Caso di band underground capace di mettere d’accordo un po’ tutti gli amanti dell’estremismo vecchia scuola di nicchia, pur frequentando sonorità violente e abrasive solo in parte, gli olandesi Urfaust ci hanno consegnato nel 2016 un’altra preziosa opera. “Empty Space Meditation” racchiude black metal, dark rock, ambient, doom, musica ritualistica, risuonando nella sua varietà come un percorso meditativo profondo e sentito, un’esplorazione minuziosa dei suoni in grado di soddisfare i propri bisogni di ascesi interiore. Il collegamento fra mondo fisico e spirituale, fra intrattenimento e filosofia, conosce negli Urfaust un’interpretazione fra le più originali. L’incostanza di vedute, il passare da vertiginosi spaccati avanguardistici a ciclici minimalismi ha catturato molti adepti dal 2004, anno del primo album “Geist ist Teufel”, ad oggi. Il duo ha una penetrazione trasversale fra gli ascoltatori di sonorità scomode ed oscure, fortificata dalle frequenti apparizioni live. Stiamo quindi parlando di una band di nicchia, ma assai nota da chi fruga in certi filoni minori, per cui immaginiamo non siano in pochi coloro che vogliano conoscere il pensiero del batterista VRDRBR, nostro interlocutore in quest’occasione, e del suo fedele sodale IX, chitarrista/cantante e unico altro membro della formazione.
“EMPTY SPACE MEDITATION” È ARRIVATO A SEI ANNI DA “DER FREIWILLIGE BETTLER”. NEL MEZZO, AVETE RILASCIATO MOLTI SINGOLI, EP E SPLIT. CONSIDERATO CHE SIETE RIMASTI COMPOSITIVAMENTE MOLTO ATTIVI, PERCHÉ NON SIETE APPRODATI PRIMA A UN NUOVO ALBUM?
“Perché non avevamo voglia di registrarne uno! Preferivamo realizzare split assieme a band nostre amiche e concentrarci su EP incentrati su determinati concept. Negli ultimi anni abbiamo prodotto alcune idee che non si adattavano bene a un nuovo full-length e che invece potevano andare benissimo per degli split. Come si dice in gergo, le cose buone accadono per coloro che sanno aspettare, no? Eccoci qui allora, penso che sia valsa la pena aspettare per avere questo nuovo disco”.
TUTTE LE TRACCE PORTANO IL TITOLO “MEDITATUM” SEGUITO DA UN NUMERO ROMANO. COME DA VOSTRA ABITUDINE, L’OBIETTIVO DELLA VOSTRA MUSICA SEMBRA QUELLO DI CAUSARE UNO STATO DI CONCENTRAZIONE E DI INDURRE ALLA MEDITAZIONE. PERCHÉ ESSA È COSÌ CENTRALE NELLA VOSTRA VISIONE ARTISTICA?
“La meditazione permette alla mente di evadere e di colmare i vuoti, darsi risposte. La mente di una persona è il più grande strumento creativo che esista, specialmente se sei in grado di influenzarla. Se è vuota, possiamo riempirla. Se è piena, possiamo svuotarla”.
NELL’ULTIMO DISCO ALTERNATE BLACK METAL, MUSICA RITUALE, DOOM, DARK ROCK. MI PIACEREBBE SAPERE, IN PARTICOLARE, QUALE EFFETTO INTENDIATE PROVOCARE PASSANDO DA UNA PRIMA TRACCIA MOLTO AMBIENT COME LA PRIMA, A UNA SECONDA CHE PARTE IN MANIERA MAESTOSA E SI DIPANA FRA BLACK METAL SINFONICO E AVANT-GARDE.
“L’intero album può essere considerato come una singola storia divisa in sei capitoli. Ogni traccia ha un ruolo ugualmente importante in un più grande quadro complessivo, rappresentato da ‘Empty Space Meditation’ nella sua interezza. Il contrasto fra la prima e la seconda traccia non avrebbe potuto essere maggiore, come fossero Yin e Yang”.
LE LINEE VOCALI SEMBRANO ESSERE LO STRUMENTO PER OFFICIARE UNA CERIMONIA RELIGIOSA. COSA CERCANO DI COMUNICARE CON I LORO TONI DECLAMATORI?
“Vanno in cerca di tutte le emozioni possibili…”.
IN “EMPTY SPACE MEDITATION” AVETE ABBANDONATO L’IDIOMA OLANDESE PER TITOLI E LIRICHE DELLE CANZONI. A COSA È DOVUTA QUESTA SCELTA?
“In ‘Apparitions’ ci sembrava che l’olandese andasse benissimo, mentre nel nostro split coi Lugubrum non lo abbiamo usato. Non è così importante per noi l’olandese, scegliamo nei nostri dischi la lingua che più si adatta agli argomenti di cui parliamo. Non c’è alcun ‘grande schema’ o un ‘illuminante disegno’ dietro l’utilizzo di un certo idioma. Per il prossimo EP assieme ai Wederganger credo che introdurremo nuovamente la nostra lingua natia”.
ASCOLTANDO LA VOSTRA MUSICA, COGLIAMO UN FEELING ANTICO, CHE SEMBRA PROVENIRE DA RITUALI PREESISTENTI OGNI FORMA DI MUSICA MODERNA. AVETE INTERESSI IN TIPI DI MUSICA USATI IN RITI RELIGIOSI LEGATI A CULTURE POCO CONOSCIUTE E LONTANE DAL MONDO OCCIDENTALE?
“Abbiamo interesse in tutti i tipi di musica. Dalla musica classica al black metal. Dallo Schlager ai canti monastici tibetani in occasione delle funzioni funebri. La musica religiosa è spesso molto emozionale, induce alla devozione, crea una certa atmosfera di umiltà e forza ai miei occhi, e sono le stesse sensazioni che vorremmo indurre attraverso la musica degli Urfaust. Non accade sempre, ma queste sono le emozioni che possiamo collegare di frequente all’atmosfera che si crea quando siamo impegnati nel processo creativo”.
SIETE SEMPRE RIMASTI UN DUO. NON AVVERTITE MAI IL BISOGNO DI AVERE ALTRI MUSICISTI IN LINE-UP? PERCHÉ LA FORMAZIONE IDEALE DEGLI URFAUST CONTIENE SEMPLICEMENTE UN BATTERISTA E UN CANTANTE/CHITARRISTA?
“Gli Urfaust sono stati, e sempre saranno, un duo. Noi due siamo il cuore degli Urfaust e sempre lo saremo. Se uno di noi non dovesse più sentire lo stesso feeling che lo muove attualmente, non ci sarebbe bisogno di discutere nulla a riguardo: gli Urfaust sarebbero morti, il progetto non potrebbe continuare ad esistere. La line-up ideale è questa perché sappiamo cosa fare e come lavorare per ottenere un certo tipo di musica. Non abbiamo bisogno nemmeno di parlarci, basta un’occhiata e ci capiamo. Non abbiamo mai parlato di introdurre altri musicisti nella line-up, però ci piacerebbe essere affiancati dal vivo da qualcuno, per permetterci di suonare quei pezzi dove IX è sia alla voce che ai synth. Quindi ci servirebbe in alcune occasioni un chitarrista, per suonare ad esempio una ‘Der Einsiedler’. Potrebbe succedere in futuro, magari invece resterà solo un pensiero. Alla fine, perché cambiare un team vincente? Con solo noi due sul palco, tutto funziona alla perfezione: quando le persone coinvolte aumentano, aumentano anche i problemi”.
SIETE UNA BAND ASCOLTATA DA MOLTE PERSONE ALL’INTERNO DELL’UNDERGROUND EXTREME METAL: AI FESTIVAL, SI VEDE TANTA GENTE CHE INDOSSA LE VOSTRE T-SHIRT E FELPE, O HANNO LE VOSTRE TOPPE SULLA GIACCA. COME SPIEGHERESTI QUESTO ‘SUCCESSO’ UNDERGROUND, FRA ASCOLTATORI CHE SPESSO HANNO ASCOLTI MOLTO PIÙ ESTREMI RISPETTO A QUANTO SUONATE VOI?
“Quello che sentiamo dire da molte persone, è che ci ascoltano perché abbiamo un nostro stile e non cerchiamo disperatamente di copiare altre band. Le nostre canzoni sono riconoscibili fra migliaia di altre, questa è una delle ragioni principali che spiega perché siamo abbastanza seguiti in certi ambienti. Possiamo dire di avere una nostra faccia ben riconoscibile in mezzo alla folla! E penso che chi ha questo pensiero su di noi abbia ragione, io stesso non sono interessato a seguire band che sono la brutta copia di una brutta copia di Burzum o Darkthrone”.
I VOSTRI DISCHI SONO SEMPRE USCITI PER VÀN RECORDS. POSSO SUPPORRE CHE SIA UNA COLLABORAZIONE CHE TRASCENDE LE SEMPLICI RELAZIONI DI BUSINESS, ABBRACCIANDO UNA COMUNIONE IDEOLOGICA CHE METTE SULLA STESSA LUNGHEZZA D’ONDA VOI E CHI GESTISCE LA LABEL. CHE COSA RAPPRESENTA PER VOI LA VÀN RECORDS E LE PERSONE CHE VI LAVORANO?
“La Vàn rappresenta per noi amicizia, rispetto e lealtà. In Vàn lavorano duramente e rispettano gli artisti, rispettano ogni loro uscita e sono sempre stati leali nei nostri confronti. Abbiamo rapporti di amicizia stretti non solo con chi lavora per la casa discografica, ma anche con gli altri gruppi che producono i loro dischi per la label. È per questo che amo l’Acherontic Arts Festival, organizzato tutti gli anni dalla Vàn (quest’anno ci sarà la terza edizione, prevista per il 12-13 maggio alla Turbinenhalle II di Oberhausen, Germania, ndR), perché è una riunione di famiglia, dove sono presenti solo band dell’etichetta! È un festival meraviglioso, uno dei migliori in circolazione, cui dovrebbe partecipare almeno una volta chiunque apprezzi l’operato della nostra casa discografica”.
PUOI FARCI UN BILANCIO DELL’ATTIVITÀ DELLA BAND NELL’ANNO APPENA TRASCOSRSO?
“Il 2016 è stato un buon anno per noi: abbiamo realizzato lo split in 7” con i Ghoulcult e il punto più alto è stato certamente l’uscita di ‘Empty Space Meditation’. Abbiamo anche tenuto degli ottimi concerti in giro per l’Europa e siamo venuti in Italia per la prima volta. Lo show a Parma assieme a Caronte e Chains è stato stupendo! Siamo stati onorati dall’incontrare così tanti fan degli Urfaust. Li ringrazio del supporto”.
IN CARRIERA AVETE PUBBLICATO SPLIT CON DIVERSI GRUPPI. COSA VI UNISCE A LORO? QUAL È LO SPLIT CHE VI HA DATO LE MAGGIORI SODDISFAZIONI E DEL QUALE SIETE PIÙ ORGOGLIOSI?
“Ci piace la dimensione dello split perché ci permette di lavorare con band amiche. Soltanto con chi consideriamo strettamente vicini a noi dal punto di vista umano ci piace entrare in una collaborazione di questo tipo. Non ho uno split che preferisco, sono onorato di tutti quelli che abbiamo prodotto. Se proprio dovessi sceglierne uno, forse opterei per quello di prossima uscita assieme ai Wederganger, contiene del materiale veramente insolito, speciale. Dicendoti questo, abbiamo anche fatto crescere la curiosità per i suoi contenuti (risate, ndR)”.
NEL 2016 QUALI SONO STATI I TIPI DI MUSICA IN GRADO DI DARVI LE STESSE VIBRAZIONI FORNITE DA QUELLA DEGLI URFAUST? CHI È L’ARTISTA MODERNO, NON METAL, CHE VEDETE SIMILE A VOI NELL’INTERNZIONI E NEL MODO DI INTERPRETARE LA MUSICA?
“Mi vengono subito in mente gli Zeal & Ardor, che mischiano musica degli schiavi d’America con il black metal. Non conosco bene tutto quanto hanno prodotto finora, ma ho sentito un paio di canzoni dal loro ultimo disco e ne sono rimasto impressionato. Andando su un fronte tipicamente black metal, non posso non menzionare i Fluisteraars, una band olandese autrice di una forma di black metal molto emotiva. Pur suonando molto diversamente da noi, le atmosfere tratteggiate hanno molteplici punti di contatto e il feeling che danno non è poi così distante da quello che potrebbe darti la musica degli Urfaust. Altri gruppi che mostrano notevoli affinità a livello di vibrazioni possono essere gli sloveni Chains, oppure i nostri fratelli finlandesi Circle Of Ouroboros. Ti direi anche i (Dolch), che mi ricordano molto il nostro esordio ‘Geist int Teufel’, per il suono lo-fi, simile a quello che catturammo noi all’epoca”.