I Trivium hanno abituato i loro seguaci a cambiamenti continui, che raramente hanno snaturato il loro sound o spaccato in maniera radicale la propria fan base. La svolta melodica e orientata all’old school di “Silence In The Snow” segna tuttavia una delle virate più marcate nel percorso del gruppo; abbiamo quindi approfittato della cortesia del frontman Matt Heafy per andare a sviscerare le cause che hanno portato a questa decisione, assieme alle ispirazioni, alle influenze e alle aspirazioni che hanno forgiato un’opera che sta comunque riscuotendo un successo pari, se non superiore, agli album precedenti. MKH si conferma una persona molto diversa dall’inesperto adolescente degli esordi, che si era attirato le antipatie di qualche addetto ai lavori per comportamenti poco professionali: il 29enne è oggi un professionista nei rapporti con la stampa (lo dimostra la disponibilità nell’effettuare uno spelling di una serie di nomi giapponesi), ma soprattutto una persona matura e sveglia, con cui è piacevole intrattenere una conversazione. Di seguito il resoconto della nostra chiacchierata…
COSA HA PORTATO A QUESTO CAMBIAMENTO NEL TUO MODO DI CANTARE?
“Ho sempre desiderato essere un cantante come Bruce Dickinson, Ronnie James Dio o Freddie Mercury, è tutta la vita che lavoro sulla mia voce per capire sin dove riesco ad arrivare. Oggi ho fatto questo passo importante. Non posso dire di essere ‘arrivato’ come cantante, però mi sento sicuramente più a mio agio davanti al microfono. Ho lavorato con un nuovo istruttore per l’ultimo anno: Ron Anderson mi ha aiutato a trovare la mia vera voce. Quando fondammo i Trivium ero capace solo di urlare, ho lavorato molto su me stesso per riuscire a cantare nel vero senso del termine e in maniera decente”.
SONO ANNI CHE TI PREPARI E CHE STUDI, DUNQUE…
“Sono ormai 10 anni che studio. Quando iniziai coi Trivium avevo 13 anni, non sapevo far altro che urlare. Nel corso della nostra evoluzione musicale abbiamo cominciato ad introdurre parti cantate sempre più frequenti, da lì ho avuto la necessità di migliorarmi. E’ stato un processo molto lungo, che non si è mai interrotto. Anche quando non sono in tour mi esercito tutti i giorni, alla voce e alla chitarra”.
PENSI CHE IL VOSTRO PUBBLICO ACCETTERA’ QUESTA SVOLTA MELODICA?
“Non lo trovo un salto così grande. Già da ‘Ember To Inferno’ abbiamo fatto capire che siamo un gruppo che ama le grandi melodie e i sing-along, come gli Iron Maiden, come i Judas Priest. ‘The Crusade’ aveva già molta melodia al suo interno. Volevo essere un buon cantante, non un buon urlatore. ‘Silence In The Snow’ può finalmente confermare dove sono arrivato, è un traguardo personale”.
PAOLO, COME TUA SPALLA NEI MELODICI, HA SCRITTO QUALCHE LINEA VOCALE?
“In fase compositiva e in studio faccio tutto io. Dal vivo Paolo si occupa delle backing vocals e Corey mi aiuta con lo screaming. Anche loro sono migliorati moltissimo nel canto”.
HO LETTO CHE IL BRANO “SILENCE IN THE SNOW” ARRIVA DELLE SESSIONI DI “SHOGUN”. COME MAI L’AVETE RIESUMATO SOLO OGGI?
“Sette anni fa suonammo con gli Heaven And Hell in Giappone. Ai tempi li conoscevo solo di fama, ma Corey, da grande fan, mi trascinò ad assistere al loro show. La loro performance ci colpì nel profondo: da quell’esperienza nacquero molti discorsi sulla storia della musica e sull’evoluzione del rock e del metal, oltre sullo stile di canto. Quella canzone ai tempi era un esperimento, che voleva andare nella direzione del metal vecchia scuola. ‘Shogun’ però si rivelò un album molto tecnico e quella canzone non si adattava del tutto, essendo strutturalmente più ‘leggera’. Nel 2007 non eravamo inoltre pronti, a livello compositivo, a fare quel salto nell’approccio alla canzone che abbiamo attuato oggi”.
GLI AVENGED SEVENFOLD HANNO PRESO UNA STRADA SIMILE ALLA VOSTRA NEL LORO ULTIMO DISCO. PENSI RISCOPRIRE LE SONORITA’ CLASSICHE POSSA DIVENTARE UN TREND NEL FUTURO PROSSIMO?
“Non so se possiamo parlare di trend. Penso però che sia molto importante per un appassionato di musica metal che si è recentemente approcciato al genere, chi ascolta metal contemporaneo come per coloro che ascoltano le frange più estreme, andare ad ascoltare i progenitori di questo filone musicale. Consiglio di guardare indietro e dare un ascolto ai migliori gruppi storici, a chi ha inventato il genere. Noi volevamo essere ispirati da coloro che hanno ispirato i nostri idoli: Iron Maiden, Black Sabbath, Judas Priest, Ozzy, Dio e Rainbow. Volevamo scavare a fondo nelle produzioni di questi gruppi e creare una combinazione col suono che hanno sempre avuto i Trivium, fondendolo nella tradizione delle più grandi band Heavy Metal”.
C’E’ QUALCHE TIPO DI CONCEPT, UNA VISIONE CHE UNISCE I BRANI?
“Il titolo ‘Silence In The Snow’ è ispirato a un antico dipinto della tradizione giapponese, dove dei guerrieri tatuati combattono nella neve – il quadro raffigura la storia di Yuki No Danmari (‘Silence In The Snow’ in inglese) dalla serie di racconti Suikoden. La copertina invece rappresenta Ibaraki, tratta dall’antico racconto di Ibaraki contro Watanabe No Tsuna (inseriamo queste informazioni grazie all’interminabile spelling del cortese MKH, ndR). Il teschio è stato disegnato dal mio tatuatore per poi essere trasformato in una vera maschera, che adorna la copertina dell’album”.
HO LETTO CHE L’INTRO STRUMENTALE E’ FIRMATA IHSHAN. E’ IL SUO UNICO CONTRIBUTO AL DISCO?
“E’ così. Volevamo un’introduzione atmosferica e abbiamo pensato ad Ihshan degli Emperor. Siamo loro fan da tempo immemore, quindi l’abbiamo contattato e lui ha accettato. Ha creato il brano sulla base del l’artwork di copertina, ed è venuta un’intro molto epica e cinematografica, che si abbina perfettamente all’album”.
COSA INTENDI QUANDO DICI CHE AVETE VOLUTO RISPOLVERARE IL VECCHIO MODO DI MIXARE E MASTERIZZARE? PENSI INOLTRE ABBIA UN SENSO NELL’ERA DELLA MUSICA DIGITALE?
“Con la digitalizzazione della musica è cominciata quella che chiamano ‘Loudness War’. Vuol dire che produttori, ingegneri del suono, mixer e masterer hanno iniziato a registrare la musica con livelli di volume sempre più alti, per primeggiare sulla concorrenza alla radio. Il problema è che oltre un certo limite si va a sacrificare la gamma dinamica e il suono diventa compresso, nei casi peggiori addirittura distorto. Perchè il ‘Black Album’ suona così bene? Cosa fanno gli Iron Maiden per fare suonare così i propri dischi? La risposta è nella registrazione. Se non si rincorre il volume girando la manopola la gamma dinamica resta inalterata, il suono non sembra ‘esplodere’ ma resta veritiero e fedele”.
I RISULTATI SI POSSONO APPREZZARE ANCHE SU UN MP3 O IN STREAMING?
“E’ sufficiente uno streaming di media qualità per poter sentire la differenza, ovviamente alzando il volume. Sia ascoltandolo nelle cuffie dell’iPhone che mettendo il vinile su un impianto hi fi si può sentire il divario tra ‘Silence In The Snow’ e gli altri dischi oggi sugli scaffali”.
PROFESSI IN CONTINUAZIONE IL TUO AMORE PER LA MUSICA ESTREMA, ATTRAVERSO LE MAGLIE CHE INDOSSI E LE TOPPE SULLA GIACCA. QUESTA TUA PASSIONE INFLUENZA ANCHE LA MUSICA DEI TRIVIUM IN QUALCHE MODO?
“Penso si possa ancora sentire l’influenza fondamentale del death melodico nei nostri riff. Il mio screaming ovviamente è derivato dal death. Per quanto riguarda il black è rarissimo rintracciare qualcosa. Gli Emperor, per tornare a Ihshan, mi hanno comunque plasmato in maniera determinante: non hanno mai fatto due volte lo stesso album, non sapevii mai cosa aspettarti quando andavi ad ascoltare una nuova uscita. Coi Trivium stiamo tentando di fare lo stesso, di non ripeterci mai e di essere imprevedibili ad ogni nostro passo, senza comunque tradire noi stessi. Ogni gruppo che amo, dagli Iron Maiden agli In Flames, va a influenzare la nostra musica”.
SUL PALCO SEI SEMPRE MOLTO IMPOSTATO, CONTROLLATO. QUESTO TUO MODO DI ESSERE E’ CORRELATO ALLA PRATICA DI ARTI MARZIALI?
“Mmmh… (Ci pensa per qualche secondo, ndR). Può darsi. Quello che continuano ad insegnarmi le arti marziali, tutti i giorni, è il creare qualcosa dal nulla. Le arti marziali inoltre mi hanno insegnato ad essere molto metodico nell’esercizio: come mi impegno quotidianamente nel jiu jitsu e nello yoga mi dedico al canto e alla chitarra, per almeno un’ora al giorno. Mi fa sentire meglio, inoltre mi ha reso una persona mente-centrica”.
MI PARE DI CAPIRE CHE SEI ANCHE UN AMANTE DEL CIBO. SAI CHE NOI IN ITALIA PRENDIAMO IL CIBO MOLTO SUL SERIO, E SAI ANCHE CHE ABBIAMO SPECIALITA’ MOLTO DIVERSE DA REGIONE A REGIONE. HAI UN PIATTO ITALIANO PREFERITO?
“Oddio, l’Italia è stupenda! Abbiamo passato recentemente un fantastico day-off a Milano e ne abbiamo approfittato per una cena coi fiocchi, dove abbiamo condiviso ogni piatto per assaggiare più pietanze possibili: ricordo ancora l’ossobuco, la burrata e il vino eccezionale. Abbiamo visitato il ‘Bar Luce’ di Wes Anderson, presso la Fondazione Prada, un’esperienza indimenticabile. Adoro anche i piatti più semplici e ‘poveri’, come la piadina e lo gnocco fritto! Quest’ultimo lo adoro davvero tanto, non è così facile da trovare a Milano. Siccome i parenti di Paolo sono di Treviso non potevamo esimerci dal passare del tempo anche da quelle parti, gustando Prosecco e la cucina tipica di quella regione”.