Nel sempre celebrato panorama del black metal islandese, pochi artisti hanno lasciato un segno tanto distintivo quanto Þórir Garðarsson. Con un passato importante in band ormai seminali come Svartidauði e Sinmara, Garðarsson ha costruito un percorso musicale complesso, radicato tanto nella tradizione quanto nella sperimentazione.
Oggi, con il suo progetto Vafurlogi, il musicista di Reykjavík esplora nuove sfumature del genere, dando vita a un’opera che fonde l’essenza del black metal scandinavo degli anni ’90 con sfumature personali e quell’approccio tecnico che ha spesso caratterizzato le realtà islandesi.
Il debutto dei Vafurlogi, “Í vökulli áþján”, rappresenta una dichiarazione d’intenti: un disco che, pur non discostandosi completamente dalle sonorità sfuggenti e spigolose delle sue precedenti esperienze, abbraccia una sensibilità melodica più marcata e un songwriting più diretto. Del resto, le radici del gruppo affondano in idee nate quasi vent’anni fa, con alcuni di questi brani in origine destinati a Svartidauði e poi diventati oggetto di un iter tortuoso, direttamente plasmato dall’esperienza e dall’evoluzione artistica di Garðarsson.
In questa intervista, Þórir ci guida attraverso il processo creativo, discutendo le sfide di dare nuova vita a vecchie composizioni, l’influenza del suo doppio ruolo di chitarrista e cantante e la libertà espressiva che questa nuova avventura gli ha concesso.
HAI DICHIARATO CHE ALCUNE DELLE CANZONI DEI VAFURLOGI RISALGONO A QUASI VENT’ANNI FA, QUINDI VORREI CHIEDERTI COME, SECONDO TE, RIFLETTONO L’EVOLUZIONE DEL PROGETTO NEL TEMPO.
– Direi che, nonostante le radici siano appunto così lontane nel tempo, il progetto abbia sempre mantenuto gli stessi principi fondamentali, anche se si è sviluppato gradualmente aggiungendo nuovi strati nel corso degli anni. Il fatto che la storia della band si estenda così indietro nel tempo crea una dualità interessante.
Da un lato, rispetto ad altre band con quasi vent’anni di attività, Vafurlogi sono ancora relativamente all’inizio del suo percorso, dato che per molto tempo il nostro lavoro è stato più sporadico che continuo, coltivato nell’ombra mentre altri progetti richiedevano maggiore attenzione. Tuttavia, avendo radici in un’epoca diversa, ci distingue in un certo senso dalle band che debuttano oggi. Le canzoni e le idee create a metà degli anni Duemila sono il prodotto del loro tempo, un periodo che per me è stato molto vibrante e rilevante nel black metal, quando una nuova generazione di gruppi ha infuso sostanza e solennità in un genere che era diventato stagnante, un po’ come forse è tornato a essere oggi.
I pilastri fondanti del progetto sono alcune canzoni che ho scritto quando ero ancora agli inizi come compositore e, sebbene inizialmente fossero pensate per Svartidauði, presto è stato chiaro che quel progetto stava prendendo una direzione diversa e che avevo bisogno di un altro nome per esprimere questo lato della mia scrittura. C’è un fervore giovanile in questi brani che conferisce loro uno spirito intenso. Uno spirito con il quale cerco di restare in contatto anche oggi.
CI SONO STATE DIFFICOLTÀ INASPETTATE NEL RIPRENDERE E ADATTARE CANZONI SCRITTE COSÌ TANTO TEMPO FA PER QUESTO ALBUM?
– Una piccola precisazione: in realtà, la maggior parte di quei brani sono ancora inediti e saranno presenti nel prossimo album di Vafurlogi, che è quasi completato e dovrebbe uscire quest’anno.
“Í vökulli áþján” è stato per lo più scritto principalmente tra il 2018 e il 2020, quindi rappresenta una fase in cui l’identità e lo stile del progetto hanno iniziato a prendere forma. Tuttavia, ci sono alcuni riferimenti a vecchi riff e idee provenienti da Svartidauði e Sinmara. Ad esempio, il primo riff di “Helgrindur” era originariamente pensato come il riff di apertura di “Sterile Seeds” di Svartidauði, mentre la prima metà di “Iðrun og ótti“ è una versione rielaborata di un brano incompiuto di Svartidauði del 2007. Sia l’album di debutto che il prossimo album sono stati registrati in parallelo, a eccezione delle voci, che sono state registrate in sessioni diverse. Il punto di partenza è stata la registrazione delle batterie per entrambi gli album, che è avvenuta in un solo pomeriggio nel dicembre 2020.
Per rispondere alla tua domanda, il processo di completamento di un album è sempre pieno di imprevisti, ma, considerando la storia complessa della band, è stato più lineare di quanto avrebbe potuto essere: queste canzoni fanno parte di me da molto tempo, e il fatto che mi siano rimaste così vicine dimostra quanto abbiano sempre risuonato con me. Sentivo il bisogno profondo di tirarle fuori e renderle pubbliche.
C’è sempre la tentazione di rielaborare pesantemente i vecchi brani, ma volevo rimanere fedele all’intento originale. Ho sempre avuto una visione chiara per queste canzoni, e molte di esse erano già state registrate in qualche forma, ma senza mai avvicinarsi a catturare davvero la mia visione. L’esperienza accumulata negli anni mi ha permesso di realizzarla meglio, e non ho nemmeno avuto bisogno di fare riferimento alle vecchie registrazioni demo, perché ho sempre mantenuto i brani ben impressi nella memoria. Il lungo processo di creazione di questi album mi ha permesso di riflettere sugli arrangiamenti e di apportare alcune modifiche, aggiungendo nuove idee e sfumature, pur rimanendo fedele al materiale originale.
NEI VAFURLOGI TI OCCUPI ANCHE DELLA VOCE, OLTRE CHE DELLA CHITARRA. IN CHE MODO QUESTO INEDITO DOPPIO RUOLO DI CHITARRISTA E CANTANTE INFLUISCE SUL SUONO COMPLESSIVO DELL’ALBUM E SULLA SUA PROFONDITÀ EMOTIVA?
– È stata una nuova sfida per me combinare il canto con la chitarra, ed è un’abilità che sto ancora affinando man mano che vado avanti. La tecnica vocale in sé mi ha richiesto un po’ di tempo per essere assimilata, ma la capacità di separare mentalmente i riff di chitarra dai pattern vocali è qualcosa che ho avuto la fortuna di apprendere grazie al mio lavoro in un asilo nido. È la stessa tecnica, che si tratti di black metal o di filastrocche per bambini.
Avendo suonato la chitarra per così tanto tempo e avendo iniziato solo di recente a cantare, credo di avere una buona prospettiva sui diversi tipi di espressione ed esperienza che ciascun metodo offre. Esprimermi come cantante è piuttosto esaltante e primordiale in un certo senso: offre uno sfogo emotivo che non si può ottenere semplicemente suonando la chitarra.
Per quanto riguarda il processo di composizione musicale, non posso dire che il mio nuovo ruolo abbia avuto un impatto significativo, dato che entrambi i nostri album finora sono stati completamente scritti e registrati musicalmente prima che i testi venissero scritti. Tuttavia, ho davvero apprezzato avere il controllo totale sul processo lirico e vocale: aggiungere quel livello sopra la musica è stato un po’ come scrivere le canzoni da capo, ed è stato molto gratificante vederle prendere forma.
Devo anche menzionare i miei collaboratori nei testi, Kristófer Páll Viðarsson e Ragnar Sverrisson, che hanno contribuito con liriche straordinarie, perfettamente adatte alla musica e in grado di elevarla ulteriormente.
QUALI LIBERTÀ CREATIVE TI HA OFFERTO VAFURLOGI CHE GLI ALTRI TUOI GRUPPI, SINMARA E SVARTIDAUÐI, NON POTEVANO DARTI? HO ASSISTITO AL VOSTRO SHOW ALL’ASCENSION FESTIVAL L’ESTATE SCORSA E AVETE SUONATO UNA COVER DEI SATYRICON. UNA DELLE MIE TRACCE PREFERITE, TRA L’ALTRO. TI SENTI PIÙ LIBERO DI ESPLORARE UNO STILE PIÙ OLD-SCHOOL CON VAFURLOGI?
– Sì, assolutamente. Vafurlogi è decisamente più vicino al sound scandinavo anni ’90 ed era fondamentale per me avere uno spazio in cui poter esprimere questa influenza. I vecchi album dei Satyricon sono stati tra i punti di riferimento che hanno definito cosa fosse il black metal per me quando ero un adolescente e “Forhekset”, che abbiamo suonato come cover, era particolarmente importante per me a quel tempo. Per questo motivo, era una delle canzoni a cui volevo rendere omaggio con questo progetto.
In precedenza ho accennato al fatto che Svartidauði avesse preso una direzione diversa rispetto ad alcune delle canzoni che stavo scrivendo all’epoca. Svartidauði ha sviluppato rapidamente un sound molto minaccioso e opprimente: da quelle basi, abbiamo iniziato a voler spingere i confini del genere. Quando poi mi sono unito ai Chao, loro avevano un sound black metal ortodosso, diretto e d’impatto, e mentre la band si evolveva e cambiava nome in Sinmara, il suono si è spostato verso atmosfere più costruite, con complessi intrecci di chitarra dal sapore malinconico. Sinmara ha sicuramente assorbito alcuni elementi del suono scandinavo tradizionale, ma con Vafurlogi ho avuto la libertà di attingere ancora più a fondo a quelle radici e di esplorare colori e atmosfere diverse.
La musica di Vafurlogi è spesso più energica, luminosa e melodica rispetto ai miei altri progetti. C’è un groove diverso in gioco.
Le influenze musicali principali provengono dal materiale più vecchio di band scandinave come Dissection, Dimmu Borgir, Setherial, Sorhin, Ulver, Dødheimsgard e Satyricon, ma anche da gruppi europei come Blut aus Nord, Abigor e Godkiller. L’ombra delle band NoEvDia degli anni Duemila, come Deathspell Omega, Funeral Mist e Watain, è sempre presente. Negli ultimi anni sono stato anche ispirato da band più recenti come Svartrit, Beketh Nexehmu e Rhinocervs, che hanno esplorato queste stesse influenze anni ’90. Inoltre, c’è stata una rinascita del cosiddetto dungeon synth e, con essa, un ritorno allo stile medievale e sinfonico del black metal, con cui mi sento in sintonia.
Non si tratta di copiare o imitare uno stile o una band in particolare, ma piuttosto di catturare uno spirito e un’atmosfera simili a quelli presenti in questi gruppi.
L’atmosfera che cerco di evocare è quindi molto più trionfante e maestosa rispetto agli altri miei progetti, arrivando persino a sfiorare l’estetica di certe band heavy metal di culto come Lordian Guard, Running Wild, King Diamond e Crimson Glory. Anche se meno evidente, sono stato influenzato anche da alcune band post-punk, goth e darkwave come Clan of Xymox, Dead Can Dance, The Chameleons, Wipers e Depeche Mode. L’aura eterea, sognante e malinconica di questi gruppi, unita all’atmosfera trionfante e maestosa del black metal anni ’90 e alla schiettezza del classico heavy metal, costituisce il principale punto di riferimento musicale. Alcuni brani, inoltre, traggono ispirazione dai canti gregoriani e dalla musica salmodica.
Per questo progetto ho anche preso alcune decisioni consapevoli per semplificare le composizioni e gli arrangiamenti, rendendo le canzoni più dirette, concise e potenti. Ho ridotto l’interazione tra le chitarre per far risaltare meglio ogni riff e melodia. Per lo stesso motivo, ho deciso di usare l’accordatura in E standard invece della D standard, che avevo utilizzato negli altri miei gruppi. L’accordatura in E è quella prevalente in tutti gli album essenziali del black metal e, dato che il genere si basa molto sui riff di chitarra e sulla melodia, aiuta a far emergere meglio le chitarre. La maggiore brillantezza sonora di questa accordatura si adatta meglio ad alcuni degli elementi stilistici presenti nel sound di Vafurlogi.
COME HAI IMPARATO A SUONARE? TI AFFIDI ALLA TEORIA MUSICALE O UN ALTRO METODO? SE PARLIAMO DI AANALFABETISMO MUSICALE, ESSO TI HA AIUTATO O OSTACOLATO NEL CREARE LA MUSICA NEL MODO IN CUI LA VOLEVI?
– Sono per lo più autodidatta e, praticamente da quando ho preso in mano uno strumento, mi sono concentrato quasi esclusivamente nel suonare qualche forma di black metal. Per questo motivo, il mio stile è piuttosto isolato e radicato nelle sue abitudini.
Quando ero più giovane, tendevo a pensare che la mia mancanza di formazione classica mi offrisse una libertà dai vincoli e dalla rigidità creativa. Tuttavia, negli ultimi anni, ho provato un certo rimpianto per aver lasciato scivolare via alcune opportunità di ricevere un’educazione musicale formale, poiché oggi mi piacerebbe avere una migliore padronanza di diversi stili e teorie musicali.
Un riferimento particolare per me è la nuova generazione di musicisti islandesi di extreme metal: i ragazzi di Múr, Forsmán e Meinsemd, la maggior parte dei quali ha una formazione musicale accademica. È piuttosto evidente che questo non ha affatto soffocato la loro creatività, anzi, ha dato loro gli strumenti per canalizzarla in modo efficace. Ad ogni modo, nel bene e nel male, tutto ciò che ho scritto sarebbe totalmente diverso se avessi avuto una formazione classica.
MAN MANO CHE CREI PIÙ MUSICA, TI TROVI PIÙ O MENO INTERESSATO A SCOPRIRE E ASCOLTARE NUOVA MUSICA FATTA DA ALTRE PERSONE? E PERCHÉ PENSI SIA COSÌ?
– L’interesse c’è sempre, semplicemente ho meno tempo per cercare nuove band e ascoltare musica da quando ho messo su famiglia, il che credo sia normale per la maggior parte delle persone. Cerco di tenermi aggiornato su ciò che succede, anche se, a dire il vero, negli ultimi anni ho ascoltato quasi esclusivamente metal. C’è sempre qualcosa di entusiasmante in giro. È raro che oggi mi capiti di sentire una band con uno stile completamente unico, ma non me ne preoccupo troppo: questi generi esistono da tanto tempo e sono ben radicati, e con il passare degli anni essere originali diventa esponenzialmente più difficile.
Alcune band più recenti che ho ascoltato molto di recente sono Deathless Void, Dvne e Aristarchos, tutte eccellenti nel loro particolare ambito. Negli ultimi anni ho anche scoperto una band più datata che è rapidamente diventata una delle mie preferite di sempre: i Lost Horizon e, in particolare, il loro capolavoro “A Flame to the Ground Beneath”. Nelle ultime settimane, con l’inverno cupo, ero in vena di qualcosa di più tetro, quindi ho ascoltato molto Drab Majesty e Soft Kill, oltre ad aver scoperto il nuovo album dei Rien Virgule, che ha un’atmosfera davvero incantevole.
Cerco anche di andare a vedere più concerti possibile, e qui in Islanda stanno emergendo alcune band incredibili dall’underground. Ultimamente ho parlato molto bene dei Múr, sono una band davvero speciale. MC Myasnoi è un nuovo progetto doom metal molto interessante, con influenze eclettiche nel mix. In realtà, ho visto da poco uno show che mi ha completamente travolto: una band doom/sludge devastante chiamata Morpholith. È davvero stimolante seguire quello che sta succedendo qui: siamo fortunati ad avere un numero impressionante di band e artisti incredibili, troppi per poterli nominare tutti.
TORNANDO ALL’ALBUM, COME IMMAGINI CHE I FAN DI SINMARA E SVARTIDAUÐI REAGIRANNO AGLI ELEMENTI DISTINTIVI DI VAFURLOGI?
– Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla reazione per lo più positiva all’album, perché, pur non essendo completamente distante, rappresenta comunque un certo distacco dall’atmosfera e dallo stile delle mie band precedenti. Credo che, proprio come me, la maggior parte dei fan del black metal abbia un gusto sia per il lato più tradizionale del genere che per qualcosa di più moderno e avanguardistico, quindi spero che colga entrambi gli aspetti.
Forse Vafurlogi ha addirittura un’attrattiva più ampia, poiché è più apertamente melodico e le strutture delle canzoni sono più facili da assimilare.
C’È UN MOTIVO SPECIFICO PER CUI HAI SCELTO “Í VÖKULLI ÁÞJÁN” – PIÙ O MENO TRADUCIBILE COME “NELLA VEGLIA DELL’OPPRESSIONE” – COME TITOLO DELL’ALBUM? IN CHE MODO RIASSUME LE TEMATICHE DEL DISCO?
– Il titolo dell’album deriva dalla canzone “Dreyrrauði”, che è stata scritta in una sorta di flusso di coscienza poetico. A livello lirico è piuttosto grezza e astratta, ma descrive stati paradossali di trance, tra l’essere svegli e il sognare. Il testo allude anche a concetti della visione gnostica del mondo, secondo cui la realtà materiale è intrinsecamente corrotta e imprigiona lo spirito in un’illusione che lo tiene lontano dal divino. Queste tematiche rappresentano un concetto centrale in Vafurlogi, una sorta di allegoria esistenziale.
AL DI LÀ DEL SECONDO ALBUM, DI PROSSIMA USCITA, VEDI VAFURLOGI COME UN PROGETTO CONTINUATIVO O PIÙ COME UN’ESPLORAZIONE OCCASIONALE DI UNA VISIONE CREATIVA SPECIFICA?
– Siamo qui per restare, e c’è ancora molto da dire. Nel corso degli anni, Vafurlogi ha attraversato quasi tutte le fasi evolutive che un progetto musicale può avere: dall’idea iniziale a un progetto di registrazione, fino a diventare una band vera e propria. Inizialmente, tutte le canzoni inutilizzate che avevo accumulato mi hanno dato il motivo e lo stimolo per creare qualcosa intorno a loro. Poi, con la fine di Svartidauði nel 2020, si è creata l’opportunità di colmare quel vuoto facendo di Vafurlogi uno dei miei progetti principali, e le cose hanno subito un’accelerazione.
A quel punto, ho iniziato a cercare musicisti con cui collaborare per registrare e suonare dal vivo, e dopo aver selezionato meticolosamente i membri della band, mi sono reso conto di aver assemblato una formazione così solida e appassionata che era evidente che non si trattava più di un semplice progetto, ma di una vera e propria band. Ora Vafurlogi si trova in questa nuova e definitiva fase, che è incredibilmente stimolante, e abbiamo appena iniziato questo percorso.
SO CHE I MUSICISTI TENDONO A EVITARE DI SCEGLIERE CANZONI O ALBUM PREFERITI PER VARI MOTIVI, MA C’È UN BRANO O UN DISCO CHE RICORDI CON PARTICOLARE AFFETTO PER IL SUO PROCESSO DI CREAZIONE?
– Ripensandoci, credo che “Revelations of the Red Sword” sia stato un canto del cigno molto appropriato per Svartidauði, e sono orgoglioso di aver preso parte alla sua realizzazione. Eravamo al massimo delle nostre capacità e l’album rappresentava perfettamente la densità musicale e concettuale che avevamo coltivato fino a quel momento, oltre alla chimica e all’energia che avevamo costruito come unità e come band dal vivo.
Anche l’EP senza titolo uscito prima di quello è stato un’esperienza che ho apprezzato molto, perché è stato un processo spontaneo di creatività pura ed è l’unico lavoro a cui ho partecipato che è stato scritto, registrato e pubblicato in un lasso di tempo così breve che, una volta uscito, il materiale mi sembrava ancora fresco.
Per esempio, il contrario è avvenuto con “Revelations of the Red Sword”: la scrittura e la registrazione dell’album sono state un lavoro immenso (il che, va detto, è perfettamente in linea con la natura della band). Solo dopo lo scioglimento del gruppo ho sviluppato un maggiore apprezzamento per l’album, quando ho potuto osservarlo con più distacco e senza una prospettiva disillusa.
NEL CORSO DEGLI ANNI HAI SUONATO IN MOLTI PAESI. CI SONO POSTI CHE TI SONO RIMASTI IMPRESSI O CONCERTI CHE NON DIMENTICHERAI MAI? A PROPOSITO DI TOUR, AVETE GIÀ QUALCOSA IN PROGRAMMA CON VAFURLOGI?
– Le Nidrosian Black Mass a cui abbiamo partecipato sono state occasioni assolutamente magiche, con line-up stellari e un’atmosfera intensissima. In particolare, il concerto che come Svartidauði tenemmo a Trondheim è stato memorabile: era la nostra prima esperienza all’estero, ci ha permesso di immergerci nella scena underground del black metal continentale, ci ha ispirato molto e ci ha permesso di stringere amicizie e collaborazioni che durano ancora oggi.
Il tour “Untamed, Unchained” che come Svartidauði facemmo con Mgła e OTOH è stato il primo tour vero e proprio a cui ho preso parte, quindi alcuni momenti mi sono rimasti particolarmente impressi. Penso, ad esempio, al concerto nel vecchio quartier generale militare riconvertito di Metelkova Mesto a Lubiana, allo show di Londra con i Grave Miasma, e curiosamente al concerto in Italia, che, nonostante fosse il più piccolo del tour e in un locale malmesso, è stato uno dei più intensi.
Un altro momento speciale è stato quando come Svartidauði abbiamo suonato al Chaos Descends e abbiamo avuto la fortuna di incontrare Mark Shelton e passare del tempo con gli altri membri dei Manilla Road. Purtroppo, solo pochi giorni prima della sua prematura scomparsa.
Un’esperienza incredibile è stata anche suonare a Città del Messico con Sinmara. Per me è stato uno shock culturale passare da un ambiente piccolo e protetto a un luogo così caotico e frenetico.
Per quanto riguarda Vafurlogi, ora abbiamo una formazione stabile, con membri che hanno tutti una grande esperienza di tour internazionali. Finora abbiamo suonato qualche concerto in Islanda e siamo stati confermati per i festival Sátan e Andkristni, che si terranno qui tra qualche mese. Siamo più che pronti per partire e suonare all’estero, vedremo cosa ci riserverà il futuro.