un piovoso pomeriggio di inizio Aprile al Legend di Milano e, mentre nella sala principale si procedono ad ultimare gli ultimi lavori sul palco prima dell’inizio dei concerti, ci accomodiamo con un cordiale e pacato Adam Zaars, chitarra dei Tribulation, per un lungo viaggio nei meandri dell’immaginario fosco che accompagna da sempre i quattro di Arvika. Così, chiamando in causa non-morti, Guglielmo da Baskerville e Gene Simmons, Zaars ci spiega da dove arrivano le (oscure) forze ispiratrici i Tribulation: da terre ignote, là dove draghi e vampiri hanno i propri nidi…
IL VOSTRO NUOVO “DOWN BELOW” È UNA DELLE USCITE PIÙ ATTESE DEL 2018 PER GLI AMANTI DELLE SONORITÀ PIÙ RUVIDE ED ORRORIFICHE. COME STA ANDANDO L’ACCOGLIENZA? QUALI FEEDBACK E SENSAZIONI AVETE RICEVUTO? E RISPETTO AL PRECEDENTE “THE CHILDREN OF THE NIGHT”?
– Molto buone, in verità. Sai, ogni nuovo prodotto, ogni nuova release suscita molte opinioni diverse ma per quest’ultimo lavoro abbiamo avuto una travolgente quantità di feedback positivi; ci è già successo in passato, a dirla tutta. Forse rispetto a “The Children Of The Night” l’opinione generale è un pochino più positiva.
FORSE PERCHÈ MAGARI “THE CHILDREN OF THE NIGHT” È STATO RECEPITO DA UNA PARTE DEL PUBBLICO COME UNA SVOLTA VERSO SONORITÀ PIÙ VICINE AI SEVENTIES RISPETTO A QUELLE PIÙ DEATH.
-Può essere, però noi non la vediamo proprio così. Non abbiamo alcuna difficoltà a tornare in territori sonori più estremi. Non abbiamo mai pianificato una cosa del genere: questo tipo di cambiamenti succedono e noi li abbiamo assecondati. Per dire, anche nel nostro secondo album, “The Formulas Of Death”, ci sono molte influenze vicine alla musica degli anni Sessanta o Settanta, tipo i Doors.
QUANDO HO ASCOLTATO IL VOSTRO ULTIMO ALBUM MI È SEMBRATO ANCORA NEI SOLCHI CHE AVEVATE COMINCIATO A TRACCIARE CON “THE CHILDREN OF THE NIGHT”, MA CON UNA VESTE PIÙ MATURA E RIFINITA: LE MELODIE, GLI ARRANGIAMENTI, LE ATMOSFERE – OGNI PASSAGGIO È LAVORATO CON GRANDE CURA ED ESTREMA ATTENZIONE. QUALI SONO GLI INGREDIENTI CHE RENDONO IL VOSTRO SOUND COSÌ PARTICOLARE E DI SUCCESSO?
– Se solo lo sapessi (ride, ndR)! In realtà, se guardassi da una prospettiva esterna – ammetto che per me è molto difficile, ma se ci provassi – ti direi che noi non pensiamo in termini di ‘mescolanza di generi’. Non abbiamo mai deciso “vogliamo suonare melodic death metal” o “vogliamo fare hard rock con influenze black metal”, o quello che sia. Quello che è… quello che veramente sono i Tribulation è qualcosa che è racchiude un po’ tutta la nostra vita, qualcosa che ascolteremo per tutta la vita. Ciò deriva dal fatto che quando eravamo adolescenti non ascoltavamo un solo tipo di musica o un solo genere di metal – abbiamo semplicemente portato tutto questo all’interno dell’entità Tribulation. Così alcuni ingredienti, chiamiamoli così, non sono propriamente tali, ma sono riscontrabili in alcune caratteristiche formali: per esempio, non siamo un gruppo molto ‘luminoso’ (‘light band’ in originale, ndR), ci piace sempre immergerci nei posti più oscuri, abbiamo molte altre influenze extra-musicali, ma questo si potrebbe inserire nel grande calderone della tradizione di quello che chiamiamo ‘heavy metal’, o dell”extreme metal’ no? E’ un mix di tutto questo. Molti musicisti cercano coscientemente di impostare la propria musica mescolando gli stili e secondo me molto spesso – posso dirlo? – falliscono (risate, ndR). Ho ascoltato cose di questo tipo e non le apprezzo. Non ho mai pensato ai Tribulation come a una band di questo tipo: sicuramente lo facciamo, ma non è il motivo principale per cui suoniamo.
PRESTATE MOLTA ATTENZIONE AL MAKE-UP E AL VESTIARIO QUANDO SUONATE LIVE, E QUESTO SICURAMENTE AUMENTA LA CURIOSITÀ ED IL FASCINO DEL PUBBLICO. COME MAI AVETE SCELTO QUESTO TIPO DI ‘PRESENTAZIONE SCENICA’?
– Credo che dipenda dal nostro background. Siamo cresciuti con questo tipo di atmosfere fin da bambini. Il mio primo amore musicale sono stati i Kiss, quindi puoi vedere bene da dove arrivi tutto questo (ride, ndR). Ci sono molti modi per esprimere se stessi sul palco, ma per noi è sempre stato abbastanza ‘teatrale’. Non ci è mai piaciuto suonare live in jeans e t-shirt. Altre band lo fanno ed effettivamente si trovano bene così, ma per noi, ecco, non è molto ‘Tribulation’.
PARLANDO DI ABITI DI SCENA E SIMILI, COSA NE PENSI DEL NUOVO TREND ‘INCAPPUCCIATI E MASCHERATI’ CHE STA PRENDENDO PIEDE SOPRATTUTTO IN UN CERTO AMBIENTE METAL (PENSANDO A BAND QUALI MGLA, BATUSHKA, PORTAL, GHOST, CULT OF FIRE)?
– Non saprei risponderti. Ad essere sinceri non ci ho mai fatto molto caso. Ho ascoltato alcuni gruppi tra quelli che hai citato e mi piacciono, ma non ho mai fatto caso a come si presentassero.
QUANTO HAI DETTO POCO FA A PROPOSITO DEL FATTO CHE I TRIBULATION NON SONO UNA BAND SOLARE SI COLLEGA A QUANTO STO PER CHIEDERTI ORA: LA VOSTRA NUOVA RELEASE SEMBRA QUASI UNA SINISTRA DISCESA NEL REGNO DEL SOTTOSUOLO, UN APPROCCIO GRADUALE AL MONDO CHE APPARTIENE AI DEFUNTI, ALLA MORTE. C’È QUALCHE TIPO DI CONCEPT ALLA BASE DI “DOWN BELOW”? QUALI SONO STATE LE VOSTRE FONTI DI ISPIRAZIONE, LETTERARIE O CINEMATOGRAFICHE, SE NE AVETE AVUTE?
– Ci siamo accorti in un momento successivo di avere una sorta di tematica, di concept; non è qualcosa cui avevamo pensato – come avrai notato, ci capita spesso – (ride, ndR), ma ce ne siamo resi conto a posteriori… Quando abbiamo avuto pronta la musica, i testi ed infine anche la bozza di copertina ultimata abbiamo potuto notare che molto di questo materiale era basato sul ‘Sottosuolo’. Così è possibile interpretarlo come una specie di concept, ma non è un vero e proprio concept album sul mondo sotterraneo quanto piuttosto una sorta di fil rouge. Nel mio caso, per quanto riguarda le fonti di ispirazione, posso dirti di essermi ispirato a “Il Nome Della Rosa”, di Umberto Eco e “Le Bas” Joris-Karl Huysmans; quest’ultimo è un libro di XIX secolo, mentre chiaramente il libro di Eco tratta di ambientazione medievale. Per me si tratta di una mescolanza tra le sensazioni che il pensare all’epoca del Medioevo e quelle invece legate all’Ottocento mi trasmettono. Non si tratta di immedesimazione in tali epoche, quanto piuttosto degli stimoli che trasmettono.
POSSO CAPIRLO, PERCHÈ È FORSE ANCHE UN PO’ ALLA RICERCA DI QUELLA SENSAZIONE DI CUI TU PARLI (CHE SI COGLIE MOLTO BENE NE “IL NOME DELLA ROSA”) CHE NEL MIO PERCORSO DI STUDI MI SONO TROVATA A TRATTARE MOLTI ASPETTI STORICI, ARCHEOLOGICI O FILOLOGICI LEGATI AL MEDIOEVO.
– Oh, fantastico! Ho letto il libro di Eco molto tempo fa, ma lo sto leggendo di nuovo ora ed effettivamente per molti aspetti calza a pennello con quanto abbiamo composto in “Down Below”, se ci pensi bene. Ci sono così tante trame in quel libro! Tu lo leggi e pensi “ok, il libro parla di questo” ma poi ti accorgi che in realtà tratta di tutt’altro. Ho finito una settimana fa “Il Pendolo Di Focault” (un altro libro di Eco, ndR) ed era la seconda volta che lo leggevo, quindi si, credo che sia necessario rileggere i libri di Eco almeno un paio di volte (ride, ndR). Anche con la copertina del nostro disco, a pensarci bene, si può fare un confronto simile a quanto stavo dicendo riguardo a “Il Nome Della Rosa”: c’è ovviamente un qualche tipo di figura – non è chiaro cosa sia e non lo vogliamo nemmeno sapere (ride, ndR) – che somiglia grottescamente ad uno di quei gargoyle che si trovano sulle chiese, ed effettivamente è molto verosimile! Volevamo una città sullo sfondo, ma non volevamo fosse necessariamente moderna. Quello che è possibile vedere è uno scorcio di Stoccolma in realtà, ma senza i grattacieli. Quindi qualcosa che ‘sembra’, ma che poi a ben vedere può raffigurare ben altro.
A ME HA FATTO PENSARE PIÙ A PARIGI, PER LA VERITÀ – A QUALCOSA DI INERENTE ALLE SUE CATACOMBE, LE AVETE MAI VISTE? “DOWN BELOW” RICHIAMA MOLTO UN’AMBIENTAZIONE SIMILE.
– No, non ci siamo mai stati, ma credo che le visiteremo in futuro. Però il libro di Huysmans, “Le Bas” è ambientato a Parigi. Ma anche un altro dei libri di Eco che ho letto, “Il Cimitero di Praga” si svolge in parte a Parigi. Quindi credo che a livello inconscio sia un collegamento che ho fatto a livello di sensazioni, pensando a Parigi.
SEMPRE A PROPOSITO DI ISPIRAZIONE, SE TI DICO ‘DARIO ARGENTO’…
– Certo, Dario Argento, i Goblin, Fabio Frizzi sono un’altra grande passione!
TE LO CHIEDO PERCHÈ IN “THE FORMULAS OF DEATH” C’È UN PEZZO INTITOLATO “SUSPIRIA”, IN QUEST’ULTIMO ALBUM AVETE INSERITO “LACRIMOSA” E QUINDI AVEVO PENSATO POTESSE ESSERE UNA SORTA DI ‘TRIADE’ BASATA SULLA ‘TRILOGIA DELLE TRE MADRI’ DI ARGENTO (CHE A SUA VOLTA SI ISPIRO’ AL “SUSPIRIA DE PROFUNDIIS” DI DE QUINCEY). E’ DAVVERO COSÌ?
– No, non lo è ora, ma potrebbe essere. Non tutto capita per un motivo, a volte le cose succedono e basta. In questo caso non era un qualcosa di voluto, ma potremmo sfruttare la cosa in futuro, chissà. Grazie dell’idea (risate, ndR)!
QUESTO TIPO DI INFLUENZE LEGATE AL MONDO DELL’HORROR, INSIEME CON LA FASCINAZIONE PER GLI ASPETTI PIÙ OSCURI E TERRIFICANTI DELL’ESISTENZA UMANA, È QUALCOSA CHE ARRIVA DAL VOSTRO BACKGROUND CULTURALE E INFLUENZA IL VOSTRO QUOTIDIANO O È SOLO IL TERRENO FERTILE PER PRODURRE DELLA BUONA MUSICA?
– La parte più ampia e grande della mia vita è occupata dai Tribulation. ‘Tribulation’ è una band, non sono ‘quattro individui’. Quindi molte cose che mi interessano inevitabilmente confluiscono in questa band, altre no. Ma quanto di quello che confluisce qui dentro fa parte di ciò che mi piace complessivamente, di come sono fatto io, o gli altri: i film horror italiani, i libri di Eco, un certo tipo di spiritualità… non tutto quello che c’è nella mia vita entra nei Tribulation, ma quello che ci entra sicuramente fa parte della mia vita, per usare un gioco di parole. Per gran parte ho sviluppato un interesse in un certo tipo di cultura per conto mio; all’università ho studiato un po’ di storia e partecipato a qualche corso etnografico, ma nulla a lungo termine, quindi credo che sia un po’ tutta farina del mio sacco (ride, ndR).
LASCIAMO UN ATTIMO DA PARTE L’IMMAGINARIO GOTICO E PARLIAMO INVECE DEL VOSTRO NUOVO BATTERISTA, OSCAR LEANDER. COME AVETE GESTITO LE COSE CON LUI? HA PRESO PARTE DEL PROCESSO COMPOSTIVO VERO E PROPRIO O È ARRIVATO QUANDO QUESTA FASE DEI LAVORI ERA GIÀ FINITA?
– In realtà mi ha aiutato con le mie canzoni, soprattutto a livello di tecnologie e software per registrare. Ecco, non sono molto bravo con queste cose (risate, ndR). Mi ha aiutato moltissimo, sapeva come funzionano certi procedimenti digitali e alcuni software. Non abbiamo avuto molto tempo, stavolta: abbiamo cominciato i lavori sull’album ad Aprile e ad Agosto-Settembre siamo entrati in studio per registrare. Nell’intervallo tra Aprile ed Agosto abbiamo raccolto tutto il materiale – in realtà siamo perennemente in questa fase, anche adesso stiamo collazionando idee per il prossimo album – con Jonathan (Hultèn, chitarrista ndR), il quale contemporaneamente stava lavorando sul suo album solista. Lui ci mandava i demo, noi glie li rimandavamo indietro con i nostri feedback e così via. Per quanto riguarda le mie canzoni ero parecchio sotto stress: impiego veramente molto tempo per comporre, dato che non uso programmi digitali o computer… E’ tutto nella mia testa e, nel mio caso, impiega un bel po’ per uscire fuori sottoforma di canzone. In ogni caso, Oscar ha aiutato moltissimo; lui e Johannes (Andersson, cantante e bassista, ndR) erano con me la maggior parte del tempo nella fase di composizione delle canzoni. Veramente, Oscar ci ha aiutato in qualsiasi aspetto di quanto stavamo facendo.
MA ERA UN VOSTRO AMICO DA TEMPO OPPURE E’ ARRIVATO PER CASO, PERCHÉ MAGARI SAPEVA CHE CERCAVATE UN BATTERISTA?
– In realtà credo sia un mix delle due cose. Proviene dalla nostra stessa regione, in Svezia, e conosce Johannes da quando erano adolescenti perché avevano degli amici in comune, anche se erano entrambi un po’ orsi. Si sono rivisti mentre eravamo alla ricerca di un nuovo batterista, gli abbiamo fatto fare una prova e beh, è andata bene (ride, ndR)!
L’ULTIMA DOMANDA RIGUARDA I VOSTRI TOUR. NE AVETE FATTI TANTISSIMI, SIA DA SOLI MA SOPRATTUTTO DI SPALLA ALLE BAND PIÙ DISPARATE – DAI BEHEMOTH AI GHOST, ORA CON GLI INSOMNIUM E POCO PRIMA CON GLI ARCH ENEMY. PER VOI È PIÙ IMPORTANTE SUONARE LIVE NON IMPORTA DOVE O CON CHI, OPPURE QUESTA ETEROGENEITÀ DI FONDO È UNA SCELTA RAGIONATA?
– Beh, in realtà vorremmo semplicemente riuscire ad adattarci ed andare bene un po’ ovunque pur senza cambiare come siamo e quello che facciamo, sia che si tratti di suonare con i Ghost che con gli Arch Enemy. Non credo che il tipo di gruppi con cui suoniamo sia una cosa importante ai fini della nostra musica. A volte ci è stata data la possibilità di suonare da soli, ma altre volte arrivano opportunità come il tour degli Arch Enemy e vale la pena di sfruttarle, per quanto sembri strano.
PERÒ SONO CURIOSA DI SAPERE QUALE SIA STATO IL FEEDBACK DA PARTE DI QUELLA FETTA DI PUBBLICO CHE ERA LÌ PER GLI ARCH ENEMY, NEL CASO DI QUEL TOUR.
– Ti dirò, è stato abbastanza buono. Ogni sera, quando ti capita di suonare in grandi venue come è stato per quel tour, possono esserci anche cinquemila persone e se anche solo cinquecento di loro dimostrano di apprezzare il nostro show per noi è comunque un bel risultato! Devi vederla così: non possiamo piacere a tutti – non siamo gli Arch Enemy, appunto – ma alla fine di quel tour eravamo comunque soddisfatti e contenti di aver accettato quella proposta.
UN’ULTIMA CURIOSITÀ: “HERE BE DRAGONS” È LA TRADUZIONE INGLESE DELL’”HIC SUNT LEONES” LATINO, POSTO SULLE ANTICHE CARTINE PER INDICARE LE ZONE SCONOSCIUTE, POCO ESPLORATE O PERICOLOSE. QUAL È IL VERO SIGNIFICATO DI QUELLA CANZONE?
– Mi è sempre piaciuto il significato, il concetto che sta alla base della frase ‘here be dragons’. Non credo ci siano mappe con questa scritta (in realtà si, ndR), però mi piace moltissimo quello che vuol dire: da quel punto in poi non si sa cosa succederà, ci si avvicina ad un territorio sconosciuto e si vorrebbe raggiungerlo, oppure non si vorrebbe raggiungerlo ma comunque è lì che stuzzica la fantasia. Ci piaceva talmente tanto che abbiamo fatto una sorta di poltiglia mistica tra questo concetto e tutto l’immaginario mitico sul vampirismo, perché idealmente la figura del drago e quella di Dracula hanno molti punti di contatto.