La fatidica terza uscita sembra aver funto da buon banco di prova per gli Ulvedharr, e l’impressione è che l’ultima release, “Total War”, possa di fatto divenire un lasciapassare per percorrere le strade di un sempre più affollato underground e fare un giro, magari prendendola larga, tra i nomi che contano. Quello che conta davvero, però, è la qualità del lavoro dei bergamaschi, e “Total War” è lì a parlare per quello che è: un disco buono e genuino da parte di una band che, come vedremo, rimane salda nella propria proposta di death metal e con i piedi ben ancorati al terreno. Abbiamo parlato di questo ed altro con Ark, cantante e chitarrista del combo, in una chiacchierata raccolta lo scorso agosto, all’indomani dell’uscita dell’album.
BENTORNATI. FATECI UN RIASSUNTO DI QUELLO CHE E’ SUCCESSO DA “RAGNAROK” AD OGGI.
– Ciao a tutti i lettori di Metalitalia! Molte cose sono cambiate, in primis nella line-up, che ha visto l’entrata del nostro nuovo guitar hero Giuseppe ‘Jack Draven’ Ciurlia che ha portato una ventata di aria fresca alla band sia in fase di composizione di accompagnamenti e assoli che in fase live, andando a rendere la presenza scenica più compatta e, a mio avviso, coinvolgente. E poi è successo che stavolta si fa sul serio: la firma con Eagle Booking prima, e con Scarlet poi, ci hanno messo su un piano più professionale, aprendo porte, a livello di live e promozione, che prima sicuramente non avevamo essendo sostanzialmente figli del ‘fai da te’, cosa che non è cambiata nel tempo ma che è divenuta un valore aggiunto a queste due figure professionali che ci seguono molto da vicino.
ECCOCI DUNQUE A “TOTAL WAR”. L’IMPRESSIONE E’ CHE ABBIATE SCHIACCIATO ANCORA DI PIU’ L’ACCELERATORE, CHE L’INTENZIONE NON FOSSE TANTO DI CERCARE QUALCOSA DI NUOVO QUANTO DI ESTREMIZZARE ANCORA DI PIU’ LA PROPOSTA. COME LA VEDETE?
– Da un certo punto di vista è vero, l’acceleratore è stato premuto eccome, ma a nostro personalissimo parere (e dunque certamente smentibile dall’ascoltatore) son stati fatti passi avanti sia a livello di songwriting che a qualità delle canzoni. Guardando un po’ indietro ai lavori precedenti, personalmente, non trovo una canzone che regga il livello di ‘Total War’. Altresì la linea guida dei nostri precedenti lavori è stata certamente mantenuta, semplicemente è come se avessimo scritto il disco Ulvedharr che avremmo sempre voluto scrivere ma che, per vari motivi, non avevamo le possibilità o le capacità di comporre. Ora siamo soddisfatti e pronti a guardare avanti, ad evolverci.
COME SI SUONA METAL ESTREMO PUR MANTENENDO INTATTA UNA COMPONENTE GROOVE, FONDAMENTALE PER ‘FARE LA DIFFERENZA’ IN UN GENERE COME IL DEATH METAL?
– Penso che la cosa sia completamente soggettiva, che sia frutto di esperienze musicali personali di ogni componente di una band in generale. Da parte nostra la ricerca del groove non c’è in nessun modo, esiste e basta, figlia di decenni di ascolti, da parte mia, che spaziano dallo swedish death metal anni ’90 ma che non si son vietati di passare tramite ad esempio ai Pantera, che pur non influenzando la stesura dei brani influenzano comunque il groove all’interno di un pezzo. Mike ha un passato come batterista hardcore/punk e, se mischi tutte queste influenze dal death all’hardcore al thrash al black di un certo tipo, il groove a un certo punto diventa automatico. Concludendo, come lo facciamo non lo so spiegare, ci riesce, a modo nostro, naturalmente.
VI DEFINITE ANCORA ‘SOLO’ (VIRGOLETTE D’OBBLIGO) UNA BAND DEATH METAL?
– Nel complesso si. Siamo consci delle grosse influenze della nostra proposta, specie dal thrash, sia come riffing che come sonorità, ma personalmente, nonostante da ormai sei anni chiunque cerchi di affibbiarci un genere specifico, associandoci a questa o quella band, la definizione ‘death metal’ mette d’accordo tutti perché non va nello specifico di nulla in particolare.
DI COSA PARLA “TOTAL WAR”? L’IMPRESSIONE E’ CHE ABBIATE MESSO DA PARTE LE INFLUENZE VICHINGHE PER DEDICARVI AL CONCETTO DI GUERRA IN VIA PIU’ GENERALE, E’ COSI?
– In realtà non abbiamo messo da parte le influenze vichinghe, le abbiamo proprio tolte. In “Total War” non c’è un pezzo che prenda più in considerazione l’argomento, ma per scelta e per passione ci siamo incentrati sulla storia d’Europa, specie nelle guerre che l’han martoriata. “Total War”spazia dall’impero romano, da “Legion” con Cesare e le sue legioni, passando per la presa di Roma da parte di Brenno (“Wrath of Brenn”) al declino postumo e all’arrivo di Attila con “Flagellum Dei” e le conseguenti migrazioni germaniche con “Krigaren”, andando a concludere questo racconto nei tempi dell’Inquisizione. Quindi in realtà l’argomento è molto specifico anche in questo disco, semplicemente il soggetto è diventato la nostra cara Europa, ad eccezione di “Wolves”, canzone composta appositamente per quella piccola schiera di fan accaniti che ci segue ovunque; quella canzone è per loro e parla di loro.
COME E’ AVVENUTA LA COMPOSIZIONE DELL’ALBUM? A COSA VI SIETE ISPIRATI, OLTRE CHE AL MAIN CONCEPT OVVIAMENTE?
– La composizione è durata circa un anno (che per i nostri canoni è un tempo lunghissimo) ma solo perché volevamo, appunto, scrivere un album alla Ulvedharr che non avesse pezzi sottotono, doveva essere tutto a un livello più che soddisfacente. Ci siamo presi i nostri tempi e abbiamo permesso più che mai alle nostre passioni musicali del momento d’influenzare la composizione di ogni singolo pezzo per cercare un incastro che all’ascolto risultasse ‘facile’, ma ti assicuro che certe parti per ogni singolo strumento sono un delirio da suonare come si deve; volevamo che il risultato non desse l’impressione di difficoltà tecnica ma che scivolasse via liscio all’ascoltatore.
UN VOSTRO BRANO PER DISCO DA FAR ASCOLTARE A CHI ANCORA NON VI CONOSCE?
– Diciamo i nostri (voluti o meno) cavalli di battaglia; seppur la più in voga del primo sia “Onward To Valhalla” io consiglierei “War Is In The Eyes Of Berserker (Swords of Midgard)”, “Skjaldborg” per “Ragnarök” e la title track del nuovo, appunto, “Total War”.
SIETE UNA BAND MOLTO PROLIFICA DAL PUNTO DI VISTA LIVE, E IMMAGINIAMO CHE LA RESA DEI BRANI DAL VIVO SIA UN VOSTRO PENSIERO QUANDO LAVORATE AD UN DISCO. AVEVATE QUALCHE ALTRO TIPO DI ‘OBIETTIVO’ QUANDO AVETE COMPOSTO “TOTAL WAR”, UNA FINALITA’ PARTICOLARE?
– La resa live per un gruppo come il nostro è il punto cardine su cui si regge la proposta, e di conseguenza sembra quasi scontato che la stesura dei brani riguardi prima di tutto questo fondamentale punto. E invece no, nella maniera più assoluta. La verità è che scriviamo ogni pezzo in bene o male una mezz’ora e ci aggiungiamo ‘dettagli’ nell’arco di una settimana, senza tener conto di quanto potrebbe rendere o meno in fase live. Di fatto qualche brano così come è stato scritto e registrato non ha mai trovato spazio dal vivo. E “Total War” non ha fatto differenza, permane la regola del ‘componiamo e suoniamo unicamente ciò che a noi piacerebbe sentire dentro a una canzone’.
COME SIETE CRESCIUTI COME BAND E INDIVIDUI NEGLI ULTIMI ANNI?
– La cosa bella di questo ‘mestiere’ è che hai a che fare con tantissima gente tra pubblico e addetti ai lavori, e in generale posso dire che siamo cresciuti umanamente nel modo di rapportarci con tutti. Spesso vengono affibbiate etichette a chi ha anche solo un minimo di visibilità, e proprio di recente, durante il festival di Truemetal, ho avuto modo di poter conoscere uno dei miei eroi musicali d’infanzia che da quando ero ragazzino ho sempre visto etichettato come rockstar e ‘primadonna’; ho avuto modo di parlarci, e ho trovato una persona squisita, disponibile, simpatica, ma soprattutto umile. L’umiltà non deve mancare mai, e il gruppo me lo sta e ce lo sta insegnando sempre di più.
DA “RAGNAROK” A OGGI DEVE ESSERE CAMBIATO QUALCOSA NEL TIPO DI CONTESTI A CUI VI SIETE TROVATI A SUONARE.
– Ovviamente si; ai tempi di quel disco qualche ottima occasione live non è mancata ma in linea di massima una buona maggioranza dei concerti (e non solo) era ancora a livello molto underground. Un po’ per merito personale nostro (qualche merito dovremo pur prendercelo ogni tanto – ride, NdR), ma soprattutto grazie al sostegno incrollabile del pubblico, abbiamo cominciato a calcare palchi più importanti, a lavorare con persone professionali come Save e Benny della Eagle e Filippo e staff di Scarlet, che fanno compiere automaticamente un gradino superiore nei contesti live e organizzativi. Ora sembriamo ‘quelli veri’.
IN GENERALE, COME VEDETE LA SITUAZIONE PER IL METAL ITALIANO NEL 2017? DAI VOSTRI ESORDI (NON SOLO COME ULVEDHARR) CHE TIPO DI COSE SONO MIGLIORATE E/O PEGGIORATE?
– Se devo dirti la verità non la vedo cambiata di molto, vedo i tempi cambiare e di conseguenza la percezione della scena. Questo paese è ricco da più di trent’anni di band metal a dir poco memorabili, che abbiano avuto successo o meno, ma siamo passati dai tempi in cui le uniche informazioni le potevi raccogliere dagli amici o tramite i pochissimi giornali di settore, ai tempi moderni in cui i social la fanno da padrone, e di conseguenza all’orecchio di tutti arrivano sia le band valide che quelle di cui si può fare a meno. Io credo che la qualità a questo paese non manchi affatto, ieri come oggi, semplicemente oggi tutti hanno accesso a tutto e questo rende la situazione controversa perché chiunque può esprimere in diretta il proprio appoggio o il proprio sdegno su questa o quella band. Siamo un paese ‘metallicamente’ di qualità, solo molto sottovalutato.
AVETE SUONATO DI RECENTE AL COLONY OPEN AIR, UN EVENTO CHE HA SCATENATO UNA SERIE DI COMMENTI E DIBATTITI ONLINE COME DA UN PO’ NON ACCADEVA NELLA SEZIONE ‘METAL IN ITALIA’. COME E’ ANDATA E COSA PENSATE DI TUTTE LE COSE CHE SI SONO DETTE?
– A noi personalmente è andata veramente benissimo. Abbiamo suonato su un palco enorme davanti a molta gente (per i nostri canoni quantomeno) condividendo lo stage con band eccezionali, stage manager e staff eccelsi, dunque riguardo a questo non abbiamo proprio nulla da che ridire. La bagarre mediatica è figlia della modernità, come appunto ho detto prima, e soprattutto del sapere/non sapere delle persone. Visto da sotto è un mondo fatato dove tutto è semplice e subito fatto, ma dietro le quinte, mentre la band prima di te sta suonando, tu stai montando tutto, i tecnici stanno allestendo un impianto 2.0 che sia pronto non appena la band on stage terminerà, in una corsa frenetica dove far combaciare tutto è un impresa vera e propria… Sul palco, dietro il palco, e soprattutto fuori dal palco a livello organizzativo e voi di Metalitalia.com sapete molto bene di che sto parlando. Son state dette molte cose, molte vere, molte false, molte supposte, ma ciò che conta è solo il risultato finale, ovvero un sacco di gente che è tornata a casa con dei gran bei ricordi ed emozioni per due giorni indimenticabili a prescindere da ogni possibile problema o dal fatto che al concerto mancavano solo i corpi speciali russi e la contraerea, ed era tutto pronto per la guerra. Di questo Colony ‘conditionating’ Air (sic!) noi portiamo a casa solo ricordi bellissimi, e molti altri come noi.
CI SARA’ UN TOUR A SUPPORTO DI “TOTAL WAR”? QUALCHE EVENTO CHE VOLETE MENZIONARE IN PARTICOLARE?
– Vedremo cosa ci riserva il futuro, qualche data è stata piazzata e qualcosa d’interessante all’orizzonte si prospetta. Ciò che ci rende così umili, sopra ogni cosa, è l’essere uguali a chiunque altro fatica ad arrivare a fine mese, e si sa che i tour costano. Vedremo subito dopo l’uscita come si metteranno le cose e, di conseguenza, agiremo.