Aspettavamo i neozelandesi Ulcerate al varco dopo il buon esordio “Of Fracture And Failure”, ma sinceramente con il nuovo “Everything Is Fire” la band ha addirittura superato sè stessa, andando a comporre uno dei platter migliori di quest’anno, almeno in ambito estremo. Non potevamo quindi esimerci dal fare qualche domanda ai ragazzi, più precisamente a Jamie Saint Merat, motore ritmico della band. Jamie non si tira indetro e ci spiega il percorso che ha portato gli Ulcerate a questi stratosferici livelli, risultando peraltro una persona piacevole e che rifugge i facili schematismi. Nel ricordarvi una volta di più l’ascolto di “Everything Is Fire” lasciamo a lui la parola.
PER PRIMA COSA POTRESTI PRESENTARE LA BAND AL PUBBLICO ITALIANO?
“Certamente. Gli Ulcerate sono una band neozelandese che è in giro da circa una decade e ha appena pubblicato il suo ultimo album intitolato ‘Everything Is Fire’, via Willowtip negli States e tramite Candlelight in Europa. Per ulteriori info vi rimando al sito internet www.ulcerate-official.com”.
COSA AVETE FATTO DALL’USCITA DI “OF FRACTURE AND FAILURE”, A PARTE SCRIVERE I BRANI DEL NUOVO ALBUM?
“Abbiamo suonato qualche data qui in Nuova Zelanda, aprendo per Nile, Decapitated, Behemoth, Psycroptic e The Amenta. A parte questo, abbiamo impiegato parecchio tempo per scrivere il nuovo materiale, circa diciotto mesi. Abbiamo anche avuto dei cambi di line up, sostituendo cantante e secondo chitarrista”.
RACCONTACI QUALCOSA DEL SONGWRITING E IN CHE COSA IL MATERIALE NUOVO DIFFERISCE DA QUELLO VECCHIO…
“Non credo che ci siano molte differenze rispetto alle ultime tracce che abbiamo scritto per ‘Of Fracture And Failure’ (‘Defaeco’, ‘Martyr Of The Soil’, ‘Mask Of The Satyr’): semplicemente sono l’evoluzione di queste ultime. Come già detto, ci siamo presi diciotto mesi da quando siamo partiti. Abbiamo scritto due o tre brani per volta e li abbiamo registrati in pre-produzione prima di procedere con un altro blocco di tre. In questo modo abbiamo avuto il tempo di appropriarci delle canzoni e di rifinirle per un certo periodo, levigandole il più possibile. Abbiamo cercato di rendere il songwriting il più lineare possibile, partendo dalla testa di ogni singolo brano ed arrivando alla fine di esso. Ad esempio ‘Tyranny’ é stata scritta tutta in questo modo, piuttosto che come una collezione di riff da assemblare. Utilizzeremo questo approccio anche in futuro perché pensiamo che dia un risultato più organico. Stilisticamente parlando direi che non ci siamo discostati da quanto fatto in passato, ma abbiamo raffinato la nostra proposta. Ci sono ancora parti caotiche, ma, dopo due anni di concerti live, siamo riusciti a separare quello che funzionava meglio da quello che non andava ed abbiamo trovato un metodo ottimale per incorporare nel nostro sound le differenti atmosfere che poi si sentono su disco”.
COME VI E’ VENUTA L’IDEA DI MISCHIARE INSIEME DEATH METAL E POST CORE?
“Dire che mischiare insieme due generi musicali mi pare un modo strano di descrivere ciò che stiamo facendo. Non è questa la nostra intenzione e di certo non è stata un’idea nata dal nulla. Siamo insieme da quasi dieci anni e se ascolti tutto il nostro materiale dall’inizio alla fine capirai come siamo arrivati al nostro sound attuale. Odio la nozione secondo la quale il metal estremo può evolvere solo in determinati modi e se aggiungi qualche variabile diventa subito ‘death jazz’ o qualcosa del genere. Non credo che quello che facciamo noi possa considerarsi più avanguardista di quanto fatto da band quali Gorguts o Immolation”.
CI SONO DELLE BAND CON LE QUALI SENTITE DI AVERE DELLE COSE IN COMUNE?
“Ci vediamo bene accanto a band quali Immolation, Exmortem, Gorguts, Deathspell Omega, Blut Aus Nord, Antaeus, Portal, The Amenta ed anche Hate Eternal per il fatto che quando penso al metal estremo queste sono le prime band che mi vengono in mente, per il loro sound oscuro e per il fatto che non sono mai scese a compromessi. Noi siamo solo un gruppo di ragazzi che amano la musica e ai quali non può fregare di meno in quale scena vengono inseriti”.
COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI?
“Piuttosto bene, abbiamo fatto tutto metodicamente. La batteria l’abbiamo registrata in due giorni alla fine di agosto del 2008, e un mese dopo avevamo terminato tutti gli altri strumenti, considerando un lavoro medio di un paio di giorni per strumento. Come dicevo prima, abbiamo fatto un sacco di pre-produzione in fase di scrittura, quindi le sperimentazioni le abbiamo compiute in quei frangenti: tonalità differenti, accordature, posizionamento dei microfoni eccetera. Questo é il primo lavoro nel quale abbiamo sperimentato il basso distorto, che dà un sound molto pieno e si sposa perfettamente con le chitarre”.
DI COSA TRATTANO I TESTI?
“I testi trattano l’idea che non ci sia niente di assoluto al mondo, che tutto è in costante cambiamento ed evoluzione. L’angolazione dalla quale guardiamo l’argomento è quella che ci è stata fornita dalla nostra esperienza come esseri umani. La nostra specie è arrogante e si dà troppa importanza e questo si riversa su tutto: sull’etica, la politica, la religione, l’ecologia, attraverso le nostre interazioni quotidiane con tutto ciò. E’ una posizione ateista e pericolosamente vicina al nichilismo, ma abbiamo provato a liberarci delle pastoie del tradizionalismo per vedere le cose come realmente sono”.
COSA VI ISPIRA MAGGIORMENTE QUANDO SCRIVETE MUSICA E TESTI?
“La musica; tutto ciò che abbia un po’ di feeling e di integrità, che non deve essere per forza in ambito extreme metal. Non siamo grandi fan di quelle band che vogliono compiacere gli ascoltatori e modellano il loro sound per rientrare nei tipici canoni di un determinato genere: noi infatti trattiamo i cliché come una piaga. I testi rappresentano la nostra visione collettiva sulla vita, non scriviamo roba fantasy o comunque di fantasia”.
QUAL E’ IL SIGNIFICATO DEL TITOLO DEL VOSTRO NUOVO ALBUM?
“E’ una citazione del filosofo greco Eraclito e, come ho detto prima, è un modo per dire che tutto è in movimento e quindi accettare delle ‘verità’ e poi fare la guerra (in maniera figurata o letteraria) a queste ‘verità’ è una cosa incredibilmente miope. Più o meno ogni cento anni i grandi paradigmi del pensiero, siano essi politici, scientifici o sociali, cambiano radicalmente e guardando indietro ci sembrano cose arcaiche; come specie non abbiamo ancora afferrato l’idea che forse il presente non è definitivo ed immutabile. Eppure abbiamo ancora a che fare con dei fanatici religiosi fascisti o dei razzisti rampanti. Idioti”.
COME SIETE ARRIVATI AL NUOVO CONTRATTO? NON VI TROVAVATE BENE CON LA VOSTRA PRECEDENTE ETICHETTA?
“Abbiamo interrotto i rapporti con la Neurotic Records insieme ad alcune altre band quando le linee di comunicazione si sono drasticamente interrotte per un paio di mesi, peraltro cruciali per noi, quindi abbiamo deciso di cercare un’altra etichetta. Abbiamo avuto bisogno di cercare una consulenza legale per risolvere alcune pendenze con la Neurotic, ma volevamo tenere la nostra musica ben separata da questa situazione. Poi abbiamo trovato la Willowtip che ci pubblica negli States e non c’è bisogno di dire nient’altro, dato che la fama dell’etichetta la precede. Il contratto con la Candlelight é un graditissimo bonus che abbiamo accettato con entusiasmo”.
AVETE PIANIFICATO QUALCHE DATA PER SUPPORTARE DAL VIVO “EVERYTHING IS FIRE”?
“Abbiamo un paio di contatti internazionali ma sono ancora allo stato embrionale, quindi preferirei non dire ancora nulla. Poi ovviamente faremo un piccolo tour qui in Nuova Zelanda e il prossimo anno dovremmo raggiungere l’Australia per un buon numero di concerti”.
COM’E’ LA SCENA IN NUOVA ZELANDA? E’ DIFFICILE SUONARE LIVE?
“Sì e no. Noi abbiamo un’organizzazione piuttosto ‘do it yourself’ e per noi quindi non è un grosso problema. Detto questo, dalle nostre parti un paio di promoter locali hanno praticamente il monopolio sulle date e questo è un peccato. Ma se la band hanno voglia di fare da sole, senza confidare in qualcuno che faccia l’elemosina, si possono mettere su spettacoli estremamente divertenti”.
CHE OBIETTIVI VOLETE RAGGIUNGERE CON LA VOSTRA MUSICA?
“Non so se abbiamo mai pensato ad un obiettivo per la nostra musica. Siamo abbastanza soddisfatti nello scrivere e nel suonare i nostri brani e ci teniamo a rimanere il più possibile fedeli a noi stessi. Non abbiamo quel tipo di personalità che ci porterebbe a toccare il fondo e ci farebbe scrivere musica per intrattenere scimmie. Ci piace quello che ci piace e non credo che cambieremo questa nostra visione delle cose. Per ciò che riguarda la nostra attività, vorremo sempre riuscire a scrivere musica e a suonare dal vivo”.
UN’ ULTIMA CURIOSITA’: NELLA BIO ALLEGATA A “OF FRACTURE AND FAILURE” SI DICEVA CHE QUANDO NON ERAVATE IMPEGNATI NEGLI ULCERATE ALCUNI DI VOI AVEVANO UN PROGETTO JAZZ: E’ ANCORA ATTIVO QUESTO PROGETTO?
“Non credo che nessuno di noi abbia mai sostenuto di suonare jazz. Abbiamo molti interessi inerenti varie sfaccettature dell’arte, ma non ho mai asserito di poter suonare del jazz”.
GRAZIE PER L’INTERVISTA: VUOI AGGIUNGERE QUALCOSA?
“Grazie mille a te, abbiamo apprezzato l’interessamento”.