Disco di ritorno e rinascita, il nuovo “Fenice”, per i tortonesi Ufomammut. Realtà tra le più blasonate dell’intero panorama stoner/sludge/doom internazionale, quella del trio piemontese è una formazione che si era trovata in un’inattesa empasse proprio pochi mesi prima che il mondo collassasse nella pandemia. Il cambio di batterista ha ora riportato in piena attività il terzetto, che con “Fenice” va a rompere quella cornice di pressione e pesantezza venutasi a creare con gli ultimi, eccellenti, lavori. Il disco di quest’anno va invece in una direzione opposta, ricongiungendosi per alcuni versi alle prime uscite della formazione, così scarno e in parte scevro di rumore. Un discorso più calmo e introspettivo, che vede in ogni caso il gruppo mantenersi sui livelli qualitativi che gli sono abituali. Nell’intervista a tre voci che segue è palese la voglia di ripartenza, di rimettersi in moto e andare verso nuovi orizzonti, dopo un paio d’anni di stasi.
NON SONO STATI PROPRIAMENTE ANNI FACILISSIMI GLI ULTIMI, SIA PER LE BEN NOTE VICENDE PANDEMICHE CHE UN PO’ TUTTI HANNO DOVUTO SUBIRE, SIA PER IL CAMBIO DI LINE-UP AFFRONTATO E L’ESSERVI TROVATI DAVANTI A UNA INATTESA ‘RIPARTENZA’. COME AVETE AFFRONTATO QUESTO PERIODO E COSA VI HA LASCIATO, IN POSITIVO E IN NEGATIVO?
– Urlo: E’ stato un periodo nuovo per tutti, qualcosa di mai vissuto prima.
Mi ha insegnato in positivo a prendere il tempo in un modo diverso, ad affrontare ogni cosa in un modo differente. Ho passato molto tempo a suonare, ho cercato di trasformare le mie emozioni in musica componendo il secondo lavoro di The Mon, il mio progetto solista.
Ho imparato a non dare le cose troppo per scontate, letto tanto e ricominciato a guardare il mondo attorno in maniera diversa. Infine, ho cercato di dare tutto me stesso per le cose a cui tengo di più, tra cui, sicuramente, Ufomammut.
– Levre: Personalmente devo dire che gli ultimi due anni e mezzo sono stati un periodo di vita con emozioni davvero altalenanti. Le paure e le angosce della pandemia, l’apprensione per parenti e amici, si sono mischiati con la grande emozione di essere entrato nella band (Poia e Urlo mi chiesero infatti di entrare negli Ufomammut pochi giorni prima del primo lockdown del 2020) e l’estrema voglia di suonare e organizzare il futuro del gruppo. Purtroppo per alcuni mesi ci siamo dovuti bloccare con le prove e la scrittura dei brani, del resto immagino come quasi tutti nel nostro mondo, e ci siamo riattivati solo dopo mesi, nel momento in cui ci si poteva nuovamente spostare e banalmente uscire di casa. Ricordo che quel periodo lo abbiamo comunque vissuto in modo positivo, poiché avevamo tutti noi un fine comune, ossia di comporre nuova musica, condividerla con i nostri fan e di ritornare in futuro a suonare live.
– Poia: È stata una deviazione inaspettata dalle consuetudini e dalla vita sempre di corsa che ormai fluiva senza sosta. Un momento difficile per tutti, certo, e fortunatamente per noi e le nostre famiglie non tragico. Abbiamo iniziato tutti a rallentare, insieme al mondo attorno. Ed è stato sicuramente utile per cercare di radunare forze e idee e cambiare prospettiva di fronte ad un incognito più grande di noi. Soprattutto all’inizio.
CHE COSA HA PORTATO IL NUOVO ENTRATO LEVRE ALLA CAUSA DELLA BAND? COME VI SIETE TROVATI A SUONARE CON UNA PERSONA DIVERSA ALLA BATTERIA, DOPO TUTTI GLI ANNI TRASCORSI CON VITA IN QUEL RUOLO?
– Urlo: Siamo amici con Levre da tanti anni ormai, è parte della famiglia dal 2015. Da qualche anno Poia ed io suonavamo assieme a lui in un progetto parallelo ed è stato quindi naturale proseguire questa avventura con lui. C’è un’alchimia molto forte tra noi. Siamo parecchio diversi, ma ci completiamo alla perfezione.
– Poia: Levre e Vita hanno un’attitudine differente, anche come musicisti. Uno non può sostituire l’altro e fanno parte di due momenti diversi dell’esistenza della band. Con Vita abbiamo passato più di vent’anni a fare dischi ed in tour insieme in tutto il mondo. Per farla breve, abbiamo condiviso gioie e dolori dell’essere parte di un gruppo rock per così tanto tempo, per cui la sensazione, all’inizio, era sicuramente inedita, strana. Ma avendo già avuto modo di suonare insieme, non è stato per nulla complicato trovarsi a improvvisare musica con Levre, anche se, questa volta, come Ufomammut.
“FENICE” SEGNA APPUNTO UNA RINASCITA, UN CAPITOLO CHE SA DI UNO STACCO CON IL PASSATO, COME SE FOSTE ANSIOSI DI APRIRE UN NUOVO CAPITOLO. IN COSA SIETE CAMBIATI, SOTTO QUALI ASPETTI POSSIAMO COGLIERE QUESTO DESIDERIO DI RINASCITA, ASCOLTANDO “FENICE”?
– Levre: Credo che ci sia stata una naturale evoluzione, in primis di noi stessi come persone, poi come musicisti e, di conseguenza, come band. A mio parere questi anni di continuo cambiamento hanno davvero inciso molto sulle nostre vite, e verosimilmente queste nostre emozioni le abbiamo in qualche modo riversate in musica. Credo che ciò che abbiamo composto in quei mesi sia il derivato di un processo (anche artistico) che non per forza doveva essere uno stacco col passato. Semplicemente abbiamo composto “Fenice” in totale libertà di espressione, cosa per noi basilare e importantissima, e ciò che ne è scaturito è sicuramente qualcosa di diverso rispetto ai dischi precedenti.
– Urlo: Personalmente mi sento più libero, senza più vincoli e col desiderio di fare tutto quello che ci può passare per la testa. Con Levre si è sicuramente aperto un capitolo nuovo che spero ci porterà ad esplorare sempre più e ad evolverci il più possibile.
– Poia: Ho passato il mezzo secolo. La crisi di mezz’età è coincisa con quella della band che abbiamo fondato nel ‘99. Ora si riparte e l’obiettivo è ancora quello di creare mondi musicali, seguendo il nostro giovane istinto da anziani, e la presenza di Levre sarà fondamentale.
“FENICE” SUONA MENO DENSO, PESANTE, PRESSANTE DI UN DISCO COME “8”: ERAVATE UN PO’ STANCHI DI ESSERE COSÌ FRAGOROSI, VOLUMINOSI, D’ASSALTO? SERVIVA UN PIZZICO DI QUIETE E DISTENSIONE, DI LINEARITÀ, PER RICOMINCIARE?
– Urlo: “Fenice” è uscito così, naturalmente, senza pensare a quello che volevamo fare. Gli ultimi dischi, come hai notato anche tu, erano senza respiro, ‘a cannone’ sempre. “Fenice” respira, è lo specchio di quello che avevamo dentro nel momento in cui è stato composto.
– Levre: Sicuramente il mio ingresso nella band ha per forza di cose cambiato in qualche modo l’assetto e il metodo di comporre i pezzi, e credo sia normale quando c’è un nuovo membro in una band. Come dicevo prima, il processo compositivo è stato davvero molto puro e libero: non ci siamo dati dei paletti stilistici o delle particolari linee guida da seguire, quindi le parti di distensione nell’album sono uscite in modo davvero naturale e senza forzature. Forse se le abbiamo composte, in effetti, credo che ne avessimo bisogno.
– Poia: Non c’è stata premeditazione. Semplicemente doveva essere un momento di passaggio, da un varco dimensionale ad un altro. Un modo per guardarci intorno prima di ricominciare a fare sul serio.
NELLE DICHIARAZIONI DI PRESENTAZIONE ALL’ALBUM, PARLAVATE APPUNTO DI UNA PROGRESSIVA PERDITA DI SPONTANEITÀ NELLA VOSTRA MUSICA E DELLA NECESSITÀ DI RIAPPROPRIARVI DI UNO STILE PIÙ ESSENZIALE. DA COSA È DERIVATA QUESTA RIFLESSIONE?
– Urlo: Personalmente ho sempre pensato che “Ecate” ed “8” fossero troppo simili, sentivo che ci eravamo seduti. Gli ultimi lavori erano quello che eravamo diventati, rabbiosi, ognuno sembrava suonare per se stesso, non per la band. “XX”, la versione acustica di alcuni nostri classici, mi aveva ancor più dato quell’idea. Eravamo lontani, su piani differenti.
C’è voluto tempo, ma ora sento che siamo tornati, che suoniamo come un unico strumento, che siamo Ufomammut.
“FENICE” È UN’UNICA COMPOSIZIONE DIVISA IN VARI CAPITOLI: UN MODO DI SCRIVERE MUSICA CHE VI È CONGENIALE ED È SERVITO A DARE ANCHE A QUEST’ULTIMO ALBUM QUELL’IDEA DI LUNGO RACCONTO CHE NE È ALLA BASE. NEL FARE QUESTO, QUANTO VOLEVATE ALLONTANARVI DA QUELLO CHE AVEVATE FATTO IN PASSATO, PENSO AD ESEMPIO A “EVE”, CHE AI TEMPI VI CONSENTÌ UN SALTO IN AVANTI IN TERMINI DI VISIBILITÀ E ATTENZIONE DA PARTE DEI FAN?
– Urlo: L’idea di partenza era quella di fare un brano della durata di venti minuti, far uscire un EP. Tutto è nato dall’arpeggio di “Metamorphoenix”, poi lentamente il pezzo è cresciuto e in pochi mesi eravamo arrivati a superare i trenta minuti di musica. Mancavano delle parti e abbiamo dato vita all’apertura di “Duat”, a “Kheperer” e al ponte che introduce “Metamorphoenix” e ci siamo ritrovati con un disco da quasi quaranta minuti tra le mani… Per noi “Fenice” è un pezzo unico, da ascoltare dall’inizio alla fine.
– Poia: Hai citato “Eve”, che secondo me è il nostro lavoro migliore, il più organico e focalizzato. Finora è l’unico che adesso, quando lo ascolto, mi pare composto da un altro gruppo. Da una band di quelle brave, che adoro. Credo che anche “Fenice” potrà riservarmi a breve sensazioni affini.
NEL DISCO SI NOTA UN’ACCRESCIUTA IMPORTANZA DI SINTETIZZATORI E VOCE PULITA: DUE ASPETTI CHE SI COGLIEVANO ANCHE IN “8” E ORA HANNO GUADAGNATO ULTERIORE TERRENO. C’È QUALCHE RAGIONE PARTICOLARE NEL FATTO DI DARE MAGGIOR RISALTO ALLA VOCE, UTILIZZATA IN QUESTO MODO, E AI SYNTH?
– Levre: È vero, quando abbiamo composto le parti di synth, abbiamo fin da subito voluto delle sonorità più graffianti, forse diverse dagli album precedenti. Abbiamo principalmente usato una drum machine (il Moog DFAM), un Kaossilator (soprattutto per effettistica), il Moog Little Phatty (per delle parti di bassi e synth aggiuntivi) e un Microkorg XL (soprattutto per i synth pad e sottofondi) e credo che grazie all’insieme di questi strumenti siamo riusciti ad arrivare a ciò che volevamo, ossia una completezza sonora per tutto l’album.
– Urlo: Durante la pandemia, come dicevo, ho lavorato ai nuovi brani di The Mon, sono molto acustici e tranquilli e ho avuto la possibilità di invitare ospiti che stimo tantissimo per alcune parti vocali (Steve Von Till dei Neurosis e Colin H. Van Eeckhout degli AmenRa). Lavorare con loro e al disco mi ha aiutato molto a cercare di migliorare le parti vocali nel nuovo disco degli Ufomammut, a dare una maggior importanza alla voce.
POSSIAMO AFFERMARE CHE QUESTO È FORSE L’ALBUM DOVE ‘RISCHIATE’ DI PIÙ? AVEVATE ORMAI UN’IDENTITÀ CONSOLIDATA E DI SUCCESSO, PER I CANONI DELLA MUSICA UNDERGROUND, NON TEMETE CHE “FENICE” POSSA SPIAZZARE CHI VI SEGUE DA TANTO TEMPO?
– Urlo: Può essere, ma per noi è fondamentale fare quello che amiamo fare, cioè suonare. Credo che ripetere se stessi come fanno tantissime band sia molto triste.
– Poia: Ho sempre pensato che il modo migliore per essere vicini e portare rispetto a chi apprezza la nostra musica sia quella di concentrarci su quello che vogliamo fare per noi stessi come musicisti e artisti nel vero senso della parola, e non curarsi delle reazioni o delle ‘regole’ che occorre seguire per non perdere consensi. Insomma, ciò che facciamo deve piacere prima di tutto a noi.
VOI SIETE STATI E SIETE SOPRATTUTTO UNA LIVE BAND INSTANCABILE: COM’È LA RIPARTENZA DOPO DUE ANNI LONTANI DAI PALCHI, CON UNA NUOVA LINE-UP E UNA MODIFICA ABBASTANZA SOSTANZIALE DEL VOSTRO SUONO?
– Levre: Credo che potrà essere un po’ strano dopo questi anni di incertezze e di stop generale del mondo dei concerti. In questi mesi di organizzazione pre-uscita dell’album e pre-tour ci stiamo accorgendo che alcune dinamiche (soprattutto rispetto alla logistica, al settore del booking e ai costi) sono per forza di cose cambiate e in alcuni casi diventate più complicate. Questa estate (l’intervista è stata realizzata poco dopo la metà di maggio, ndr) ci sarà un’esplosione di concerti a tal punto che non si riuscirà a stare dietro a tutto, ed è a parer mio una cosa positiva perché ciò vuole dire più lavoro anche per le maestranze e per tutti coloro che vivono nel settore musicale. Penso che il tour primaverile/estivo sarà anche molto emozionante, per me saranno le mie prime date come nuovo batterista. Non vedo davvero l’ora di salire sul palco di nuovo.
– Urlo: È strano, viviamo in un momento storico in cui la certezza non esiste, in cui non sappiamo come sarà il domani e poter suonare dal vivo è un’emozione diversa. Ma è quello che sappiamo fare meglio, quindi non vedo l’ora.
– Poia: Per ora, le prime due date in Italia sono andate molto bene, sia come intesa sul palco che come risposta della gente. Adesso ci aspetta un primo breve tour in cui scopriremo presto se siamo ancora instancabili.
COME CAMBIERÀ, SE LO FARÀ, IL VOSTRO MODO DI INTERPRETARE I LIVE, CON UNA PROPOSTA DIVENUTA CON L’ULTIMO ALBUM MENO VISCERALE E ARREMBANTE E PIÙ INTIMISTA E RIFLESSIVA?
– Urlo: L’unica risposta è venirci a sentire (risate, ndR).