UNFATHOMABLE RUINATION – Spirale di distruzione

Pubblicato il 14/12/2016 da

Dopo averne decantato le gesta in sede di recensione, torniamo ad ospitare sulle nostre pagine gli Unfathomable Ruination, questa volta per un’intervista con il chitarrista Rosario Piazza. Grazie a “Finitude”, pubblicato sul finire dell’estate da quel baluardo dell’underground più marcio e gutturale che è la Sevared Records, il quintetto italo-inglese ha smesso definitivamente i panni di promessa per indossare quelli di realtà di prima fascia del circuito death metal europeo, cimentandosi in una proposta tanto complessa quanto spaventosamente coinvolgente. Prendendo le mosse dai colossi Suffocation, Origin e Disgorge, senza il timore di ricorrere ad un pizzico di melodia e sensibilità atmosferica, i Nostri hanno realizzato un disco inarrivabile per la stragrande maggioranza dei gruppi ‘brutal’ in circolazione, che siamo certi fungerà da trampolino di lancio per un futuro ricco di sorprese e soddisfazioni… 

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BENTORNATI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. “FINITUDE”, IL VOSTRO SECONDO FULL-LENGTH, E’ DA MOLTI CONSIDERATO UNO DEI DISCHI DEATH METAL DEL 2016. QUANTO TEMPO CI E’ VOLUTO PER COMPORLO? CHE TIPO DI EVOLUZIONE C’E’ STATA TRA I VOSTRI VECCHI LAVORI E QUEST’ULTIMA OPERA?
“Grazie per le belle parole e per averci accolto nuovamente sulle vostre pagine! Siamo davvero orgogliosi di ‘Finitude’. La quantità di lavoro speso sta venendo ricompensata sia dalle recensioni che dall’incredibile responso da parte del pubblico. Ci è voluto circa un anno per scrivere le canzoni, jammare le varie parti e rifinire i dettagli. Ci siamo presi tutto il tempo necessario, senza fretta, con l’obiettivo di comporre il miglior disco possibile. E sì, c’è stata un’evoluzione, anche se la firma del songwriting è al 100% Unfathomable Ruination. Nel 2012, prima che mi unissi alla band, Dan era solito scrivere le parti di entrambe le chitarre, mentre ora ci spartiamo il lavoro. Ovviamente anche Federico e Doug partecipano al songwriting, sommergendoci di feedback. In generale, credo che la band sia cresciuta molto, soprattutto dall’entrata di Ben per le registrazioni dell’EP ‘Idiosyncratic Chaos’. Ogni membro è coinvolto nel processo creativo e compositivo. Ci sentiamo come una macchina solida e perfettamente oliata”.

“FINITUDE” HA TUTTA L’IMPRESSIONE DI ESSERE UN CONCEPT ALBUM. E’ CORRETTO? VI ANDREBBE DI APPROFONDIRE MAGGIORMENTE QUESTO TEMA?
“Non è un concept inteso come una serie di brani facenti parte dello stesso racconto, ma è possibile rintracciare una sorta di sottotesto, di fil rouge… lo stesso che ci ha spinto a scegliere ‘finitezza’ come titolo del disco. E’ un tema che riflette la natura intrinseca delle cose (viventi e non), dei rapporti che le legano, di ciò che le porta a dissiparsi ed infine a scomparire. Ben ha scritto la maggior parte dei testi, mentre io mi sono occupato delle liriche di un paio di tracce. Entrambi ci siamo lasciati ispirare dalle cose che ci circondano e da ciò che accade nel mondo, oltre che dall’occulto, dalla filosofia, dalla psicologia cognitiva, dall’evoluzione, dall’alchimia, dal Necronomicon e da altri temi che ci appassionano”.

ANCHE L’ARTWORK E’ AFFASCINANTE E DI FORTE IMPATTO. QUAL E’ IL SUO SIGNIFICATO E IN CHE MODO SI RELAZIONA AI TESTI?
“Toshihiro Egawa ha fatto un lavoro straordinario, riuscendo a dare vita e forma alle nostre visioni. E’ un vero maestro! Le tavole che compongono l’artwork (corpo, volto e mani) rispecchiano in pieno l’idea secondo cui tutti gli esseri, sia biologici che inorganici, possiedono dei limiti. Nel suo insieme, l’opera incarna il tempo che corrode ogni cosa, compresi i legami che tengono uniti tutto e tutti nel cosmo”.

C’E’ QUALCHE CANZONE SUL NUOVO ALBUM CHE VI RENDE PARTICOLARMENTE FIERI? QUAL E’ STATO L’EPISODIO PIU’ DIFFICILE DA COMPORRE?
“’Finitude’ è un album davvero strano per noi. Ogni volta che lo ascoltiamo finiamo per scegliere una nuova canzone preferita. Se però dovessi scegliere l’episodio più arduo da comporre, indicherei senza dubbio ‘Abdication of Servitude’. E’ frutto di un lavoro a sei mani tra me, Federico e Dan, ed imparare la sua versione finale è stato un vero calvario. Ci siamo maledetti così tante volte a vicenda che siamo giunti ad una conclusione: non scriveremo mai più un pezzo insieme (ride, ndR)! Grazie alla nostra totale abdicazione è diventata una delle canzoni più eccitanti del disco e, un po’ a sorpresa, anche la più gratificante da suonare dal vivo”.

A MIO AVVISO, I VERI DI FORZA DI “FINITUDE” SONO IL SUO SENSO LOGICO E LA SUA RELATIVA IMMEDIATEZZA. NEL VOSTRO GENERE, MOLTI GRUPPI TENDONO A CONCENTRARSI SU BREAKDOWN AD OLTRANZA, TECNICISMI ESASPERATI E SU ALTRE AMENITA’, SENZA PRESTARE ATTENZIONE AL CONCETTO DI MUSICALITA’. VOI INVECE SCRIVETE DELLE AUTENTICHE CANZONI…
“Grazie mille! Ci piace suonare sia parti tecniche e convulse che groovy e massicce, ma a monte di tutto dev’esserci una cosa e una cosa soltanto: il feeling. Riempire lo spartito di note per il semplice gusto di farlo non rientra nelle nostre corde, così come sovraccaricare un determinato passaggio. Ci piace seguire il flusso della musica e comporre brani senza comprometterne l’impatto. Tutto deve preservare una sorta di energia grezza”.

IL VOSTRO SODALIZIO CON LA SEVARED RECORDS CONTINUA. DOPO IL SUCCESSO UNDERGROUND DI “MISSHAPEN CONGENITAL ENTROPY”, NON AVETE MAI PENSATO DI FIRMARE PER UNA LABEL PIU’ GROSSA E POTENTE?
“Certo che ci è passato per la testa! Abbiamo ricevuto delle proposte veramente interessanti, ma dal canto suo Barrett ci ha fatto un’offerta ‘che non potevamo rifiutare’ (ride, ndR). Scherzi a parte, abbiamo preferito rimanere nell’underground e lavorare con un’etichetta che ci sostenesse sotto ogni punto di vista (non solo economicamente), che credesse nella nostra musica e che ci lasciasse il massimo della libertà, piuttosto che entrare nel roster di una grossa label e rinunciare ad una parte significativa di questi aspetti”.

QUALI SONO I VOSTRI PUNTI DI RIFERIMENTO DURANTE IL SONGWRITING? CHE COSA VI AFFASCINA DI PIU’ DI QUESTO GENERE?
“Personalmente, credo che l’aspetto migliore di suonare death metal sia che, partiti con un riff, non si sa mai quale sarà la destinazione finale. E’ incredibile quanto folle possa diventare un brano di questo tipo. Mi piace scrivere canzoni che abbiano parti orecchiabili e contorte, ma soprattutto che mi mettano alla prova in quanto musicista. Per come la vedo io, chi finisce di ascoltare un disco deve sentire il bisogno di approfondirlo e sbatterci la testa, al fine di comprenderne ogni sfumatura. Lo stesso vale per lo stile compositivo di Dan. Il suo gusto per la melodia è molto originale e raffinato, e anche se può sembrare lontano si sposa alla perfezione con il mio. Inoltre, Doug, Federico e Ben sono estremamente creativi quando si tratta di scrivere le loro parti e i vari pattern vocali; ciò rende il lavoro mio e di Dan ancora più brillante”.

ALCUNI ANNI FA AVETE SUONATO IN UNA SPECIE DI BOX PER LE STRADE DI LONDRA…
“Fino al giorno dell’inaugurazione non credevamo che la cosa si potesse realmente concretizzare. Quando siamo arrivati a Gherkin, nel centro di Londra, dove ci aspettava questa sorta di cubo ermetico ed insonorizzato, era pieno di giornalisti, telecamere e spettatori. In quel momento abbiamo realizzato che sì, era tutto vero! Siamo finiti in diretta su ITV News, abbiamo fatto un’intervista per quelli della CNN e siamo persino diventati un meme sulle pagine di Buzzfeed. Avevamo fan e amici da tutto il mondo che ci inviavano foto di articoli di giornali o link di siti web in cui si parlava di noi… irreale. L’esperienza in sé poi è stata memorabile: in fin dei conti si è trattato di suonare musica estrema nella più estrema delle condizioni. Nessuno di noi è morto o svenuto, purtroppo (ride, ndR)”.

SIETE DA POCO TORNATI DA UN TOUR EUROPEO IN COMPAGNIA DEI KATALEPSY, COM’E’ ANDATA? VI ANDREBBE DI RACCONTARCI QUALCHE ANEDDOTO?
“Il tour è andato alla grande: abbiamo incontrato un sacco di vecchi e nuovi amici, tenuto dei concerti fantastici e fatto diverse smancerie con i nostri fratelli Katalepsy. La risposta dei fan ha poi superato ogni nostra più rosea aspettativa. Per quanto riguarda gli aneddoti ce ne sono molti che potrei raccontare, ma vedrò di essere breve. Un giorno ci siamo fermati in una stazione di servizio nel bel mezzo della Germania per una pausa pisciata-cibo-alcol. Con nostra grande sorpresa, ci siamo imbattuti in un distributore automatico di ‘vagine da viaggio’ (sì, avete capito bene). Ne abbiamo presa una (somigliava più che altro ad un sacchetto di plastica) e l’abbiamo indossata a mo’ di maschera, fissandoci intensamente a vicenda. La sfida coinvolgeva soprattutto due di noi: chi perdeva doveva trascorrere il resto del viaggio nudo. Il vero guaio era dato dalla temperatura. Nel furgone faceva così caldo che la vagina ha cominciato a diventare umida, disgustosa, una cosa dell’altro mondo… le cose che non dovresti fare con i tuoi compagni di noia (ride, ndR). Penso sia stato un bruttissimo esempio di cabin fever. Il secondo aneddoto riguarda i Manowar, la canzone ‘Brothers of Metal’ e il tenere sollevato un martello ad ogni passaggio casuale del brano sulla playlist. Non sapevi mai quando poteva arrivare, e se perdevi dovevi trangugiare una bottiglia di birra alla goccia. Consiglio di provarlo a casa: è maledettamente doloroso! Ciliegina sulla torta, mi sono rotto un paio di nocche durante l’ultima data del tour. Per fortuna è successo dopo il nostro set e non si è rivelata essere una frattura scomposta. Ora sto meglio e la mano sta guarendo. Non entrerò nei dettagli della faccenda… diciamo solo che c’entrano la frustrazione e una lunga giornata sfigata. E no, non una sega forsennata (ride, ndR). Di certo essere italiani e avere un temperamento brusco non aiuta in situazioni come questa. Un altro fatto divertente è che non abbiamo mai ascoltato death metal durante il tour: ci siamo buttati su Kenny Loggins, White Snake, Michael Bolton, Steel Panthers, Angelo e Gunther (per citarne solo alcuni). Abbiamo cantato un sacco, con pessimi risultati”.

PER FINIRE, QUALI SONO SECONDO VOI I DISCHI DEATH METAL PIU’ IMPORTANTI DI TUTTI I TEMPI?
“Questa è dura. Non potendo parlare a nome di tutta la band, ti dirò quelli che secondo me sono gli album death metal più influenti e importanti di sempre: ‘Souls to Deny’ dei Suffocation, ‘Kill’ dei Cannibal Corpse, ‘In Dark Purity’ dei Monstrosity e ‘Stagnated Existence’ dei Disavowed. Non ne ho mai abbastanza di questi quattro capolavori. C’è qualcosa in loro che mi dà una scarica di adrenalina ogni volta che li ascolto”.

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