ULVER – Siamo ancora dei lupi

Pubblicato il 13/12/2013 da

Ah, gli Ulver, croce e delizia di molti metallari duri e puri che rimpiangono i primi tempi della band, quando il black metal norvegese imperava e gli Ulver dimostrarono di esserne fieri portacolori. Poi la svolta. Il cambiamento improvviso e repentino – seppur vaticinato da un lavoro acustico – che ha schiuso le prospettive di una carriera nuova, dominata da tutt’altre sonorità che però hanno mantenuto inalterata la qualità. Hanno ampliato lo spettro artistico della loro carriera. Orchestra, opera, cinema…e ora teatro, come leggerete. Kristoffer Rygg – che i più oltranzisti e retrogradi continuano a chiamare Garm sperando magari in un ritorno a sonorità più metal – è la mente degli Ulver, da sempre. Con lui abbiamo avuto il piacere di conversare ripercorrendo tutta la storia della band norvegese, che festeggia i vent’anni di carriera, scoprendo tante curiosità relative al passato e parlando di ciò che il futuro riserverà a questo geniale gruppo. 

Ulver

QUEST’ANNO CELEBRATE I VENT’ANNI DI ATTIVITÀ. COME VI SENTITE AL RIGUARDO?
“Siamo molto impegnati in diversi progetti quindi non possiamo festeggiare. Un anno fa stavamo pensando a come celebrare questa ricorrenza ma poi ci siamo ritrovati pieni di impegni e quindi non abbiamo organizzato nulla. Non ci sarà quindi nessuna festa di compleanno, ma solo lo svolgimento della nostra solita attività”.

IL NUOVO ALBUM È STATO COMMISSIONATO DALLA “TROMSØ KULTURHUS” IN COOPERAZIONE CON LA “ARCTIC OPERA AND PHILHARMONIC ORCHESTRA”. COM’È NATA QUESTA INIZIATIVA?
“Loro si sono messi in contatti con noi. Uno dei ragazzi, il capo della House of Culture, è una nostra vecchia conoscenza, già regista del film ‘Svidd Neger’ (per il quale gli Ulver hanno composto la colonna sonora, ndR). Possiamo definirlo un nostro fan, insomma. Ula, direttore dell’orchestra, gli ha parlato dicendo che volevano inglobare una band nell’orchestra, e quindi hanno pensato a noi. Noi abbiamo preso questo interessamento come un complimento”.

NON ERA LA PRIMA VOLTA CHE COLLABORATE CON ORCHESTRA VERO?
“Avevamo collaborato con orchestre in precedenza ma con meno strumenti a corda. Ad esempio sull’album ‘Shadows Of The Sun’.  Questa volta però è stata la nostra prima volta con un’orchestra al completo. Lo scopo per noi era quello di fare una grande esperienza, resa interessante dai diversi approcci verso la musica: loro leggono musica mentre noi la sviluppiamo. Siamo stati comunque aiutati da un tipo che ci ha aiutato a scremare cose che avevamo scritto che erano impossibili da suonare nella lingua classica della musica”.

AVETE REGISTRATO MOLTE PARTI DI QUESTO NUOVO LAVORO DAL VIVO, IN STUDIO, COM’È ANDATA?
“Praticamente tutte le parti acustiche sono state registrate dal vivo, anche se qualcuna è stata editata, tagliata di qualche parte. Anche tutti gli strumenti a corda sono stati registrati live”.

DI COSA TI SEI OCCUPATO DEL NUOVO ALBUM? CHE STRUMENTI HAI SUONATO?
“La prospettiva del suonare è strana. Ho usato una Effect Box, ho cantato, prodotto, programmato e ho usato anche un software per iPad dal vivo”.

AVETE ADOTTATO UNA SCELTA DI MARKETING INUSUALE, PUBBLICARE QUESTO LAVORO IMPROVVISAMENTE E COMPLETAMENTE DA SOLI. COME MAI?
“Abbiamo sempre prodotto da noi i nostri lavori anche se la Kaledoscope li pubblicava. Abbiamo le nostre ragioni per fare così, motivazioni che coinvolgono delle prospettive economiche. Da questo punto di vista ha senso agire così visto che sono cambiate le regole del gioco, in termini di pubblicazione degli album rispetto a molti anni fa. Per noi adesso ha più senso vendere direttamente; siamo inoltre fortunati ad avere gente che si mette in contatto con noi. Possiamo quindi dire che è stata una buona mossa dal punto di vista finanziario ma d’altra parte mettere in piedi una vendita per mailorder ti fa un po’ sparire dal contesto generale, quello dominato dalle grandi distribuzioni che di fatto aiuta. Bisogna scendere a compromessi”.

LA TITLE-TRACK “AS SYRIANS POUR IN LEBANON GRAPPLES WITH GHOSTS OF A BLOODY PAST” HA UNA VISIONE POLITICA?
“Sì, in una certa maniera, ovvero quella di quanto è affascinante calare la realtà in musica. Non ha una visione politica nel senso che non prende una posizione, ma porta il peso della realtà con in sé”.

SUONERETE DAL VIVO QUALCHE BRANO DI QUESTO NUOVO “MESSE I.X-VI.X”?
“Non lo sappiamo ancora. Ma se lo faremo sarà diverso non avendo l’orchestra. Potremmo farlo, questo è quello che posso dire; di certo riadatteremo i brani in un contesto maggiormente rock-elettronico”.

PARLIAMO ORA DELLA VOSTRA CARRIERA. PERCHÈ A TUO GIUDIZIO MOLTI VECCHI METAL FAN ANCORA VI SEGUONO, CONSIDERANDO I VOSTRI DRASTICI CAMBIAMENTI MUSICALI?
“A mio giudizio ci seguono per via delle nostre atmosfere”.

NON È CHE I FAN INTELLIGENTI DEL METAL E CON LA MENTE APERTA AMANO LA MUSICA DI QUALITÀ? COME LA VEDI DA QUESTA PROSPETTIVA?
“Spero sia così. Un amante intelligente della musica dovrebbe essere aperto a nuove prospettive musicale”.

CI SONO POI ADDIRITTURA DEI FAN CHE PREFERISCONO IL VOSTRO NUOVO CORSO…
“E io sono fra questi. Ma ascolto ancora i vecchi album con un senso di nostalgia; è una cosa romantica, che rimanda a un periodo di molti anni fa. Mentre li ascolto mi domando a cosa pensavo all’epoca. Ma il tutto è una questione di contesto, di tempo, di energia. Fa tutto parte del puzzle”.

C’È UNA POSSIBILITÀ CHE IN FUTURO TU POSSA TORNARE A USARE IL NOMIGNOLO GARM E QUINDI A PRESTARE LA TUA UGOLA A QUALCHE PROGETTO DI METAL ESTREMO?
“Mai dire mai, ma adesso come adesso non direi proprio che sia possibile. E poi: la gente mi chiama ancora Garm nonostante io non usi quel nome dal 1997. Non riesco a capire il perché. È curioso come echi del passato risuonino ancora adesso”.

COME TI PONI RISPETTO AL VOSTRO NOME, ULVER, SCELTO QUANDO ERAVATE TEENAGER E QUANDO SUONAVATE DECISAMENTE METAL.  PENSI CHE IL NOME “I LUPI” ANCORA RAPPRESENTI LA VOSTRA MUSICA?
“Penso di sì  anche se con valori differenti, ma direi di sì. Ancora cattura il nostro spirito: come il lupo si isola, è affamato e assetato di sangue, e così siamo noi verso il mondo: solitari, isolati. Mitologicamente e simbolicamente ha ancora un senso per me”.

AVETE MAI PENSATO DI CAMBIARE NOME? VEDILA DA QUESTO PUNTO: SE IL VOSTRO NOME FOSSE STATO “IMMORTAL” AD ESEMPIO?
“È difficile di dire. Ci abbiamo pensato, ma qualcosa come dieci anni fa. Pensavamo di dover cambiare nome. Ma adesso non avrebbe senso, è tardi e quindi andiamo avanti così”.

IL PUNTO DI ROTTURA COL METAL NELLA VOSTRA CARRIERA È SENZA DUBBIO LA PUBBLICAZIONE DELL’ALBUM “THEMES FROM WILLIAM BLAKE’S THE MARRIAGE OF HEAVEN AND HELL”. COSA È ACCADUTO ALL’EPOCA PER FAR SÌ CHE GLI ULVER CAMBIASSERO DRASTICAMENTE PERCORSO MUSICALE? UNA SEMPLICE MATURAZIONE?
“(ride, ndR) L’hai detto tu! All’epoca ero ventiduenne, se ricordo bene. Avvenne il tutto naturalmente; a quell’età cambi molto, molta gente cambia. Non mi sentivo come se stessi scappando da qualcosa, per me stavo semplicemente sviluppando i miei interessi, le mie letture, i miei gusti musicali nonché quelli estetici. Ecco perché, ricollegandomi alla questione del cambio di nome,  è così difficile spiegare perché abbiamo deciso di mantenere il nome Ulver. Sarò onesto: a volte mi sono pentito di non averlo cambiato perché molte cose legate a questo nome hanno lavorato contro di noi, piuttosto che con noi. È delicato giudicare se sia stata una decisione saggia all’epoca”.

ABBIAMO APPREZZATO MOLTO L’ALBUM DI COVER “CHILDSHOOD’S END”, CHE HA PERMESSO DI SCOPRIRE MOLTI GRUPPI VALIDI DEGLI ANNI ’60. POTREBBE ARRIVARE UNA PARTE SECONDA DI QUESTO LAVORO?
“Non ho in mente di farlo, ad essere onesto, ma mi sono divertito a realizzare quell’album e ad ascoltarlo. In futuro potrebbe arrivare la parte seconda ma non adesso, abbiamo troppe cose da fare”.

CHE CI DICI DELLA JESTER RECORDS? È ANCORA VIVA?
“Non tanto, direi di no per essere la label degli Ulver”.

SUONI INOLTRE IN UN GRUPPO DAL NOME AETHENOR. COME SUONA? COSA FAI NEL GRUPPO?
“Faccio suoni e produco ma non siamo una band a tutti gli effetti. Facciamo qualche concerto, improvvisiamo, non proviamo. È una sorta di cosa opposta agli Ulver dove invece pianifichiamo tutto”.

AVETE LAVORATO CON L’OPERA, CON DIVERSE ORCHESTRE E FATTO COLONNE SONORE PER FILM. COSA VI MANCA DAL PUNTO DI VISTA ARTISTICO A LIVELLO DI PROGETTI? HAI ALTRI TRAGUARDI DA CONQUISTARE?
“Sì, ci sono cose che vorrei fare. Nel contesto Ulver mi piacerebbe suonare di fronte a più gente, in ambiti diversi. Ci piacerebbe suonare nelle arene, con una produzione più grande, o nei teatri, o in altri progetti legati alla cinematografia. Quel che facciamo e il modo in cui ci manifestiamo si basa tutto sull’istinto, sull’intuito da sviluppare da progetto a progetto, ed è certamente una conseguenza della nostre intuizioni o dei progetti nei quali siamo coinvolti. Ne abbiamo di futuri”.

TIPO QUALI?
Scriveremo musica per una pièce teatrale basata sul libro di Fedor Dostojevskij, ‘Demoni'”.

E COME SUONERÀ? AVETE GIÀ IDEE PER LA MUSICA?
“Non ancora, siamo ai primi approcci. Scriveremo comunque musica e ci occuperemo di tutti i suoni e del design della pièce”.

AVETE MAI PENSATO, MAGARI PER FESTEGGIARE I VENT’ANNI, DI REINTERPRETARE IL PRIMO ALBUM NEL VOSTRO NUOVO STILE MUSICALE?
“No, assolutamente no. Ci prenderebbe tanto tempo e non sarebbe interessante come idea dal mio punto di vista. Sarebbe solo una curiosità. Preferiamo investire tempo e risorse per nuova musica. Produzioni del genere sono segno, non sempre ma spesso, di un calo di creatività in seno ad una band, ad essere onesti. Può anche essere occasione di introspezione per una band ma per come la vedo io un’operazione del genere non ha tanto appeal, specie al momento. La tua comunque è una proposta curiosa…”.

TOUR IN PROGRAMMA?
“A febbraio 2014 faremo un mini tour in Europa”.

GRAZIE PER L’INTERVISTA. ALTRO DA DIRE?
“Nulla, grazie a voi tutti”.

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