Uli Jon Roth è un chitarrista stimato ed universalmente riconosciuto nel panorama rock internazionale. Inizialmente famoso per la sua militanza negli Scorpions, dopo la sua dipartita dalla band il chitarrista di Duesseldorf negli anni ha continuato regolarmente a sfornare dischi ed addentrarsi sempre di più in un sound che fonde rock e musica classica in uno stile unico. Con il nuovo “Under A Dark Sky” Uli Jon Roth ha dato alla vita uno dei dischi migliori degli ultimi anni, un platter che farà la gioia sia degli amanti delle orchestrazioni sia dei rocker più incalliti.
ULI, INIZIAMO SUBITO ENTRANDO NEL VIVO DI “UNDER A DARK SKY” PER CAPIRE COME E’ NATO.“L’idea di scrivere ‘Under A Dark Sky’ è nata circa un paio d’anni fa, ma una volta iniziati i lavori ho scritto le canzoni molto velocemente. Da tanti anni era mia intenzione scrivere un concept come questo, un disco che lega la trama alla musica utilizzando orchestra, chitarre, cori e favolosi cantanti. Anche se ho compiuto degli esperimenti del genere in passato, ‘Under A Dark Sky’ è il mio primo vero disco legato dall’inizio alla fine in questo modo. Le canzoni fanno tutte parte di un tema principale. Sono le mie sensazioni, mi sento davvero di vivere sotto un cielo cupo. Ho il rigetto nel vedere cosa accade nel mondo reale ogni giorno. Purtroppo allo stesso modo non posso chiudere gli occhi e fingermi cieco solo per non guardarmi attorno. Come artista il mio dovere è di rispondere alle mie sensazioni con l’arte, che sia musica, scrittura o teatro. La vita nel mondo da sempre è molto complicata e difficile, ma negli ultimi anni le cose stanno andando veramente molto male, stiamo assistendo al declino del pianeta. Io vorrei spronare le persone a divenire più consapevoli di ciò che ci circonda, perché continuando in questo modo, in un futuro non molto lontano, gli uomini dovranno prendere decisioni molto serie e importanti per salvare il nostro pianeta. Capisco benissimo che una singola persona non può smuovere montagne, ma l’importante è non bendarsi gli occhi e far finta di nulla”.
SIN DAI TEMPI DEGLI ELECTRIC SUN HAI SPESSO INFARCITO I TITOLI DEI TUOI DISCHI CON LA PAROLA “CIELO”. E’ UN QUALCOSA DI VOLUTO?
“Sai, in effetti potremmo considerare il cielo come una mia fonte di ispirazione. Ho sempre associato al cielo tantissimi simboli e soprattutto una forza spirituale positiva. L’ispirazione che mi accompagna da anni nella scrittura dei dischi, ma non solo, proviene da un mondo etereo, astratto, non da quello cupo e grigio in cui viviamo. Questa realtà si incarna perfettamente nei simboli del cielo, per questo motivo ho utilizzato la parola stessa ‘cielo’ così tante volte”.
PARTE DEL MERITO PER LA RIUSCITA DEL TUO DISCO CREDO SI DEBBA ANCHE ATTRIBUIRE ALLE PERFORMANCE SPETTACOLARI DEI CANTANTI MARK BOALS E LIZ VANDALL, NON CREDI?
“Indubbiamente hanno fatto un lavoro ottimo, si sono dimostrati due musicisti molto professionali e soprattutto dotati di grande talento. Mark è arrivato direttamente dall’America senza conoscere nemmeno una nota delle nuove canzoni. Ha dovuto imparare tutte le sue parti mentre eravamo in studio a registrare. La cosa che mi ha stupito è che Mark in pochissimo tempo ha saputo comprendere alla perfezione lo spirito dei miei pezzi e come interpretarli, per cui è stato molto facile lavorare insieme. Anche come persona non posso certo lamentarmi, mi sono divertito a passare il tempo insieme a lui, si è rivelato una persona squisita. La stessa cosa è accaduta a Liz, che ha dovuto ascoltare, imparare e cantare direttamente in studio. Con lei ho sperimentato di più e provato un sacco di soluzioni per capire in che modo le sue parti vocali potessero calzare al cento per cento nella musica”.
SEMPRE PIU’ SPESSO NEGLI ULTIMI ANNI SEMBRA ESSERE DIVENTATO DI MODA FARE DISCHI CON L’AUSILIO DI UN’INTERA ORCHESTRA. TU CHE NE PENSI?
“Penso che tu abbia ragione, registrare un disco con il supporto di un’orchestra è diventato di moda. Ci sono casi in cui il risultato è discreto, altri sono proprio inascoltabili, si sente subito che mancano le conoscenze per comporre ed arrangiare a dovere rock e musica classica. Non voglio sembrare immodesto, ma mi sono serviti molti anni di studio sulla materia per arrivare ad un livello di conoscenza tale da comprendere bene la musica classica. Per me non ha senso comporre un pezzo rock o metal e addobbarlo con archi e fiati solo per far risultare il suono più gonfio e, come dicono loro, bombastico. Questa non è innovazione, invece proporre un genere che amalgami le varie sfaccettature della musica ha un senso solo se sotto vi è uno studio ben preciso ed una proposta che non sia tutto fumo e niente arrosto. Molti sbagliano nel pensare al rock e alla musica orchestrale come a due separate entità, io da sempre ho provato a fregarmene di queste differenze per creare qualcosa di nuovo, in uno stile mai ascoltato in precedenza”.

“Certamente, le mode danneggiano ed allo stesso tempo allettano molte giovani band. Io fortunatamente sono sempre riuscito a suonare ciò che mi piace, ma ho anche lottato per imporre le mie scelte senza nessun tipo di condizionamenti alle label. Alla fine le etichette mi hanno lasciato la libertà artistica per comporre a modo mio, purtroppo lo stesso non accade per i più giovani. Il mercato è cambiato rispetto a trent’anni fa, ai nuovi gruppi spesso vengono fatte molte imposizioni al momento della firma del contratto e, successivamente, in studio. Un po’ di colpa a dire il vero va anche cercata nei giovani musicisti che vogliono fama e soldi subito, sembra non esserci più la pazienza di pubblicare due o tre dischi per affermarsi e sviluppare il proprio sound. Oggi tutti vogliono tutto e subito, questo non va bene. Il mio consiglio è di seguire sempre la propria creatività e realizzare ciò che si sente con spontaneità ed onestà. Con queste basi ogni sogno è realizzabile”.
AD OTTOBRE SUONERAI CON I TUOI VECCHI COMPAGNI SCORPIONS A LONDRA (l’intervista si è svolta prima dell’evento, ndR). TI MANCA QUEL PERIODO?
“Sarà un grande show dove suoneremo i vecchi pezzi e ci sarà anche Michael Schenker. Gli Scorpions sono una grande band, una delle migliori in ambito rock. Per me è stato un onore suonare con loro, siamo rimasti in buoni rapporti, ma sinceramente non mi mancano. Ormai è passato tanto tempo da quando suonavo con loro, inoltre in tutti questi anni ho pubblicato molti dischi e dato sfogo alla mia creatività. Sono soddisfatto della mia carriera e di norma non mi soffermo a pensare al passato in termini malinconici. Quel che è fatto rimane impresso nella mia storia, ma ho sempre voluto concentrarmi sul presente e futuro. La festa che terremo a Londra è un bel modo di festeggiare tanti anni di attività, ma la cosa finisce lì. Sono contento di suonare con Klaus, Rudolf e tutti i ragazzi della band perché sono amici, poi ognuno continuerà a pensare alla propria carriera”.
SUL TUO SITO SEI DEFINITO COME L’ARTISTA DEL RINASCIMENTO DEL VENTUNESIMO SECOLO. TI RITROVI IN QUESTA DEFINIZIONE?
“Sono sempre stato molto affascinato dal Rinascimento e dalle personalità dell’epoca. Credo ci sia una continuità nella filosofia e nell’approccio tra me e gli artisti del Rinascimento nei confronti della nostra arte, che può essere musica, filosofia, disegno e quant’altro”.
